ecco un paio di opinioni interessanti di Pietro Manzini (Professore di Diritto internazionale presso la Facoltà di Scienze Politiche di Bologna,Visiting scholar nell’Università di California a Berkeley).
Per loro stessa ammissione, gli irlandesi hanno votato no al Trattato di Lisbona perché non ne capivano il contenuto.
Il problema è aver sottoposto a referendum una tale materia. Tradendo così la logica e lo spirito della moderna democrazia parlamentare. Ora una soluzione potrebbe essere l'entrata in vigore del Trattato senza l'Irlanda. Che dovrebbe uscire da tutto il sistema dell'Unione.
La prova di un rifiuto espresso nella sostanziale ignoranza dell’oggetto del problema sta nel fatto che una parte degli elettori irlandesi ha affermato di essere contrario al Trattato di Lisbona perché “non democratico”.
È vero esattamente il contrario. Per esempio, mentre oggi diversi atti di portata legislativa possono essere adottati dal Consiglio, composto dagli esecutivi nazionali, anche contro la volontà del Parlamento europeo, il Trattato estende alla quasi totalità delle decisioni la procedura di codecisione, che consente al Parlamento di bloccare definitivamente l’adozione di un atto. Mentre oggi la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea non è giuridicamente vincolante, il Trattato di Lisbona le riconosce tale status. Mentre oggi la stabilità della presidenza della Commissione (cinque anni rinnovabili) garantisce a tale organo amministrativo una decisiva influenza anche nelle scelte politiche, il Trattato di Lisbona prevede, in luogo dell’attuale rotazione semestrale, una presidenza stabile del Consiglio europeo (due anni e mezzo rinnovabili), capace di fare da effettivo pendant politico-istituzionale alla Commissione. Insomma, paradossalmente,
il rifiuto motivato sulla mancanza di democrazia in Europa mantiene uno status quo meno democratico dell’assetto previsto dal Trattato di Lisbona.
Dopo il no irlandese, quali sono i possibili sviluppi?
Perché possa entrare in vigore, al Trattato di Lisbona devono aderire tutti i 27 Stati membri. Apparentemente, dunque, i casi sono tre: 1) il Trattato non entra in vigore e si mantengono le attuali regole, 2) il Trattato non entra in vigore e se ne elabora un altro 3) ci si adopera affinché l’Irlanda cambi idea e il Trattato entri in vigore.
Vi è forse una quarta soluzione: l’entrata in vigore del Trattato senza l’Irlanda.
Vorrei però aggiungere una postilla tecnica: contemporaneamente all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona
si avviino i negoziati per l’uscita dell’Irlanda (e di chi altri non ci sta) da tutto il sistema dell’Unione europea. Forse la prospettiva di rinunciare a tutti i diritti e i vantaggi che l’Europa ora silenziosamente e costantemente garantisce renderà, come per magia, comprensibile anche l’ostico linguaggio europeo. Soprattutto, renderà gli eventuali ulteriori quesiti referendari più realistici e onesti.
Irlanda fuori dall'Europa? sai che ridere...