ecco uno splendido articolo apparso su
MetroItaly di oggi scritto da Alberto Infelise:
«MO je’o faccio… No, nun
je’o faccio… O faccio! Ma de
che? Nun je’o faccio…
Morté, so’ partito… je tiro
‘na crocca! GOOOOO!!!!!!!».
Pochi secondi, lo sguardo
impenetrabile dell’uomo
del destino. Lui lo sa: stiamo
aspettando il cucchiaio e
stiamo pregando che non lo
faccia. Francesco Totti parte
tranquillo per mettere una
pezza su una partita disgraziata.
Più che metterci una
pezza, je rifila ‘na pizza,
una legnata assassina senza
possibilità di replica. Noi
avanti, loro agli antipodi.
Che quel rigore ci fosse o
meno, poco importa. Qui si
faceva l’Italia, o si moriva.
E stavamo morendo di confusione,
di sbagli davanti
alla porta, di stramberie tecniche,
di supponenza:
insomma, stavamo morendo
di italianità. E di italianità
siamo risorti,
riprendendoci il giusto,
grattandolo via con le
unghie, quando tutto sembrava
perso (compreso l’onore).
E invece Grosso fa l’unica
cosa buona della partita,
va a svenire dentro l’area
su un difensore nemico. A
quel punto, tutto il mondo
lo sa, tocca a Francesco. Lui
ci ha pensato se farglielo il
cucchiaio, è certo. Poi non
ha voluto rischiare che il
piccolo Cristian portasse
addosso per tutta la vita il
fardello di un pallonetto
sbagliato da papà.