Re: ops...
Scritto da: admin/moris 08/12/2004 1.12
ops... mi era sfuggito che achab già ha letto quasi tutto
Avevo scritto "quasi" per non fare lo sborone, in realtà sono un fanatico di Pennac : poesie, libri, teatro.
In realtà a parte i temi che tratta e come li scrive che mi affascina, la sua scrittura mi rapisce : è come esserci nei suoi racconti permeati di utopia e lucida follia.
Poi mi risulta che anche come persona è un uomo eccezionale
PS
Non avevo dubbi che Martina, Sean e l'Admnin conoscevano Daniel ma l'avermelo confermato è stato molto bello.
pps
Vi posto una sua recente intervista
Le sorprese di un lettore. Intervista a Daniel Pennac
di Fabio Gambaro, tratto da “la Repubblica”, 17 novembre 2004
"La lettura è un atto di libertà che non può essere obbligatorio". È questo il credo di Daniel Pennac, lo scrittore francese noto in tutto il mondo, autore tra l’altro di Come un romanzo, un pamphlet in difesa della lettura, in cui ha provato ad enunciare i dieci diritti fondamentali del lettore. Primo fra tutti, sorprendentemente, "il diritto di non leggere". Affermazione che ha scandalizzato molti addetti ai lavori. "Naturalmente si trattava di una provocazione", spiega oggi il romanziere, di cui è da poco arrivata nelle nostre librerie l’ultima fatica letteraria, Grazie. "In realtà, volevo solo ricordare che non bisogna assolutamente prendersi gioco di chi non legge. Se veramente vogliamo riconquistare alla lettura chi ne ha paura, occorre evitare che tale attività sia obbligatoria e normativa. Chiunque deve essere libero di non leggere o di leggere ciò che gli pare, indipendentemente da ogni giudizio di valore sui testi scelti. Come pure si deve avere il diritto di saltare le pagine. È capitato a tutti. Non c’è nulla di male. Un romanzo letto a sprazzi è un romanzo che forse un giorno rileggeremo per gustarlo fino in fondo. Ciò che conta è che si deve sempre restare padroni delle proprie letture".
La lettura, dunque, non deve essere un dovere, ma un piacere...
Per la lettura non ha senso parlare di dovere. Come pure non ha senso dire che è meglio non leggere nulla piuttosto che leggere testi inutili, brutti o superficiali. È un’idea tipica della società in cui viviamo, dove tutto deve essere produttivo e rendere immediatamente. La lettura è invece un’attività che non rende nulla in termini quantificabili. Certo, sappiano che essa prima o poi ci servirà a qualcosa, ma non sappiamo mai esattamente a cosa. È per questo che non ha senso obbligare a leggere. Il che non significa che dobbiamo rinunciare a sperare che la lettura diventi una necessità per ogni persona.
Come fare?
La scuola dovrebbe trasmettere questa necessità, innanzitutto mostrando che la lettura è un piacere. Naturalmente, il piacere della lettura non è solo il piacere dell’evasione, ma anche quello della comprensione che evidentemente implica uno sforzo. Chi inizia ad apprezzare il piacere della lettura, diventa molto in fretta un lettore speleologo che s’inabissa volentieri nelle profondità del testo. All’inizio però le nostre letture sono sempre figlie del "bovarismo", vale a dire della soddisfazione immediata ed esclusiva delle sensazioni, dell’immedesimazione totale con il testo. La sorpresa e la meraviglia di fronte a un libro nascono sempre da una forma di perdita di coscienza. È così per tutti, nessuno può negarlo.
Tra i diritti del lettore, lei ricorda anche quello di lasciare un libro a metà...
Ci sono molti motivi per interrompere la lettura di un libro. Se un romanzo è veramente brutto, di solito ce ne accorgiamo subito. E purtroppo un romanzo non è come il vino, non migliora invecchiando. Quindi inutile insistere. Altre volte invece ci capita di leggere un libro dietro cui sentiamo qualcosa che ci sfugge, una qualità che non riusciamo a cogliere fino in fondo. Anche in questo caso è meglio rimetterlo sugli scaffali della libreria. Forse un giorno lo riprenderemo in mano, apprezzandolo fino in fondo. Quando riusciamo a liberarci dai vincoli e dagli obblighi, quello che ci sembrava un mattone può rivelarsi una nuvola.
La lettura è un atto d’evasione?
La lettura ci consente di sfuggire a tutte le contingenze che ci circondano e ci intrappolano. Di solito si dice che si legge per se stessi, per costruirsi o per mille altri buoni motivi. Secondo me, però, innanzitutto si legge sempre contro qualcosa, contro le contingenze, gli obblighi, le malattie, le scocciature, la noia, ecc. Un romanzo ci offre sempre la possibilità di ritrovarci per qualche ora in un altro mondo. Durante il servizio militare, mi capitava spesso di pulire le latrine, una corvé che nessuno voleva fare. Con quella scusa, però mi sono letto tranquillamente tutto Gogol, perché, sbrigato velocemente il compito assegnatomi, me ne stavo poi tranquillamente rinchiuso nei bagni, sprofondato nella lettura del grande scrittore russo. L’universo militare che mi stava attorno spariva completamente.
Scegliere i libri è però difficile...
Certo, e spesso ci si sbaglia e si resta delusi. Per questo è importante aiutare i lettori a scegliere. Prima di tutto, consentendo loro di leggere in libreria per farsi un’idea dei libri che stanno per comprare. Personalmente, non entro più nelle librerie dove mi guardano male se mi metto a leggere un libro. Anche la scuola e i giornali ci aiutano ad orientarci tra i moltissimi libri che riempiono le librerie. Ma sono soprattutto le persone che ci vogliono bene quelle che ci aiutano di più. I consigli dei parenti, degli amici o delle amanti ci fanno scoprire i libri più belli. Quando amiamo qualcuno, infatti, gli consigliamo i libri che abbiamo amato di più. Motivo per cui, per leggere bene, bisogna scegliere bene le persone di cui ci si innamora (ride).
La critica può essere d’aiuto?
Svolge certo un ruolo importante, ma sarebbe bene che a parlare di libri non fossero solo le riviste letterarie o le pagine culturali dei quotidiani. Mi piacerebbe ad esempio che ne parlassero anche i giornali sportivi. Bisogna abbattere le vecchie barriere e rendersi conto che i lettori sono dappertutto. I giornalisti e critici, inoltre, dovrebbero mettersi in gioco di più, provando a spiegare le ragioni profonde per cui questo o quel libro è piaciuto loro. Troppo spesso si nascondono dietro argomenti tecnici o estetici, senza mai dire che cosa un libro ha veramente smosso in loro. Insomma, la critica letteraria dovrebbe essere un po’ autobiografica. Sarebbe bello sapere che un critico parla di un libro che gli è stato regalato dalla donna che ama. Ciò permetterebbe di mettere meglio a fuoco il suo giudizio. Inoltre, una simile sincerità consentirebbe di sfuggire al tono cattedratico che spesso appesantisce la critica letteraria. Si ritroverebbe un po’ della meraviglia della lettura.
Ma lo scrittore Daniel Pennac riesce ancora a meravigliarsi quando legge?
Certo, perché non leggo mai come uno scrittore. Di recente, ad esempio, sono rimasto molto affascinato dal Suono della mia voce, un romanzo bellissimo dello scrittore scozzese Ron Butlin. Gli scrittori che non si meravigliano più sono quelli che hanno troppa fiducia nelle loro capacità, ma questo non è assolutamente il mio caso. Motivo per cui, nella lettura, continuo a trovare mille sorprese
[Modificato da 55achab 08/12/2004 13.02]