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Scuola Islamica di Via Quaranta

Ultimo Aggiornamento: 05/10/2005 09:42
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Prosegue lo scontro tra le famiglie musulmane e le istituzioni
Scuola islamica, lezione sui marciapiedi

Presidio in via Quaranta, davanti alle aule chiuse. I genitori: verremo qui ogni giorno, finchè il problema non sarà risolto
Prima lezione in arabo sui marciapiedi di via Quaranta, a Milano, per una trentina di bambini, sotto gli occhi soddisfatti dei genitori. Davanti alla sede della scuola islamica di Milano, al centro di recenti, aspre polemiche e ora chiusa, era questa la scena che si presentava questa mattina, in un clima di festa e di protesta insieme.
La manifestazione è stata decisa dopo l'incontro di domenica con il direttore scolastico regionale e il rifiuto delle 211 famiglie che mandavano i figli alla scuola islamica chiusa dal Comune di iscrivere i bambini alla scuola statale. «Verremo qui ogni giorno fino a che questo problema non sarà risolto», ha detto l'insegnante di arabo della scuola di via Quaranta Said Mahfuz. «Non possiamo lasciare 500 ragazzi e bambini senza scuola. I genitori in questo momento provano una rabbia intensa - ha spiegato Mahfuz -. Molti stanno pensando di mandare i figli in Egitto, ma non è una scelta facile». «Mi dispiacerebbe - ha detto uno dei genitori presenti - perchè l'Italia mi ha dato tanto: la casa e il lavoro. Però non voglio far crescere mio figlio senza identità. Se conoscono due lingue e due culture è un vantaggio per loro. Noi vogliamo che i nostri figli si integrino». Un altro genitore, Qamusi, tunisino, è sposato con un'italiana. Sua figlia l'ha mandata alla scuola pubblica perché, dice, «non voglio lasciarla a casa». Ma intanto viene anche lui qui a protestare.
Genitori e bambini si sono riuniti davanti alla scuola chiusa lo scorso 6 settembre per inagibilità, per rivendicare il diritto a un'istruzione che tenga conto delle proprie radici. «Voglio imparare l'arabo - dice uno dei bambini - per quando vado in Egitto e l'italiano per quando sono qui». «Se mio figlio non può studiare l'arabo ma soltanto l'italiano - dice il genitore del bambino - allora preferisco mandarlo in Egitto». Il maestro di arabo, Said Mahfuz, è egiziano e parla solo in arabo: «così come ci sono in Egitto delle scuole italiane, francesi e così via, allo stesso modo in Italia dovrebbero esserci scuole arabe. Questa di via Quaranta erano due scuole in una: sia araba che italiana».
I genitori degli alunni egiziani, riuniti in drappelli, dicono no alla scuola statale e ne chiedono una paritaria. E poiché per istituire una scuola paritaria ci vorrà almeno una anno, chiedono nel frattempo la riapertura della scuola chiusa o, al suo posto, una nuova sede adeguata. Abu Imad, l'imam della moschea di viale Jenner, ha mostrato una posizione più moderata rispetto a madri e pardi egiziani e ha spiegato di accettare la soluzione di una scuola statale purché il programma sia rivisitato. «Chiediamo - ha detto l'imam - che all'interno della scuola italiana durante le ore di lezione previste, ci sia un programma arabo-egiziano completo». Secondo l'imam il 15% delle ore dedicate alla cultura e alla lingua araba «è insufficiente
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.....ORIANA VIVE........

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