Re: attentatori cittadini britannici
Scritto da: rosy71 13/07/2005 12.41
Non ho ancora letto nulla sul fatto che invece gli attentatori di Londra erano inglesi....
Ne sapete niente?
Un video del metrò, un documento, il corpo del terrorista
esploso sul bus 30: la storia dell'inchiesta sugli attentati di Londra
Così l'uomo-bomba è arrivato
nel cuore dell'Europa
L'allarme dopo le telefonate del padre a Scotland Yard: "Non lo trovo più"
Il mistero dell'auto imbottita di esplosivo alla stazione ferroviaria
dal nostro inviato CARLO BONINI
I rottami dell'autobus esploso il 7 luglio a Londra
PER SCRIVERE la storia del giovedì di sangue e delle sue responsabilità, Scotland Yard ha impiegato 120 ore, cinque giorni. Per aprire ai loro detective la porta che ne custodiva il segreto, sono serviti cinque minuti. Quanto è durata la telefonata di un padre che voleva credere ancora vivo un figlio che non sapeva assassino. L'uomo chiama alle 10 di sera di giovedì 7 luglio. Telefona da Leeds, West Yorkshire, 300 chilometri a nord di Londra.
Parla l'inglese degli immigrati pachistani di prima generazione, ma all'operatore del Central Casualty Bureau, l'Ufficio vittime di Scotland Yard, non è difficile comprendere la storia che racconta, perché è la stessa storia di centinaia di altri padri e madri, fratelli e sorelle, mogli e mariti, fidanzati e fidanzate, che dal mattino cercano chi gli è caro. "Mio figlio è partito stamani per Londra, ma non riusciamo a rintracciarlo e non è rientrato a casa", dice. Il nome del ragazzo viene annotato in uno schedario, con le sue generalità e una prima descrizione somatica. Ne viene chiesta la foto e tutto ciò che può aiutarne la ricerca: un dettaglio degli indumenti che indossava, degli oggetti che aveva con sé. Quando riaggancia, l'uomo ha paura del peggio.
Ma non sa che lo attende l'orribile.
Hasib da ieri, non è più un missing, un disperso del 7 luglio, ma uno dei suoi quattro carnefici.
"Con un'operazione di polizia ancora in corso - ripetevano fonti dell'antiterrorismo - è sufficiente dire cosa ha fatto quel ragazzo, dove ci ha portato e perché".
Gli uomini della scientifica ne trovano una traccia in quel che resta delle lamiere del bus numero 30 esploso alle 9.47 in Tavistock Square. Del ragazzo di Leeds, qualcosa è rimasto. E nel punto più vicino all'epicentro dell'esplosione: degli oggetti personali, un documento di identità. Il fatto, in sé, potrebbe non dir nulla. Ma le testimonianze dei passeggeri del bus ("un ragazzo con la pelle olivastra che frugava nervosamente in una borsa"), il luogo da cui quel "disperso" proviene - Leeds, con la sua più grande comunità residente di musulmani di origine asiatica e il suo recente passato di scontri razziali - qualcosa possono dire. E infatti dicono.
"Sul bus "30", dobbiamo solo mettere una faccia in movimento - ripeteva sornione ancora domenica scorsa Brian Paddick, numero tre di Scotland Yard - Perché allora non ci vorrà molto tempo per ricostruire a ritroso le sue ultime ore. Riusciremo a scoprire da dove veniva, chi ha incontrato". Per quel che poteva, Paddick diceva del vero, ma una parte soltanto. Perché la "faccia di Leeds" Scotland Yard già l'aveva, fornita da un padre disperato in cerca di un figlio. Soprattutto aveva già "una faccia in movimento". Lunedì notte, dopo aver passato 2.500 fotogrammi alla moviola, la ritrovano gli addetti allo screening dei nastri prelevati dal sistema televisivo a circuito chiuso del metrò e delle stazioni ferroviarie nell'area dell'esplosione. Il passeggero del bus "30" di Tavistock square è su una pensilina della stazione ferroviaria di superficie di King's Cross. Quella del terminal Thameslink, la linea su rotaia veloce che, a nord di Londra, collega l'aeroporto di Luton con il centro della città.
Il ragazzo è appena sceso da un treno che arriva dalla stazione di Luton, confabula con altri tre uomini che con lui smontano dalla stessa carrozza.
Ciascuno di loro trascina uno zaino. Li riprende una delle tante telecamere del terminal. Alle 8 e 30 di giovedì 7 luglio manca qualche minuto. Ventuno, alla strage.
Afferrato il bandolo, Scotland Yard può venire a capo della matassa. La faccia del ragazzo sul bus "30", illumina altri tre volti, anche loro "in movimento". Certo, potrebbero ancora non voler dire nulla, ma la prova della loro partecipazione nella strage è in ciò che hanno già lasciato e lasceranno ancora dietro di sé. Due di quegli uomini inquadrati dalla telecamera di King's Cross vivono a Leeds, come il ragazzo del "30". E, come lui - scoprirà Scotland Yard - frequentano la stessa moschea, condividono lo stesso passaporto di un Paese in cui sono nati e hanno imparato ad odiare. Homegrown radicals, estremisti con la testa alla terra dei loro padri, ma i piedi piantati lì dove i loro padri li hanno messi al mondo per farli diventare diversi da loro. Solo l'ultimo dei quattro non è di Leeds, né arriva dal West Yorkshire, ancora misterioso nel nome e nella sua storia perché "sul suo conto l'indagine è ancora in pieno svolgimento".
Le immagini della telecamera nel terminal di King's Cross sono cruciali epperò non ancora decisive. Lo diventano quando ai tunnel di Aldgate e di Edgware (le due stazioni lungo la Circle line), alle lamiere fuse dei convogli "204" e "216", vengono sottratti un corpo calcinato di uomo, alcuni oggetti, documenti di identità. Il cadavere, estratto dal treno di Aldgate, appartiene a uno dei quattro uomini che la telecamera di King's cross ha inquadrato poco prima delle 8 e 30. Come anche alcuni oggetti e un documenti di identità. L'altro di questi documenti, viene raccolto nel tunnel di Edgware, e dà un nome al terzo degli uomini ripresi dalla telecamera a circuito chiuso.
All'alba di martedì, la corsa a ritroso di Scotland Yard è praticamente conclusa. Le manca solo l'ultimo tratto, quello che fa più paura se solo si ricorda come andò a finire a Madrid, con il sacrificio di massa del commando dell'11 marzo nel sobborgo di Lavapies. Una "traccia raccolta dalla polizia" individua almeno due delle macchine con cui i quattro di King's Cross sono arrivati da Leeds. Una è parcheggiata a Leighton Buzzard, 16 chilometri a ovest di Luton, l'altra nello spiazzo antistante la stazione del Thameslink su cui i 4 sono saliti la mattina di giovedì per raggiungere King's Cross.
Quando, ieri, gli artificieri la aprono con un'esplosione controllata, la trovano carica di altro esplosivo. Lo stesso che troveranno a Leeds, perquisendo le abitazioni di 3 del commando. In Hyde Park Road, Colwyn road, Tempest road e Shalford road.
Poi, ieri, al momento di tirare una prima conclusione, delle nuove domande cui Scotland Yard non ha ancora trovato risposte definitive. E su cui non intende perdere aplomb e metodo. Sono davvero tutti kamikaze? Perché allora hanno usato dei timer? E perché hanno lasciato dietro di sé tanto esplosivo (nella macchina e in uno degli appartamenti di Leeds) sapendo che mai sarebbero tornati a recuperarlo? Da ieri notte sono le stesse domande che, in una camera di sicurezza di Londra, si sente rivolgere l'unico arrestato di ieri. Il ragazzo di Leeds con sangue pachistano e passaporto inglese. Che odiava il paese in cui era nato. Quell'Inghilterra che ora pretende da lui delle risposte.
(13 luglio 2005)
Sean
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