ho ricevuto e volentieri vi inoltro...
Mi chiamo Giordano, sono appena tornato dall'Irlanda. E si anch'io ero nelle frotte di facinorosi che nel periodo estivo affollano l'isola. Se dovessi catalogarmi (cosa che non amo particolarmente (tra l'altro chi se ne frega! direte.)) diciamo che il mio identikit corrisponde a quello del turista "DubGal", con la peculiarità di non aver nemmeno visitato Galway (che tra l'altro mi dicono bellissima). Appartengo alla specie "DubKil" ossia Dublino corroborata da una simpatica scampagnata domenicale a Kilkenny, sulla falsa riga delle fantozziane giornate INPS frequentate dai pensionati.
Sono stato circa 5 giorni in Irlanda poi via di corsa a Londra ("mordi e fuggi") e grazie anche al vostro simpatico scritto ho finalmente capito come tutti gli irlandesi riconoscano immediatamente un italiano.
Ammetto che gran parte delle cose descritte nel vostro "editoriale" le ho fatte anch'io (non tutte eh!).
Eravamo in 4, e nei primi giorni la nostra vita dublinese seguiva un'ortodossa routine: "pomeriggi inutili a girare nello sfavillante mondo di St. Stephen Green e surrogati, kebab per cena, doccia (e non sempre, anzi, raramente!) autobus che ci portasse il più vicino possibile alla città dei balocchi; pardon! via dei balocchi, ovvero la mitica Temple Bar, dove paghi una Guinness 4.50 € e trovi gente che come te di professione fa il turista, e se ne sta lì, solo perchè è lì che vanno i turisti. Non che non mi sia divertito eh! una sera abbiamo beccato pure della musica dal vivo che non era affatto male.
Poi un giorno finalmente, la luce!
Ci stavamo allegramente recando a Temple Bar, quando mi sono messo a parlare con 2 irlandesi sulla quarantina, completamente ubriachi. Gli chiesi che strada dovevo fare per arrivare al nostro rifugio serale. Lui alzò entrambe le mani, in due direzioni opposte: con la destra indicava: Temple Bar. Mentre con la sinistra mi diceva di provare di là dove c'erano i veri locali di Dublino, quelli in cui per bere una pinta non sei costretto a pagare anche il nome della strada.
Mentre uno dei 2 irlandesi cercava di trascinare via l'altro, questo insisteva, ammonendoci di non farci spennare a Temple Ber, ma invitandoci a cercare qualcosa di diverso.
Riunione tra "DubKil" ma niente, il richiamo di Temple Bar era un magnete troppo potente e così anche quella sera vennimmo attirati lì.
Il giorno dopo abbiamo mandato a quel paese la guida e ci siamo diretti in uno dei pub più antichi di Dublino, (di cui non ricordo il nome). E lì: miracolo! nemmeno un turista! Lì abbiamo incontrato due vecchiette ubriache che ci hanno chiesto persino della cocaina. Una di loro addirittura era in una foto appesa al muro arancione del pub. La foto rappresentava una madre mentre stringeva 3 neonati. La frase che l'accompagnava recitava più o meno così: "il primo parto triplo d'Irlanda". E uno di quei tre angioletti (ormai ottantenne) era di fronte a noi che tracannava un bicchiere di Whiskey.
Così ho cominciato a camminare solitario per la città, senza sapere dove stessi andando, percorrevo quelle strade a me sconosciute, da solo, senza tuttavia percepire questa condizione Al contrario sentivo una sorta di tepore che accompagnava il mio incedere, come se due forti e possenti braccia si stringessero su di me per proteggermi e dirmi che non ero solo. (allucinazioni da Guinness forse?, mah!)
Allora Dublino mi piacque subito. Una città semplice, in apparenza placida come può esserlo il mare in certe giornate di sole, si, Dublino è come il mare: in sostanza è soltanto acqua, ma se vedi solo quello, allora non vedrai mai il mare, e non riuscirai a cogliere alcuni particolari grazie ai quali ti accorgi che in fondo al mare come sotto al cielo di Dublino c'è qualcosa di più di quello che trapela agli occhi.
Ho passato cinque giorni anche a Londra, dove forse mi sono divertito anche di più durante le mie notti brave. Però non so spiegarmi perchè solo Dublino mi abbia lasciato quel bisogno e quella voglia di tornare. E' strano, come certi sentimenti li puoi soltanto sentire. Non sai da dove vengano, e non hai nemmeno le parole per dirli. Però li senti bruciare forte nel profondo.
Ora sto pensando seriamente di lasciare il mio lavoro, e partire col biglietto di sola andata nella tasca del giacchino, ma mi mancano i soldi per ora. Nel frattempo sto allenando il mio inglese, poi si vedrà!
Spero che la quotidianità non soverchi mai i miei sogni!
Giordano