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A difesa del mio amato Occidente...

Ultimo Aggiornamento: 01/08/2005 01:40
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Paolo Prodi spiega ai cattolici che la modernità è finita,le sfide sono altre.

Roma. “La modernità è finita.

Dopo la Seconda guerra mondiale i più intelligenti tra loro ricordo il filosofo cattolico Romano Guardini, autore, nel 1954, di uno splendido volume ‘La fine dell’epoca moderna’ se n’erano accorti già sessant’anni fa”.

Il genere letterario non è dei più vivaci, una tavola rotonda all’Istituto Luigi Sturzo di Roma sul tema “La Chiesa e le sfide della modernità” ma il professor Paolo Prodi (relatore insieme a Pietro Scoppola, Maurilio Guasco e Alberto Monticone), riesce comunque a renderlo interessante, partendo da una sfida culturale.

“La mia tesi – spiega – è che di modernità ne esistono almeno due.
La prima, quella a cui accennavo citando Guardini,della dimensione storica: una fase che si è chiusa già da tempo e con la quale la Chiesa cattolica ha fatto i conti una volta per tutte con il Concilio Vaticano II.

La seconda, quella dell’attualità, che non ha nulla a che vedere con il confronto storico. Le sue caratteristiche sono la manipolazione genetica, il terrorismo planetario diffuso, l’informatizzazione senza confini.

E’ un presente che ha un legame stretto con l’insicurezza quotidiana. (…) E’ chiaro, allora, che l’articolazione del discorso sul binomio Chiesa/modernità dipende dalla chiave semantica con cui l’affrontiamo.

La prima, quella storica, è finita con il modernismo.

La seconda,dell’attualità, rappresenta invece le sfide che la Chiesa ha davanti a sé oggi”.

Dopo il preambolo Prodi introduce nel suo ragionamento un ulteriore elemento di analisi, spesso utilizzato dal fronte laico
per criticare le posizioni della Chiesa, svelandone l’equivoco lessicale e di contenuto:
“La necessità di un’apertura da parte cattolica”.
“I neo-illuministi che hanno una lettura storica della modernità sostengono con insistenza l’urgenza di un’apertura da
parte della Chiesa cattolica. Ma il problema non è quello di convertirsi all’illuminismo perché l’illuminismo è finito e noi ci siamo trovati addosso la desacralizzazione della politica e della vita.

Per alcuni di loro, penso al mio amico Vincenzo Ferrone con il quale ci siamo recentemente confrontati su questo tema, il Concilio è stato una pallida apertura alla modernità e quindi al dialogo tra credenti e non credenti.

Un dialogo che, per i neo-illuministi, è stato insidiato da Giovanni Paolo II e dalla sua azione.
In realtà io non condivido questo fideismo illuminista perché la Chiesa ci permette di guardare le cose con distacco, senza farci sedurre dalle ideologie di passaggio(fascismo, comunismo e via discorrendo)”.

“Quello con cui dobbiamo confrontarci– insiste Prodi – sono le novità del presente.
La clonazione, l’uomo in provetta, ordinare i figli su misura e quello che sta dietro a tutto questo, le radici più profonde di
questo agire: un uomo che non è più responsabile delle proprie azioni.

Non si tratta di contrapporre modernismo e antimodernismo, è il mondo che si sta disintegrando, è l’umanità nelle sue radici.

Lo scorso anno un dialogo pubblico tra l’allora cardinale Ratzinger ed il filosofo laico Juergen Habermas ha portato il confronto su quelli che sono i veri temi nuovi. Habermas ha messo in guardia dai rischi di una genetica liberale.

Ecco, rileggendo quel confronto, possiamo farci un’idea di quello che è ‘il’ problema.

La questione della dittatura del relativismo (detta così sembra
uno slogan da programma televisivo) in questa civiltà planetaria.

Il bene e il male,la salvezza e il peccato, sono questi gli argomenti che ritornano”.

Come reagire davanti alle sfide dell’attualità?

“Davanti ai temi della clonazione, dei figli su misura, della manipolazione genetica – conclude Prodi - esistono due atteggiamenti possibili (che non sono uno progressista e l’altro conservatore, categorie logore).

Io vedo una corrente che utilizza queste sfide per elaborare una religione civica corrente che tende, quindi, a strumentalizzare
queste battaglie.

Ma vedo anche una tendenza che vuole utilizzare la ragione, credenti e non credenti con un atteggiamento laico e religioso, insistere con forza sulla questione centrale: l’urgenza di un nuovo discorso”.

Per Prodi lo hanno cominciato con forza Habermas e Papa Benedetto
XVI.
In passato lo aveva anticipato Guardini(figura intellettuale di riferimento di Ratzinger) quando all’indomani della Seconda guerra mondiale ammoniva:
“La modernità ci ha lasciato un uomo che non ha bisogno di alcun fondamento estraneo a sé, né tollera norma alcuna al di sopra di sé”.

Massimiliano Lenzi (Il Foglio)
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