Il commento di ADISTA
LA PRIMA LETTERA DI PAPA BENEDETTO XVI: LEZIONE D'AMORE DIVINO
33200. ROMA-ADISTA. Deus caritas est, Dio è amore: questo il titolo della prima enciclica di Benedetto XVI, firmata il giorno di Natale, ma pubblicata il 25 gennaio. Pubblicata con "copyright" della Libreria Editrice Vaticana, per cui, per riportata integralmente, occorre pagare i diritti d'autore. Non volendo e non potendo pagare, Adista non pubblica il testo, né in tutto né in parte, costretta così a privare i lettori di un servizio che, per doveroso impegno di obiettività, sempre aveva fatto, centinaia e centinaia di volte, in passato. Perciò ora si limita a brevissime citazioni, tanto per dare il senso del testo.
L'enciclica è stata presentata nella sala stampa vaticana dal direttore, Joaquín Navarro-Valls, e poi dal card. Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace; dallo statunitense mons. William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede; e dal tedesco mons. Paul Josef Cordes, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum.
È divisa in due parti: I "L'unità dell'amore nella creazione e nella storia della salvezza", di carattere più filosofico e teologico; II "Caritas, l'esercizio dell'amore da parte della Chiesa quale comunità d'amore", che tocca problemi più concreti e, anche, affronta i rapporti Chiesa-Stato. Nell'insieme, è un volumetto di 76 pagine. Nella prima parte, Joseph Ratzinger analizza a lungo i concetti di eros e di agape, così come essi si ponevano - con alcune somiglianze, e con grandi diversità - nella cultura greco-romana e poi nella Bibbia, in particolare nel Nuovo Testamento. Il papa, poi, ammette che "il termine amore è oggi diventato una delle parole più usate ed anche abusate" ma, aggiunge, è pur possibile, per la Chiesa, parlare di amore.
L'amore umano, nota il papa, ha molte facce, ma "l'archetipo… è quello tra uomo e donna, che nel matrimonio monogamico, basato su un amore esclusivo e definitivo, diventa l'icona del rapporto di Dio con il suo popolo, e viceversa" (n. 2 e 11). Però, aggiunge Benedetto XVI, malgrado tutto l'amore umano è fragile e limitato: solo Dio è Amore senza fine. Dio che, per amore dell'umanità ha inviato suo Figlio, il quale ha voluto la Chiesa perché fosse manifestazione concreta e tangibile dell'Amore divino. E, in effetti, sostiene Ratzinger, la Chiesa ha saputo indicare una saldatura alta, e benefica per tutti, di eros e di agape, e dunque, aggiunge, non tiene l'obiezione del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche, secondo il quale "il cristianesimo avrebbe dato da bere del veleno all'eros che, pur non morendone, ne avrebbe tratto la spinta a degenerare in vizio. Con ciò il filosofo tedesco esprimeva una percezione molto diffusa: la Chiesa con i suoi comandamenti e divieti non ci rende forse amara la cosa più bella della vita?" (n. 3).
A questo punto – logicamente – Ratzinger avrebbe dovuto dare uno sguardo alla storia concreta della Chiesa romana, e alle sue normative in materia di etica sessuale, intrisa di sessuofobia, che tante persone ha fatto soffrire; e anche a come questa Chiesa abbia oppresso la donne teorizzando un maschilismo mai smentito. Ma, di tutto questo discorso, non vi è nemmeno l'ombra nell'enciclica.
Nella seconda parte del testo il papa cerca di trarre delle conseguenze dalla "saldatura" che le Scritture fanno tra amore di Dio e amore del prossimo. Perciò, rileva il pontefice, "un'Eucaristia che non si traduca in amore concretamente praticato è in se stessa frammentata" (n. 14). Anche la vasta rete della solidarietà cattolica – dall'organizzazione della Caritas diffusa ovunque, ai moltissimi volontari – non deve mai ridursi, avverte Ratzinger, ad agire semplicemente come la Croce rossa, ma deve avere, alla radice della sua azione, una motivazione spirituale, e biblica, profonda.
Oggi, osserva l'enciclica, enormi problemi sociali incombono sul mondo. "È svanito il sogno del marxismo, che aveva indicato nella rivoluzione mondiale la panacea per la problematica sociale"; ma comunque "ci troviamo in una situazione difficile anche a causa della globalizzazione dell'economia" (n. 27). Se più volte il papa ricorda il fallimento del marxismo, mai però nomina direttamente il neoliberalismo e il capitalismo, con le sue responsabilità storiche, né affronta il problema Nord-Sud.
Ad ogni modo, di fronte ai problemi sociali del mondo, quale è il ruolo della Chiesa? "La Chiesa non può e non deve prendere nelle sue mani la battaglia politica per realizzare la società più giusta possibile. Non può e non deve mettersi al posto dello Stato. Ma non può e non deve neanche restare ai margini nella lotta per la giustizia". E, nella Chiesa, "il compito immediato di operare per un giusto ordine nella società è proprio dei fedeli laici" (n. 29).
Il papa ricorda, infine, i molti santi e sante, beati e beate che, nella storia, hanno mostrato l'impegno della Chiesa cattolica per aiutare la povera gente. E termina citando la Madonna del Magnificat, ricordata come "donna che ama", non però come quella che loda l'Altissimo "che depone i potenti dai loro troni".