Posso anche capire quello che dice Lough, ma credo che ci sia un grosso errore alla base, ovvero che di fatto questo ragionamento ti si può ritorcere tranquillamente contro. Noi saremo estranei a qualcun altro, appariremo “stronzi” a qualcun altro, ed è pur vero che non si può rimanere simpatici a tutti, ma il rischio è quello che a sua volta qualcun altro non ci “tolleri”. Cercare di capire, di comprendere non significa giustificare, quanto avere la giusta misura di un contesto, di una situazione; e posso garantire che spesso si rivela utile ed indispensabile, visto che per es. con i ragazzini problematici ci ho lavorato per dieci anni, e che questo è l’unico modo per intervenire affinché il loro essere “sgradevoli” da piccoli non diventi essere squilibrati o delinquenti da adulti. Per assurdo giustifico molto meno un amico, e do’ molto meno volentieri una seconda occasione ad una persona che mi è cara e che in qualche modo mi ha tradito.
Credo che Marta abbia parlato anche per me, per tutto il resto. Una guerra si quantifica in soldati e civili morti, ovvero in persone che non torneranno più a casa, che non avranno una seconda possibilità. Letteralmente (e tristemente) una croce sopra senza pensarci due volte. Ma ci sono comunque delle responsabilità che vanno oltre l'atto pratico (ovvero chi ha sparato) e che si sintetizzano in "chi ce l'ha mandato". Volontario? Se non si crea l'opportunità di essere volontari non si pone il problema. E per ora mi fermo qui.
Ro'
- all songs are living ghosts and long for a living voice - B.K.