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"Fermare Israele" ?

Ultimo Aggiornamento: 10/04/2007 11:18
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07/07/2006 19:17
 
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Quello che mi pare è che Israele in parte "sfrutti" il dolore che il popolo ebreo ha vissuto per essere "giustificato" del dolore che infligge ora ad un altro popolo. Siccome loro hanno sofferto tanto hanno il diritto di far soffrire a loro volta. Non è per banalizzare l'Olocausto, è che pare abbiano imparato molto bene la lezione e la stiano applicando a dovere, tutto qui.
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07/07/2006 22:54
 
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Re:

Scritto da: Inismeain 07/07/2006 19.17
Quello che mi pare è che Israele in parte "sfrutti" il dolore che il popolo ebreo ha vissuto per essere "giustificato" del dolore che infligge ora ad un altro popolo. Siccome loro hanno sofferto tanto hanno il diritto di far soffrire a loro volta. Non è per banalizzare l'Olocausto, è che pare abbiano imparato molto bene la lezione e la stiano applicando a dovere, tutto qui.



interessante questa teoria. avevo letto da qualche parte (internet o giornali) un articolo proprio in merito quello che affermi. all'inizio mi sembrò assurdo però, seppur perversa, ha una sua logica!
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..."questa è una rapina", dillo tu che hai la voce più grossa (Bud&Terence)

Non c'è cattivo più cattivo di una buono quando diventa cattivo (Bud&Terence)

Mi appecorono alla vostra bellezza (Bud&Terence)

Una attenta pianificazione non potrà mai sostituire una bella botta di culo. (IO)
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07/07/2006 23:43
 
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Re:

Scritto da: Inismeain 07/07/2006 19.17
Quello che mi pare è che Israele in parte "sfrutti" il dolore che il popolo ebreo ha vissuto per essere "giustificato" del dolore che infligge ora ad un altro popolo. Siccome loro hanno sofferto tanto hanno il diritto di far soffrire a loro volta. Non è per banalizzare l'Olocausto, è che pare abbiano imparato molto bene la lezione e la stiano applicando a dovere, tutto qui.



Quindi se non e' per banalizzare l'Olocausto e' per demonizzare gli israeliani. Non so se sia il tuo caso, ma ricavo questa impressione (lieto di sbagliarmi se cosi' non e').
Questi ragionamenti non mi stupiscono, perche' sono davvero tante le persone che dicono "Gli israeliani fanno ai palestinesi oggi quello che i nazisti facevano agli ebrei ieri".

Ma e' cosi'? E' davvero cosi'? Un politico di basso livello (il segretario di quella Lega Alleanza Lombarda che tanto ha fatto incazzare Calderoli) ha detto: "Gli israeliani stanno massacrando un popolo!".
Miracolo demografico!!! I palestinesi sono dunque l'unico popolo oggetto di genocidio e al contempo in aumento demografico (sono triplicati in 30 anni).
Andiamoci piano con le parole, altrimenti se un ebreo o un armeno s'incazza un poco e ci ricorda che i loro popoli si' che sono stati massacrati, ci facciamo figure meschine.

Il dolore che Israele infligge ai palestinesi si spiega tutto col continuo e ostinato rifiuto arabo di riconoscere allo Stato ebraico il diritto ad esistere. Sono stati gli arabi ad attaccare per primi, sono loro che non sono mai voluti venire a patti. Non sono opinioni, sono fatti storici.
Israele e' solo uno Stato che si difende. Nel fare questo puo' commettere anche errori e abusi, come e' successo, ma non vive di odio come invece fanno i regimi arabi. Nelle scuole israeliane non s'insegna ad odiare gli arabi!
Chiedete agli arabi-israeliani se preferiscono diventare cittadini palestinesi o se stanno meglio sotto l'oppressione sionista.

Si puo' ritenere eccessiva la reazione israeliana al rapimento del soldato. Si puo' pensare che serva ad Olmert per fare vedere ad Hamas che anche lui "ha le palle", o che serva per rovesciare il governo di Hamas, o per altre cose.
Condivisibili o no sono opinioni legittime.
Quando invece si scade nel paragone velato tra nazisti di ieri e israeliani di oggi allora si passa alla bestemmia, alla calunnia storica e all'offesa di milioni di morti e milioni di vivi.
08/07/2006 00:04
 
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Re: Re:

Scritto da: Tameko 07/07/2006 23.43

Quando invece si scade nel paragone velato tra nazisti di ieri e israeliani di oggi allora si passa alla bestemmia, alla calunnia storica e all'offesa di milioni di morti e milioni di vivi.



Penso che l'esercito e il governo israeliano si siano macchiati ( e si stiano macchiando) di orrori, ma non è ovviamente l'unica nazione che fa largo uso di uccisioni di civili nella sua opera di repressione (che alcuni considerano solo autodifesa, non io)

Ma anche a me il paragone con l'Olocausto suona come gravemente offensivo e veramente fuori luogo.
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08/07/2006 01:09
 
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Re: Re:

Scritto da: Tameko 07/07/2006 23.43
Quando invece si scade nel paragone velato tra nazisti di ieri e israeliani di oggi allora si passa alla bestemmia, alla calunnia storica e all'offesa di milioni di morti e milioni di vivi.



Perché, quello che è successo a Shabra e Chatila (o a Jenin, o altrove...) in che modo è sostanzialmente diverso da quanto accadeva nei Lager? Forse quei morti valgono meno di quelli ebrei?

Oddio! starò mica bestemmiando?

Ah, no... Israele si stava solo difendendo. Anche quando l'ex capo delle falangi maronite che avevano compiuto la strage è stato fatto saltare in aria dal mossad perché non raggiungesse il Belgio per partecipare al processo contro Sharon, Israele si stava difendendo...

Però nei Lager sono morti anche zingari, omosessuali, intellettuali di sinistra... eppure non mi risulta che l'arcigay abbia invaso, che so, la svizzera! O che i ROM sentano la necessità di prendere in ostaggio i ministri di quei paesi che hanno consegnato i loro genitori alle SS...

Gli arabi hanno iniziato per primi?
Qualcuno un giorno è arrivato a quella che consideravano casa loro e li ha cortesemente pregati di togliersi dai coglioni perché una manciata di capi di stato mai visti e conosciuti, oppressi dal senso di colpa collettivo per non aver fatto un cazzo quando c'èra bisogno di fare qualcosa, ha deciso che quella non era più casa loro, ma di qualcuno che non gli era mai stato particolarmente simpatico.
Bisogna essere veramente bislacchi per incazzarsi solo per una simile quisquilia...

e sono stati dei veri birboni a non accettare le proposte israeliane di Oslo... solo perché in pratica comportavano che non sarebbero più potuti entrare a Gerusalemme. Certo, è una città santa anche per loro, ma proprio non ci hanno messo un filo di buona volontà!

A mio modo di vedere gli arabi non hanno meno colpe degli israeliani in tutto quello che sta accadendo (l'uso arbitrario delle macrocategorie Arabo/Israeliano è solo di comodo), ma se confrontiamo le percentuali di scolarizzazione tra i due modelli direi che i primi hanno almeno la scusa dell'ignoranza.

Sto bestemmiando? Me ne cruccio assai!
Sto calunniando la storia? Non credo, la storia la scrive sempre chi vince. E in questa brutta storia, finora, ci sono solo perdenti.
Sto offendendo milioni di morti? Non credo. Come diceva Totò la morte è una livella. Se vedessi solo i morti ebrei offenderei i diversi miliardi di morti gentili...
eppoi i morti non si offendono. Sono i vivi che lo fanno. Da qualunque parte del confine gli sia capitato di dover vivere.

TRHb
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08/07/2006 01:56
 
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Re: Re: Re:

Scritto da: TheRomanHunchback 08/07/2006 1.09


Perché, quello che è successo a Shabra e Chatila (o a Jenin, o altrove...) in che modo è sostanzialmente diverso da quanto accadeva nei Lager? Forse quei morti valgono meno di quelli ebrei?

Oddio! starò mica bestemmiando?

Ah, no... Israele si stava solo difendendo. Anche quando l'ex capo delle falangi maronite che avevano compiuto la strage è stato fatto saltare in aria dal mossad perché non raggiungesse il Belgio per partecipare al processo contro Sharon, Israele si stava difendendo...

Però nei Lager sono morti anche zingari, omosessuali, intellettuali di sinistra... eppure non mi risulta che l'arcigay abbia invaso, che so, la svizzera! O che i ROM sentano la necessità di prendere in ostaggio i ministri di quei paesi che hanno consegnato i loro genitori alle SS...

Gli arabi hanno iniziato per primi?
Qualcuno un giorno è arrivato a quella che consideravano casa loro e li ha cortesemente pregati di togliersi dai coglioni perché una manciata di capi di stato mai visti e conosciuti, oppressi dal senso di colpa collettivo per non aver fatto un cazzo quando c'èra bisogno di fare qualcosa, ha deciso che quella non era più casa loro, ma di qualcuno che non gli era mai stato particolarmente simpatico.
Bisogna essere veramente bislacchi per incazzarsi solo per una simile quisquilia...

e sono stati dei veri birboni a non accettare le proposte israeliane di Oslo... solo perché in pratica comportavano che non sarebbero più potuti entrare a Gerusalemme. Certo, è una città santa anche per loro, ma proprio non ci hanno messo un filo di buona volontà!

A mio modo di vedere gli arabi non hanno meno colpe degli israeliani in tutto quello che sta accadendo (l'uso arbitrario delle macrocategorie Arabo/Israeliano è solo di comodo), ma se confrontiamo le percentuali di scolarizzazione tra i due modelli direi che i primi hanno almeno la scusa dell'ignoranza.

Sto bestemmiando? Me ne cruccio assai!
Sto calunniando la storia? Non credo, la storia la scrive sempre chi vince. E in questa brutta storia, finora, ci sono solo perdenti.
Sto offendendo milioni di morti? Non credo. Come diceva Totò la morte è una livella. Se vedessi solo i morti ebrei offenderei i diversi miliardi di morti gentili...
eppoi i morti non si offendono. Sono i vivi che lo fanno. Da qualunque parte del confine gli sia capitato di dover vivere.

TRHb



confermo e sottiscrivo.

Visto che Tameko invitava a considerare i fatti storici mi chiedevo come mai si era scordato di ricordare l'antefatto su cui poggia tutta la questione.

C'è da chiedersi cosa faremmo noi se un bel giorno suonasse alla nostra porta un perfetto sconosciuto e si svolgesse questa scena:
"fuori dalle palle"
"perchè?"
"perchè qui ci abitavo io 2000 anni fa, poi per colpa di un capellone e dei suoi scagnozzi se la sono presi tutti con me. Adesso ne ho prese abbastanza, pure troppe e mi hanno detto che posso tornare in questa casa"
"e io? 'ndo vado?"
"boh farai come ti pare. Su questo pezzo di carta c'è scritto che dobbiamo dividere la casa a metà. Ti lascio usare lo stanzino delle scope ma se usi il cesso o se ti permetti di girare per il resto della casa ti prendo a legnate."

saluti
mirko
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08/07/2006 19:49
 
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Bene hai fatto a tirare in ballo Sabra e Chatila. Bene, visto che un ex collaboratore del capo dei falangisti aveva spiegato alla stampa che secondo lui dietro il massacro che avvenne c'era lo zampino della Siria, il cui piano era di gettare discredito su Sharon tanto da costringerlo alle dimissioni, cosa poi puntualmente avvenuta.
Chissa' che dietro l'uccisione del capo dei falangisti non ci siano i servizi segreti siriani invece del Mossad, che le dittature arabe incolpano di tutto, persino degli asteroidi che sfiorano la Terra.

Dico, chi si e' mai scaldato per settembre nero, in occasione del quale il compianto re Hussein II di Giordania fece fuori centinaia di palestinesi? A beh, ma lui era un simbolo di pace, quindi niente.
Chi ha mai manifestato contro la Siria quando occupava con il suo esercito uno Stato sovrano come il Libano?
2 pesi, 2 misure, 2 cos'altro?

Non c'e' bisogno di essere bislacchi o di tirare in ballo quisquilie, basta conoscere i fatti storici.
Israele non e' affatto il risarcimento europeo per le vittime dell'Olocausto.
Basterebbe considerare che i primi coloni sionisti arrivarono nel 1884. Ah, dimenticavo, gia' nel 1881 oltre la meta' degli abitanti di Gerusalemme era ebrea.
E gli ebrei di Hebron costretti alla fuga dal pogrom arabo nel 1936 stavano li' dai tempi di Cristo.
Sai chi trovarono gli ebrei che venivano dall'Europa? Oltre ad altri ebrei solo poche tribu' nomadi di beduini.
Gli ebrei si misero a coltivare la terra, a piantare alberi, irrigare il deserto e bonificare paludi, col tacito permesso degli ottomani. Gli arabi delle zone vicine (i futuri Libano, Siria, Giordania, Iraq, Egitto), attratti dalla possibilita' di lavorare per i coloni ebrei cominciarono ad immigrare in Giudea.
Ecco chi sono i palestinesi, altro che arabi che vivevano felici da secoli in Giudea!! Altrimenti dovremmo concludere che i viaggiatori del XVIII e XIX secolo, tra i quali anche Mark Twain, erano bugiardi matricolati solo perche' dicevano che la Giudea era semispopolata a parte i beduini e alcune comunita' di ebrei.
Ma no, forse il Mossad ha inventato la macchina del tempo ed ha inviato i suoi agenti a corrompere Mark Twain.

Con l'aumentare dell'immigrazione ebraica aumento' anche quella araba, e gli arabi cominciarono a rivendicare il possesso di terre mai state loro, oppure regolarmente comprate dagli ebrei.
Comodo. Mi vendi un tugurio, lo butto giu' e ci faccio una villa, e tu vuoi la villa perche' prima li' c'era il tuo tugurio!!!

Se gli inglesi non avessero rovesciato gli Hashemiti per rimpiazzarli con i wahhabiti Saud, le cose sarebbero andate diversamente, visto che i primi stavano accordandosi con gli ebrei per spartirsi le terre.
Fatto sta che dopo la II Guerra Mondiale l'immigrazione ebraica aumento', e quando l'Onu decise di dividere la Giudea in 2 parti, a rifiutare e cominciare la guerra furono gli arabi.
Per loro e' sempre stata una questione di tutto o niente.
La cacciata degli arabi e' una leggenda, visto che la gran parte degli arabi (salvo poche eccezioni) se ne ando' di propria volonta' convinta dai propri capi. Lo testimoniano persino articoli apparsi sulla stampa araba dell'epoca e Bernard Lewis, il piu' famoso islamista vivente.
Se ti leggi la dichiarazione d'indipendenza israeliana ci trovi persino un appello di Ben Gurion agli arabi per convincerli a rimanere. I discendenti dei pochi che gli hanno dato retta non mi paiono affatto pentiti (quando anni fa si profilo' uno scambio di terra tra ANP e Israele, gli arabo-israeliani che rischiavano di diventare palestinesi s'incazzarono parecchio e scesero in piazza a ribadire che loro erano israeliani).
L'antefatto di tutta la questione e' quindi che gli arabi rifiutano di riconoscere il diritto ad esistere di Israele.
Si puo' discutere quanto si vuole sulle misure e i limiti della legittima difesa, ma se non si accetta tutto questo non si discute di storia ma di fantastoria.

Gli accordi di Oslo prevedevano forse il divieto per gli arabi di andare a pregare nelle moschee di Gerusalemme? Dove lo hai letto? Questo aspetto proprio non mi risulta.
Risulta invece eccome che gli ebrei non potessero accedere al muro del pianto prima del 1967, e che i giordani avessero trasformato in latrine le sinagoghe di Gerusalemme est.
Tra l'altro, chi l'ha detto che Gerusalemme e' una citta' santa per i musulmani? Arafat forse???
Sai quante volte e' citata nel Corano Gerusalemme??? Mai.
Nel Vecchio Testamento? A te la pazienza di contarle.
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08/07/2006 20:19
 
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Re:

Scritto da: Tameko 08/07/2006 19.49
Tra l'altro, chi l'ha detto che Gerusalemme e' una citta' santa per i musulmani? Arafat forse???



Sbagliato.
Lo dicono, ehm, i mussulmani.
Il nobile santuario (che comprende la cupola nella roccia e la moschea Al-aqsa) è uno dei tre luoghi sacri dell'Islam...



Sai quante volte e' citata nel Corano Gerusalemme??? Mai.
Nel Vecchio Testamento? A te la pazienza di contarle.



Sbagliato.
sura 17.

saluti
mirko
08/07/2006 21:40
 
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Re: Re:

Scritto da: mirko e i furetti 08/07/2006 20.19


Sbagliato.
sura 17.




Una sura molto bella, da cui traggo:

"Osanna a colui (Gabriele) che una notte lanciò in viaggio il suo servo (Muhammad) dalla masgid-haram (Mecca) alla masgid al'aqsa (Gerusalemme), della quale abbiano reso sacro il recinto, con l'intento preciso di fargli risplendere in forma di visione i nostri segni"

Non un posticino qualunque....

[SM=g27829]
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09/07/2006 17:06
 
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Non e' del tutto corretto.
Ripeto, nel Corano Gerusalemme non e' citata, e la riprova e' che nella sura in questione Gerusalemme e' tra parentesi, ossia si ipotizza che il Corano potesse forse riferisi ad essa.
Il nome Gerusalemme in quanto tale non appare mai.

www.eclettico.org/israele/gerus/islam.htm

Saluti
Tameko.
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Re:

Scritto da: Tameko 09/07/2006 17.06
Non e' del tutto corretto.
Ripeto, nel Corano Gerusalemme non e' citata, e la riprova e' che nella sura in questione Gerusalemme e' tra parentesi, ossia si ipotizza che il Corano potesse forse riferisi ad essa.
Il nome Gerusalemme in quanto tale non appare mai.

www.eclettico.org/israele/gerus/islam.htm

Saluti
Tameko.



quindi quando nel vangelo si parla del padre non possiamo essere sicuri che si parli di dio?
per favore... [SM=g27828]

In ogni caso

saluti
Mirko
10/07/2006 00:12
 
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Interessante storia di gerusalemme nei secoli da un'Università israeliana: www.biu.ac.il/JS/rennert/.
Fate clic sul capitolo 8.

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Articolo delle ACLI su Gerusalemme città santa dell'Islam
Il posto di Gerusalemme tra le città sante dell'Islam
di Paolo Branca

Anche se con minore enfasi rispetto a quanto era stato fatto con la Mecca e con Medina, nel corso del tempo e al di fuori della sua terra d'origine, l'Islam ha investito altri luoghi di forti valori simbolici: in questo quadro Gerusalemme occupa un posto particolare, il suo stesso nome arabo, al-Quds (la santa) evoca un carattere di sacralità al quale l'Islam sunnita non ricorre molto volentieri e che comunque sembra più propenso ad attribuire ai luoghi piuttosto che alle persone.
Probabilmente l'affiancamento di Gerusalemme alle altre città venerate dai musulmani fu favorito anche dalla ricchezza del "fondo comune" alle due religioni - ebraica e islamica - già documentato dai numerosissimi riferimenti biblici presenti nel Corano e nella Sunna. Non è però fatta esplicita menzione di Gerusalemme nel Corano, testo spesso allusivo e non particolarmente preciso nei riferimenti geografici, ma la tradizione musulmana ha voluto riconoscerla in due episodi misteriosi e di grande importanza. Sappiamo che Muhammad si considerò uomo come gli altri e che il Testo sacro non gli attribuisce alcuna prerogativa soprannaturale. Alcuni avvenimenti prodigiosi occorsi al Profeta sono tuttavia presenti e comunemente messi in relazione proprio con Gerusalemme.
Il primo di questi viene riportato in un capitolo del Corano del terzo periodo meccano (619-622): erano da poco mancati a Muhammad la moglie Khadîja e lo zio Abû Talib. Con essi il Profeta aveva così perduto due grossi sostegni, uno psicologico, l'altro politico. E' proprio nei brani del Corano che risalgono a quest'epoca che vengono narrati eventi misteriosi e miracolosi che sembrerebbero compensare i tragici sviluppi della realtà. Tra essi alcuni sono collegati a Gerusalemme: si tratta del viaggio notturno (isrâ') e dell'ascensione (mi'râj) di Muhammad. Dice infatti il primo versetto della sura XVII: "Gloria a Colui che rapì di notte il Suo servo dal Tempio Santo (al-Masgjd al-Haram) al Tempio Ultimo (al-Masjid al-Aqsâ), dai benedetti precinti, per mostrargli dei Nostri Segni". I commentari, rafforzati e amplificati dalle tradizioni popolari, ritengono che si sia trattato di un viaggio vero e proprio miracolosamente compiuto dal Profeta, seguito dalla sua altrettanto prodigiosa ascensione al cielo; non manca però una lettura più spirituale che lascia alle modalità e ai luoghi del racconto un largo margine di indeterminatezza.
Meno velata di mistero e meno labilmente legata a Gerusalemme è una seconda questione che coinvolse non il solo Profeta, ma l'intera comunità islamica delle origini. Si tratta del mutamento della direzione della preghiera o qibla, di cui parla la sura II a partire dal versetto 142. Quale fosse esattamente tale direzione nel primo periodo della predicazione di Muhammad è difficile stabilirlo con sicurezza. Che la direzione della preghiera, dopo l'Egira, fosse invece verso Gerusalemme viene sostenuto dalle fonti islamiche senza incertezze. Tale episodio si colloca al momento in cui tra i musulmani, recentemente immigrati a Medina, e le tribù ebraiche ivi residenti si profilava un contrasto destinato a diventare col tempo ancor più drammatico. Tutto ciò può far pensare che nella preghiera e nel digiuno, dopo essersi conformati alla tradizione ebraica, i musulmani volessero distinguersi da coloro che, contrariamente alle aspettative del loro Profeta, non sembravano disposti ad accogliere la sua predicazione. I numerosi detti attribuiti al profeta che quantificano e paragonano il valore delle preghiere svolte nei tre centri del mondo musulmano hanno accompagnato, con le loro fluttuazioni, l'evolversi di un processo che si sarebbe concluso con il riconoscimento generale del carattere sacro di Gerusalemme, pur non considerata allo stesso livello dei luoghi santi dell'Arabia.
È interessante sottolineare che, sempre nella Sunna, un ruolo viene riservato a Gerusalemme per la fine dei tempi: sede del Giudizio Finale - luogo in cui tutto sarà manifesto - e strettamente legata alla figura di Gesù, riconosciuto come Mahdi: la figura messianica dell'Islam sunnita.
Sul piano della storia il rapporto tra Gerusalemme e l'Islam è ben più chiaramente definibile: essa fu conquistata dal califfo 'Umar nel 638 e il comportamento del secondo successore di Muhammad in questa occasione ebbe notevole importanza per i futuri rapporti tra le differenti comunità religiose. Da un lato il patto di protezione (dhimma) concesso ai cristiani servì da modello per situazioni simili che si ripresentarono in seguito, dall'altro la scelta della Spianata del Tempio come luogo di preghiera da parte del conquistatore arabo contribuì ad aumentare il valore simbolico di questo luogo agli occhi dei musulmani.
Negli Annali dell'Islam di Leone Caetani si richiama la presenza, a fianco del secondo Califfo conquistatore della città, di un ebreo forse convertito all'Islam che potrebbe aver giocato un ruolo decisivo nel recupero della spianata del tempio come luogo di culto da parte dei musulmani. Lasciato infatti cadere nel degrado dai cristiani, quasi a conferma delle profetiche parole di Gesù che pianse sulla sorte della città, questo luogo era sicuramente rimasto caro agli Ebrei che non avrebbero perso l'occasione di vederlo di nuovo onorato, foss'anche ad opera di uno straniero appartenente a un'altra religione.
Fu però l'epoca successiva a dare un forte impulso alla "sacralizzazione" di Gerusalemme da parte islamica: la dinastia degli Omayyadi spostò decisamente il centro dell'impero, ancora in fase di espansione, al di fuori della Penisola araba. Se la Mecca e Medina restavano le due città sante per eccellenza, la capitale politico-amministrativa era ormai Damasco e la zona siriana costituiva la cerniera tra il luogo d'origine dei nuovi signori e le terre recentemente acquisite a danno tanto dell'impero bizantino quanto di quello persiano. Se si tiene conto poi delle terribili lotte intestine che dilaniavano il mondo musulmano e che i luoghi santi furono per ben dodici anni in balia del ribelle 'Abdallâh ibn Zubayr, si può comprendere quanto più raccomandabile apparisse Gerusalemme agli occhi dei Califfi di Damasco come luogo di devozione e meta di pellegrinaggio rispetto alla Mecca e a Medina e non stupirà il loro impegno nel renderla tale anche per i loro sudditi.
Fu infatti il califfo omayyade ‘Abd al-Malik a far erigere la moschea detta Cupola della Roccia nel 691 e allo stesso periodo risale anche l'altra famosa moschea di Gerusalemme, detta appunto al-Masjid al-Aqsâ. Attorno alla Cupola della Roccia fu così ammessa la circumambulazione, in senso orario però, quindi contrario a quello del tawâf compiuto alla Mecca, la quale rimase l'unico luogo deputato al vero e proprio pellegrinaggio annoverato tra i cinque "pilastri" del culto islamico, restando il viaggio a Gerusalemme soltanto una visita, per quanto meritevole e raccomandabile.
La venerazione per la città rimase anche quando il potere passò alla dinastia Abbaside che pose la sua capitale a Baghdad e aprì la cultura islamica al potente influsso dell'eredità iranica.
Il periodo più travagliato cominciò quando essa, dopo esser stata oggetto di contesa tra islamici e bizantini, divenne campo di scontro tra i dominatori dell'Egitto, la casata ismailita dei Fatimiti, e i turchi Selgiuchidi, al servizio del califfo sunnita.
Furono però ovviamente le Crociate a riportarla prepotentemente nelle cronache, a partire dalla sua conquista nel 1099 da parte di Goffredo di Buglione. Con la "cristianizzazione" dei luoghi di culto a loro cari e l'interdizione di risiedere a Gerusalemme la riconquista di questa città assunse progressivamente maggiore importanza per i musulmani, benché la venerazione per Gerusalemme non fosse stata fino ad allora molto di più che un fenomeno locale.
Comunque sia, il nuovo jihâd raggiunse il suo obiettivo nel 1187 sotto la guida del condottiero ayyubide Saladino, che in quel cruciale momento, nonostante la "ferocia" spesso abbinata al suo nome, seppe dare prova di grande moderazione. Fu proprio in occasione di questa "riconquista" islamica della città e per accrescere nel popolo la consapevolezza della santità di Gerusalemme, che venne dato impulso a sermoni ed opere celebrative dedicate alla città: è a quest'epoca che si diffuse il più antico trattato conosciuto sui "meriti di Gerusalemme", scritto da un autore musulmano all'inizio dell'XI secolo.
Dopo alterne vicende che la videro passare di mano più volte Gerusalemme tornò definitivamente sotto il dominio islamico nel 1281 con i Mamelucchi d'Egitto. Durante il lungo regno di questi ultimi l'attaccamento dei musulmani per la città non diminuì, ma essa fu meno strettamente legata alle loro campagne militari, indirizzate altrove.
Lo scontro con l'occidente cristiano aveva comunque contribuito, se pure indirettamente, a riaffermare la posizione di Gerusalemme tra i luoghi santi musulmani. Furono dunque le vicende belliche ad accrescere la considerazione di questa città agli occhi di entrambi i contendenti - come spesso accade il valore di un bene viene riscoperto proprio quando se ne è privati o lo si vede in pericolo – tuttavia ad insistere sul carattere sacro di Gerusalemme non furono tanto le cronache di guerra, bensì un'altra forma di letteratura cui abbiamo accennato e che contribuì a diffondere la sua fama presso tutti i fedeli musulmani. Con un ritardo piuttosto sorprendente un genere letterario vecchio già di trecento anni, dopo aver cantato le lodi dei grandi centri del mondo musulmano quali la Mecca e Medina, Basra e Kufa, Damasco e Baghdad, Isfahan e Merv... giunse a occuparsi anche di Gerusalemme producendo una ventina di opere che ne celebrano le glorie passate e i futuri destini.
Gli elementi che hanno reso e mantengono importante Gerusalemme agli occhi dei musulmani sono ripresi sistematicamente nei trattati su "i meriti di Gerusalemme": essa è santa per le tre religioni monoteistiche, gli Ebrei vi hanno avuto il proprio tempio e i profeti vi sono sepolti; Gesù vi ha compiuto miracoli e qui riposano le spoglie di sua madre; Muhammad vi compì il miracoloso viaggio notturno e da qui partì per la sua ascensione al cielo; 'Umar la conquistò e vi pregò, moschee importanti vi hanno sede e illustri personaggi dell'Islam vi hanno vissuto e vi sono morti... qui si svolgerà la battaglia finale contro l'Anticristo, essa sarà la sede del Giudizio finale e tra il monte degli Ulivi e quello del Tempio sarà disteso il ponte su cui l'intera umanità dovrà passare e dal quale i dannati precipiteranno nell'inferno.
Il timore che Gerusalemme potesse oscurare o addirittura sostituire le città sante del Hijaz nella venerazione dei musulmani sembra ormai superato in queste opere, anche se alcune tradizioni relative alla "gerarchia" da mantenere tra le tre città vi compaiono ancora. L'intento più chiaro è piuttosto quello di incoraggiare, da parte delle autorità, opere di fortificazione a difesa di Gerusalemme e, da parte del popolo, la scelta di risiedervi e di recarvisi in pellegrinaggio, per completare una "riappropriazione" che non poteva restare soltanto un fatto militare.
A questa eredità complessa e articolata si sono aggiunte di recente le rivendicazioni delle parti coinvolte direttamente nel conflitto mediorientale nonché i timori di quanti altri, riconoscendo in Gerusalemme un punto chiave della propria tradizione religiosa, la vedono contesa e la sentono in vari modi minacciata.
Questa ulteriore prova dovrebbe indurci a pensare che le modalità con cui ciascuno ha voluto finora ribadire i propri diritti su questa città siano state spesso errate e risultino oggi ormai inadeguate. Diventata paradossalmente pomo della discordia, la "città della pace" trova drammaticamente la conferma che la sua vocazione è quella di "essere il luogo concreto dell'attualizzazione delle speranze millenarie che hanno mobilitato intere generazioni di uomini in cerca dell'Assoluto", obiettivo che molti devono ancora riconoscere, che nessuno può pretendere di realizzare da solo e che non sarà raggiunto senza l'impegno e il contributo di tutti.
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Solo una riflessione
L'olocausto è una cosa, lo sterminio degli armeni un altra, il conflitto israeliano palestinese un altra ancora. Un orrore non ne giustifica un altro, mai. E per quanto mi riguarda l'impegno che metto, come uomo e come credente, per combattere l'antisemitismo, lo metto per difendere i palestinesi e chiunque altro soffra o muoia per la logica di potere e di guerra che, questa sì, è la stessa da tutte le parti.
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Gandhi sulla questione Palestinese
(M. K. Gandhi, Harijan, 26 gennaio 1938)
Gandhi sulla questione Palestinese
"Ho ricevuto numerose lettere in cui mi si chiede di esprimere il
mio parere sulla controversia tra arabi ed ebrei in Palestina e
sulla persecuzione degli ebrei in Germania. Non e' senza
esitazione che mi arrischio a dare un giudizio su problemi tanto
spinosi."
Fonte: www.daddo.it

Le mie simpatie vanno tutte agli ebrei. In Sud Africa sono stato
in stretti rapporti con molti ebrei. Alcuni di questi sono
divenuti miei intimi amici. Attraverso questi amici ho appreso
molte cose sulla multisecolare persecuzione di cui gli ebrei
sono stati oggetto.[.......].
Ma la simpatia che nutro per gli ebrei non mi chiude gli occhi
alla giustizia. La rivendicazione degli ebrei di un territorio
nazionale non mi pare giusta. A sostegno di tale rivendicazione
viene invocata la Bibbia e la tenacia con cui gli ebrei hanno
sempre agognato il ritorno in Palestina. Perche', come gli altri
popoli della terra, gli ebrei non dovrebbero fare la loro patria
del Paese dove sono nati e dove si guadagnano da vivere?

La Palestina appartiene agli arabi come l'Inghilterra appartiene
agli inglesi e la Francia appartiene ai francesi. È ingiusto e
disumano imporre agli arabi la presenza degli ebrei. Cio' che
sta avvenendo oggi in Palestina non puo' esser giustificato da
nessun principio morale. I mandati non hanno alcun valore,
tranne quello conferito loro dall'ultima guerra. Sarebbe
chiaramente un crimine contro l'umanita' costringere gli
orgogliosi arabi a restituire in parte o interamente la
Palestina agli ebrei come loro territorio nazionale. La cosa
corretta e' di pretendere un trattamento giusto per gli ebrei,
dovunque siano nati o si trovino. Gli ebrei nati in Francia sono
francesi esattamente come sono francesi i cristiani nati in
Francia. Se gli ebrei sostengono di non avere altra patria che
la Palestina, sono disposti ad essere cacciati dalle altre parti
del mondo in cui risiedono? Oppure vogliono una doppia patria in
cui stabilirsi a loro piacimento?

[...]

Sono convinto che gli ebrei stanno agendo ingiustamente. La
Palestina biblica non e' un'entita' geografica. Essa deve
trovarsi nei loro cuori. Ma messo anche che essi considerino la
terra di Palestina come loro patria, e' ingiusto entrare in essa
facendosi scudo dei fucili . Un'azione religiosa non puo'
essere compiuta con l'aiuto delle baionette e delle bombe (oltre tutto
altrui). Gli
ebrei possono stabilirsi in Palestina soltanto col consenso
degli arabi.

[...]

Non intendo difendere gli eccessi commessi dagli arabi. Vorrei
che essi avessero scelto il metodo della nonviolenza per
resistere contro quella che giustamente considerano
un'aggressione del loro Paese. Ma in base ai
canoni universalmente accettati del giusto e dell'ingiusto, non
puo' essere detto niente contro la resistenza degli arabi di
fronte alle preponderanti forze avversarie."

:
10/07/2006 16:52
 
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Re: Solo una riflessione

Scritto da: trollino63 10/07/2006 12.43
L'olocausto è una cosa, lo sterminio degli armeni un altra, il conflitto israeliano palestinese un altra ancora. Un orrore non ne giustifica un altro, mai. E per quanto mi riguarda l'impegno che metto, come uomo e come credente, per combattere l'antisemitismo, lo metto per difendere i palestinesi e chiunque altro soffra o muoia per la logica di potere e di guerra che, questa sì, è la stessa da tutte le parti.



Belle parole. sottoscrivo al 100% [SM=g27811]
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Da Repubblica di oggi - La polveriera mediorientale
ANCORA tre anni fa la regione che va dal fiume Indo alla città di Gaza pareva avviata, nei piani e negli auspici dell'amministrazione Bush, ad una trasformazione pacifica verso la democrazia e la cooperazione internazionale. Ieri sera quella stessa area sembrava in preda ad una di quelle convulsioni generali con le quali la storia abroga un ordine decrepito e prepara i sommovimenti grandiosi e cruenti che segneranno la nascita del nuovo. L'epicentro dello scossone era il confine tormentato tra Israele e il Libano, lì dove il movimento sciita Hezbollah, filo-siriano e soprattutto filo-iraniano, ieri ha rapito due soldati di Tshahal. Hezbollah ha annunciato che la vita dei due ostaggi era negoziabile con la libertà di palestinesi detenuti in Israele. Il governo di Ehud Olmert l'ha considerato un atto di guerra ed ha risposto di conseguenza: con operazioni militari in territorio libanese per scovare e liberare i due prigionieri. Ma a sera Israele non era riuscito nel suo progetto. Si trovava anzi risucchiata in una mischia cruenta e sotto un doppio scacco, ricattata sia da Hezbollah sia da Hamas, che da giorni nasconde un terzo soldato israeliano, anch'egli ostaggio negoziabile.

Origine d'un braccio di ferro pericoloso perché di difficile soluzione, il rapimento dei due soldati forse non appartiene soltanto alla sempre più concitata dinamica del conflitto israelo-palestinese, ma potrebbe rimandare all'attivismo dell'Iran, subentrato ai siriani nel ruolo di primo sponsor di Hezbollah. Da tempo il presidente iraniano Ahmadinejad si prospetta ai palestinesi come il loro vero protettore, e l'unico in grado di vendicarli con le sue atomiche al momento virtuali. Questa retorica ha reso Ahmadinejad enormemente popolare in Medio Oriente, molto più di quanto non lo sia in patria; da tempo ha soppiantato Osama bin Laden nei cuori dell'estremismo arabo. Il colpo messo a segno ieri da Hezbollah giova alla sua influenza nell'area.

Che la milizia dei libanesi sciiti abbia agito o no su richiesta di Hamas, l'intromissione le permette di accrescere il proprio credito nel West Bank e a Gaza, soprattutto a detrimento del presidente dell'Autorità palestinese, il saggio e solitario Abu Mazen. Le voci sulle possibili dimissioni di quest'ultimo ieri sera pareva quasi confermare che gli spazi per la politica e la ragionevolezza ormai sono minimi.

L'intera regione sembra quasi rassegnata a questa deriva raggelante. Malgrado si sforzi di fermare la guerra civile, domenica a Bagdad è successo qualcosa di incredibile perfino per gli standard dell'orrore iracheno. In seguito ad un attentato contro una moschea sciita, una grossa milizia, presumibilmente anch'essa sciita, per cinque ore ha preso il controllo d'un quartiere, stabilito posti di blocco e assassinato una cinquantina di giovani, la cui unica colpa era d'avere un nome sunnita.

Accadeva nella capitale, a pochi minuti di macchina dalla "Zona verde", il quartiere fortificato dove si riunisce il governo iracheno, ultimo simulacro della nazione. Durante quelle cinque ore nessuno è intervenuto per fermare la strage. Né la polizia né i soldati americani. Se queste sono le forze che dovrebbero fermare la guerra civile, si può dare per certo che ormai non vi sia più alcuna possibilità di evitare la spartizione etnica - provincia per provincia, distretto per distretto, quartiere per quartiere - dell'Iraq quasi defunto.

Anche di questa partita l'Iran è il grande vincitore. Teheran ha strumenti affilati per rafforzare la propria influenza su una fetta della Mesopotamia, e può ragionevolmente progettare di cacciarne a pedate gli Stati Uniti. Ha smascherato il penoso bluff dell'amministrazione Bush, che per tre anni ha finto di studiare un attacco militare quando invece non ne aveva alcuna intenzione, e adesso ride in faccia agli occidentali, che a giorni alterni intimano o supplicano Ahmadinejad di accettare un compromesso sul nucleare. Ma se l'eccesso di fiducia del regime divenisse scoperta tracotanza, Washington finirebbe per reagire, per una irrevocabile questione di prestigio.

E poi l'Afghanistan, dove gli aiuti pakistani e gli errori americani hanno permesso ai Taliban di rientrare in gioco. E il Pakistan, sempre più tentato dal vecchio trucco, rovesciare oltreconfine le proprie tensioni interne per evitare d'implodere. E l'India, l'altro ieri insanguinata da sette bombe su altrettanti treni di Bombay. Ma la grande convulsione che percorre la terra dell'islam e del petrolio dal Mediterraneo fino al Punjab non riesce a impaurire davvero l'elefante indiano. Malgrado gli attentati, ieri la Borsa indiana guadagnava il 3%. Le ragioni erano tecniche, ma quella flemma sorprendente (dopo decine di morti, quale mercato finanziario avrebbe reagito allo stesso modo?) pareva quasi rappresentare la serenità con la quale i nuovi protagonisti della storia assistono alle convulsioni del vecchio ordine. Un ordine nel quale americani ed europei fino a ieri erano in varia misura influenti, decisivi. Adesso sembrano soprattutto impotenti. Non sanno più cosa fare. E non hanno molte idee con cui rimpiazzare quella trovata bushiana che s'intitolava "il Grande Medio Oriente". Prometteva un contagio democratico da Gaza a Teheran. Non è andata in quel modo.

(13 luglio 2006)
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Israele: ci prepariamo a una lunga guerra
Molto confortante.
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It may be good for New York state but it's no damn good for me.
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Israele entra in Libano. Atto di guerra
di Barbara Uglietti, Avvenire

Tutto è cominciato con il lancio di razzi Katiuscia dal Sud del Libano verso il Nord di Israele. Poi l'agguato: i guerriglieri hezbollah hanno attaccato due Hummer dello Stato ebraico di pattuglia lungo il confine e hanno rapito due soldati. "Merce di scambio" per la liberazione dei detenuti del gruppo in Israele, hanno detto. Innescando, di fatto, la crisi più grave dal ritiro delle truppe israeliane dal Libano, sei anni fa. In serata il governo di Ehud Olmert ha risposto ufficialmente, dando il via libera ad altre azioni militari dopo quelle attuate nella giornata di ieri.
Hezbollah, il movimento sostenuto da Iran e Siria, è la seconda forza nel Parlamento libanese. Il premier israeliano è stato chiaro: "Questo non è un attacco terroristico, ma un attacco a Israele da parte di uno Stato sovrano". La reazione è stata immediata. Un'offensiva senza precedenti, che si sovrappone a quella in atto nella Striscia di Gaza. La mossa degli hezbollah rischia così di mandare in frantumi il fragilissimo puzzle mediorientale, tirando dentro Siria e Iran. E riportando l'orologio indietro di vent'anni.
I razzi al confine. L'agguato. I guerriglieri hezbollah hanno attaccato in mattinata nella zona delle Fattorie di Shebaa, al confine tra Libano, Israele e Siria. Tre morti e otto feriti è il bilancio del lancio di Katiuscia. Subito la popolazione israeliana che vive nei villaggi vicino alla Linea Blu ha ricevuto l'ordine di entrare nei rifugi. E sono iniziati gli scontri. È stato a questo punto che gli hezbollah hanno messo in atto il blitz. Un commando ha assaltato due blindati di una pattuglia israeliana vicino alla fattoria di Zarit: tre soldati sono stati uccisi, due catturati. Altri cinque militari israeliani sono morti poco più tardi, durante le operazioni di ricerca dei loro compagni: una mina è stata fatta saltare al passaggio del loro carro armato.
Lo scambio con i prigionieri. "I due soldati sono stati trasferiti in un luogo sicuro e molto lontano dal luogo del sequestro" ha detto Hassan Nasrallah, il leader di Hezbollah, in una conferenza stampa a Beirut. Nasrallah ha ringraziato i miliziani per "l'operazione di qualità", ha spiegato che il blitz era stato "pianificato per cinque mesi" e annunciato che gli ostaggi saranno rilasciati solo dopo "la liberazione dei prigionieri libanesi detenuti in Israele". E mentre la popolazione sciita della periferia Sud di Beirut festeggiava la cattura dei due soldati con i fuochi di artificio, il governo libanese (su cui continuano ad allungarsi le ombre minacciose della Siria) ha preso le distanze dall'Hezbollah. "Il governo del Libano non era a conoscenza e non si assume alcuna responsabilità per ciò che è avvenuto lungo il confine internazionale", ha avvertito il premier moderato e filo-occidentale, Fouad Siniora. "Né approva l'accaduto", ha tenuto poi a sottolineare.
"Pagheranno un prezzo alto". Il premier israeliano Olmert ha detto che Hezbollah pagherà un prezzo "molto alto" per l'attacco. Un "attacco ingiustificato da parte di uno Stato sovrano", che dunque Olmert considera come un "atto di guerra". Il premier, che in serata ha convocato una seduta straordinaria del suo esecutivo, ha detto di ritenere il governo libanese direttamente responsabile del rapimento e ha puntato il dito anche contro la Siria, guidata da un "governo che appoggia e sostiene il terrorismo e che incoraggia le attività omicide".
L'offensiva militare nel Sud. Pochi minuti dopo il rapimento, Israele ha iniziato la bombardare il Sud del Libano, uccidendo due civili e un miliziano. I tank invece hanno passato il confine, avanzando di circa un chilometro. L'esercito, già impegnato sul fronte meridionale di Israele, alla frontiera con la Striscia di Gaza, ha subito richiamato una divisione di riservisti, seimila uomini circa, che si sono diretti al Nord. Intanto, i caccia con la stella di David hanno sorvolato Beirut. La contraerea dell'eserci to governativo libanese ha aperto il fuoco nella zona di Sidone, 40 chilometri a sud della capitale. I raid sono poi arrivati a 16 chilometri da Beirut. Lo Stato ebraico ha attaccato anche dal mare: le navi da guerra sono entrate nelle acque territoriali libanesi bombardando la costa.
La condanna. Da tutto il mondo sono piovuti appelli alle parti perché disinneschino la crisi. Il segretario generale dell'Onu Kofi Annan ha "condannato senza riserve" l'attacco nel Sud del Libano e ha chiesto "l'immediato rilascio" dei soldati. Annan riceverà la "vibrata protesta" dell'ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite Dan Gillerman che ha esortato la comunità internazionale ad agire contro "questo atto di guerra".
Hamas "ringrazia". Ma mentre tutta la comunità internazionale esprime seria preoccupazione per l'escalation di violenza tra Israele e Libano, il governo palestinese di Hamas "ringrazia" i guerriglieri hezbollah per la cattura dei due soldati. "È un grande aiuto per la lotta nella Striscia di Gaza - ha detto Ghadi Hamad, portavoce dell'esecutivo dell'Autorità nazionale palestinese - perché fornisce una seria occasione per un'intesa generale su uno scambio di prigionieri (anche i miliziani della Striscia trattengono in ostaggio un soldato israeliano dal 25 giungo e chiedono in cambio la liberazione dei detenuti palestinesi nelle carceri ebraiche). Invece Siria e Iran, per voce, rispettivamente, del vice-presidente Faruk al-Saraa e del Segretario del Consiglio supremo di sicurezza Ali Larijani, hanno giustificato l'attacco definendo l'occupazione israeliana "la principale ragione e fonte di provocazione contro i palestinesi e i libanesi. E perciò esiste una resistenza palestinese e libanese".

Su Les Enfants Terribles >>, dove vengono monitorati gli avenimenti di queste ore

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www.lesenfantsterribles.org Distretto Nord: note dall'Irlanda di Sopra

I have dedicated my life to a cause and because of that I am prepared to die - M. P.

Let the fight goes on - Patsy O'Hara

Sei solo chiacchiere e distintivo, chiacchiere e distintivo! - Al Capone
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La storia dello scambio di prigionieri è una scusa.
La realtà è che l'Iran sta soffiando sul fuoco al duplice scopo di distogliere l'attenzione dalla questione del nucleare e di far salire il prezzo del petrolio mettendo così in crisi l'occidente.
Agli altri arabi non è mai importato nulla dei palestinesi e dell'esistenza di uno stato palestinese, prova ne è il fatto che quando hanno avuto la possibilità di farlo nascere se ne sono guardati bene fal farlo.
Quello che è preoccupante, al di la di quanto già successo, è che almeno io non vedo a cosa possano portare questi attacchi al Libano, visto che il governo libanese non sembra in grado di controllare le varie milizie, anche ammesso che ne abbia la volontà.
E quando si fanno cose senza una strategia non si sa mai dove si va a finire...
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Da che esiste Israele non ha mai fatto nulla senza una strategia. Una strategia ce l'ha ed è la solita, al di là delle belle parole, delle road map, del ritiro unilaterale e così via: impedire con qualunque mezzo la nascita di un vero stato palestinese; al massimo consentire la nascita di un simil 'bantustan' come era in Sudafrica. Una strategia che viene rinforzata dai convergenti interessi americani e di alcuni paesi arabi, oltre che dai sempre vivi sensi di colpa europei. Se gli europei volessero adottare misure efficaci, potrebbero ad esempio molto semplicemente impedire l'export dei prodotti israeliani verso di loro; Israele non sarebbe certo indifferente. Bada che non parlo dei pompelmi Jaffa. Non so perchè è la prima cosa a cui pensa la gente. Parlo dei prodotti di alta tecnologia che Israele produce ed esporta negli ambiti dell'energia, dell'informatica, militari.

Infiammare la regione serve inoltre ad Israele (ed agli USA) a tenere sotto pressione (ed impedirle ulteriormente di agire) la UE attraverso l'aumento speculativo del prezzo del petrolio.

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Re:

Scritto da: trollino63 14/07/2006 15.30
Da che esiste Israele non ha mai fatto nulla senza una strategia. Una strategia ce l'ha ed è la solita, al di là delle belle parole, delle road map, del ritiro unilaterale e così via: impedire con qualunque mezzo la nascita di un vero stato palestinese; al massimo consentire la nascita di un simil 'bantustan' come era in Sudafrica.



Possibile... certo è che finchè la situazione rimane quella attuale sarà difficile che lo stato palestinese nasca.
Ma come dicevo prima, insieme ad Israele (e forse più di Israele) a non volerlo sono gli stati arabi e l'Iran, e la storia lo ha dimostrato. Per decenni quelli che ora sono i territori occupati sono stati in mano agli stati arabi confinanti con Israele che si sono ben guardati dal far nascere uno stato palestinese, preferendo invece l'occupazione e la discriminazione dei palestinesi che ci vivevano...
Tutto questo, credo, perchè nel momento in cui dovesse nascere uno stato palestinese finirebbe un alibi alla loro politica, e i dittatori, i re e i vari sceicchi arabi dovrebbero confrontarsi con i problemi reali dei loro popoli, quali la povertà e la mancanza di democrazia, fino a oggi fatti passare in secondo piano con nazionalismi e tensioni religiose.
Credo che alla fine i primi beneficiari di quanto succede in medio oriente da decenni siano proprio quei signori che vivono in palazzi dorati e girano in Rolls...



Infiammare la regione serve inoltre ad Israele (ed agli USA) a tenere sotto pressione (ed impedirle ulteriormente di agire) la UE attraverso l'aumento speculativo del prezzo del petrolio.



Israele forse, ma gli USA non credo... anche loro ci rimettono con un prezzo alto del petrolio, anche perchè loro in proporzione hanno consumi ben più alti di quelli europei. Inoltre il prezzo della benzina per i cittadini americani è un termometro molto importante del loro benessere... ed è noto che gli americani più degli altri popoli votano con il portafogli...

[Modificato da =Donegal= 14/07/2006 16.07]

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Giovanni Trapattoni, falling off his chair
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Il mio intervento sara' abbastanza controverso e qualche anno fa non mi sarei mai sognato di scriverlo.
Vorrei solo invitarvi a qualche riflessione.

A me pare che in Italia, almeno nell'ultimo periodo, manchino delle prese di posizione nei confronti di fenomeni che invece le richiederebbero; ci sarebbe bisogno di dichiarazioni di sostegno da un lato O dall'altro. Dichiarazioni chiare, dure e precise. Prodi invece si barcamena cercando di compiacere tutti gli elementi della sua maggioranza.

A me pare che molti di voi continuano a parlare della nascita di Israele, avvenuta piu' di 60 anni fa; teniamo conto del fatto che ormai sono passate tre generazioni e gli israeliani stanno li. Israele ha PIENO diritto di esistere; non arrocchiamoci su posizioni senza senso. Non difendiamo chi dice che Israele non ha diritto di esistere e che chi ci sta dovrebbe tornarsene a casa. L'Iran l'ha detto. Hamas l'ha detto. NESSUNA solidarieta' a chi lo dice.

Sabra e Chatila e' stata giudicata dai tribunali corretti, ma analizzare quello che sta avvenendo ADESSO, specie in Libano, parlando ancora di come Sharon ha trattato Sabra e Chatila mi pare una cazzata. Focalizziamoci su quello che succede ora e se la reazione di Israele e' spropositata o meno.

Gli hezbollah sono stati sostenuti attivamente dal govenro libanese, le basi degli hezbollah stanno nel sud del Libano e non sono state mai smantellate. Israele nel 2000 si e' ritirato da li'. Siria e Iran hanno da sempre finanziato gli hezbollah. Le armi si comprano e sono anche costose, affinche' questo scambio avvenga c'e' bisogno di (1) soldi per comprarle (2) qualcuno che te le venda.

A questo punto, vi dico la mia. Israele ha piu' volte reagito in modo spropositato. La Road Map non e' stata rispettata per vari motivi ma sbagliamo a dare completamente il torto a Israele, come dice Tameko, Arafat prima e Hamas poi non hanno mantenuto alcuni dei loro impegni.

Israele e' l'unica democrazia in quel posto. E basta con le cazzate dell'autodeterminazione dei popoli e del fatto che ognuno si sceglie il regime che vuole; e che le dittatature in fondo non sono tanto cattive; e che in fondo si stava bene.

Israele e' una democrazia, si vota, chi governa e' eletto dal popolo, le donne hanno gli stessi diritti degli uomini. Andate a guardare come sono trattate le donne o gli omosessuali in Iran, e poi ne riparliamo.

Una volta ero pacifista, poi mi sono rotto di sentire che la guerra va rifiutata "senza se e senza ma", perche' questo significa fottersene. Se c'e' un'emergenza umanitaria, dove la diplomazia non puo' risolvere, e' giusto che vengano usate le armi, come avvenne a Belgrado. Israele e' circondato da stati che non ammettono l'esistenza e la legittimita'; c'e' chi dice che deve essere cancellato dalla cartina. Come c'e' scritto in qualche intervento fa, magari se fossimo dei palestinesi ci faremmo saltare in aria, se fossimo degli israeliani pero' avremmo altre paure.

Ah, paragonare i palestinesi all'Olocausto non e' una cosa da fare, i motivi li sappiamo tutti.
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Non ho voglia...
Non ho voglia di fare polemica... Non ho voglia di lacerarmi sul forum o dovunque tagliuzzando frasi qui o la. Sono già abbastanza lacerato per conto mio, con un ugual numero di amici in Israele (come qualcuno sul forum sa perchè una volta l'ho scritto, da parte di madre le miei origini sono ebraiche) come in Libano, a Beirut per la precisione (potete immaginare come non riesco oggi a guardare negli occhi il mio collega di lavoro Ahmad, che ha lì, madre, fratelli e nipoti).

Quindi lascio che a parlare per conto mio sia il comunicato dell'unica associazione, sindacato a parte, che possiede la mia tessera, ma soprattutto il mio impegno, quando e dove serve. Il testo è riferito all'Afghanistan, ma le conclusioni sono applicabili anche altrove.

Le guerre umanitarie, gli interventi armati umanitari non esistono. O meglio, esistono, sono un brillante modo di lavarsi la coscienza, mandando altri a morire o rischiare di morire per conto nostro in cambio di un po' di soldi, ma non hanno mai, sottolineo mai risolto nulla da nessuna parte. Guardare all'Afghanistan, alla Somalia, al Kossovo ed ai Balcani per credere.

COMUNICATO
12 luglio '06 - Rifinanziamento della guerra, LEGALITÀ, VALORI E REALISMO DEL NO

In Afganistan è in corso una guerra di aggressione, contraria alla legalità internazionale nell’avvio e nella conduzione. La partecipazione dell’Italia a questa guerra è incompatibile con la Costituzione, è stata decisa per mera subordinazione e viene sostenuta per «non essere esclusi dal governo del mondo».
La guerra include, per definizione, la distruzione di esistenze umane e l’accettazione della soppressione dei propri simili come «mezzo di risoluzione delle controversie».
Questa ci pare una semplice descrizione dello stato di cose: una constatazione, non un’interpretazione.

La «guerra al terrorismo» è una metafora insensata se si traduce in aggressione armata a un paese, mietendo migliaia di vittime civili.
L’idea d’instaurare con le armi democrazia e diritti, in sé contraddittoria, ha esibito nei fatti il suo fallimento.
Anche per chi non la «ripudia», anche per chi la sostiene, la guerra in Afganistan non riesce a enunciare propri obiettivi condivisibili, realistici, raggiungibili.

La politica internazionale va riducendosi a politica militare.
In Iraq, come in Afganistan, come in Palestina, le vie della diplomazia e del dialogo sono abbandonate e sostituite dall’uso della forza.
L’Italia potrebbe realisticamente essere un soggetto attivo di politica internazionale connotato da una volontà incondizionata di pace, da un assoluto rifiuto della guerra.
Confermando la partecipazione alla guerra in Afganistan, il governo Prodi rinuncia a costruire questa identità per sottomettersi e conformarsi a scelte già risultate sterili e devastanti.

La disponibilità alla guerra non è «un» tema accanto ad altri, ma definisce in maniera essenziale e decisiva le formazioni e i soggetti politici.
Il movimento per la pace – e dunque contro la guerra – non ha «governi amici» a priori. Deve in ogni caso sottrarsi a transazioni o “comprensioni”.
Il nostro più netto rifiuto degli orientamenti governativi sull’Afganistan non esprime soltanto coerenza nelle convinzioni. Include una richiesta e una proposta.

EMERGENCY


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17/07/2006 14:10
 
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si' ma in Afghanistan ci stavano i campi di addestramento di Al Qaida (quelli che clinton bombardo' nel 2000). Qualcosa andava fatta O NO?

Oppure lasciamo tutto com'e', e poi ci meravigliamo quando succedono le cose.

Il Libano e la Siria sostengono attivamente gli Hezbollah, qualcosa va fatta O NO?

Otto soldati israeliani sono stati ammazzati in territorio ISRAELIANO dagli hezbollah, e da qui e' partito tutto. Qualcosa va fatta O NO?

Io sono comunista, pero' non mi piace quest'atteggiaemnto, prima si parla tanto di internazionalismo, soliadrieta' tra i popoli; quando non conviene piu' si parla di confini, stati sovrani, etc.
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