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Teatro Belli - Diritto e Rovescio - 22 Aprile /1 Maggio


Diritto e Rovescio
- "Take ME Away" di Gerald Murphy
(traduzione di Barbara Valli)
con Andrea Di Casa (Eddie), Filippo Dini (Andy), Silvio Laviano (Kev),
Giampiero Rappa (Bren)
scene di Julienne Tognocchi
costumi di Annalisa Recchioni
aiuto regia di Andrea Di Casa e Giulia Valli
assistenti Sergio Grossini e Mauro Pescio
regia di Filippo Dini

Tre fratelli. Un padre. Una riunione di famiglia. L’intreccio è questo. Tutto ciò che accade davvero nella commedia non è stato scritto.
L’azione si svolge a casa di Bren, il fratello maggiore, che al levarsi della tela è seduto davanti al computer, di mattina, è appena tornato dal lavoro, guardiano notturno in un parcheggio… probabilmente….. Si presume che sia passato da uno schermo ad un altro. Cosa guarda nello schermo di casa sua? C’è un rotolo di carta igienica sul tavolo. Suona il campanello ed entreranno in successione, in diversi momenti, il fratello di mezzo Andy (trent’anni), ferito sulla fronte, è stato appena rapinato; il piccolo Kev (ventidue), appena arrivato da Galway, lavora come programmatore di computer; ed infine papà Eddie. Si sono dati appuntamento lì, più o meno all’insaputa di Bren, per andare a trovare la mamma all’ospedale tutti insieme. Poi si scopre che la mamma non è in ospedale, ma da un’altra parte, che Andy la ferita se l’è procurata in tutt’altro modo, che Kev non è esattamente il prodigio rampante che tutti credevano, e che il babbo è venuto lì per altri scopi.
Questo è l’intreccio, ma ciò che accade si nutre di non detto, di quello che si avrebbe voglia di dire da tempo ma non se ne ha più il coraggio e la forza. Quattro uomini abbandonati da tutti e da sé stessi, quattro uomini che non sanno più riconoscersi. Certamente una storia tutta irlandese, la storia di un popolo che si dimena e scalcia sotto il peso del suo capovolgimento economico degli ultimi quindici anni; così rapido, troppo, tanto da rendere irriconoscibile l’uomo di oggi a quello di stamattina, a quello di un’ora fa; tutto è confuso, orribile, tutto perde valore e ne acquista ciò che ci è sfuggito nel frattempo. Bren non ha potuto studiare, Kev si, Andy si è sposato e ha avuto un figlio, Bren è solo, Kev (si vedrà) ha sperperato tutti i suoi privilegi per un amore sciocco e passeggero, ma dirompente più del suo treno per Galway.
Questa riunione di sconfitti, questa cosa da uomini non più maschi, accade proprio nel non riconoscersi più, nella memoria di tradimenti passati, di piccoli o grandi shock scatenanti, e contemporaneamente nel sentirsi irrimediabilmente legati, maledettamente incatenati ai vincoli della famiglia, dove nel frattempo però per gli stessi motivi, la famiglia è stata violentata fin nelle sue radici più profonde, ne scaturisce questo sentimento nuovo, originale e corrosivo: quello dell’odio profondo verso tutto ciò che il nostro essere, quello che siamo, ci porta ad amare. Questa epoca, il novecento, questa storia e spero il nostro spettacolo contaminato da tutti questi uragani, ci mostrano questa passione terrificante che si manifesta nello scontro tra la parte più oscura e inconsapevole di noi e tutto ciò che negli anni abbiamo imparato ad am are; guardarla in faccia per la necessità di salvarsi a noi stessi, sfidarla e raccontarla in teatro per la stessa necessità sono le due componenti indispensabili per giocare questa nostra nuova avventura artistica.
I due fratelli minori e il padre arrivano in teatro in cerca di Bren, il “frutto dell’amore “ (come lo chiama Andy), per raccontare la storia della loro grottesca fine, della fine di tutti i legami e di tutte le lingue. La comunicazione tra gli uomini si interrompe così: tutti vanno via, “ci vediamo?!”, “si”, la commedia si chiude come era cominciata, Bren è davanti allo schermo, la carta igienica è sul tavolo.
Filippo Dini



Qualcuno è interessato a venire con me a vedere questo spettacolo domenica pomeriggio ore 17.30?
1 Biglietto omaggio ogni intero acquistato.



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"Dio ha creato gli uomini perché ama le storie."
Elie Wiesel