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Eutanasia, Divorzio, Stato e Religione: Voi cosa ne pensate?

Ultimo Aggiornamento: 11/10/2006 21:19
26/09/2006 12:27
 
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Re:
Korky ha detto:
"L'eutanasia consente di evitare indescrivibili sofferenze, sia al paziente che ai familiari."

questo non è del tutto vero. Anche le cure palliative possono trattare la sofferenza.

Uno dei cavalli di battaglia dell'eutanasia e questo fatto delle "indescrivibili sofferenze" ripreso anche da studiosi come Ronald Dworkin (R.DWORKIN, Il dominio della vita (cap.VII), Edizioni Comunità, Milano 1994).

Ma è falso. Infatti Dworkin scrive:
“Alcuni di loro stanno già morendo, molti patiscono gravi sofferenze, come Lillian Boyes, una inglese di 70 anni che stava morendo per una terribile forma di artrite reumatoide, così dolorosa che anche i più potenti antidolorifici la lasciavano preda a sofferenze insopportabili”. (pag.247)

Ma il Dott.Zucchi della scuola algologica di Firenze dice:
“Attualmente il medico è in possesso di strumenti, soprattutto farmacologici, con i quali poter tener fronte a qualsiasi forma di dolore” (P.Zucchi, La terapia del dolore. In: Dolentium Hominum n°58 - anno XX – N.1, 2005)

se si vuole appoggiare l'eutanasia bisogna dunque spostarsi su un altro piano.


26/09/2006 12:42
 
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Re: Re:

Scritto da: Copycorner.BS 26/09/2006 12.27

Ma il Dott.Zucchi della scuola algologica di Firenze dice:
“Attualmente il medico è in possesso di strumenti, soprattutto farmacologici, con i quali poter tener fronte a qualsiasi forma di dolore” (P.Zucchi, La terapia del dolore. In: Dolentium Hominum n°58 - anno XX – N.1, 2005)






Personalmente, essere immobilizzato su un letto e con il corpo paralizzato al 95%, anche se fossi sotto effetto del più potente sedativo del mondo, la considerei una forma di sofferenza inaccettabile.

Aggiungiamici il fatto che una terapia perfettamente analgesica (bisognerebbe inoltre vedere per quanto tempo il fisico la tollererebbe) verrebbe sicuramente somministrata al potente barone fiorentino della medicina, ma difficilmente il sottoscritto potrebbe accedere ad essa con altrettanta facilità...

Ovviamente scrivo ciò "senza saper nè leggere nè scrivere di bioetica" [SM=g27823]

Se (per somma sfortuna) dovessi restare bloccato definitivamente su un letto, per favore chiamatemi urgentemente un medico specializzato in eutanasia, una strip-teaser e un buon avvocato.

Ma tenete a km di distanza dal mio capezzale filosofi e preti [SM=g27823]



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26/09/2006 12:52
 
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Re: Re: Re:

Scritto da: admin/moris 26/09/2006 12.42

Personalmente, essere immobilizzato su un letto e con il corpo paralizzato al 95%, anche se fossi sotto effetto del più potente sedativo del mondo, la considerei una forma di sofferenza inaccettabile.





dici benissimo quando dici "personalmente".
ci sono situazioni in cui magari hai motivi per poter restare agganciato anche al più piccolo barlume di vita.
ma, ce ne sono altri in cui potresti voler veramente "spegnere l'interruttore".
il punto è, siamo pronti (come italiani) a gestire un problema grosso come l'eutanasia? abbiamo le capacità per discernere dove è giusto applicarla e dove no? A questo punto, si può anche mettere nero su bianco e fare la legge.

non me ne vogliate, ma rabbrividisco al pensare casi di uso sciagurato di eutanasia. Personalmente mi fa più paura questo lato della medaglia.
26/09/2006 13:06
 
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Re: Re: Re: Re:

Scritto da: =Gizzo= 26/09/2006 12.52

non me ne vogliate, ma rabbrividisco al pensare casi di uso sciagurato di eutanasia. Personalmente mi fa più paura questo lato della medaglia.



sono d'accordo.
infatti il discorso non dovrebbe essere solo eutanasia sì/no, ma anche eutanasia chi?
chi può chiederla? il paziente? la famiglia nel caso in cui il paziente sia impossibilitato (penso ad una persona in stato vegetativo ad esempio).

per il resto, copy, è vero che esistono farmaci che alleviano o eliminano il dolore, ma anche qui è tutto soggettivo, come fa notare moris. paralizzato su un letto sotto costante effetto di morfina o droghe simili per non sentire dolore, è vita?

si obietta che la vita va tutelata ... la scienza, la medicina in questo caso, aiuta ad allungare la vita, contro una natura che spesso sarebbe stata più rapida e forse più crudele, ma allora perchè la scienza non ha avuto lo stesso valore su un altro tema come quello della fecondazione assistita?

io credo che sia un dibattito in cui non si potrà mai giungere ad una soluzione univoca, dal punto di vista etico, qua dentro come in tutte le altre sedi.
e allora spostiamoci sulla questione giurisdizionale: è giusto dare la possibilità di scelta al paziente e ai parenti?
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26/09/2006 13:22
 
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Scritto da: gior77 26/09/2006 13.06

io credo che sia un dibattito in cui non si potrà mai giungere ad una soluzione univoca, dal punto di vista etico, qua dentro come in tutte le altre sedi.
e allora spostiamoci sulla questione giurisdizionale: è giusto dare la possibilità di scelta al paziente e ai parenti?



mio umilissimo pareri al tuo quesito. i parenti non devono scegliere. Già è difficile dare voce al paziente... ma i parenti devono starne fuori. Diverso il caso di un testamento biologico, in cui è il soggetto che esprime le sue volontà.
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26/09/2006 13:51
 
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Re:

Scritto da: =Gizzo= 26/09/2006 13.22


mio umilissimo pareri al tuo quesito. i parenti non devono scegliere. Già è difficile dare voce al paziente... ma i parenti devono starne fuori. Diverso il caso di un testamento biologico, in cui è il soggetto che esprime le sue volontà.



Anch'io la vedo così, si possono prevedere norme particolari per casi limite, ma in generale non dovrebbero essere i parenti a poter scegliere, ma l'individuo.
Inoltre, dico una banalità, in caso di eredità i parenti potrebbero trovarsi in conflitto d'interesse.

P.S. Cosa si intende esattamente per "testamento biologico"? Non ho le idee molto chiare su questo punto, mi viene in mente la tesserina SI'/NO di Rosy Bindi sulla donazione degli organi...
26/09/2006 14:47
 
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Premetto che non sto ponendomi a favore o a sfavore dell'eutanasia.
Cerco solo di riportarvi alcune cose che ho studiato e che penso siano utili nel discorso.
Tanto, prima o poi, la Domanda, quella che sta sotto a tutto, verrà fuori :)

Se volete individuare una tendenziosità nei miei interventi - beh - eccola: voglio che quella Domanda salti fuori e si lasci perdere tutte le fregnacce da TG5 e Studio Aperto che ci vengono propinate.

Dunque Admin:
"Personalmente, essere immobilizzato su un letto e con il corpo paralizzato al 95%, anche se fossi sotto effetto del più potente sedativo del mondo, la considerei una forma di sofferenza inaccettabile."

Sono perfettamente d'accordo. C'è gente che la sopporterebbe e gente che non lo farebbe.
Converrai dunque che la domanda è: "perché impedire ad una persona di scegliere la soluzione che più ne rispetta le volontà?"

Scrive sempre Admin
"Aggiungiamoci il fatto che una terapia perfettamente analgesica (bisognerebbe inoltre vedere per quanto tempo il fisico la tollererebbe)"
Il fisico non la tollererebbe per molto e lo porterebbe alla morte più velocemente che in assenza di terapia.
Qui si applica il principio del duplice effetto, che anche la Chiesa approva.

Nella terapia antalgica vengono utilizzate dosi elevate di farmaci oppioidi che tendono ad accelerare la morte del paziente.
Soluzione: “[…] principio del dublice effetto in base al quale conseguenze che apparirebbero moralmente non accettabili potranno considerarsi lecite […] ogni qual volta […] figurino non essere state valutate per se stesse”.

E’ eutanasia? No. E’ accompagnamento alla morte che è diverso anche dal letting die ed è permesso anche dalla Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede (cfr. Declaration on Euthanasia, Vatican City, 1980).

Il principio del duplice effetto, poi, si rifà a quello della proporzionalità delle cure. Anche questo è un "cavallo di battaglia" di chi è contro l'eutanasia (e non sono solo i cattolici).
“La rinuncia a mezzi straordinari o sproporzionati non equivale al suicidio o all’eutanasia; esprime piuttosto l’accettazione della condizione umana di fronte alla morte” (65)
GIOVANNI PAOLO II, Evangelium Vitae

e ancora:
“L’obbligo di salvare la vita fisica è una norma generale che è valida nella maggior parte dei casi, ma conosce delle eccezioni. Questo obbligo decade nel caso in cui salvare la vita esiga un impegno sproporzionato”
W.J.EIJK, Il trattamento proporzionato e sproporzionato, l’accanimento terapeutico e la cura palliativa. In Dolentium Hominum n°58 - anno XX – N.1, 2005


Sempre Admin scrive:
"verrebbe sicuramente somministrata al potente barone fiorentino della medicina, ma difficilmente il sottoscritto potrebbe accedere ad essa con altrettanta facilità..."

Non è così. Spiacente ma le cure palliative e i relativi trattamenti sono accessibili a tutti attraverso il nostro contestatissimo Servizio Sanitario Nazionale.
Ho passato molto tempo presso l'U.O. di Cure Palliative di un ospedale privato convenzionato a cui ricchi e poveri hanno tranquillamente accesso secondo il principio di equità e distribuzione delle risorse.
Essendo poi un campo nuovo, le sovvenzioni europee e nazionali sono molte, il che permette un servizio di ottima qualità.

E' vero anche ciò che scrive Gior:
"per il resto, copy, è vero che esistono farmaci che alleviano o eliminano il dolore, ma anche qui è tutto soggettivo, come fa notare moris. paralizzato su un letto sotto costante effetto di morfina o droghe simili per non sentire dolore, è vita?"

No, infatti, molti converrebbero che non lo è. Giustamente sia tu che Moris dite: è vita a seconda del giudizio del paziente.
Queste vostre affermazioni si avvicinano alla famosa Domanda.

Secondo me invece confondi un pò quando affermi questo:
"e allora spostiamoci sulla questione giurisdizionale: è giusto dare la possibilità di scelta al paziente e ai parenti?"
Dietro al diritto c'è sempre un discorso filosofico. Spiacente ma è così. Ma alla fine lo sai e non vuoi ammetterlo, perché la domanda che fai ha più il sapore di una domanda filosofica che giuridica, la quale sarebbe potuta essere "l'ordinamento permette al paziente di scegliere la morte?". Gior, ostrega, sei un filosofo! Sei uno di noi! Ma l'avevo già capito dal vino...

Gizzo:
" mio umilissimo pareri al tuo quesito. i parenti non devono scegliere."
Non è un parere, a parte casi di delega o di tutela, i parenti non hanno voce in capitolo. Non so essere preciso qui. Non ricordo il riferimento. Forse Fergus ne sa qualcosa.


Murphy:
"Cosa si intende esattamente per "testamento biologico"?"
(O anche Dichiarazioni Anticipate). Si, un esempio è la tesserina Si/No, ma tu stesso puoi produrre un documento in cui rifiuti determianati trattamenti o fai certe scelte che, se conformi alla legge, devono essere rispettate. Puoi anche delegare qualcuno, in caso di tua perdita di coscienza, a decidere per te.


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26/09/2006 14:52
 
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Re:

Scritto da: Copycorner.BS 26/09/2006 14.47

Dunque Admin:




[SM=x145484]

uè, Copy, cerchi rogne? [SM=x145449]

R [SM=g27828]
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www.lesenfantsterribles.org Distretto Nord: note dall'Irlanda di Sopra

I have dedicated my life to a cause and because of that I am prepared to die - M. P.

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Sei solo chiacchiere e distintivo, chiacchiere e distintivo! - Al Capone
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Re: Re:

Scritto da: jay.ren 26/09/2006 14.52


[SM=x145484]

uè, Copy, cerchi rogne? [SM=x145449]

R [SM=g27828]



Ah! Non sia mai!
chiedo scusa... Errata corrige: sostituite "Admin" con "Babbo"
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Re:

Scritto da: Copycorner.BS 26/09/2006 14.47

Tanto, prima o poi, la Domanda, quella che sta sotto a tutto, verrà fuori :)




Scusa, Copy, ma saltare tanti preamboli, interessanti per carità, ed arrivare direttamente alla Domanda?

Dai diccela, non farci stare sulla graticola [SM=x145488]

R
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26/09/2006 15:16
 
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La domanda? Qual è il senso della vita.
La risposta? 42.

[SM=g27828]
26/09/2006 15:20
 
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Appunto, Copy, hai parlato di palliativi. Non di risoluzioni.
L'eutanasia è una scelta, appunto. Voglio essere libera di scegliere la risoluzione che preferisco. Non voglio palliativi, perché non risolvono il problema. E quando un malato terminale sceglie di accelerare la morte è perché i palliativi non bastano più a dare una sembianza di qualità a ciò che rimane della sua vita.

E, come dice il buon Moris, questa scelta voglio farla senza filosofi e preti attorno [SM=x145518]

26/09/2006 15:26
 
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Re:

Scritto da: Corcaigh 26/09/2006 15.20
Appunto, Copy, hai parlato di palliativi. Non di risoluzioni.
L'eutanasia è una scelta, appunto. Voglio essere libera di scegliere la risoluzione che preferisco. Non voglio palliativi, perché non risolvono il problema. E quando un malato terminale sceglie di accelerare la morte è perché i palliativi non bastano più a dare una sembianza di qualità a ciò che rimane della sua vita.

E, come dice il buon Moris, questa scelta voglio farla senza filosofi e preti attorno [SM=x145518]




Bene. Dunque, autodeterminazione?

qui ci sono alcune risposte -> When self-determination runs amok
Critica di DANIEL CALLAHAN, 1992

dice alcune cose interessanti, tipo:
Eutanasia: non è questione di autodeterminazione
“L’autodeterminazione in questo caso può solo essere attuata tramite l’assistenza fisica e morale di un altro. L’eutanasia non è dunque un fatto solo di autodeterminazione, ma di una mutua, sociale decisione tra due persone, chi viene ammazzato e chi ammazza”

L’autodeterminazione è inalienabile: esempio della schiavitù
“La schiavitù è stata da tempo posta fuori legge perché nessuno può avere il diritto di possedere qualcuno anche se col suo permesso. Perché è moralmente sbagliato consegnare il proprio destino e la propria vita nelle mani di un altro, quantunque buone siano le conseguenze, e non meno sbagliato per un individuo avere quel tipo di potere totale”

Nella pratica eutanasica i medici travalicano il loro ruolo e diventano agenti morali
“ Se i dottori, una volta deciso di portare avanti l’eutanasia, divengono agenti morali […] dunque dovranno basarsi sulla loro morale indipendente per uccidere chi lo richiede. […] Il medico dovrebbe decidere, per conto suo, se la vita del paziente ‘non vale la pena di essere vissuta’”.
26/09/2006 15:31
 
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Guarda che non mi contraddici per nulla. Ho detto, ripetuto e ripeto che l'ultima decisione spetta al malato. Il dottore che esegue l'eutanasia è un'agente non dimentichiamocelo mai, e non ha potere decisionale.
L'autoderterminazione è sacra, inviolabile. Assieme a quella che qui chiamano self-advocacy. che non ho mai capito come tradurre letteralmente. in pratica è il diritto all'affermazione di ciò che si è e di ciò che si vuole fare di se stessi.
Ne hanno diritto i disabili.
Ne hanno diritto i malati di mente.
Ne hanno diritto i malati terminali.

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26/09/2006 15:41
 
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OT

Scritto da: Copycorner.BS 26/09/2006 15.26
L’autodeterminazione è inalienabile: esempio della schiavitù
“La schiavitù è stata da tempo posta fuori legge perché nessuno può avere il diritto di possedere qualcuno anche se col suo permesso. Perché è moralmente sbagliato consegnare il proprio destino e la propria vita nelle mani di un altro, quantunque buone siano le conseguenze, e non meno sbagliato per un individuo avere quel tipo di potere totale



[SM=x145460]
Minchia... conoscete un avvocato bravo? ma bravo bravo...
devo citare in giudizio dio. [SM=x145445]

scusate... non lo faccio piu'. [SM=x145486]

Saluti querelanti
Mirko
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26/09/2006 15:47
 
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torno serio...
La questione e' spinosa.
Molto spinosa.

E' ovvio che la scelta deve essere del soggetto che "subira'" l'eutanasia ma cosa dire di quei soggetti che non hanno l'opportunita' di decidere?

Il testamento biologico ha valore nel caso sia compilato da una persona minorenne?

Mettiamo il caso di un minorenne che si trova nella condizione di malattia inguaribile.

Mettiamo il caso di una persona che entra in coma a 3 anni e non si risveglia piu'...

che casino...
26/09/2006 16:05
 
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Re: torno serio...

Scritto da: mirko e i furetti 26/09/2006 15.47
Mettiamo il caso di una persona che entra in coma a 3 anni e non si risveglia piu'...




In questo caso (coma irreversibile) in molti paesi i familiari più vicini hanno già il diritto di decidere se staccare la spina...
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26/09/2006 16:47
 
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Egoisticamente mi interessa il diritto a decidere in qualsiasi momento quando porre termine alla mia esistenza senza che nessuno venga incriminato per una mia decisione.
Non sono cattolica ne' parteggio per altre concorrenze e se sbaglio rimane comunque un affare tra me e il padre eterno o chi per lui.

Certo che (e fare una legislazione a riguardo deve necessariamente tenerne conto) non sempre è possibile che il malato sia in grado di decidere, per età o per coscienza (chi non si è mai posto il problema e quando è il momento non può più esprimere la propria volontà, indipendentemente dal motivo?)
Questo non significa però che un primo passo possa essere fatto, e sinceramente il testamento biologico può essere quanto meno un primo passo utile. Sensibilizzare ponendo prima il problema non è la soluzione ma potrebbe aiutare. Molte persone hanno un atteggiamento nei confronti della morte che mi sembra abbastanza infantile (tipo quelli che si toccano e fanno bbbrrrr.....non ne parliamo cambiamo argomento), invece è una realtà di fatto che andrebbe vissuta in maniera civile (nel senso appunto del dovere civico).
Per la cronaca da anni i miei e le persone più care sanno che nel caso succedesse vorrei che staccassero la spina il più velocemente possibile e in maniera tale da consentire qualora fosse possibile la donazione di tutti gli organi.

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26/09/2006 17:55
 
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Osservazioni logiche sull'eutanasia
Sono a favore del diritto all’eutnasia, perche’ ritengo che ciascuno debba poter decidere della propria vita e della propria morte in totale liberta’.
L’obiezione la vita e’ un dono di Dio e’ doppiamente priva di senso.

1) La vita e’ un dono di Dio non significa nulla a un agnostico o un ateo malato terminale. Soprattutto quest’ultimo sara’ nel pieno diritto di replicare che, giacche’ non esiste alcun Dio, la propria vita non e’ dono di nessuno ma risultato di un atto sessuale compiuto x anni prima dai suoi genitori, punto.
A meno che non si voglia costringere questa persona per legge a credere in Dio, tale punto di vista e’ perfettamente legittimo.
Sempre che, come succede nei paesi illiberali come l’Italia, non si vogliano estendere a tutti norme morali derivate da un credo religioso, con la scusa che sono volute da una maggioranza, limitando la liberta’ di chi in tale religione non si riconosce.

2) L’affermazione la vita e’ un dono di Dio non puo’ essere un impedimento nemmeno per un cattolico. Se io dono qualcosa a qualcuno, questo qualcosa cambia di proprietario. Se io dono una camicia a Mario Rossi, un attimo dopo il dono la camicia E’ di Mario Rossi e non piu’ di Tameko. Mario Rossi puo’ quindi fare cio’ che vuole di quella che e’ ora la SUA camicia, compreso bruciarla, buttarla nell’immondizia o darla a un nudista. Se non puo’ allora la camicia non e’ sua, quindi il mio non e’ un dono.
In ogni modo, non possiamo stabilire per legge l’esistenza di Dio, ne’ tantomeno prevedere le sue scelte. Se Dio c’e’, spettera’ a lui e solo a lui decidere come trattare il suicida che ha posto fine alla propria vita per via di un dolore insopportabile. A chi protesta si dovrebbe replicare: “Sei cosi’ arrogante da volerti sostiuire al giudizio del Dio in cui dici di credere?”.
Oltretutto, negare l’eutanasia si configura come negazione del libero arbitrio, quindi il cattolico che nega l’eutanasia contraddice e svilisce la sua stessa fede e nega che Dio ci abbia creato e lasciato liberi.

Negare il diritto all’eutanasia significa accettare il principio che noi non siamo proprietari del nostro corpo. Se non lo siamo noi chi lo e’? Dio??? E allora bastano le due osservazioni di prima a rispondere. Lo Stato? Uno Stato che disponga della nostra vita e morte e’ uno Stato pericoloso e autoritario, e se si accetta questo principio allora perche’ lo Stato non dovrebbe imporci di mangiare in un certo modo o di vestirci in un altro?
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26/09/2006 18:26
 
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Premetto che su ciò che hai scritto mi trovi d'accordo.
Soprattutto sul fatto che ognuno possa avere la libertà di disporre della propria vita nel momento in cui non danneggia altri...ovvero, se un cattolico ritiene che la malattia e il dolore vanno accettati in quanto "prova" di Dio, o parte della vita stessa, o percorso, o quant'altro, liberissimo e massimo rispetto. Al tempo stesso se io non credo voglio poter essere libera di decidere e soprattutto di non gravare penalmente su chi mi coadiuverebbe nel caso in cui decidessi di porre fine alla mia esistenza.

Credo però che l'obiezione al "dono" possa essere abbastanza semplice: Dio ha dato all'uomo il libero arbitrio, pertanto l'uomo può scegliere di rifiutare il dono.
Quindi rifiutando il dono della vita e disponendone come gli aggrada si aliena la grazia di Dio (o almeno così mi dicevano al catechismo). Che poi è la base del "peccato" in generale (disobbedire/sostituirsi a Dio).
Ovvero: Tameko regala a Mario Rossi una camicia, Mario Rossi la scarta, la guarda e glielà ridà dicendo che non gli piace. Tameko si dispiace e avrà difficoltà a pensare a Mario Rossi con la stessa amicizia di prima.
Personalmente ammetto di non aver mai capito bene questa cosa (Dio appare più come un umano permaloso che come un'entità benevola) che mi è sempre sembrata più simile ad un ricatto morale che ad altro....
Sicuramente verrò cazziata pesantemente e corretta ma mica è colpa mia, può darsi che i miei insegnanti di catechismo avessero bigiato alcune lezioni o semplicemente l'aver perso la fede mi ha fatto scordare qualche passaggio.... [SM=g27828]

Concludendo: la libertà sta nel poter scegliere, secondo i propri principi.

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premetto che sulla questione che la religione non debba influenzare le leggi di uno stato laico sono più che d'accordo con voi, ma sulla questione del dono di dio a me l'avevano spiegata un po' diversa. Secondo un cristiano la vita non è un dono paragonabile al regalo di un oggetto materiale, perchè dio ti dà la vita e quando secondo lui è giunto il momento te la toglie. Dio concede anche il libero arbitrio, quindi la possibilità di fare delle scelte, ma impone anche delle regole, e tra queste non uccidere, nemmeno te stesso. Non so se mi spiego bene, ma in un certo senso la vita non è tua, appartiene comunque a dio che "te la dà in affitto" (che schifo di esempio, non mi viene in mente altro)... non so se è l'interpretazione giusta, io l'avevo intesa così..
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Re:

Scritto da: rosy71 26/09/2006 18.26
Concludendo: la libertà sta nel poter scegliere, secondo i propri principi.



Concordo!
Premesso per chiarezza che sono decisamente ateo, per me il problema principale, come viene detto da più voci sia laiche che confessionali, e quello del nostro rapporto con la morte (via le mani da dove le avete messe [SM=g27828] ).
La società capitalistico/consumistica, che ha bisogno di consumatori ottimisti e motivati a spendere, cerca in tutti i modi di nascondere o annullare l’esistenza di questa che è una delle tappe fondamentali, l’ultima, della nostra vita, lasciando la gestione di questo evento (eufemismo!) ad operatori specializzati (ed anche qui con forti connotazioni speculative).
La società precedente (cioè i 5/6 mila anni che hanno preceduto il novecento, per quanto ci riguarda) viveva invece in pieno nei grandi ritmi della natura e dell’esistenza, essendo ben cosciente della sua ineluttabilità, e preparava quindi i suoi componenti alla dipartita fin dalla nascita, come una cosa connaturata nell’esistenza stessa e facente parte dell’ordine naturale delle cose.
Certo, essendo la coscienza del sé l’unica e sola cosa reale che ci è dato di sperimentare, la paura della mancanza di questa coscienza (il nulla?) dopo la morte è stata in vari modo esorcizzata, creando sovrastrutture quali la magia e la religione (che non sono poi così diverse tra di loro, checché ne dica la chiesa), e che, secondo le caratteristiche di ciascuna popolazione, aiutava ed aiuta psicologicamente ad accettare questo fatto.
Chiarito questo, ritengo che ciascuno, in piena libertà e secondo le proprie convinzioni, deve prepararsi alla dipartita (altro eufemismo!) quando è in piena salute e coscienza, ed in quest’ottica l’unica possibile soluzione è quella del testamento biologico,
Voglio decidere io come morire in piena dignità, e decidere quello che deve succedere al mio corpo dopo la mia morte come, nei limiti del possibile, ho scelto quello che faccio in vita.
Non i medici, non i filosofi, non i preti, non i parenti e soprattutto non i politici.
Per questo, per esempio, mi sono iscritto alla società per la cremazione ed ho disposto che le mie ceneri vengano disperse in mare.

Quindi ben venga la possibilità, se voglio, di poter usare l’eutanasia per vivere degnamente e tranquillamente l’ultimo passaggio (ancora eufemismo!).
26/09/2006 21:13
 
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Ben detto Clyve [SM=g27811] ... anch'io stavo per scrivere le stesse cose sulla commercializzazione e negazione della morte nella società moderna. ci sentiamo tutti immortali, e poi non sappiamo neppure invecchiare con decenza, non accettando che le cellule del nostro corpo smettono di rinnovarsi ed ad un certo punto la morte è inevitabile.
Invece di promuovere l'immortalità della mente, si preferisce promuovere i lifting e la chirurgia al seno [SM=g27813]
Nelle società tribali la morte era un rito esattamente della stessa valenza di una nascita: il ciclo si concludeva, la perfezione era raggiunta (riti analoghi tutt'ora persistono tra gli indios amazzonici e gli aborigeni australiani).

L'eutanasia rientra in questa visione della morte: morire con dignità equivare ad aver vissuto con dignità, la stessa dignità che oggi viene negata anche a persone ancora in vita... [SM=g27813]

26/09/2006 21:30
 
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non entro nel merito vero e proprio della discussione, ma vorrei farvi una domanda... si parla molto di "morire con dignita'" : morire soffrendo e' forse meno dignitoso?
Mettiamo il caso che l'eutanasia fosse legale. Se una persona, ad esempio un malato terminale, decidesse di non volerla, perderebbe la propria dignita'? E se invece la scelta coraggiosa fosse proprio questa? in fondo l'eutanasia potrebbe anche essere vista come un atto di non-coraggio, una sorta di fuga...

nessun intento polemico. cerco solo di capire.
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26/09/2006 21:32
 
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Sull'eutanasia non sono in grado di discutere serenamente, perche' riguarda la MORTE e il modo in cui ci rapportiamo ad essa, la nostra morte (che e' un concetto astratto finche' non capiamo che e' arrivata davvero) e la morte degli altri.
Ho avuto in casa un malato terminale e come molti alla fine aspettavo che morisse, non ero piu' in grado di prestargli conforto neppure morale. Ancora adesso sento rimorso per certe cose che ho detto a mia nonna.

Pero' ho fatto alcune considerazioni:

1) Se passiamo il concetto per cui si ha diritto di disporre liberamente della propria vita la conseguenza e' che chiunque potrebbe chiedere di morire senza dolore indipendentemente dal suo stato di salute e/o mentale (a meno che questo non scada nella pazzia). Ci sono certamente casi di persone in grado di intendere e di volere e sane che decidono di porre termine alla loro vita. Certo i medici, gli psicologi e i "bioetici" potrebbero non essere d'accordo, ma la vita la deve vivere la persona che ha scelto di morire. Il giorno in cui qualcuno dicesse "ma chi siete voi per decidere per me che e' meglio che riceva cure psicologiche piuttosto che suicidarmi? Ormai per me la vita e' una umiliazione continua e non ho voglia di rimettermi in gioco" non vedo cosa gli si potrebbe rispondere.

2) Tornando al discorso di Mirko in effetti si rischierebbe di diminuire il valore della vita per i morituri. Una volta che fosse passato il discorso per cui il malato puo' scegliere di morire potrebbe sentirsi obbligato a farlo (potrebbe sentire di essere solo un peso per i famigliari, in alcuni casi potrebbero essere i famigliari a farcelo sentire). Se avessi voce in capitolo nell'eutanasia di un mio familiare con cui convivo non potrei mai essere matematicamente certo di non essere spinto anche dal mio interesse. Puo' sembrare paradossale ma ci sono delle correnti di pensiero per cui in effetti quando si e' esaurita l'utilita' per la societa' si potrebbe pure levare il disturbo (vagamente nazistoide).

3) L'eutanasia a livello personale mi sembra una specie di sfida al fato per dimostrargli che siamo in grado di decidere la nostra vita, del tipo "non sei tu che mi uccidi sono io che decido di morire". Ma non credo che sia questa la realta', quando tutti noi possiamo morire in qualsiasi momento, che ci piaccia o no.

[Modificato da Juza1973 26/09/2006 21.36]

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