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Ken Loach

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La Stampa
«Non sono anti-inglese, denuncio le violenze»
19/5/2006
di Fulvia Caprara

CANNES. Ritorno alla realtà, al passato che lascia impronte nel presente, alla storia che si ripete, tra errori drammatici e cieca violenza, come se i morti, i sacrifici, il dolore, non riuscissero a insegnare mai nulla. Con Ken Loach, dopo i misteri del «Codice Da Vinci», il Festival rimette i piedi per terra. Ricostruire oggi l’epopea dei repubblicani irlandesi in lotta contro gli inglesi per raggiungere l’indipendenza, non è, secondo l’autore, una scelta anacronistica. Neanche adesso che l’Ira ha ufficialmente dichiarato la fine della lotta armata: «È sempre il momento giusto per raccontare la vicenda dell’Irlanda degli Anni ‘20. Non solo perché è tragica e terribile e fa parte della storia inglese, ma anche perché i danni dell’imperialismo continuano a ripetersi tuttora».

Voce esile, convinzioni granitiche esposte con timida grazia, Ken Loach, il maestro inglese del cinema d’impegno non può sottrarsi all’inevitabile domanda sul conflitto in Iraq: «Ho ripetuto più volte che quella è una guerra completamente illegale, portata avanti contro il volere dell’Onu, basata su menzogne. Nonostante tutto questo continuiamo ad assistere ogni giorno alla distruzione di case, di famiglie». Per il momento «The Wind that Shakes the Barley» non ha una distribuzione americana, così Loach, giocando sul significato della sigla Ira (Irish Republican Army), si concede una battuta: «Potremmo facilitare le cose facendo sapere a Bush che si tratta di una bella storia sui repubblicani».

In Gran Bretagna, fa notare il regista, la questione dell’indipendentismo irlandese e della durissima repressione inglese, è un po’ dimenticata, quasi come se si volesse evitare di fare autocritica. «Proprio Gordon Brown - sottolinea lo sceneggiatore del film Paul Laverty - ha dichiarato nello scorso gennaio che l’Inghilterra è stufa di scusarsi per l’occupazione dell’Irlanda». Eppure questo, precisa Loach, non è un film anti-inglese: «Credo che la realtà vada osservata in modo orizzontale, superando i confini nazionali, tenendo presente che le persone sono accomunate soprattutto dalla loro posizione sociale e non dalla bandiera del Paese cui appartengono».

I guasti dell’imperialismo, fa notare Paul Laverty, «sono puntualmente gli stessi e riguardano, in modo simile, diverse epoche e diversi Paesi del mondo, dalla Spagna del 1500 fino all’America contemporanea. L’idea di civilizzazione che viene proposta è sempre molto bizzarra, basta guardare Guantanamo». Così in Irlanda, come altrove, è ancora importante far rivivere i fatti del passato. Anche per questo Loach ha voluto che il film fosse interpretato da attori irlandesi, in grado di recitare con l’accento del loro Paese, ma soprattutto di portare nei ruoli frammenti della propria esperienza personale. L’unico nome noto del cast è Cillian Murphy, super-cattivo nell’ultimo «Batman» e anche in «Red Eye»: «Ho saputo che Loach cercava attori con l’accento di Cork, prima di essere scelto ho dovuto fare sei audizioni, Loach è un autore molto esigente. Per me ha significato molto partecipare al film, ho ripensato ai miei parenti, al nostro passato, è stato importante rievocare quell’epoca».
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"Last night I nearly died,
But I woke up just in time".
Duke Special
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