Politica (il titolo era : Estrema destra, celtismo e causa repubblicana...)

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Sean1
00lunedì 2 agosto 2004 14:48
Re: In risposta a theropithecus

Scritto da: anam cara 31/07/2004 19.34
Si, può essere, la mia è una visione utopistica, ma non mi sembra tanto ridicola o assurda.
La tua invece, perdonami, è triste, molto triste ed evidenzia solo una parte della realtà, quella, per così dire, contabile, dei dati.
Noi come specie non SIAMO diplomatici, abbiamo CAPACITA’ diplomatiche. Siamo umani, ma non tutti sono CAPACI di esserlo.
L’uomo è capace di creare e di distruggere, è capace di uccidere e dare la vita, è capace di odiare e di amare. La scelta poi è individuale e non sempre motivata.
Gli animali non credo siano CAPACI di tali scelte. E non credo possano motivarle.
Il genere umano. Si, la storia ci insegna, anzi ci ricorda, che il genere umano è capace di atti mostruosi e per niente diplomatici, che neanche gli animali si sognerebbero di mettere in pratica. Ma c’è per fortuna il rovescio della medaglia. Perché l’uomo è capace di cose magnifiche e divine ed è in questa ambivalenza che io intendo la differenza, che io vedo quel qualcosa in più.

E adesso si che ho sgretolato ogni più remoto confine del thread…sto proprio out! Sorry!

P.S. da oggi potete pure chiamarmi Sig.na Capace…[SM=g27828]



sono bellissime le tue parole, grazie!


Sean
Marco(cinese)
00martedì 3 agosto 2004 10:19
per Martina
col mio intervento non volevo dire che qlc ha mancanze a livello culturale, solo che, avendo visioni del mondo e della vita diverse, uno stesso avvenimento lo analizziamo e lo vediamo in maniera opposta. per quanto riguarda la faccenda dello scalpo era abbastanza palese che fosse una battuta.
per il mio modo di pensare la verità è una e una sola ma che non risiede certo in me come in te, come mi piace dire... ai posteri l'ardua sentenza.
Corcaigh
00martedì 3 agosto 2004 11:39
Allo stesso modo, se leggi bene, non ho definito le culture pre-industriali comuniste, dato che, come ho ben specificato, tali termini non sono utilizzabili a meno che una società non presenti il grado di industrializzazione necessario per definire una destra ed una sinistra,
Nessuna offesa, mi sembrava solo che il thread stesse degenerando per i termini usati.[SM=g27811]

Vedi, l'ossessione di catalogare tutto a destra o a sinistra è un'ossessione tipicamente italiana. Ad esempio, qui in irlanda la destra e a sinistra non esistono. Non c'è mai stato un fascismo od un comunismo storico come in italia, questa è la ragione.
Se andassi a dire ad un Irlandese che Tolkien è di destra ti guarderebbe confuso, come se gli avessi appena detto che la Thatcher è femminista [SM=g27828]
Semplicemente, non saprebbe di che stai parlando. I celti qui sono celti, non hanno colore o connotato politico.
Dopo 13 anni di vita qui, mi riesce MOLTO difficile anche a me comprendere queste idiosincrasie tipicamente italiane.

Ne avevamo parlato in un altro thread, molto interessante.

Tutto qui. parliamo due linguaggi diversi, uno dei quali non mi appartiene più.
[SM=x145456]

Take care

[SM=x145447]
Sean1
00martedì 3 agosto 2004 12:45
nel gran calderone della destra ci va proprio tutto....

i movimenti che oggi definiamo di destra nascono subito dopo la I guerra mondiale:

- problema :

1- i movimenti dei lavoratori ed i loro partiti e sindacati crescono ed in alcune regioni europee riescono a prendere il potere ed a invertire i rapporti di forza tra le classi

2 - le classi "inferiori" acquisiscono coscienza di se' come classi e della propria condizione , i loro movimenti, partiti, sindacati divengono di massa.

3 i partiti che rappresentano il potere/strumento del capitalismo e della borghesia, i partiti conservatori classici , hanno una base esigua nelle classi dominanti e sono impotenti davanti al punto 1 e 2 , inadatti al confronto con la lotta di classe in atto.

Soluzione :

1b : creare movimenti/partiti conservatori reazionari di MASSA anch'essi che facciano leva non sulla appartenenza di classe ma che sostituiscano a questa la appartenenza di sangue e di suolo, sostituire la lotta di classe con il razzismo e la lotta contro la borghesia con quella contro l'ebraismo capitalista.

2b : creare miti del sangue e del suolo parassitando simboli e storie : gli ariani per i tedeschi e la svastica, l'antica Roma ed il fascio per gli italiani.La "tradizione" come stampella ideologica.

Conclusione :

in realta' in nome di una fantomatica tradizione la destra difendeva lo status quo del primo capitalismo industriale ed i privilegi della borghesia industriale e del latifondo, poiche' al di la' dei vuoti proclami "sociali" o socialisteggianti in pratica le condizioni di lavoro peggiorarono e la liberta' dei lavoratori fu cancellata in nome del supremo interesse della nazione, gli stessi esponenti piu' a "sinistra" nel movimento fascista e nazista vengono depotenziati, allonatanati....o eliminati...


Il movimento repubblicano irlandese : una nota doverosa.

il movimento R I era/e' un movimento intrinsecamente progressista, nasce proprio dalla lotta al dominio feudale ed aristocratico tanto cari ai tradizionalisti destroversi, e' una lotta di emancipazione e di uguaglianza, il fine e' fondare non una repubblichetta sociale bensi' una republica (istituzione gia' per se' poco tradizionalista) socialista che includesse tutti i residenti sull'isola.
Per quanto riguarda i simboli basti andare in giro per Belfast West per vedere murales con Guevara, Mandela ( proprio un nero!),il comandante Marcos, e se questo non bastasse vi sono documenti UFFICIALI SF che si dissociano da qualsiasi movimento razzista e/o fascista.
Siamo agli antipodi delle ideologie fasciste : il dominio dei "signori" sugli inferiori, la conquista dei "posti al sole", il colonialismo imperialista (ridicolo quello italiano), la purezza della razza ed i suoi orrori...
Forse piuttosto l'imperialismo britannico in irlanda ed altrove rappresento' meglio questi "valori"....

Sean[SM=x145459]

Corcaigh
00martedì 3 agosto 2004 14:18
Re:

Scritto da: Sean1 03/08/2004 12.45

Forse piuttosto l'imperialismo britannico in irlanda ed altrove rappresento' meglio questi "valori"....

Sean[SM=x145459]




Senza dubbio, Sean. E a prova di tutto ciò basta dire che Churchill era di destra e filofascista (vedi carteggio con Mussolini). Il motivo principale per cui non si alleò con i nazifascisti fu un errore fondamentale di Hitler: bombartare l'amata Britannia. Nazionalista com'era, al grido di "nessuno bombarda Albione impunito" gettò fuoco e fiamme sulla Germania. Si rifiutò sempre di stringere alleanze dirette con Stalin (alleanze che invece furono sempre gestite dagli americani) nonstante sia ormai storicamente ovvio che i tedeschi la guerra l'abbiano persa sul fronte russo, non certo su quello britannico!
Rule Britannia è un inno fondamentalmente di destra.
L'amata Thacher seguì passo per passo questa tradizione non certo liberale [SM=g27812] [SM=g27813] [SM=x145460]
Marco(cinese)
00martedì 3 agosto 2004 23:39
Infatti neanche a me piace catalogarenei termini di destra e di sinistra modi di pensare, scrittori o ciò che può accadere in un determinato periodo storico, appunto perchè sono due termini estremamente generali. Questo l'ho ripetuto tantissime volte nel thread. Ho sempre parlato di "visione del mondo", cioè l'analizzare i vari periodi storici e prendere da essi ciò che si riteneva giusto e "combattere" ciò che si ritenava sbagliato per una maggiore crescita culturale, senza subire la storiella così come ci veniva servita.
MAI E POI MAI ho affermato che Tolkien era di destra, come non lo era Mussolini, non lo sono i simboli celtici o la questione repubblicana irlandese. SPERO SIA CHIARO. e aggiungo...io non sono di destra!!!

poi l'impero fascista per come era inteso e gestito era esattamente l'opposto di quello inglese, vero è che se vai in Somalia i vecchi che ricordano quel periodo fanno il saluto romano se incontrano un italiano, e non perchè sono stati oppressi. quello inglese era imperialismo, quello fascista era Impero!!!





anam cara
00mercoledì 4 agosto 2004 00:32
[SM=g27817] grazie a te Sean.

Ehm...io non sono tanto d'accordo sul fatto di non politicizzare letteratura, scrittori, musica, ecc, ecc. Ora cerco di spiegarmi.
Appioppare significati solo per il gusto di portare acqua al proprio mulino, no, non piace neanke a me, assolutamente. Però c'è da considerare il fatto ke esprimere idee e opinioni è di per sè già "fare politica".
Mi ricorderò sempre quello ke mi diceva (+ o -)il mio caro prof di diritto alle superiori: "A lella, la politica oggi come oggi è skifata xkè la maggior parte delle persone pensa ke politica sia quella fatta in parlamento. Ma la politica è quella ke facciamo noi gente comune tutti i giorni per le strade, semplicemente vivendo."
Il discorso andava avanti e diventava dibattito, ma nn mi mettero qui a ripeterlo(x vostra fortuna![SM=x145483] )
Il succo del mio discorso(beh, a fare il sunto dopo due righe ci vuole coraggio[SM=g27828] ) è ke a mio parere politicizzare qualcosa non è sempre così abominevole. In fondo significa veder rispecchiarsi nei pensieri e nelle opere di grandi personaggi quello in cui crediamo.E' consolante e da una certa soddisfazione.
Ora qui ci sta tutto il contro canto, ovvero "ma ki te lo dice a te ke Tizio voleva dire fischi e ke Caio invece intendeva fiaschi?"
Bel dilemma...
Io penso solo ke i grandi valori e le grandi filosofie(ideologie, credi, militanze...chiamatele come volete) si ritrovino facilmente e inevitabilmente in ogni espressione dell'uomo. Tutto è riconducibile ad un'idea politica. Il vero problema sta, secondo me, ovviamente, nel non strumentalizzare.
Credo ke sia veramente esaltante il caso di Tolkien...giovani di destra e di sinistra, palesemente diversi tra loro, ke per motivi diversi(ma ke poi sotto sotto io nn trovo così differenti) si riconoscono in un unico libro.
Questo a me fa pensare ke in fondo in fondo esistono poche cose, le più importanti, che valgono assolutamente per tutti indistintamente.
Mi viene in mente un verso di Whitman, che forse non calza benissimo, ma che rende un po' l'idea...visto ke io con le parole c'azzecco poco![SM=g27824]
...c'è qualcos'altro di molto grande, che fa tutto coincidere, qualcosa di magnifico, di là della materia, che con mani continue sfiora e provvede per tutti.
Se invece di un dio ci vedete un valore unico e alto, il paragone può andare[SM=g27820] ...o forse è azzardato[SM=g27833] ...vabbè, fate voi.[SM=g27816]

Baci.

Ale.555
00mercoledì 4 agosto 2004 05:59
Io invece non sono per nulla d'accordo. Ricordo qualcuno che diceva "tutto quello che facciamo è politica". Quando compri qualcosa, quando vai in moto, quando ascolti, leggi, parli... balle.
Se si dà alla politica il suo senso etimologico, cioè di "conduzione della vita pubblica", nata ai tempi delle poleis greche, allora tutto questo non c'entra niente.
Se si parla di ideologie, partiti, questo e quest'altro, anzi, questoequestaltrismo, non c'entra niente neanche lì.
Proprio il caso di Tolkien è esemplare (ma oserei dire anche quello di Nietszche, dei Beatles, di chi volete voi...): un artista dalla mente molto aperta cerca di dare un messaggio di valore universale e profondo e qualche migliaio di menti meno aperte della sua lo legge secondo i canoni del proprio pensiero, proprio a causa del proprio immobilismo intellettuale.
E se si arriva a dire che tutto è politica (ricordo quella canzone degli Skunk Anansie... che peraltro non ho mai amato particolarmente), allora siamo davvero alla fine. Perché si arriva a leggere cose che sono sempre esistite con gli occhi di un fenomeno che, ripeto, avrà al massimo trecento anni (ad esser buoni... l'epoca della rivoluzione industriale...).
Un po' come dire che il cavallo di Napoleone doveva la propria esistenza alle Harley Davidson.
Che tutto questo faccia bene ai politici/pr di oggi di entrambe le fazioni non lo metto in dubbio, ma che almeno si lasci stare in pace la poesia, la tecnica, l'arte, l'espressione... che tra l'altro in questo periodo sto cominciando a sentire pure una fastidiosa idiosincrasia per gli artisti cosiddetti "impegnati" (come se fosse "impegno", in arte, solo il trattare certi temi sociali e non lo fosse, ad esempio, la tradizione di culture antichissime, lo studio della tecnica, lo sviluppo di novità, la trattazione di situazioni complesse e di sentimenti profondi...) e pure per il mainstream.
Scusate lo sfogo... è troppo tardi, o forse solo troppo presto...
1 kiss & 1 pint

[Modificato da Ale.555 04/08/2004 6.01]

Sean1
00mercoledì 4 agosto 2004 12:27
il colonialismo italiano....

Impiegò i metodi più brutali sia nelle campagne di conquista che nel periodo successivo, stroncando ogni tentativo di ribellione. Con l'avvento del fascismo, poi, le condizioni dei sudditi coloniali si fecero ancora più precarie, soprattutto perché fu messa a tacere in Italia l'opposizione, tanto in Parlamento che negli organi di informazione. Grazie infine alle più capillari pratiche censorie, furono tenuti nascosti agli italiani episodi di inaudita gravità, come, ad esempio, la deportazione di intere popolazioni del Gebel cirenaico, la creazione nella Sirtica di quindici letali campi di concentramento, l'uso dei gas durante il conflitto italo-etiopico, le tremende rappresaglie in Etiopia dopo il fallito attentato al viceré Graziani.


Quando Mussolini arrivò al potere, la riconquista della Libia era appena iniziata, mentre sulle regioni centrali e settentrionali della Somalia il dominio italiano era soltanto virtuale. A Mussolini, più che ai suoi generali, va dunque la responsabilità di aver adottato i metodi più crudeli per riconquistare le colonie pre-fasciste e per dare, con l'Etiopia, un impero agli italiani.


a) L'impiego degli aggressivi chimici. Usati sporadicamente in Libia, nel 1928, contro la tribù dei Mogàrba er Raedàt, e nel 1930, contro l'oasi di Taizerbo, i gas vennero invece impiegati in maniera massiccia e sistematica durante il conflitto italo-etiopico del 1935-36 e nelle successive operazioni di “grande polizia coloniale” e di controguerriglia. L'Italia fascista aveva firmato a Ginevra, il 17 giugno 1925, con altri venticinque paesi, un trattato internazionale che proibiva l'utilizzazione delle armi chimiche e batteriologiche, ma, come abbiamo visto, neppure tre anni dopo violava il solenne impegno usando fosgene ed iprite contro le popolazioni libiche.


In Etiopia le violazioni furono così numerose e palesi da sollevare l'indignazione dell'opinione pubblica mondiale. Le prime bombe all'iprite furono lanciate sul finire del 1935 per bloccare l'avanzata dell'armata di ras Immirù Haile Sellase, che puntava decisamente all'Eritrea, e quella di ras Destà Damtèu, che aveva come obiettivo Dolo, in Somalia. In tutto, durante il conflitto italo-etiopico del 1935-36, furono sganciate su obiettivi militari e civili 1.597 bombe a gas, in prevalenza del tipo C.500-T, per un totale di 317 tonnellate. Altre 524 bombe a gas furono lanciate, tra il 1936 e il 1939, durante le operazioni contro i patrioti etiopici. Se si aggiunge, infine, che durante la battaglia dell'Endertà furono sparati dalle batterie di cannoni di Badoglio 1.367 proiettili caricati ad arsine, non si è lontani dal ritenere che in Etiopia siano stati impiegati non meno di 500 tonnellate di aggressivi chimici.


b) I campi di sterminio. Con il fascismo le vessazioni nei confronti degli indigeni raggiunsero livelli mai prima segnalati. Dall'esproprio dei terreni, dalla confisca dei beni dei “ribelli”, dal diffuso esercizio del lavoro forzato, si passò alla deportazione di intere popolazioni e alla loro segregazione in campi di concentramento, che soltanto la cinica prosa dei documenti ufficiali aveva il coraggio di definire “accampamenti”. Il più noto e drammatico di questi trasferimenti coatti avvenne in Cirenaica nel 1930, dopo che Graziani aveva fallito il tentativo di domare la ribellione capeggiata da Omar el-Mukhtàr. Su ordine del governatore generale Badoglio, il quale era convinto che la rivolta si sarebbe potuta infrangere soltanto spezzando i legami tra gli insorti e le popolazioni del Gebel cirenaico, Graziani predisponeva il trasferimento di 100mila civili dalla Marmarica e dal Gebel el-Ackdar ai campi di concentramento che aveva fatto costruire nella Sirtica, una delle regioni più inospitali dall'Africa del Nord.

Quando i lager vennero definitivamente sciolti nel 1933, i sopravvissuti erano appena 60mila. Gli altri 40mila erano morti durante le marce di trasferimento, per le pessime condizioni sanitarie dei campi (per i 33mila reclusi nei lager di Soluch e di Sidi Ahmed el-Magrun c'era un solo medico), per il vitto insufficiente e spesso avariato, per le inevitabili epidemie di tifo petecchiale, dissenteria bacillare, elmintiasi, per le violenze compiute dai guardiani e per le esecuzioni sommarie per chi tentava la fuga.
I campi di sterminio nella Sirtica non furono i soli. Memore della loro macabra efficacia, Graziani ne istituì uno anche in Somalia, a Danane, a sud di Mogadiscio. Secondo Micael Tesemma, un alto funzionario del ministero degli Esteri etiopico, che fu recluso a Danane per tre anni e mezzo, dei 6.500 etiopici e somali che si avvicendarono nel campo, tra il 1936 e il 1941, 3.171 vi persero la vita.


Un secondo campo fu istituito nell'isola di Nocra, in Eritrea. Qui le condizioni di vita erano anche più intollerabili, perché i detenuti erano costretti al lavoro forzato nelle cave di pietra, con temperature che a volte raggiungevano i 50 gradi. L'alto tasso di mortalità a Nocra era causato principalmente dalla malaria e dalla dissenteria, poi dal cattivo nutrimento e dalle insolazioni.


c) Le stragi. L'intera storia delle conquiste coloniali italiane è punteggiata da stragi e da esecuzioni sommarie. Ma vi sono episodi che emergono per la loro spiccata gravità. Nella notte del 26 ottobre 1926, ad esempio, avendo saputo che lo scek Ali Mohamed Nur, un capo religioso ostile all'Italia, era sfuggito all'arresto e si era barricato con i suoi seguaci nella moschea di El Hagi, a Merca, una cinquantina di coloni italiani di Genale, ex squadristi, armati di moschetti e di fucili da caccia, puntò su Merca, circondò la moschea e trucidò tutti i suoi occupanti, un centinaio di somali.

Il massacro sarebbe stato anche più ingente se, al mattino, a sostituire gli squadristi, che intendevano liquidare tutta la popolazione indigena della zona, non fossero intervenuti i reparti dell'esercito.
Dalla Somalia passiamo alla Libia. Nel febbraio del 1930, alla fine delle operazioni per la riconquista del Fezzan, Graziani spinse un migliaio di mugiahidin, con le loro famiglie, verso il confine con l'Algeria e poiché non fece in tempo ad intrappolarli, per due giorni consecutivi lanciò tutti gli aerei a sua disposizione sulle mehalla in fuga. Fu una carneficina, come testimonia lo stesso inviato de Il Regime Fascista, Sandro Sandri, il quale assistette ai bombardamenti e mitragliamenti del “gregge umano composti, oltreché degli armati, da una moltitudine di donne e bambini”.


Ma è in Etiopia, nel cristiano e millenario impero del Prete Gianni, che furono consumati i più orrendi eccidi, alcuni dei quali non ancora studiati a fondo per cui il numero delle vittime potrebbe ancora aumentare. Cominciamo con le stragi compiute ad Addis Abeba dopo l'attentato del 19 febbraio 1937 al viceré Graziani. Per tre giorni, su ordine del segretario federale della capitale, Guido Cortese, fu impartita agli etiopici, che erano assolutamente estranei all'attentato, una “lezione indimenticabile”. Alla selvaggia repressione presero soprattutto parte camicie nere, civili italiani ed ascari libici e fu condotta, come riferisce un testimone degno di fede, il giornalista Ciro Poggiali, “fulmineamente, coi sistemi del più autentico squadrismo fascista”. Quando, il 21 febbraio, Graziani diramò, dall'ospedale in cui era stato ricoverato per le ferite subite, l'ordine di cessare la rappresaglia, la capitale era disseminata di cadaveri. Mille morti, secondo Graziani; da 1.400 a 6.000, secondo le stime dei testimoni stranieri; 30mila, a sentire gli etiopici.


Cessata la strage in Addis Abeba, la repressione continuò in tutte le altre regioni dell'impero. Si dava soprattutto la caccia agli indovini e ai cantastorie, ritenuti responsabili di aver annunciato nelle città e nei villaggi la fine prossima del dominio italiano in Etiopia. Secondo una relazione del colonnello Azolino Hazon, la sola arma dei carabinieri passò per le armi, in meno di quattro mesi, 2.509 indigeni. Alle operazioni repressive partecipò anche l'esercito. Al generale Pietro Maletti venne infatti affidato l'incarico di punire i religiosi della città conventuale di Debrà Libanòs, ingiustamente sospettati di aver favorito l'attentato a Graziani ospitando i due esecutori materiali, gli eritrei Abraham Debotch e Mogus Asghedom. Tra il 18 e il 27 maggio 1937 Maletti portò a termine la sua missione fucilando 449 monaci e diaconi.


Queste cifre le abbiamo desunte dai dispacci che Graziani inviava quotidianamente a Mussolini, e fino a qualche tempo fa le ritenevamo attendibili poiché Graziani ha sempre avuto la tendenza a non celebrare, e soprattutto a non ridurre, le cifre della sua macabra contabilità. Il viceré, infatti, commentando la strage di Debrà Libanòs non aveva mostrato alcuna reticenza nel sottolineare l'estremo rigore della punizione: “E' titolo di giusto orgoglio per me aver avuto la forza d'animo di applicare un provvedimento che fece tremare le viscere di tutto il clero, dall'Abuna all'ultimo prete o monaco”.
Ma dovevo sbagliarmi sulle cifre della strage. Due miei collaboratori, Ian L. Campbell, dell'Università di Nairobi, e Degife Gabre-Tsadik, dell'Università di Addis Abeba, compivano fra il 1991 e il 1994 alcuni accurati sopralluoghi nelle località in cui Maletti decimò il clero copto e giunsero alla conclusione, dopo aver intervistato alcuni superstiti della strage e alcuni testimoni delle operazioni di Maletti, che le cifre riferite da Graziani erano del tutto inattendibili. In realtà, le mitragliatrici di Maletti hanno abbattuto a Debrà Libanòs, Laga Wolde e a Guassa, non 449 tra preti, monaci, diaconi e debteras, ma un numero di religiosi che si aggira tra i 1.423 e i 2.033. Data la serietà dei due ricercatori e il numero delle testimonianze raccolte, nel 1997 pubblicavo il loro lungo rapporto sul numero 21 di “Studi Piacentini”.


Questa non è che una sintesi molto lacunosa dei torti che l'Italia fascista ha fatto alle popolazioni africane da essa amministrate. Dovremmo infatti anche parlare delle leggi razziali, che confinavano gli indigeni nei loro ghetti, anticipando di vent'anni i rigori e gli abusi dell'apartheid sudafricana. Dovremmo ricordare i limiti imposti all'istruzione, tanto che in settant'anni di presenza italiana in Africa nessun indigeno ebbe la facoltà e i mezzi per ottenere un diploma o una laurea. Dovremmo infine ricordare che ai sudditi africani erano riservati soltanto ruoli subalterni, i più modesti ed umilianti. Un fatto del genere non accadeva nelle colonie africane della Francia e della Gran Bretagna.
Questi crimini furono accuratamente nascosti agli italiani con tutti gli strumenti di cui può disporre una dittatura. E se qualche verità filtrava all'estero, ad esempio sui gas impiegati in Etiopia, il regime reagiva rabbiosamente sostenendo che un popolo che stava portando la civiltà in Africa non poteva macchiarsi di tali infamie.


Molti testimoni italiani di stragi o dell'impiego delle armi chimiche si decideranno a svelare i loro segreti soltanto trenta, quaranta, cinquanta anni dopo gli avvenimenti e sempre con qualche reticenza. Altri, invece, e sono i più numerosi, non hanno mai testimoniato sui crimini, perché non li ritenevano tali, ma li consideravano normali pratiche per tenere a freno popolazioni che giudicavano barbare. Molti, fra costoro, si sono fatti fotografare in posa dinanzi alle forche o reggendo per i capelli teste mozze di patrioti etiopici.
Questa macabra, allucinante documentazione fotografica è visibile negli Archivi storici di Addis Abeba e proviene dagli uffici degli organi giudiziari italiani scampati alle distruzioni della guerra, o dai portafogli degli italiani finiti prigionieri degli etiopici alla caduta dell'impero.


Il mito degli “italiani brava gente” cominciò ad affermarsi quando ancora l'Italia era impegnata in Africa a difendere i suoi territori. Se si sfogliano le riviste coloniali dell'epoca si nota l'insistenza con la quale il regime fascista cercava di accreditare la tesi dell'italiano impareggiabile costruttore di strade, ospedali, scuole; dell'italiano che in colonia è pronto a deporre il fucile per impugnare la vanga; dell'italiano gran lavoratore, generoso al punto da porre la sua esperienza al servizio degli indigeni. Si tentava, insomma, di costruire il mito di un italiano diverso dagli altri colonizzatori, più intraprendente e dinamico, ma anche più buono, più prodigo, più tollerante. Insomma il prodotto esemplare di una civiltà millenaria, illuminato dalla fede cattolica, fortificato dalla dottrina fascista. Questo mito sopravviverà alla sconfitta nella seconda guerra mondiale e impregnerà tutti i documenti che i primi governi della Repubblica presenteranno alle Nazioni unite o ad altre assise internazionali nel tentativo, fallito, di salvare, se non tutte, almeno le colonie prefasciste.


Non soltanto resisteva il mito degli “italiani brava gente”, ma si impediva con ogni mezzo che si svolgesse nel paese un sereno e costruttivo dibattito sul colonialismo. Gli effetti del mancato dibattito sono visibili, come sono palesi i danni arrecati. Il primo dato negativo è la rimozione quasi totale, nella memoria e nella cultura storica dell'Italia, del fenomeno dell'imperialismo e degli arbitri, soprusi, crimini, genocidi ad esso connessi. A 117 anni dallo sbarco a Massaua del colonnello Tancredi Saletta, a 91 dallo sbarco del generale Caneva a Tripoli, a 67 dall'aggressione fascista all'Etiopia, l'Italia repubblicana non ha ancora saputo sbarazzarsi dei miti, delle leggende, delle contraffazioni che si sono formate nel periodo coloniale, mentre una minoranza non insignificante di reduci e di nostalgici li coltiva amorevolmente e li difende con iattanza.


Non soltanto è stato contrastato ogni tentativo di aprire un dibattito a livello nazionale sul colonialismo, che coinvolgesse storici, forze politiche ed opinione pubblica, ma si è anche tentato, da parte di alcune istituzioni dello Stato, di esercitare il monopolio su alcuni archivi per impedire che affiorasse la verità, mentre una storiografia di segno moderato o revanscista favoriva palesemente la rimozione delle colpe coloniali.
A quando i processi postumi ai Badoglio, ai Graziani, ai De Bono, ai Lessona, ai Cortese, ai Maletti e a tutti gli altri responsabili dei genocidi africani rimasti impuniti? A quando la verità nei libri di testo scolastici, che ignorano persino l'argomento? A quando la proiezione sulla Tv di Stato dell'inchiesta televisiva “Fascist Legacy” di Ken Kirby e Michael Palumbo sui crimini di guerra italiani in Africa e nei Balcani? Come è noto, la Rai-Tv acquistò questo filmato dalla Bbc molti anni fa ma non lo ha mai trasmesso. Perché? Per quali veti? Per quale ipocrita riserbo? Per quale motivo è ancora proibito proiettare nelle sale Il Leone del deserto, il film di Akkad che narra l'epopea tragica di Omar el-Mukhtàr, impiccato da Graziani nel lager di Soluch?

Sean1
00mercoledì 4 agosto 2004 12:36
disposizioni di mussolini al maresciallo graziani
La guerra di Etiopia (1935)

Direttive di Mussolini a Graziani

- Sta bene per azione giorno 29. Autorizzato impiego gas come ultima ratio per sopraffare resistenza nemico e in caso di contrattacco [27 ottobre 1935].

- Autorizzo vostra eccellenza all'impiego, anche su vasta scala, di qualunque gas e dei lanciafiamme. [28 dicembre 1935]

- Approvo pienamente bombardamento rappresaglia e approvo fin da questo momento i successivi. Bisogna soltanto cercare di evitare le istituzioni internazionali e la croce rossa. [2 gennaio 1936]

- Occupata Addis Abeba vostra eccellenza darà ordini perché: 1] siano fucilati sommariamente tutti coloro che in città o dintorni siano sorpresi con le armi in mano; 2] siano fucilati sommariamente tutti i cosiddetti giovani etiopici, barbari crudeli e pretenziosi, autori morali dei saccheggi; 3] siano fucilati quanti abbiano partecipato a violenze, saccheggi, incendi; 4] siano sommariamente fucilati quanti, trascorse 24 ore, non abbiano consegnato armi da fuoco e munizioni. [3 maggio 1936]

- Uno straniero mi segnala di aver veduto il giorno 15 aprile a Massaua un sottufficiale della regia marina giocare amichevolmente a carte con un indigeno. Deploro nella maniera più grave queste dimestichezze e ordino siano evitate. Umanità sì, promiscuità no. [5 maggio 1936].









Sean1
00mercoledì 4 agosto 2004 12:41
La guerra di Etiopia (1935) le atrocita' fasciste
La guerra di Etiopia (1935)

Dal diario segreto di Ciro Poggiali, inviato speciale del "Corriere della Sera" ad Addis Abeba nel '36-'37



28 agosto 1936: Proibizione assoluta di telegrafare in Italia le notizie degli attacchi su Addis Abeba. Precauzione inutile, ché tutto il mondo le saprà, perché i consoli e altri rappresentanti stranieri continuano a telegrafare cifratamente e lungo la ferrovia. Tutte le notizie a noi impropizie arrivano a Gibuti e di là si diffondono. Ma gli italiani non devono sapere nulla.

21 settembre 1936: Assisto a processi presso il tribunale italiano per gli indigeni. Poiché non c'è un magistrato che sappia una parola d'indigeno e nessuno si dà neppure la pena di mettersi ad impararlo (i funzionari vengono in Etiopia non per spirito d'avventura o patriottico, ma perché il servizio in colonia conta il doppio; e così, poiché son tutti vecchi, fanno più presto ad andare in pensione), i processi si svolgono tutti a mezzo dell'interprete. Che cosa ne vien fuori Dio solo lo sa.
Non ho grande stima in genere dell'amministrazione della giustizia, ma questa è una turlupinatura troppo grossa. Spesso è un'infamia senza nome quando visibilmente colpisce degli innocenti sottoposti a una procedura per essi incomprensibile, che li porta a condanne atroci senza che vengano neppure a sapere perché sono stati condannati.

18 novembre 1936: Sono arrivati mille operai campani inquadrati nella milizia. Dovrebbero essere tutti manovali, muratori, carpentieri (... ) Nella gran massa si scoprono parrucchieri, commessi di negozio, lustrascarpe. L'alta paga li ha indotti a frodare nascondendo la loro vera professione. Un caposquadra che guadagnerà settanta lire al giorno era scrivano avventizio in una cancelleria di tribunale, ove guadagnava dodici lire al giorno. Dovrebbero costruire quarantacinque edifici pubblici, ma, poiché mancano i materiali, saranno adibiti alla sistemazione delle strade. Una manovalanza un po' cara, evidentemente.
Protestano, evadono dai cantieri a cercarsi un lavoro più comodo, non vogliono sopportare fatiche. Pionerismo da burla.

3 dicembre 1936: Mi racconta Bonalumi che sovente i carabinieri incaricati di arrestare gli indigeni per sospetti reati, che magari non esistono, cominciano, secondo il costume, a caricarli di botte. Se poi si accorgono di averne date troppe e di aver prodotto cicatrici indelebili, perché gli arrestati non possano piantar grane con i loro superiori li accoppano addirittura. Poi fanno il verbale nel quale dicono che l'arrestato aveva tentato di fuggire o di ribellarsi.

19 febbraio 1937, subito dopo l'attentato al viceré Graziani: Tutti i civili che si trovano in Addis Abeba, in mancanza di una organizzazione militare o poliziesca, hanno assunto il compito della vendetta condotta fulmineamente coi sistemi del più autentico squadrismo fascista. Girano armati di manganelli e di sbarre di ferro, accoppano quanti indigeni si trovano ancora in strada. Vengon fatti arresti in massa; mandrie di negri sono spinti a tremendi colpi di curbascio come un gregge. In breve le strade intorno ai tucul sono seminate di morti. Vedo un autista che dopo aver abbattuto un vecchio negro con un colpo di mazza, gli trapassa la testa da parte a parte con una baionetta.Inutile dire che lo scempio si abbatte contro gente ignara ed innocente.













Sean1
00mercoledì 4 agosto 2004 13:05
Italiani in Jugoslavia 1941 - 43
Bilancio delle vittime slovene in 29 mesi di terrore fascista, nei 4.550 Km quadrati di questo territorio:

Ostaggi civili fucilati .............................… n. 1.500
Fucilati sul posto........................................ n. 2.500
Deceduti per sevizie.................................. n. 84
Torturati e arsi vivi……………………… n. 103
Uomini, donne e bambini morti nei campi
di concentramento……………………..… n. 7.000

Totale ………………………………… n. 13.087

In Slovenia, già dall’ottobre del 1941, il tribunale speciale pronuncia le prime condanne a morte, il mese dopo entra in funzione il tribunale di guerra. La lotta contro i partigiani, che diventano una realtà in continua espansione, si sviluppa nel quadro di una strategia politico-operativa rivolta alla colonizzazione di quei territori. Con l’intervento diretto dei comandi militari italiani la politica della violenza si esercita nelle più svariate forme: iniziano le esecuzioni sommarie sul posto, incendi di paesi, deportazioni di massa, esecuzioni di ostaggi, rappresaglie sulle popolazioni a scopo intimidatorio e punitivo, saccheggiamento dei beni, setacciamento sistematico delle città, rastrellamenti… prende corpo il progetto di deportazione totale della popolazione, con il trasferimento forzato degli abitanti della Slovenia, progetto che i comandi discutono con Mussolini in un incontro a Gorizia il 31 luglio 1942 e che non si realizza solo per l’impossibilità di domare la ribellione e il movimento partigiano. Nel clima di repressione instauratosi con l’occupazione militare nel territorio jugoslavo, per il regime fascista nasce inevitabilmente l’esigenza di creare delle strutture per il concentramento di un gran numero di civili, deportati da quelle regioni.
In una lettera spedita al Comando supremo dal generale Roatta in data 8 settembre 1942 (N. 08906), viene proposta la deportazione della popolazione slovena. "In questo caso scrisse si tratterebbe di trasferire al completo masse ragguardevoli di popolazione, di insediarle all'interno del regno e di sostituirle in posto con popolazione italiana".

I campi di concentramento e deportazione italiani furono almeno 31 (a Kraljevica, Lopud, Kupari, Korica, Brac, Hvar, ecc.), disseminati dall'Albania all'Italia meridionale, centrale e settentrionale, dall'isola adriatica di Arbe (Rab) fino a Gonars e Visco nel Friuli, a Chiesanuova e Monigo nel Veneto. Solo nei lager italiani morirono 11.606 sloveni e croati. Nel lager di Arbe (Yugoslavia) ne morirono 1.500 circa. Vi furono internati soprattutto sloveni e croati (ma anche "zingari" ed ebrei), famiglie intere, vecchi, donne, bambini.

A proposito ecco un documento del 15 dicembre 1942, in quella data l'Alto Commissariato per la Provincia di Lubiana, Emilio Grazioli, trasmise al Comando dell'XI Corpo d'Armata il rapporto di un medico in visita al campo di Arbe dove gli internati "presentavano nell'assoluta totalità i segni più gravi dell'inanizione da fame", sotto quel rapporto il generale Gastone Gambara scrisse di proprio pugno: "Logico ed opportuno che campo di concentramento non significhi campo d'ingrassamento. Individuo malato = individuo che sta tranquillo".

Sempre nel 1942, il 4 agosto, il generale Ruggero inviò un fonogramma al Comando dell'XI Corpo in cui si parlava di "briganti comunisti passati per le armi" e "sospetti di favoreggiamento" arrestati, in una nota scritta a mano il generale Mario Robotti impose; "Chiarire bene il trattamento dei sospetti, cosa dicono le norme 4C e quelle successive? Conclusione: si ammazza troppo poco!".
L'ultima frase è sottolineata, il generale Robotti alludeva alle parole d'ordine riassuntive del generale Mario Roatta, comandante della II Armata italiana in Slovenia e Croazia (Supersloda) il quale nel marzo del 1942 aveva diramato una Circolare 3C nella quale si legge:
"Il trattamento da fare ai ribelli non deve essere sintetizzato dalla formula dente per dente ma bensì da quella testa per dente".

E infatti furono migliaia i civili falciati dai plotoni di esecuzione italiani, dalla Slovenia alla "Provincia del Carnaro", dalla Dalmazia fino alle Bocche di Cattaro e Montenegro senza aver subito alcun processo, ma in seguito a semplici ordini di generali dell'esercito, di governatori o di federali e commissari fascisti.



Il campo di concentramento di Arbe (Rab in croato)
http://www.romacivica.net/anpiroma/deportazione/deportazionecampi1a.htm

Il campo di concentramento di Gonars
http://www.romacivica.net/anpiroma/deportazione/deportazionecampi1b.htm



cossaigh
00mercoledì 4 agosto 2004 14:08

Caro Sean, mi complimento per la notevole conoscenza che hai degli eventi cruenti che sono successi dalle mie parti. Sia ben chiaro, sono cifre terribili che non contesto. Ma giacchè, nella mia zona, la violenza bestiale è stata fatta da entrambe le fazioni ed entrambe sono state vittime e carnefici, e, ci tengo a sottolinearlo, entrambe si sono rese colpevoli di atrocità inenarrabili, mi aspetto, per la "par condicio" e per una questione di giustizia verso la storia, che tu, in egual misura, presenti un elenco altrettanto dettagliato delle vittime innocenti della violenza perpretata nei confronti di coloro che avevano la sola colpa di non essere filo-titini (parlo sia degli italiani sia degli sloveni. Non faccio distinzioni "etniche", sia ben chiaro anche questo). Avrei, inoltre, un quesito da parti: perchè scrivi in termini così ideologici e manichei? Nei tuoi ultimi interventi (chiaramente, oltretutto, OT) sembrerebbe che le "colpe" stiano sempre (e comunque) da una sola parte. La psicoanalisi direbbe che tu riversi sulle persone ritenute da te nemiche i lati oscuri di te (o, se preferisci, le tue "colpe" ... ). Nei tuoi precedenti e numerosi interventi ti eri dimostrato molto più simpatico, disponibile ed equilibrato. Ti consiglio (se vuoi accettare questo mio consiglio) di lavorare di più sulla tua rabbia che sulle "ingiustizie" della storia. E' dentro di noi che si forma la giustificazione al genocidio sia esso di "destra" oppure di "sinistra". Poi, le ridicole ideologie servono solo a coprire e a giustificare i massacri. Ma, alla fine, essi sono stati già compiuti e sono all'origine di ulteriori violenze in un ciclo, sembrerebbe, senza fine e senza la prospettiva di alcuna via d'uscita. La politica non è tutto. Anzi, la politica è nulla. Serve solo ad indirizzare l'"odio di sè" (che ognuno di noi ha nei confronti di se stesso) verso un "capro espiatorio" in modo da poter giustificare tutti gli atti abominevoli che si compiranno in nome dell'ideologia (come pure dell'ideologia "religiosa", se preferisci. Tanto, per me, sono la stessa, identica cosa). Non risponderò ad ulteriori post sull'argomento. Ho voluto semplicemente esporre il mio punto di vista. Senza rancore. Ciao. Mauro
Marco(cinese)
00mercoledì 4 agosto 2004 14:25
per Sean
Non ho letto tutto ciò che c'era scritto perchè troppo lungo, cmq qlcosa l'ho letta. cmq bella ricerca, c'hai speso tanto tempo[SM=g27813] [SM=g27813] [SM=g27813] . se vuoi, quando vengo su, ti porto libri nei quali ci sono dati scientificamente provati che dicono che l'olocausto non è stato possibile realizzarlo nel modo più assoluto con le cifre che tutti conoscono.
a chi do retta allora? a chi con quelle grandi cifre ci mangia e ci gode(gli ebrei), o a chi scrive esattamente il contrario?
Sean1
00mercoledì 4 agosto 2004 14:33
Caro Mauro...
rispondevo con quei post a Marco che scrive :

"poi l'impero fascista per come era inteso e gestito era esattamente l'opposto di quello inglese, vero è che se vai in Somalia i vecchi che ricordano quel periodo fanno il saluto romano se incontrano un italiano, e non perchè sono stati oppressi. quello inglese era imperialismo, quello fascista era Impero!!! "

quindi le mie repliche sono pertinenti non solo a quanto sopra ma all'andamento del 3d.

Certo parliamo delle foibe, senza dimenticare pero' che esse vengono usate (strumentalizzate) da chi vuole equilibrare le atrocita' nazifasciste con quelle titine : tutti colpevoli = nessun colpevole.

Spero tu abbia letto il mio post sulla jugoslavia e su quello che gli ITALIANI ( brava gente ) fecero...ti meraviglia che gli sloveni si siano vendicati ( cosa che giudico comunque un/con ORRORE )E' quindi in un contesto storico che vanno considerate le vicende delle foibe, perche' se le si estrapola da quello non si compie un atto di verita' e giustizia :

chi invase la jugoslavia ?
quali politiche furono attuate nei confronti della popolazione ?

Per quanto riguarda la rabbia che sembra tu abbia visto nei miei 3d ( citazioni storiche )ognuno e' libero nel rispetto degli altri di esprimere i propri sentimenti, la rabbia e' il mio sentimento nei confronti di atteggiamneti come quello di Marco ( nei confronti dell'atteggiamneto non della persona ).

Ti invito pertanto a tenere per te le (pseudo)psiconalisi.

Sulle Foibe :

le foibe presentate come il corrispettivo degli eccidi fascisti, gli spietati "slavo-comunisti" come contraltare dei barbari nazisti in un crescendo di accuse chè fanno gridare alla pulizia etnica e al genocidio.
Le foibe ci sono state? Allora è impossibile parlarne senza tener conto del contesto del convulso e violento clima in cui simili episodi sono avvenuti. Sono passati più di cinquantacinque anni; ha ragione chi chiede di aprire gli armadi e di tirar fuori gli scheletri, se ve ne sono, senza ipocrisie e senza omissioni. appunto, "i fatti non cessano di esistere perché vengono ignorati".
Con 1'8 settembre, le forze militari italiane presenti nella regione si disgregano in modo fulmineo; il generale Ferrero comandante del XXIlI Corpo d'armata abbandona Trieste; il generale Gambara, che comanda l'Xl Corpo d'Armata consegna Fiume a una piccola unità corazzata tedesca: dappertutto sono abbandonati depositi, armi, installazioni, magazzini, riserve di viveri. E insieme al rapido sgretolarsi dell'apparato militare, crolla l'intera amministrazione civile. La Wermacht ha mano libera nell'occupare i centri principali della Venezia Giulia (Trieste, Gorizia, Fiume, Pola) ma, per scarsità di forze, non riesce subito a occupare anche l'Istria interna.
Si crea così in questa regione "un improvviso vuoto di potere - scrive Gianni Oliva nel libro" La resa dei conti" (Mondadori) - nel quale non c'è più alcun riferimento né civile né militare. In questo vuoto, dominato dalla confusione e dalla incertezza, si inseriscono due diverse dinamiche: da un lato l'intervento organizzato delle formazioni partigiane che, senza trovare alcuna resistenza, assumono anche il potere civile, "in nome del popolo"; dal'altra "la rivolta spontanea dei contadini croati, che si impadroniscono
delle armi abbandonate dai militari italiani e danno vita ad una vera jaquerie, con incendio di catasti e archivi comunali".

La violenza fascista

Le prime foibe nascono da qui, nascono da un odio sedimentato da oltre vent'anni di soprusi e violenze perpetrate dal regime fascista contro le popolazioni istriane.
Già l'annessione dell'Istria all'ltalia dopo la prima guerra. Mondiale, in forza del trattato di Versailles avviene in un clima di ostilità da parte dei contadini
croati e sloveni, che vedono la loro economia andare in rovina e si sentono espropriati e umiliati. Ma il fascismo fa precipitare la situazione. In questa regione multietnica, dove il regime assume subito i tratti spicci del fascismo di frontiera, si attua in modo violento la politica dell'assimilazione. Una politica che si traduce in vera e propria persecuzione, con denunce, arresti,
espropriazioni, negazione dell'identità culturale, oppressione. il lungo odio che cova tra la popolazione slava si coagula intorno all'equazione
italiano = fascista = padrone.
Intanto, in tutta la Jugoslavia è già divampata la lotta partigiana che ben presto si estende all'Istria. Prendono le armi non solo i militanti comunisti, ma anche quella parte di popolazione che il regime ha vessato più pesantemente; attentati e azioni di sabotaggio sono all'ordine del giorno (sono oltre 20.000 i partigiani dell'Istria interna, tra i quali sono preminenti appunto i combattenti comunisti).
La risposta dell'autorità italiana è durissima, numerosi gli eccidi che colpiscono la popolazione civile: impiccagioni, interi villaggi dati alle fiamme, rastrellamenti, arresti in massa. Quando con l'8 settembre, tutto crolla , arriva anche il momento della violenza ,spontanea e indiscriminata, lo scoppio dell'odio a lungo trattenuto. E' la caccia contro "chiunque sia ricollegabile all'amministrazione italiana"; il clima nel quale si intrecciano "il giustizialismo politico del movimento partigiano e la violenza della rivolta contadina", mescolati insieme spinte nazionaliste e contenuti di classe.
Ci sono arresti, processi sommari, esecuzioni. Sull'orlo del precipizio chiamato foiba i "nemici del popolo" possono essere giustiziati e poi lasciati cadere giù, nella "fossa del cane nero".
I comandanti partigiani rilasciarono allora dichiarazioni che minimizzano: ufficialmente parlano di esecuzioni che coinvolgono solo "fascisti italiani, fascisti ustascia e degenerati cetnici "; ma alcuni voci si levano a denunciare eccessi e abusi.

La battaglia delle cifre

Quante le vittime del cruento '43 giuliano? Già subito dopo l'arrivo in Istria delle truppe tedesche, vengono iniziate le ricerche per il recupero dei cadaveri degli infoibati Al maresciallo dei vigili del fuoco di Pola, Arnaldo Hazarich, è affidato l'incarico di esplorare la prima fossa già il 16ottobre 1943.
"Le immagini dei ritrovamenti, cariche di suggestioni macabre, diventano subito strumento della propaganda della Repubblica Sociale e nella pratica dell'uso politico i numeri si dilatano: si parla di migliaia di cadaveri recuperati e di altri ben più numerosi , che giacciono in fenditure troppo strette per poter essere riesumate". I repubblichini e non solo loro fanno gran chiasso. Ma la ricerca storiografica recente ridimensiona fortemente il fenomeno. Come scrive Roberto Spaziali ( Contabilità degli infoibati Marsilio) secondo una ricerca a cura dell'unione degli Istriani sono state
esumate 355 salme, 40 delle quali accertate e 503 presunte sulla base delle segnalazioni locali; secondo altre fonti, il numero delle vittime è compreso fra 500 e 700.
Non certo poche; non certo da passare sotto silenzio; ma non uno sterminio di massa Tuttavia l'esperienza delle foibe è traumatica e l'impatto sulla popolazione profondo: dietro le foibe si agita il pericolo degli "slavo-comunisti"; avanza la paura di una nuova e forse definitiva ondata che avrebbe travolto gli italiani nel caso la Venezia Giulia fosse ancora caduta sotto il controllo jugoslavo". E ciò doveva avere molto a che fare con quanto avvenne due anni dopo, nella drammatica primavera 1945.
"Nella Venezia Giulia - dirà Churchill - abbiamo rischiato di rimanere fuori dalla porta. siano riusciti solo a infilare un piede dentro prima che l'uscio si chiudesse".Nella "corsa su Trieste", arrivarono prima, gli uomini di Tito quei meravigliosi guerriglieri che hanno ormai vinto i tedeschi in tutta la Jugoslavia, spodestato la monarchia e instaurato un nuovo potere con a capo l'uomo che li ha guidati; quei guerriglieri che hanno strappato parole di ammirazione e entusiasmo allo stesso premier britannico

Arriva Tito

Ha vinto il mitico IX Corpus, il 1 maggio gli nomini di Tito entrano a Trieste l'insurrezione in città avviene sotto la guida congiunta del Cln giuliano e dei partigiani di "Unità Operaia", decisamente filo-titini. Gli avvenimenti sono tumultuosi Il 3 è presa Fiume, il 6 Pola, in una settimana la penisola è occupata, i tedeschi vinti. Ovunque l'esercito jugoslavo insedia i Comitati popolari di Liberazione, veri e propri governi locali saldamente affidati a uomini di provata fede comunista; e dove, come a Trieste il Cnl è nelle mani, di capi che non accettano le direttive di Tito è semplice: arriva
la. divisione, la contrapposizione l'accusa reciproca. Scatta l'epurazione verso chi non ci sta nel mucchio finiscono quelli che hanno fatto la resistenza ma sono anticomunisti, i dissidenti liberali, quelli definiti genericamente conservatori e reazionari , anche quei comunisti nazionalisti che non accettano la subordinazione a Tito.
La realtà, l'opposizione al Maresciallo e al vittorioso esercito jugoslavo è già una scelta di campo, già infatti si gioca la partita Occidente-Urss per la spartizione delle sfere d'influenza, e la Venezia Giulia è la pedina di una posta già internazionalizzata.
"Trieste fu un significativo precedente di quelle che con l'acutizzarsi della guerra fredda, sarebbero state Berlino e la Corea. Lo sapevano Tito e i comunisti italiani e slavi, lo sapevano Churchill e i conservatori italiani e giuliani. Perciò la contesa ebbe i caratteri di accanimento e intransigenza fin da quei primi giorni", scrive Mario Pacor (Confine Orientale, Feltrinelli).
Gli angloamericani entrano nella regione il 12 giugno Tito si ritira, in base agli accordi raggiunti fra i vincitori, da quella che diventerà la zona A sotto l'egida alleata: in mezzo ci sono 40 giorni che si accusa, vedono il riesplodere del fenomeno foibe in forme ancora più vaste che nel '43. Quaranta giorni nel corso dei quali si accusa, "la nozione di criminale di guerra si intreccia con quella di nemico del popolo": nel corso dei quali l'epurazione e la condanna si abbattono non solo su chi ha indossato la divisa del regime ma su tutti coloro che si oppongono al nuovo ordine, al governo popolare e socialista che viene avanti sulla punta dei fucili di Tito.
Lo scontro coinvolge anche i Cln, già provati dalla divisione tra garibaldini della Natisone (a maggioranza comunista) e osovani della Osoppo (a maggioranza dc). Il tragico episodio di Porzus è appunto già maturato in tale clima avvelenato, quando si sospetta che elementi della resistenza osovana siano in trattative segrete con i nazifascisti per un fronte comune contro la minaccia degli slavo comunisti.

I fatti

Questo è lo scenario. Gli arresti ci furono, i deportati pure, così come i processi sommari e le esecuzioni, e si torna ha parlare del macabro rituale foibe. "Se deplorevoli eccessi ci furono" - si legge sempre nello stesso libro di Pacor - "essi vanno attribuiti prevalentemente alla durezza di qualche singolo elemento, in particolare nell'ambito della polizia politica, l'Ozna, e della Guardia del popolo, nella quale si infiltrarono anche avventurieri, come sempre accade in movimenti analoghi".
Quante vittime? "Le loro dimensioni numeriche, che erano state enormemente ingrandite da una propaganda ad arte che parlava di migliaia di deportati e di infoibati, sono state ridimensionate da ricerche compiute dalla Cri e dalla deputazioné triestina e ricondotte a proporzioni che si possono considerare veritiero e definitive".
Così nel suo volume "L'occupazione jugoslava di Trieste", E. Maserati dà le seguenti cifre: a Gorizia e Trieste sarebbero state arrestate forse 6.000 persone, gran parte delle quali furono dimesse subito o in breve tempo; i deportati di Trieste sarebbero stati circa 950, dal Goriziano circa 900, dall'Istria circa 850. "Non avrebbero più fatto ritorno circa 600 dei deportati di Trieste, 550 di quelli di Gorizia, 570 dall'Istria, 280 da Fiume. Si trattò di militari e civili, membri dell'esercito, della milizia fascista, della polizia…Perirono purtroppo anche parecchi innocenti".
Una vera tragedia.
Ma sono, cifre esatte, sia pure per approssimazione? Il 13° corpo anglo-americano il 3 agosto 1945 stila un rapporto nel quale si indica in l7.000 le persone arrestate nell'area di Trieste dì cui ottomila rilasciate dopo i primi accertamenti, seimila internati soprattutto a Borovnica, tremila uccise, per il Goriziano la cifra è di tre quattromila arrestati, metà dei quali rilasciati in giugno. Nessun dato è disponibile per Fiume e l'Istria . Nel calcolo non si fa distinzioni tra militari e civili.
Qualche mese più tardi, però, gli alleati ridimensionano queste cifre e
stilano un elenco di 2.472 persone scomparse, di cui chiedono conto al governo di Tito.
La lista è ufficialmente inoltrata dalla ambasciata italiana alle autorità jugoslave il 23 ottobre l945: si accusa la Jugoslavia di violare l'art. 6 dell'accordo di Belgrado, che prevede la liberazione "dei cittadini italiani della zona A arrestati e deportati ".
La risposta di Tito arriva il 7 dicembre: l'elenco è una provocazione, dice la sdegnata nota di Belgrado, alimentata "da certi italiani che tentano di ingannare l'opinione pubblica del mondo" e vogliono scatenate una incredibile campagna politica contro la Repubblica popolare di Jugoslavia", la quale si rammarica che il governo di Sua Maestà britannica dia tanto credito a chi ha combattuto a fianco del nazismo e del fascismo
La lista è ufficialmente confutata e respinta al mittente come falsa e infondata.

Altre ricerche condotte a partire dal '47 hanno portato ai dati raccolti nel volume "La Venezia Giulia e la Dalmazia nell'ultimo conflitto mondiale" e resi noti nel 1998. Secondo questi numeri sarebbero 5.643 le vittime delle foibe, (3500 nella sola Basavizza), 3.174 i morti nelle prigioni e nei campi di concentramento jugoslavi. Un allucinante totale di oltre diecimila vittime.

Capitolo oscuro: perché

Dove sta la verità? Sulla tragica questione foibe siamo dunque ancora alla "donna velata"; non solo sulla sua qualificazione, ma anche sulla sua reale entità.
E' però utile chiedersi come mai l'intera vicenda sia rimasta un capitolo oscuro, un capitolo rimosso per tanto tempo. Chi ha avuto l'interesse a lasciarlo nel buio?
In primo luogo - è la risposta degli storici - l'interesse è degli angloamericani. Quando infatti nel '948 si consuma la rottura tra Tito
e Mosca e l'Occidente guarda al Maresciallo come a un possibile prezioso alleato contro l'Urss, viene lasciata cadere ogni idea di approfondire i fatti del 1945: "la spiegazione fornita da Belgrado circa il carattere politico delle eliminazioni e la generale colpevolezza dei morti, diventa una sorta di versione ufficiale accettata dalla diplomazia occidentale che non ritorna
sull'argomento".
In secondo luogo "a rimuovere" è il governo italiano con De Gasperi che non gradisce affatto di accendere i riflettori sulle umilianti condizioni accettate per il territorio libero di Trieste (che resterà in mano alleata sino al 26 novembre 1954): "il silenzio storico sulle foibe diventa funzionale al silenzio sul trattato di pace e sulla diminuzione della sovranità nazionale".
Infine, 1'interesse a mettere a tacere è anche del Pci, niente affatto portato a tornare su una questione "che evidenzia le contraddizioni fra la nuova collocazione di partito nazionale, la vocazione internazionalista e i legami con Mosca".
Foibe. E' il caso di parlarne.

Maria R. Calderoni


Marco(cinese)
00mercoledì 4 agosto 2004 14:33
per anam cara
brava, per la prima volta sono d'accordo con te[SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811]
solo che quello che hai detto (peraltro spiegato bene)mi sembra troppo spirituale per una che si definisce di "sinistra" (mi adeguo). voi dovete pensare solo al padrone che sfrutta il lavoratore e ciò che bisogna fare per mettergli i bastoni fra le ruote come fanno i sindacati. prendila come una battuta mi raccomando!!![SM=g27811] [SM=g27811]
Sean1
00mercoledì 4 agosto 2004 14:45
Re: per Sean

Scritto da: Marco(cinese) 04/08/2004 14.25
Non ho letto tutto ciò che c'era scritto perchè troppo lungo, cmq qlcosa l'ho letta. cmq bella ricerca, c'hai speso tanto tempo[SM=g27813] [SM=g27813] [SM=g27813] . se vuoi, quando vengo su, ti porto libri nei quali ci sono dati scientificamente provati che dicono che l'olocausto non è stato possibile realizzarlo nel modo più assoluto con le cifre che tutti conoscono.
a chi do retta allora? a chi con quelle grandi cifre ci mangia e ci gode(gli ebrei), o a chi scrive esattamente il contrario?



bene dall'immagine imperialismo buono, dal mussolini non di destra fino al negazionismo....

I negazionisti italiani ( http://www.olokaustos.org/saggi/saggi/negaz-ita/negaz0.htm )

Quello che colpisce nel genocidio degli ebrei è la lunghezza dei procedimenti: prima vengono tenuti nei campi a far la fame, poi li si spoglia nudi, poi le docce, poi la conservazione meticolosa di montagne di cadaveri, e l'archiviazione dei vestiti, il censimento dei beni personali...
Non era un procedimento razionale, se si trattava solo di uccidere.
Diventava razionale se si fosse trattato di cercare, cercare un messaggio che uno di quei milioni di persone, il rappresentante gerosolimitano dei Trentasei Invisibili, conservava, nelle pieghe dell'abito, in bocca, tatuato
sulla pelle... Solo il Piano spiega la inspiegabile burocrazia del genocidio! Hitler cerca addosso agli ebrei il suggerimento, l'idea che gli permetteva di determinare, grazie al Pendolo, il punto esatto in cui, sotto la volta concava che la terra cava provvede a se stessa, si intersecano le correnti sotterranee - che a questo punto, badate alla perfezione della concezione, si identificano nelle correnti celesti, per cui la teoria della terra cava materializza, per così dire, l'intuizione ermetica millenaria:
ciò che sta sotto è uguale a ciò che sta sopra! Il Polo Mistico coincide col Cuore della Terra, il disegno segreto degli astri altro non è che il disegno segreto dei sotterranei di Agarttha, non c'è più differenza tra cielo e inferno, e il Graal, il lapis exillis, è il lapis ex coelis nel senso che è
la Pietra Filosofale che nasce come avvolgimento, termine, limite, utero ctonio dei cieli! E quandro Hitler avrà identificato quel punto, al centro cavo della terra che è il centro perfetto del cielo, sarà il padrone del mondo di cui è Re per diritto di razza. Ed ecco che sino all'ultimo,
nell'abisso del suo bunker, egli pensa di poter determinare ancora il Polo Mistico.

U.Eco, Il Pendolo di FoucaultNota introduttiva

Dal punto di vista dei contenuti, il negazionista è colui il quale afferma quanto segue:
1. Gli ebrei non furono uccisi in camere a gas, o almeno non su una scala significativa;
2. I nazisti non avevano una politica, e non operarono alcun sistematico tentativo, tesi a sterminare gli ebrei d’Europa; e le uccisioni che ebbero luogo furono la conseguenza di eccessi individuali non autorizzati a livello superiore;
3. Il numero degli ebrei uccisi non corrisponde a milioni, ma la somma totale delle vittime è di molto inferiore;
4. L’Olocausto è per la maggior parte o in toto un mito forgiato durante la guerra dalla propaganda alleata e sostenuto dopo la guerra dagli ebrei allo scopo di ottenere aiuti finanziari per il neonato Stato di Israele (1).

Suddivido i negazionisti nelle seguenti categorie.
1. Negazionisti nazisti – Coloro i quali hanno vissuto direttamente il periodo nazista.
2. Negazionisti neonazisti/neofascisti – Hanno aderito al nazismo o al fascismo nel dopoguerra.
3. Negazionisti marxisti – Trovano nella lettura dei testi del filone marxista la giustificazione ideologica del proprio essere negazionisti.
4. Negazionisti tecnici – Si presentano volutamente in maniera politicamente “neutra”. Da una parte possono essere specializzati in chimica o ingegneria delle camere a gas; dall’altra invece utilizzano una metodologia iperdecostruttiva nell’analisi delle fonti storiografiche (2).
5. Negazionisti geopolitici – Derivano le proprie teoriche negazioniste dalla lettura dei fatti contemporanei, soprattutto dalla questione mediorientale.
6. Negazionisti religiosi – Negano la Shoah come riflesso della propria fede.





1) Definizioni contenute nella sentenza del giudice Charles Gray - mutuate dalla perizia del prof. Richard Evans - nella nota causa intentata da David Irving contro Deborah Lipstadt. Sulla vicenda: D.D.Guttenplan, Processo all’Olocausto, Milano, Corbaccio, 2001. La definizione è alle pp. 287-288.

2) Sulla metodologia storiografica dei negazionisti: P.Vidal-Naquet, Les assassins de la memoire, Seuil, 1995; V.Pisanty, L’irritante questione delle camere a gas. Logica del negazionismo, Milano, Bompiani, 1998; D.Lipstadt, Denying the Holocaust. The Growing Assault on Thruth and Memory, Free Press, 1993.NB: per una introduzione generale
sul negazionismo vedi l'articolo
di C.Vercelli
Corcaigh
00mercoledì 4 agosto 2004 14:48
Re: per Sean

Scritto da: Marco(cinese) 04/08/2004 14.25
Non ho letto tutto ciò che c'era scritto perchè troppo lungo, cmq qlcosa l'ho letta. cmq bella ricerca, c'hai speso tanto tempo[SM=g27813] [SM=g27813] [SM=g27813] . se vuoi, quando vengo su, ti porto libri nei quali ci sono dati scientificamente provati che dicono che l'olocausto non è stato possibile realizzarlo nel modo più assoluto con le cifre che tutti conoscono.
a chi do retta allora? a chi con quelle grandi cifre ci mangia e ci gode(gli ebrei), o a chi scrive esattamente il contrario?



Neanch'io ho letto tutto quello che ha scritto Sean perché sono febbricitante, ma questo tipo di revisionismo storico mi sembra davvero anacronistico e sicuramente fuori luogo. Prove scientifiche? E quale "scienza esatta" sarebbe stata usata per calcolare qunti ebrei sono stati cremati e quanti sono stati trasformati in sapone? [SM=g27816] [SM=g27825] [SM=g27826]
Poi sono io che scrivo bestemmie... [SM=g27820]
Mi spiace, ma non posso rimanere indifferente di fronte a tali affermazioni.
[SM=g27812]
Marco(cinese)
00mercoledì 4 agosto 2004 15:02
Martina, io bestemmio tutti i giorni quindi il mio e il tuo dire bestemmie può essere considerata una cosa positiva. che delirio!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!![SM=x145448] [SM=x145448] [SM=x145448] [SM=x145448] [SM=x145448] [SM=x145448]

Sean scusa ma continuo a non leggere, ho la mia idea, tu la tua. perchè non mi va di scrivere, sennò le scrivevo pure certe cose, basta prenderle in determinati libri e crederci.
Corcaigh
00mercoledì 4 agosto 2004 15:05
Un delirio, decisamente. Non posso che concordare, stavolta.

[SM=g27829]
Sean1
00mercoledì 4 agosto 2004 15:08
bambini....
I bambini e l'orco. Il massacro di Bullenhuser Damm
- 1Napoli, quartiere Vomero, 29 novembre 1937

La nostra storia potrebbe cominciare da molti luoghi.
Dalla Russia patria di ventiquattro soldati prigionieri, dalla Francia dove un medico candidato al premio Nobel lavorava. Dalla Polonia, dalla Jugoslavia o dalla Germania.
Tra le tante possibilità la nostra storia inizierà in Italia, a Napoli, quartiere Vomero, al numero 8 di Via Scarlatti, il 29 novembre 1937.

Eduardo De Simone e sua moglie Gisella quel giorno sono felici è nato il primo figlio: un maschietto, si chiamerà Sergio.
L'Italia fascista non ha ancora varato leggi razziali, Gisella che è israelita pensa al suo bambino e al futuro che avrà.
Papà Eduardo è in Marina, imbarcato. La guerra è lontana, probabilmente non ci sarà. Gisella è nata a Vrhnika in Jugoslavia e in quel giorno di novembre mentre guarda il suo bambino ha da poco compiuto trentatré anni.
Come si siano conosciuti Eduardo e Gisella non sappiamo. Forse Eduardo era arrivato a Fiume per lavoro, forse aveva visto quella bella ragazza durante una passeggiata in una giornata di riposo. Gisella viveva lì a Fiume e forse incontrò per la prima volta Eduardo mentre passeggiava con Mira e Sonia le sue due sorelle o mentre teneva per mano il fratellino Giuseppe. Probabilmente quando Gisella decise di parlare di Eduardo ai suoi genitori il padre Mario Perlow avrà scosso la testa, avrà pensato che il matrimonio con un ragazzo napoletano avrebbe allontanato da sé la figlia. Forse avrà incrociato con lo sguardo quello di sua moglie Rosa per capire cosa ne pensasse.
In fondo non ha molta importanza sapere come Eduardo conobbe Gisella. Di certo sappiamo che quando si sposarono Gisella se ne andò con Eduardo a Napoli, in un'altra città di mare come Fiume. Certamente quel 29 novembre 1937 Eduardo telegrafò a Fiume per far conoscere la buona notizia ai nonni, alle zie, allo giovane zio.

Mentre Sergio si fa grande il mondo comincia a bruciare.
Nel settembre 1939 i giornali annunciano che la Germania è entrata in guerra. Il 10 giugno 1940 anche l'Italia fascista entra nel conflitto.
Eduardo è sempre più spesso lontano come tanti, come tutti. In quasi tre anni di guerra la vita si è fatta sempre più difficile. Napoli subirà pesantissimi bombardamenti: quasi 10.000 mila case cadranno sotto le bombe. Ed è forse per paura degli aerei Alleati, forse perché si sente sola Gisella decide di trovare rifugio a Fiume che le sembra più sicura, che le sembra più lontana dal fronte che dopo lo sbarco americano in Sicilia si avvicina sempre di più.
Così Gisella e il piccolo Sergio raggiungono Fiume.
L'8 settembre del 1943 l'Italia firma l'armistizio con gli Alleati, mentre il generale Badoglio annunzia che "la guerra continua", a Fiume cambiano molte cose.
I tedeschi occupano l'Italia, ne strappano ampie zone, le pongono sotto la sovranità del Reich. Fiume entra a far parte dell'Adriatische Kusterland.
Arrivano nuovi padroni. Arriva Odilo Globocnik e tutti gli uomini che hanno prima gasato migliaia di disabili tedeschi nel quadro del progetto eutanasia e che poi, hanno costruito Treblinka, Sobibor, Belzec. Arrivano a Trieste e Fiume gli uomini che hanno mandato nelle camere a gas quasi un milione e mezzo di ebrei.
Arrivano e la caccia agli ebrei si apre.

Gisella e Sergio non tardano a cadere nella rete. Il 21 marzo 1944 le SS fanno irruzione nell'appartamento dei Perlow in via Milano 17 arrestano Gisella, Sergio, le zie Mira e Sonia, lo zio Giuseppe.
Tutti sono portati al campo di concentramento di San Sabba. Il tempo di una giornata ed il 29 marzo vengono fatti salire sul convoglio T25: destinazione Auschwitz.
Quel treno attraversò l'Europa in quell'inizio di primavera, dopo centinaia di chilometri entrò nel campo di Auschwitz. Erano trascorsi 6 giorni di viaggio.
Centotre maschi vengono inviati subito alle camere a gas, i rimanenti 29 vengono marchiati sul braccio con i numeri dal 179587 al 179615. Cinquantatré donne - tra le quali Gisella, Mira e Sonia - vengono marchiate con i numeri dal 75460 al 76512.
Da questo momento Sergio diventa il prigioniero A 179614. Per un poco viene lasciato con sua madre poi, il 14 maggio 1944, il dottor Josef Mengele seleziona Sergio lo sottopone ad esami del sangue e lo fa operare alle tonsille.
Insieme con lui vengono selezionati altri 19 bambini: 9 maschi e 10 femmine.
Il documento che riporta questa attività di Mengele sfugge miracolosamente alla distruzione degli archivi. Rappresenta l'unico documento ufficiale della tragedia che sta per accadere.

Sergio è solo. Lo portano al Block 11, la "Baracca dei bambini".
Marco(cinese)
00mercoledì 4 agosto 2004 15:13
ADDIO....SEAN è PARTITO PER LA TANGENTE...FERMATELO!!!!!!!!!
Sean1
00mercoledì 4 agosto 2004 15:14


Il 9 gennaio 1945 Heissmeyer iniziò gli esperimenti con i bambini. Il professor Quenouille aveva compreso che cosa aveva intenzione di fare e pochi giorni prima aveva cercato di sterilizzare parte delle colture di batteri che sarebbero stati utilizzati per infettare i bambini.
L'inoculazione della tubercolosi fu abbastanza rapida: Heissmeyer asportava parte della pelle dei bambini sotto l'ascella destra e praticava una incisione a croce, inoculava i batteri e applicava un cerotto. Si trattava di aspettare che la malattia cominciasse il suo orribile lavoro.
Il 19 febbraio 1945 tutti i bambini sono apatici, febbricitanti, presentano ulcere e accusano forti pruriti. Heissmeyer procede con una ulteriore inoculazione della malattia, questa volta ancora più robusta.
Heissmeyer tentava di stimolare una risposta immunitaria. Prima faceva ammalare i bambini e poi somministrava "tubercolina" nella convinzione che si sarebbe verificata una reazione del sistema immunitario. Per verificare la portata della risposta immunitaria Heissmeyer pensò di asportare i linfonodi della regione ascellare: se la teoria era giusta i linfonodi avrebbero dovuto produrre degli anticorpi.
Il 3 marzo 1945 alle 19.00 i bambini vennero condotti in sala operatoria. I bambini vennero fatto spogliare e fatti sdraiare su di un tavolo operatorio su un fianco. Ad operare è un medico cecoslovacco prigioniero, il dottor Bogumil Doclik. Per l'anestesia vennero usate iniezioni di novocaina. Doclik fece delle incisioni di cinque centimetri e asportò la ghiandola linfatica all'altezza della ascella. L'intera operazione dura un quarto d'ora circa, quella sera furono 9 i bambini operati. La sera successiva si completò l'opera.
Le ghiandole linfatiche venivano messe in bottigliette piene di formalina, etichettate con il nome dei bambini e consegnate a Heissmeyer. Dopo una settimana i bambini vennero nuovamente portati in sala operatoria e i tamponi furono rimossi. Dopo un'altra settimana vennero asportate tutte le ghiandole ascellari.
Heissmeyer partì per la clinica di Hohenlychen e consegnò le ghiandole al suo collega Hans Klein per l'esame.
Il 12 marzo 1945 Klein diede il suo responso: nelle ghiandole linfatiche dei bambini non era stato riscontrato alcun anticorpo contro la tubercolosi. L'esperimento di Heissmeyer era fallito: i bambini ora non servivano più.
Sean1
00mercoledì 4 agosto 2004 15:16
Ordine da Berlino: uccidete i bambini Heissmeyer non tornò più a Neuengamme. Il fallimento dell'esperimento rendeva inutile la sua permanenza nel campo di concentramento.
In quei giorni tra il marzo e l'aprile del 1945 il Terzo Reich era agonizzante. I Sovietici hanno sfondato in Austria, Vienna è caduta. Berlino è circondata. Americani ed Inglesi sono a Brema e Lipsia.
Nel campo di Neuengamme per ordine di Himmler vengono evacuati i prigionieri scandinavi che, a bordo di camion della Croce Rossa, si dirigono verso la Danimarca.
Il comandante del campo Max Pauly non ha però istruzioni chiare riguardo ai bambini: Heissmeyer è sparito e non si sa esattamente cosa fare.
Il 7 aprile 1945 Pauly invia una richiesta scritta al comando dell'RSHA di Berlino: "Cosa si deve fare dei bambini?".
Le condizioni disastrose della Germania hanno gettato nel caos le comunicazioni. Per giorni non arriva nessuna risposta, poi il 20 aprile 1945 giunge a Neuengamme un messaggio per telescrivente:
"Il Dipartimento Heissmeyer è annullato". L'aiutante di campo Karl Totzauer consegna il messaggio al comandante Pauly.

Ore 20 - Il campo di Neuengamme è in piena confusione: i camion della Croce Rossa svedese sono ancora nel campo.
Non si possono uccidere i bambini subito. Non davanti a dei testimoni. Infine Pauly da gli ordini a Wilhelm Dreimann.
Dreimann esce dall'ufficio del comandante e si dirige verso la baracca 4a, la baracca dei bambini. Chiama a rapporto i due prigionieri olandesi Deutekom e Holzel e dice loro di svegliare i bambini e prepararli perché si è deciso di portarli a Theresienstadt in aereo dai loro genitori. Frattanto Pauly aveva fatto chiamare il medico SS del campo Alfred Trzebinski, gli disse che il Dipartimento Heissmeyer era stato dissolto e che i bambini andavano uccisi.

Ore 22 - Trzebinski raggiunge la baracca 4a. Di fronte al cancello c'è un camion usato per il servizio postale.
Intorno oltre alle SS ci sono i due medici francesi, i due infermieri olandesi e sei prigionieri russi.

Ore 22.30 - Gli infermieri insieme con la SS Johann Frahm svegliano i bambini.
I due medici francesi Florence e Quenouille aiutano a caricare il camion.
Quenouille dice all'infermiere prigioniero Paul Weissmann: "Non credo ci rivedremo più".
I bambini sono assonnati e fanno i capricci, non vogliono alzarsi. Gli viene detto che sarebbero stati portati dai loro genitori ed allora si alzano in fretta e cominciano a vestirsi prendono i bagagli, i più piccoli anche i giocattoli.
Sul camion salgono i medici francesi, i due olandesi e i sei russi. Dietro con loro tre SS: Wilhelm Dreimann, Heinrich Wieagen e Adolf Speck. Davanti prendono posto Trzebinski e l'autista Hans Friedrich Petersen.
Il comandante del campo di concentramento di Neuengamme Max PaulyWilhelm Dreimann, sottufficiale SS del del campo di concentramento di Neuengamme
Corcaigh
00mercoledì 4 agosto 2004 15:24
Le prove scientifiche, Marco. Le stiamo ancora aspettando...

[SM=x145486]
Sean1
00mercoledì 4 agosto 2004 15:42
alla fine i bambini di Neungamme vengono...impiccati...esperimento chiuso
bambini e l'orco. Il massacro di Bullenhuser Damm - 13


«Sorridevano ed erano felici» Al processo Trzebinski ricordò il massacro con queste parole:
"I bambini avevano con se tutti i loro bagagli, del cibo, i giocattoli. Si sedettero sulle panche che erano lì tutt'intorno, sorridevano ed erano felici di trovarsi fuori dal campo".

Dopo aver impiccato i medici, gli infermieri e i russi le SS rientrarono nella stanza dei bambini.
Avevano atteso a lungo seduti sugli sgabelli. Trzebinski tirò fuori dalla borsa le siringhe e la morfina:
"Frahm rientrò (...) lo presi da parte e gli domandai cosa sarebbe successo ai bambini. Lui rispose che li avrebbe impiccati.
Potrei raccontare il falso e dire che venni minacciato con la pistola ma la verità è un'altra: non vi fu nessuna discussione perché secondo me i bambini non potevano più essere salvati. Se avessi fatto l'eroe i bambini forse sarebbero morti più tardi ma il loro destino non sarebbe cambiato.
Avevo con me della morfina era una soluzione 0,2 da 20,0. Chiamai un bambino dopo l'altro. Si stesero su uno sgabello ed io feci loro una puntura sul sedere, dove è più indolore. Affinché i bambini pensassero che questa fosse veramente una vaccinazione, ho sempre preso un ago nuovo. Il dosaggio entrava in circolazione e i bambini si facevano deboli. Dicevo a tutti i bambini che erano in una buona condizione, tranne uno di 12 anni che era veramente in pessima salute. A causa della debolezza fu lui a prendere sonno per primo.
Erano rimasti svegli dai 6 agli 8 bambini, gli altri dormivano già. Frahm prese in braccio il ragazzo dodicenne e disse agli altri: "Lo porto a letto". Andò con lui in una stanza che era 6 o 8 metri lontana dalla sala dove aspettavamo e lì vidi un cappio appeso ad un gancio. A questo cappio Frahm impiccò il bambino addormentato e vi si appese con tutto il peso del suo corpo affinché il cappio si stringesse.
Nel periodo che ho trascorso nel campo di concentramento ho visto molte cose inumane nel lager ed ero anche in qualche modo insensibile, ma non avevo ancora visto un bambino impiccato."Johann Frahm Su queste panchette i bambini vennero fatti sedereIl 29 marzo 1946 al processo il pubblico ministero Stewart interrogò il boia Frahm.

Frahm: Portarono i bambini nella cantina e fecero loro delle iniezioni. Trzebinski fece le iniezioni, e Speck e Dreimann li portarono in cantina.
Stewart: Cosa accadde ai bambini?
Frahm: Si addormentarono.
Stewart: E cosa successe allora?
Frahm: I corpi furono portati via il giorno dopo.
Stewart: Cosa intende quando parla di corpi?
Frahm: Erano morti.
Stewart: Morirono per le iniezioni?
Frahm: Sì.
Avvocato Lappenberg: Morirono per effetto delle iniezioni o per qualche altro motivo?
Frahm: Morirono per effetto delle iniezioni. Qualche bambino fu successivamente impiccato.
Lappenberg: E quando avvenne l'impiccagione?
Frahm: Immediatamente dopo.
Lappenberg: Chi mise la corda al collo dei bambini?
Frahm: Io.
Stewart: Quanti bambini furono impiccati dopo le iniezioni?
Frahm: Forse la metà.
Stewart: Erano più o meno di dieci?
Frahm: più.
Stewart: Quanto durarono le impiccagioni dei bambini?
Frahm: Rimasero impiccati per circa dieci minuti, ma non sono sicuro.
Presidente: Lei ha detto che ne furono impiccati dieci?
Frahm: Non so il numero esatto.
Lappenberg: Lei ha detto che circa la metà dei bambini fu impiccata. Non furono impiccati tutti?
Frahm: Non lo so.
Avvocato Halben: Era lì il comandante Strippel?
Frahm: Sì, era lì di volta in volta.
Presidente: Ha ricevuto qualche ricompensa?
Frahm: Sì, abbiamo ricevuto sigarette e grappa.


lo sai cosa prova uno come me a leggere queste cose ? mi ha fatto molto male rileggere queste pagine ma mi e' stato utile , e' sempre utile ricordare le milioni di vite spezzate, ma tra le tante storie questa e' quella che piu' mi fa male : bambini, innocenti, nel momento in cui piu' hanno bisogno di amore vengono separati dai genitori x farne delle cavie in un lager...ed infine impiccati...hai mai visto impiccare un bambino ? io neppure...proviamo ad immaginare la scena ??????

e' per questo che provo rabbia per quelli come te...una rabbia irriducibile!
Marco(cinese)
00giovedì 5 agosto 2004 12:25
per Sean
Te lo ripeto, io ho le mie fonti, tu le tue, ti fa rabbia uno come me, va bene, sono d'accordo, anche a me fa rabbia uno come te. stiamo pari. però non me fa legge tutte ste cose che per me so barzellette. la storia la scrivono i vincitori, quindi è normale che da quando si nasce si venga contaminati da una certa parte, però io non ci credo.
non metto in dubbio che ci fossero campi nei quali venivano deportati i prigionieri, lo stesso zio di mia madre è stato deportato, però questo in tempo di guerra è una cosa normalissima.
che io mi metta a scrivere le mie cose mi sembra una perdita di tempo, per me, tanto non credo ci credereste, no?
Corcaigh
00giovedì 5 agosto 2004 14:36
Re: per Sean

Scritto da: Marco(cinese) 05/08/2004 12.25
però non me fa legge tutte ste cose che per me so barzellette.



[SM=g27831]

Quest'ultima affermazione si commenta da sola.

per quanto mi riguarda, questo thread è chiuso. Davvero, non c'è altro da dire.

[SM=x145483]
Marco(cinese)
00giovedì 5 agosto 2004 23:36
Vedi che ho fatto bene ad essere così drastico?! si stava andando veramente dove non si doveva andare.
anch'io ho chiuso con questa discussione che per me non ha portato a niente. la mia l'avevo detta tranquillamente alla prima pagina, ma ho dovuto rispondere solo ai vostri continui attacchi gratuiti, rileggetevi tutto il 3d e capirete.
eduardo torres
00venerdì 6 agosto 2004 11:56
grazie a sean... i ripassi di storia sono ben accetti in questo triste tempo di memoria corta

ale

PS in effetti non ho da convincere nessuno e quindi non intervengo direttamente so cose che dovrebbero essere scontate per tutti
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