Non terroristi, ma guerriglieri: assolti islamici

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Matteo, Berghem
00martedì 25 gennaio 2005 10:36
Non terroristi, ma guerriglieri: assolti islamici!!
Milano, giudice cita la Convenzione Onu. La cellula accusata di finanziare gruppi armati in Iraq.
Non erano terroristi, ma guerriglieri. La cellula di cui facevano parte era accusata di finanziare gruppi armati in Iraq. Ma le attività che svolgeva non miravano «a seminare terrore» tra i civili.
Per questo il gup di Milano Clementina Forleo ieri, durante il processo con rito abbreviato, ha assolto dall'accusa di terrorismo internazionale tre dei cinque islamici ritenuti dalla Procura componenti di una cellula legata ad Ansar Al Islam, richiamando nella motivazione la Convenzione Globale dell'Onu sul terrorismo del 1999.



Voi che ne pensate? Io lo trovo semplicemente scandaloso.
gior77
00martedì 25 gennaio 2005 10:55
Re:

Scritto da: Matteo, Berghem 25/01/2005 10.36
Non terroristi, ma guerriglieri: assolti islamici!!
Milano, giudice cita la Convenzione Onu. La cellula accusata di finanziare gruppi armati in Iraq.
Non erano terroristi, ma guerriglieri. La cellula di cui facevano parte era accusata di finanziare gruppi armati in Iraq. Ma le attività che svolgeva non miravano «a seminare terrore» tra i civili.
Per questo il gup di Milano Clementina Forleo ieri, durante il processo con rito abbreviato, ha assolto dall'accusa di terrorismo internazionale tre dei cinque islamici ritenuti dalla Procura componenti di una cellula legata ad Ansar Al Islam, richiamando nella motivazione la Convenzione Globale dell'Onu sul terrorismo del 1999.



Voi che ne pensate? Io lo trovo semplicemente scandaloso.



Scandaloso che un giudice sia attenga alla normativa vigente? Io no, piuttosto trovo scandalosa la normativa vigente. Ma non è colpa sua ... [SM=g27828]
Sean1
00martedì 25 gennaio 2005 11:07
L'indignazione e il diritto
L'indignazione
e il diritto
di GIUSEPPE D'AVANZO

IL COMMENTO
L'INDIGNAZIONE non serve a capire. Può infiammare l'opinione pubblica, forse. Per il resto lascia le cose come sono. Al più le confonde. I sentimenti non servono a capire che cosa e perché è accaduto a Milano, dove sono stati prosciolti cinque maghrebini accusati di aver reclutato, alla vigilia dell'attacco americano, combattenti da inviare nel nord dell'Iraq. La decisione del giudice milanese risponde a due questioni ancora aperte, dopo l'11 settembre, dopo la creazione di norme antiterrorismo più adeguate a fronteggiare una minaccia che, rispetto al passato, è non convenzionale e caotica.

Quali sono i comportamenti e le attività che ci permettono di dire che un uomo faccia parte di un'associazione terroristica? È sufficiente che raccolga del denaro o falsifichi un passaporto per poter dire quell'uomo un terrorista? E ancora: che cos'è il terrorismo? È terrorismo quello che insanguina l'Iraq? La decisione di Milano propone una risposta. Parziale. Discutibile. Da discutere comunque, e non da liquidare, soprattutto nel giorno dell'addio a Simone Cola, con lo sdegno di Fini o con il furore demagogico di un Calderoli dallo stomaco debole.

Fossimo negli Stati Uniti, quei dubbi sarebbero fuffa. Come si sa, gli Stati Uniti, obiettivo primo dell'offensiva terroristica, hanno tagliato con la spada il nodo dei problemi regredendo a uno stadio pre-giuridico il concetto di pericolo. Non è più prioritario dimostrare l'inevitabilità e la concretezza del pericolo. È sufficiente che ci sia un sospetto di pericolosità per trasformare chiunque in enemy combatant. Nemico combattente. La formula soffoca il processo full and fair e quel che lo costituisce: presunzione d'innocenza, diritto al contraddittorio e al silenzio. La vera finalità delle procedure americane non è accertare i fatti e definire le responsabilità, in realtà.


I fatti non hanno più alcun rilievo o importanza. Il nemico combattente è una "risorsa", è uno "strumento informativo" utile a colmare il vuoto di "intelligenza" dei governi. "In tutta la storia della penalità moderna -sostengono gli addetti- nessun processo ha avuto meno garanzie". Ma gli americani si considerano "in guerra" e "di guerra" è la loro interpretazione della "legalità" tutta giocata nella logica dei rapporti amico-nemico.

Non siamo però negli Stati Uniti. Siamo in Italia. Anche il nostro Paese, consapevole di dover svolgere la sua parte nella guerra globale al terrorismo, ha adeguato ritoccandole alcune regole per favorire l'iniziativa poliziesco-giudiziaria contro le "cellule" di Al Qaeda impegnate in Italia -come in una retrovia- nel reclutamento, nel finanziamento, nel proselitismo e nella propaganda ideologica. Per dare più spazio e profondità alle indagini e ai processi è nato l'ambiguo reato di "associazione terroristica internazionale" (articolo 270 bis) che ancora cerca una giurisprudenza condivisa.

Le interpretazione che finora ne sono state date sono divergenti. È utile qualche esempio. Il giudice delle indagini preliminari di Milano, Renato Bricchetti, il 16 settembre 2003, ha assolto dall'accusa di terrorismo il tunisino Mekki Ben Imed Zarqawi con queste parole: "La prova della sussistenza del delitto associativo di terrorismo internazionale impone la dimostrazione dello scopo terroristico. Esige che venga esternato un proposito serio, preciso, circostanziato di porre in essere atti di violenza determinati, idonei a mettere in pericolo l'incolumità sociale e a diffondere il terrore nella collettività. (...) Né la prova di questo proposito non può desumersi dal coinvolgimento degli imputati nell'attività di contraffazione di documenti perché resta la possibilità che queste attività siano finalizzate a realizzare altri scopi".

Per contestare, dunque, l'associazione terroristica internazionale non è sufficiente documentare che un passaporto è falso e lo ha falsificato l'imputato. Bisogna provare che l'imputato lo ha falsificato nella consapevolezza che sarebbe stato utilizzato dall'organizzazione del terrore. Questa interpretazione è stata capovolta due mesi dopo, da un altro giudice. 25 novembre 2003. Guido Salvini ha disposto la cattura di alcuni presunti "kamikaze" di Al Ansar argomentando così: "Per configurare la sussistenza del reato di terrorismo internazionale è sufficiente che una struttura organizzata, costituita anche solo in parte in Italia, si prefigga con mezzi adeguati di eseguire atti di terrorismo anche al di fuori del territorio nazionale. Nel nostro Paese può avvenire quindi solo parte della condotta e, in ipotesi, neanche la più grave, quale il mero supporto logistico degli associati destinati ad agire all'estero".

Siamo all'oggi. Il supporto logistico offerto dallo sceicco Abderrazac ad Ansar al Islam è terrorismo? Clementina Forleo, giudice delle indagini preliminari accetta l'interpretazione più "colpevolista", per dir così, di Salvini. Il giudice non ha dubbi che falsificare un passaporto, proteggere l'immigrazione clandestina dei combattenti, favorire il viaggio di un combattente verso i luoghi del conflitto definisca la partecipazione degli imputati alla lotta armata di quel gruppo. "Gli imputati - scrive Clementina Forleo - avevano come precipuo scopo il finanziamento e, più in generale, il sostegno di strutture di addestramento paramilitare in Medioriente presumibilmente nel nord dell'Iraq".

Si chiede, però, il giudice: la battaglia che combatte Ansar al Islam è terrorismo o guerriglia? Che cos'è il terrorismo? Ora si può cadere dalle nuvole, in buona o cattiva fede, ma il problema c'è, è solido, ha molte contraddittorie interpretazioni. Prima dell'11 settembre la definizione universalmente accettata di terrorismo era stata messa insieme dall'Fbi e recitava: "Terrorismo è l'uso illegale della forza e della violenza contro persone o proprietà per intimidire o costringere un governo, la popolazione civile e ogni loro segmento, nel perseguimento di obiettivi politici o sociali".

Con l'attacco alle Torri, questa definizione è apparsa un arnese senza significato. È stata riscritta per creare le premesse alle azioni di contrasto. Oggi la definizione americana più attuale è: "Il terrorismo impiega l'uso calcolato della violenza e della minaccia di violenza per conseguire obiettivi generalmente politici, religiosi e ideologici attraverso l'induzione della paura, l'intimidazione o la coercizione".

Si può stringere in questo confine quel che accade in Iraq? Evidentemente no, si è risposto il giudice di Milano. Che dovendo definire il fatto per decidere delle responsabilità -insomma per fare il suo mestiere- ha guardato in alto alla definizione di terrorismo offerta dalla convenzione delle Nazioni Unite. C'è chi può dire che è stata una mossa avventata? L'Onu scava un discrimine tra il terrorismo e la guerriglia a partire dalla violenza e la morte indiscriminata della popolazione civile. "Le attività violente di guerriglia in contesti bellici - conclude infatti il giudice - sono diverse da quelle di tipo terroristico, dirette a seminare terrore indiscriminato verso la popolazione civile in nome di un credo ideologico e/o religioso, ponendosi dunque come delitti contro l'umanità".

Se si combatte non contro civili inermi -come a New York l'11 settembre- ma contro truppe armate, eserciti, addirittura coalizione di eserciti e soprattutto con armi infinitamente meno potenti e distruttive, appare al giudice che quella lotta non può definirsi terrorismo, ma guerriglia.

Si può credere che non tocchi a un giudice definire la qualità o il significato di quel che accade in Iraq, ma gli si deve concedere che lo ha fatto per fare il suo lavoro appellandosi alle convenzioni internazionali. Quasi una scelta obbligata. A chi doveva appellarsi, altrimenti? Al dibattito politico? Alla nozione attuale di "legalità" del Patriot Act? Può non piacere, ma non servono anatemi e scomuniche. Occorre buon senso, testa fredda, disponibilità al dialogo per affrontare quel che accadrà in Iraq e saperlo guardare, valutare, comprendere. L'ipocrisia della "missione di pace" ha fatto il suo tempo. Come prima delle ragionevoli parole di un giudice, ci ricorda il destino di Simone Cola.


fergus
00martedì 25 gennaio 2005 12:43
non so
bisognerebbe leggersi gli atti del processo, conoscere le circostanze di fatto e soprattutto l'intero provvedimento del Giudice.
Ho i miei dubbi che si possa fondare una decisione su una Convenzione ONU (soprattutto se poi non é stata ratificata e nel caso di specie non lo so ), Matteo ha infatti detto che il Gup (Giudice dell'Udienza Preliminare) ha richiamato nella motivazione la Convenzione predetta.
Lasciando perdere i tecnicismi, a volte gli organi di nformazione ti sbattono in prima pagina la massima di una sentenza di Cassazione (parlo soprattutto nel civile) togliendola dal contesto di una causa (durata magari degli anni) per poi concludere con frasi del tipo per "un bacio sul jeans accusato di stupro'[SM=g27829]
Matteo, Berghem
00martedì 25 gennaio 2005 12:54
Quelli dilaniati dall’autobomba a Nassiriya e le altre migliaia di persone uccise dai kamikaze, sarebbero forse morti per azioni di guerriglia?
Se raccogliere fondi e spedirli in una terra che si è trasformata nel raccoglitore di tutti i peggiori terroristi di matrice islamica, se arruolare e inviare a svolgere un addestramento paramilitare rappresenta “la guerriglia”, consiglio al giudice Forleo di guardarsi sui siti internet le decapitazioni e gli sgozzamenti avvenuti nell’ultimo anno per verificare se anche in questi casi si tratta per lei di sola guerriglia
Mi si è rivoltato lo stomaco guardando quei filmati e mi si rivolta lo stomaco ora davanti a una sentenza del genere.

Il giudice dice per iscritto che Ansar Al Islam era strutturata "come una vera e propria organizzazione combattente islamica, munita di una propria milizia addestrata appunto alla guerriglia e finanziata anche da gruppi stanziati in Europa evidentemente gravitanti nell’area del fondamentalismo islamico, senza perciò avere obiettivi di natura terroristica".

Mah....


fergus
00martedì 25 gennaio 2005 13:01
Re:

Scritto da: Matteo, Berghem 25/01/2005 12.54


Mah....





boh !![SM=x145485] [SM=g27823]
rosy71
00martedì 25 gennaio 2005 13:43
Lo sai a me cosa fa ANCHE rivoltare lo stomaco? Che le cosiddette "forze di pace" abbiano commesso orrori come quelli del carcere di Abu Graibh (non so come si scrive ma insomma avete capito, non mi va di andare a fare il copia e incolla da qualche sito bene informato).
Se siamo a fare la conta "loro di più, noi di meno" sulla pelle delle persone siamo proprio messi maluccio...

Mah.
gior77
00martedì 25 gennaio 2005 13:52
da Repubblica

Al termine del processo, il giudice Forleo riconosce che gli imputati "avevano come precipuo scopo il finanziamento, e più in generale il sostegno di strutture di addestramento paramilitare site in zone mediorientali, presumibilmente stanziate nel nord dell'Iraq". E anche che, a tal scopo " erano organizzati sia la raccolta e l'invio di somme di denaro, sia l'arruolamento di volontari, tutti stranieri e tutti di matrice islamico-fondamentalista". Ma "non risulta invece provato - aggiunge il giudice - che tali strutture paramilitari prevedessero la concreta programmazione di obiettivi trascendenti attività di guerriglia da innescare in detti (cioè in Iraq, ndr) o in altri prevedibili contesti bellici, e dunque incasellabili nell'ambito delle attività di tipo terroristico".

Non solo. Il giudice Forleo ricorda alcune norme internazionali, come l'articolo18/2 della Convenzione globale dell'Onu sul Terrorismo. Testo in cui, in sostanza, si dice che in guerriglia le attività violente sono lecite, purchè non siano dirette a seminare terrore indiscriminato verso i civili.

Affrontate le questioni di principio, il giudice prende le distanze dall'accusa anche nel merito della valutazione e della pericolosità attribuita all'organizzazione Ansar Al Islam, la struttura che per i più altro non è che una costola di Al Qaeda. Dando una lettura diversa anche a quelle intercettazioni disposte nelle indagini milanesi che avevano fatto scattare più volte l'allarme. Così, se due indagati parlano di una "grande bomba che sta arrivando", per il magistrato non si stanno riferendo ad un attentato da mettere a punto, come hanno sempre sostenuto in procura, ma "all'imminente attacco americano in Iraq".

Secondo Forleo, la cellula non era nemmeno legata all'organizzazione di Al Zarqawi. E neppure "risultano legami penalmente rilevanti di tali gruppi con quelli, pur della stessa matrice ideologica, responsabili di attacchi di pacifica natura terroristica, non potendo al riguardo farsi leva sulla presunta analogia della 'potenziale progettualità operativa degli spostamenti di uomini e risorse".

...

Io ho sempre ritenuto l'azione svolta in Iraq come guerriglia contro le forze di occupazione. In questo quadro non posso che essere d'accordo col giudice.
Diverso sarebbe stato il discorso se questi magrebini avessero finanziato attività al di fuori del territorio iraqueno. In tal caso poteva essere considerato terrorismo.
Punti di vista.
Matteo, Berghem
00martedì 25 gennaio 2005 14:11
Mi chiedo perchè allora quattro poveri disgraziati che son saliti su un campanile si sono dovuti fare anni di galera! A quando una pensione sociale per i terroristi? Caro giudice qual'è il confine tra resistenza e terrorismo? Un kamikaze palestinese che si fa saltare su un autobus pieno di civili è un innocente ribelle?
55achab
00martedì 25 gennaio 2005 14:12
Re:

Scritto da: Matteo, Berghem 25/01/2005 12.54
Quelli dilaniati dall’autobomba a Nassiriya e le altre migliaia di persone uccise dai kamikaze, sarebbero forse morti per azioni di guerriglia?
Se raccogliere fondi e spedirli in una terra che si è trasformata nel raccoglitore di tutti i peggiori terroristi di matrice islamica, se arruolare e inviare a svolgere un addestramento paramilitare rappresenta “la guerriglia”, consiglio al giudice Forleo di guardarsi sui siti internet le decapitazioni e gli sgozzamenti avvenuti nell’ultimo anno per verificare se anche in questi casi si tratta per lei di sola guerriglia
Mi si è rivoltato lo stomaco guardando quei filmati e mi si rivolta lo stomaco ora davanti a una sentenza del genere.

Il giudice dice per iscritto che Ansar Al Islam era strutturata "come una vera e propria organizzazione combattente islamica, munita di una propria milizia addestrata appunto alla guerriglia e finanziata anche da gruppi stanziati in Europa evidentemente gravitanti nell’area del fondamentalismo islamico, senza perciò avere obiettivi di natura terroristica".

Mah....






Ancora con queste storie!
ma porca miseria, una guerra ingiusta e illegittima ormai acclarato da tutti, fatta esclusivamente per interessi economici.

Centinaia di migliaia di civili (sopratutto bambini) morti sotto le bombe "intelligenti".

Ci indigniamo solo quando muore o viene rapito un occidentale, ma smettiamola per favore,

madò quanta ipocrisia.
Matteo, Berghem
00martedì 25 gennaio 2005 14:21
Massiiiiiiii, liberiamoli questi partigiani iraqeni, diamogli pure una medaglia, diamogli un premio, facciamoli cittadini onorari.
W i partigiano iraqeni
W la resistenza iraqena
W le decapitazioni


55achab
00martedì 25 gennaio 2005 14:32
Re:

Scritto da: Matteo, Berghem 25/01/2005 14.21
Massiiiiiiii, liberiamoli questi partigiani iraqeni, diamogli pure una medaglia, diamogli un premio, facciamoli cittadini onorari.
W i partigiano iraqeni
W la resistenza iraqena
W le decapitazioni








non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire.
gior77
00martedì 25 gennaio 2005 14:54
Re:

Scritto da: Matteo, Berghem 25/01/2005 14.11
Mi chiedo perchè allora quattro poveri disgraziati che son saliti su un campanile si sono dovuti fare anni di galera! A quando una pensione sociale per i terroristi? Caro giudice qual'è il confine tra resistenza e terrorismo? Un kamikaze palestinese che si fa saltare su un autobus pieno di civili è un innocente ribelle?




Perchè quei quattro pirla hanno compiuto un atto contrario alla legge.
Non mi sembra così strano, cosa ne dici? L'Italia non era in guerra, non può essere considerato un atto di guerriglia un simile gesto da parte di 4 [SM=g27816] .

Ma sì, è vero, guai a toccare i vostri diritti, voi avete diritto di fare qualunque cosa, vero? Le leggi contrarie alle vostre idee e ai vostri principi sono leggi ingiuste, vero?
Uno si può pulire il culo con la bandiera italiana e poi sulla stessa bandiera giurare fedeltà. Mi auguro almeno che l'avesse lavata.
fergus
00martedì 25 gennaio 2005 14:58
allora mi son letto un pò di roba perché la notizia puntualmente ed efficacemente postata dal buon Matteo non mi era nota
orbene la questione non é del tutto liscia come possa sembrare apparentemente, posto che come detto noi non conosciamo a pieno il quadro probatorio emerso dal processo, parrebbe che il Giudice abbia ritenuto inutilizzabili notizie e/o informative provenienti dai servizi segreti perché anonime e/o poco riscontrabili (ma su questo il PM non é che ci avesse battuto più di tanto nella sua requisitoria, ben conscio del valore probatorio di tali atti) , di intercettazioni della DIGOS e soprattutto di rogatorie di documenti acquisiti dalla polizia norvegese ritenuti parimenti inutilizzabili dal GUP (c'entrerà mica qualche intervento legislativo fatto in passato in materia proprio di rogatorie??[SM=g27828] )
Ma la cosa che mi sconcerta é che Fini (mi sembra che abbia un certo discreto ruolo nel Governo, no?) Calderoli , Cento e compagnia politica cantante abbiano inscenato il solito teatrino della strumentalizzazione, chi dà una parte chi dall'altra, mentre sia stato dato poco spazio a chi (il PM Spataro e la sua "crew") si é spaccato il culo su sto fascicolo, chi c'ha perso tempo, chi la questione te la sa a menadito e pure cantando [SM=x145443]
Vabbé lui poi parlerà giustamente nei luohi deputati ...
Si veda l'articoletto sl Corriere di oggi.
Comunqua al di là di tutto ci sarà l'appello , quindi per adesso il solito fiato sprecato
da una parte
e dall'altra

[Modificato da fergus 25/01/2005 15.00]

dubh
00martedì 25 gennaio 2005 15:21
Io ho attuato una filosofia poco giusta sicuramente e pure irresponsabile da un certo punto di vista, ma che intanto mi fa scoprire molte nuove cose: impegnarmi ed informarmi su TUTTE le altre guerre in giro per il mondo gravissime ugualmente e lasciare da parte tutte le polemiche su quella in Iraq. Tanto senza di me vanno avanti comunque, no? [SM=g27815] Visto che da entrambe le parti per me è assolutamente impossibile prendere una posizione, almeno non definitiva (informazioni e articoli strumentali, opinioni strane, ipotesi e dati che non posso verificare tanto son pregni di politica e scopi secondari) qui passo e chiudo e non rompo più [SM=g27837]

[Modificato da dubh 25/01/2005 15.22]

lough
00martedì 25 gennaio 2005 16:12
A proposito di guerre intorno al mondo...il vecchio sito Kontrocultura ora warnews...

http://www.warnews.it/
lough
00martedì 25 gennaio 2005 23:41
Non poteva certo mancare il Corriere della Sera in questa carrellata di articoli...

KAMIKAZE LIBERO
di PIERO OSTELLINO
Nell' Esprit des lois , Montesquieu scrive che ci sono
quattro specie di delitti, una delle quali, la quarta, è contro la sicurezza dei cittadini. Aggiunge Montesquieu che «le pene inflitte devono derivare dalla natura di ciascuna di queste specie». Non sembra proprio che il magistrato milanese che ha condannato per reati minori - fra i quali il traffico di documenti falsi - tre nordafricani, accusati di aver reclutato e mandato kamikaze in Iraq, e sospettati di aver preparato attentati in Europa, e che ha inviato alla Procura di Brescia la posizione di altri due, sia una gran lettrice. Non solo di Montesquieu, il che non sarebbe grave, ma, quel che è peggio, neppure delle più recenti normative di diritto internazionale. Nelle motivazioni della sentenza, il magistrato - ignorando palesemente la risoluzione dell’Onu 1511 del 16 ottobre 2003, che legittima la presenza della coalizione militare internazionale a garanzia della sicurezza del Paese - ritiene, infatti, che inviare combattenti e aiuti economici in Iraq
non configuri il reato di terrorismo internazionale, in quanto una cosa sarebbero gli attentati alle truppe di occupazione, che
rientrerebbero nella fattispecie della guerriglia, un'altra quelli contro civili che cadrebbero, invece, in quella di terrorismo. Ciò che lascia francamente esterrefatti e scandalizzati è, dunque, oltre all'ignoranza della situazione irachena e del diritto internazionale, il carattere esplicitamente politico che finisce con assumere la sentenza, in perfetta sintonia con l'estremismo di chi continua a definire «resistenti» i terroristi iracheni. Il fatto, poi,
che il magistrato dichiari di non aver voluto, con ciò, legittimare anche l'attentato di Nassiriya ai nostri militari, perché quella italiana è una «missione di pace», mentre quella del resto della coalizione non lo sarebbe - con l’assurdo corollario che ammazzare gli americani o gli inglesi non sarebbe un crimine, ma un'azione di guerra - non ne attenua, bensì ne aggrava la posizione. A conferma della confusione concettuale che sembra aver presieduto alla singolare sentenza.
Meno grave, in questo contesto, appare, invece, la parte della
motivazione in cui si dice che non risulterebbe provato che gli
imputati stessero preparando attentati anche in Europa. Qui,
siamo sul terreno - dice ancora la sentenza - «riferibile alle più svariate fonti di intelligence» che non fanno testo sotto il profilo del diritto penale. L'assenza di strumenti legislativi, o quanto meno giurisprudenziali, e la conseguente difficoltà di accertare reati che sono oggetto di indagini da parte dei servizi di sicurezza, anche se non giustifica, quanto meno attenua le responsabilità del magistrato, chiamando a rispondere del caso le forze politiche. Sono note le riserve che la legislazione antiterroristica americana (il Patriot Act ) ha sollevato, anche negli Usa, in tema di tutela dei diritti civili. Ma che qualcosa si debba fare anche da noi, la sentenza di Milano lo prova con tutta evidenza.

postellino@corriere.it
Piero Ostellino



lough
00martedì 25 gennaio 2005 23:50
Ancora dal Corriere.

(non inserisco il link, perchè allo scoccare della mezzanotte, andrebbe perso)

«Reclutare combattenti per l’Iraq non è reato»

Milano, il giudice assolve dall’accusa di terrorismo un gruppo di islamici. «Inutilizzabili le fonti degli 007»


MILANO - Non è reato reclutare mujaheddin per la guerra in Iraq. La grave accusa di terrorismo internazionale, infatti, si può applicare solo se è provata l’organizzazione di attentati «diretti a seminare terrore indiscriminato verso la popolazione civile in nome di un credo politico e/o religioso» e cioè «delitti contro l’umanità». Per cui gli integralisti delle cellule di Milano e Cremona, arrestati con clamore nell’aprile 2003, vanno tutti assolti, anche se è vero che hanno «arruolato volontari di matrice islamico-fondamentalista» e li hanno «inviati con documenti contraffatti in strutture di addestramento paramilitare» nel Nord dell’Iraq, gestite da quel movimento «Al Ansar» che fu pure bombardato dalle truppe Usa. Per questi motivi un giudice di Milano, Clementina Forleo, ha ordinato la scarcerazione di due imputati, Drissi Noureddine e Kamel Hamraoui, che dovranno essere riprocessati a Brescia (per competenza), e ne ha condannati altri tre, ma solo per reati minori: 3 anni ai tunisini Maher Bouyahia e Alì Toumi, per ricettazione di passaporti falsi e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, un anno e 10 mesi al marocchino Mohammed Daki, che procurò un documento contraffatto a un aspirante leader della guerriglia irachena. La sentenza, che ieri mattina ha chiuso il primo processo con rito abbreviato, ha fatto cadere il nuovo reato (270 bis) che fu introdotto dopo l’11 settembre 2001 per poter punire i gruppi che organizzino dall’Italia attentati all’estero: un verdetto che, in pratica, fissa il confine giuridico tra guerriglia (lecita fino a prova contraria) e terrorismo.
«Grazie alla giustizia italiana e grazie a Dio: Allah è grande», esultava Toumi uscendo dal tribunale ammanettato dai carabinieri che si ostinavano a nascondere gli altri quattro (ormai ex) accusati di terrorismo. Visibilmente irritati, i pm Armando Spataro ed Elio Ramondini hanno subito preannunciato appello. Mentre i difensori, increduli, tessevano le lodi di «un giudice che ha dimostrato grande rispetto per la libertà e la legalità» (cosi gli avvocati Antonio Nebuloni, Ilaria Crema e Gabriele Leccisi) e di «una sentenza giusta e coraggiosa, perché riconosce che non è terrorista chi va a combattere in forze irregolari contro un’occupazione militare», come aggiunge Vainer Burani, legale di quel marocchino-tedesco Daki che già nel 2001 era stato interrogato dalla polizia di Amburgo. In quanto «amico» dei dirottatori-kamikaze dell’11 settembre e «padrone di casa» di Ramzi Binalshibh, il pianificatore dell’attacco alle Torri gemelle.
Nelle 12 pagine di motivazioni, che formalmente spiegano solo le due scarcerazioni, il giudice Forleo considera provato «con margini di ragionevole certezza che le due cellule di Milano e Cremona avevano come precipuo scopo il finanziamento e il sostegno di strutture di addestramento paramilitare» nel Nord dell’Iraq. E che organizzavano dall’Italia «sia la raccolta e l’invio di denaro sia l’arruolamento di volontari, tutti stranieri e di sicura matrice islamico-fondamentalista»: il tutto «per aiutare i fratelli» mujaheddin fino al marzo 2003, cioè «in concomitanza dell’attacco Usa all’Iraq».
«L’articolo 18/2 della Convenzione Onu del 1999 sul terrorismo», aggiunge però il giudice, riconosce e legittima anche «gruppi armati e movimenti diversi dalle forze istituzionali dello Stato, nella misura in cui si attengano al diritto internazionale umanitario». Per cui «le attività violente o di guerriglia poste in essere in contesti bellici non possono essere perseguite», a meno che non degenerino in azioni di «terrore indiscriminato verso la popolazione civile». D’altra parte, incriminare «gli atti di guerriglia, per quanto violenti, posti in essere nell’ambito di conflitti bellici e a prescindere dall’obiettivo, porterebbe a un’ingiustificata presa di posizione per una delle forze in campo, essendo per altro notorio che strumenti di altissima potenzialità offensiva sono stati innescati da tutte» le parti, in Iraq «come in tutti i conflitti dell’era contemporanea».
In tale quadro di diritto internazionale, secondo il giudice «non può ritenersi provato che le due cellule, pur gravitando in aree contrassegnate da propensioni al terrorismo, avessero obiettivi trascendenti quelli di guerriglia». Questa insufficienza di prove deriva «innanzitutto» dalla «inutilizzabilità patologica delle cosiddette fonti di intelligence»: per accusare gli imputati di aver reclutato 5 kamikaze morti in Iraq, i servizi segreti (Sismi) hanno saputo fornire solo «informative anonime non meglio precisate, prive di qualsivoglia riscontro». E «nessun atto degno di rilievo processuale» ha mai confermato «legami con il noto terrorista Al-Zarkawi».
La polizia, invece, è riuscita a provare la «comune appartenenza ad Al Ansar», che è senza dubbio un’«organizzazione combattente islamica munita di una propria milizia e finanziata anche dall’Europa», ma non ad attribuirle «obiettivi terroristici»: gli scritti del mullah Krekar, che ne è il capo, «profetizzavano» solo una «guerriglia» contro «l’attacco americano in Iraq»; mentre l’unico pentito milanese, Mohammed Tahir, parla di Al Qaeda «per sentito dire» e spiega che «la violenza era oggetto di discussione», ma in una «gamma di posizioni diverse», dichiarandosi «islamico moderato».
Quanto al rischio-attentati in Italia, l’unica intercettazione dell’11 marzo 2003 sulla «grande bomba che sta arrivando», secondo il giudice in realtà si riferiva «evidentemente all’imminente attacco americano all’Iraq».

Paolo Biondani


Tutti gli articoli


lough
00martedì 25 gennaio 2005 23:56
Re: Re:

Scritto da: 55achab 25/01/2005 14.12



Ancora con queste storie!
ma porca miseria, una guerra ingiusta e illegittima ormai acclarato da tutti, fatta esclusivamente per interessi economici.

Centinaia di migliaia di civili (sopratutto bambini) morti sotto le bombe "intelligenti".

Ci indigniamo solo quando muore o viene rapito un occidentale, ma smettiamola per favore,

madò quanta ipocrisia.




Benchè utilizzata in un altro contesto, e benchè i buoni non sono sempre gli americani...

Annan: «Perché il male trionfi basta che i buoni non si muovano»
Matteo, Berghem
00mercoledì 26 gennaio 2005 09:11
Re: Re:

Scritto da: gior77 25/01/2005 14.54
Perchè quei quattro pirla hanno compiuto un atto contrario alla legge.
Non mi sembra così strano, cosa ne dici? L'Italia non era in guerra, non può essere considerato un atto di guerriglia un simile gesto da parte di 4 [SM=g27816] .

Ma sì, è vero, guai a toccare i vostri diritti, voi avete diritto di fare qualunque cosa, vero? Le leggi contrarie alle vostre idee e ai vostri principi sono leggi ingiuste, vero?
Uno si può pulire il culo con la bandiera italiana e poi sulla stessa bandiera giurare fedeltà. Mi auguro almeno che l'avesse lavata.



Quei 4 pirla non hanno fatto male a nessuno, hanno fatto una operazione dimostrativa (e con questo non voglio dire che abbiano fatto bene), sono stati condannati a diversi anni di prigione e se li sono fatti tutti.
Un paio di mesi fa il giudice Papalina (gran [SM=g27816] [SM=g27816] [SM=g27816] ) ha condannato in via definitiva alucni militanti leghisti solo per aver distribuito dei volantini.
Invece dei terroristi-partigiani vengono giudicati non colpevoli !!! Questo giudice mi fa [SM=g27816] [SM=x145464] !!
gior77
00mercoledì 26 gennaio 2005 09:48
Re: Re: Re:

Scritto da: Matteo, Berghem 26/01/2005 9.11


Quei 4 pirla non hanno fatto male a nessuno, hanno fatto una operazione dimostrativa (e con questo non voglio dire che abbiano fatto bene), sono stati condannati a diversi anni di prigione e se li sono fatti tutti.
Un paio di mesi fa il giudice Papalina (gran [SM=g27816] [SM=g27816] [SM=g27816] ) ha condannato in via definitiva alucni militanti leghisti solo per aver distribuito dei volantini.
Invece dei terroristi-partigiani vengono giudicati non colpevoli !!! Questo giudice mi fa [SM=g27816] [SM=x145464] !!



Questo giudice ha applicato la legge. Ti può piacere o meno, ma non puoi dargli del coglione (anche se donna) solo perchè ha applicato la legge.

E cosa c'era scritto sui quei volantini?

Quello che mi da più fastidio della Lega è proprio questa sua supponenza, questo suo considerarsi al di sopra della legge: tutte le leggi contro di noi sono sbagliate.
Ecco perchè un ministro della giustizia leghista è quanto di più catastrofico si possa avere, politicamente parlando, perchè poi le vere catastrofi sono altre.
Matteo, Berghem
00mercoledì 26 gennaio 2005 11:00
Ovviamente sono contrario alla decisione del giudice...fa parte di quella combriccola di giudici che tanto si stracciano le vesti quando si tratta di condannare leghisti, militanti e non, per inesistenti casi di razzismo e altri reati di pensiero e opinione.
La storia dei volantini, a Verona un gruppo di leghisti distibuiva volantini (dopo aver chiesto il permesso) dove si contestava la presenza di un campo nomadi abusivo!

Castelli lo contesti solo perchè è della Lega e non di sinistra, indipendentemente da quello che fa.
gior77
00mercoledì 26 gennaio 2005 11:20
Re:

Scritto da: Matteo, Berghem 26/01/2005 11.00
Ovviamente sono contrario alla decisione del giudice...fa parte di quella combriccola di giudici che tanto si stracciano le vesti quando si tratta di condannare leghisti, militanti e non, per inesistenti casi di razzismo e altri reati di pensiero e opinione.
La storia dei volantini, a Verona un gruppo di leghisti distibuiva volantini (dopo aver chiesto il permesso) dove si contestava la presenza di un campo nomadi abusivo!

Castelli lo contesti solo perchè è della Lega e non di sinistra, indipendentemente da quello che fa.



Non venirmi a dire che la Lega non istiga all'intolleranza, perchè come mi ha detto Thero, non credo più alle favole.

Certo, Castelli lo contesto perchè secondo me è assolutamente inadeguato al ruolo che ricopre. E lo dimostra ogni giorno di più.
Opinione puramente personale, condivisa da una parte di italiani e non condivisa da un'altra parte. Anche questa è democrazia. Fino a quando possiamo, teniamocela stretta. [SM=g27811]
Matteo, Berghem
00mercoledì 26 gennaio 2005 12:09
Re: Re:

Scritto da: gior77 26/01/2005 11.20
Non venirmi a dire che la Lega non istiga all'intolleranza, perchè come mi ha detto Thero, non credo più alle favole.


Come leghista e militante posso dirti che non istiga all'intolleranza, questa accusa è vecchia e viene usata perchè non si sa cosa dire.
Matteo, Berghem
00mercoledì 26 gennaio 2005 12:10
Dopo la sentenza di Milano
Il «moderato» tradito da un video dove spara
Le immagini riprese dal pentito Mohammed Tahir in uno
dei campi paramilitari del movimento "Al Ansar"

Il pentito Mohammed Tahir in una delle immagini del video
MILANO - Il «moderato» che spara con il kalashnikov nei campi di Al Ansar in Kurdistan. Il presunto innocente che viene arrestato nientemeno che dalla repubblica islamica dell’Iran. Il semplice falsario di passaporti che giura di non aver mai sospettato che i suoi amici Mohammed Atta e Ramzi Binalshibh stessero progettando (anche in casa sua) gli attentati-kamikaze dell’11 settembre. Fino a prova contraria meritano davvero l’assoluzione, ma proprio per questo è indubbio che avevano un curriculum sfortunatissimo i protagonisti della sentenza che, l’altro ieri, ha assolto cinque fondamentalisti islamici spiegando che hanno sì inviato guerriglieri in Iraq, ma questo non basta a definirli terroristi.
Nel passaggio centrale della motivazione, il giudice Clementina Forleo chiarisce che è provata la loro «comune appartenenza all’organizzazione combattente islamica Al Ansar». Ma aggiunge che «questa formazione era alquanto eterogenea», nel senso che «la svolta violenta verso l’utilizzo di kamikaze» era condivisa «solo da alcuni militanti», per cui non è possibile condannare tutti per terrorismo internazionale. L’argomento chiave, secondo il giudice, è che a fare queste distinzioni è lo stesso Mohammed Tahir, il curdo-iracheno di Parma che i pm milanesi hanno presentato come il primo pentito di Al Ansar, ma che in realtà, come rimarca il giudice, si autodefinisce «islamista moderato».
Il «rito abbreviato», che limita il giudizio ai soli atti scritti, ha però lasciato in ombra la storia del pentimento di Tahir: come, quando e perché un «fondamentalista» come lui ha deciso di collaborare con i pm? La risposta sta in un video, girato in Kurdistan dallo stesso Tahir: 78 minuti d’immagini-choc di guerriglieri armati di kalashnikov che inneggiano alla guerra santa in uno dei campi paramilitari di Al Ansar, gli stessi che nel 2003 sono stati rasi al suolo dai bombardamenti americani. Tahir se l’era portato in Italia per indottrinare nuove reclute. Quando la Digos gliel’ha sequestrato, ha pensato di non avere scampo: lui stesso si era fatto riprendere con il kalashnikov e a quel punto non poteva negare di far parte di Al Ansar. Di qui la sua sofferta decisione di patteggiare una condanna (che per ora è l’unica) per terrorismo internazionale: 1 anno e 11 mesi, da scontare tutti in carcere. Il video, beninteso, prova solo che Tahir era un guerrigliero, ma mette in dubbio che fosse davvero un «moderato», come lui giurava nelle confessioni che la Procura, per la verità, ha sempre considerato «parziali».
Tra i cinque imputati riconosciuti «non terroristi», il più pericoloso, secondo la Digos, era Drissi Noureddine, 35 anni, marocchino, che all’accusa sembrava una specie di «prova vivente»: dopo averne seguito il viaggio dall’Italia all’Iraq, la polizia lo ha intercettato mentre comunicava all’imam di Cremona, con un satellitare, il suo arrivo tra i guerriglieri antiamericani, con parole inequivocabili: «Noi siamo Al Ansar». Le sue intercettazioni, piene di violenza e odio contro gli infedeli, sono bastate ai giudici islamici dell’Iran per ordinarne, caso più unico che raro, l’arresto e l’estradizione in Italia.
Ora è detenuto solo per reati minori (passaporti falsi e immigrazione clandestina dei suoi guerriglieri) e dunque potrebbe uscire dal carcere al più tardi fra tre mesi.
Ancor più inquietante è il passato di Mohammed Daki, che uscirà lunedì da San Vittore perché ha già scontato tutta la condanna a 22 mesi. Prima dell’11 settembre, Daki viveva ad Amburgo, dove ha prestato la sua casa, per un anno, a Ramzi Binalshisbh: il superterrorista di Al Qaeda arrestato dagli americani nel 2002 come «pianificatore» dell’attacco alle Torri gemelle. Interrogato dai giudici italiani e tedeschi, Daki ha ammesso di conoscere Mohammed Atta, gli altri due piloti-kamikaze dell’11 settembre e tutti i loro presunti complici: «Ma io non sapevo che fossero terroristi». E finora nessuno ha potuto smentirlo, anche se il suo inquilino Ramzi è da quasi tre anni prigioniero (e stranamente collaboratore) dei servizi segreti statunitensi.

Paolo Biondani
Biagi Marsiglia
26 gennaio 2005 corriere




continuate a portare la vostra solidarietà

gior77
00mercoledì 26 gennaio 2005 13:05
Re:

Scritto da: Matteo,
continuate a portare la vostra solidarietà





solidarietà?
Matteo, Berghem
00mercoledì 26 gennaio 2005 13:51
Voi giustificate quello che volete, ma a me di sapere che c'è gente che organizza e recluta gente per mandarli a fare i kamikaze e questi vengono assolti fa venire il vomito, convenzione o non convenzione, oltretutto non ho mai sentito parlare di sentenze basate su convenzioni internazionali, ma sempre e solo su fatti accertati, e qui ci sono, sentire il magistrato Stefano Dambruoso per credere.
lough
00mercoledì 26 gennaio 2005 18:17
Ma può essere definito partigiano chi minaccia di uccidere, ( utilizzando cecchini appostati fuori dai seggi), coloro che si recheranno alle urne?
MAH!

Personalmente non riesco a considerare partigiani neppure chi (e solo quelli) nella nostra resistenza ha combattuto il nazi-fascismo per gettare questo paese nel baratro del comunismo sovietico.
x fortuna le cose sono andate in modo molto diverso...

********************************************

dal Corriere


Vattimo: Al Zarkawi è come un partigiano


ROMA - Non bastavano le polemiche sulla sentenza milanese di assoluzione, a sorpresa, del gruppo di islamici accusato di reclutare kamikaze per l’Iraq. Ieri sera una dichiarazione del filosofo Gianni Vattimo ha sicuramente gettato olio sul fuoco di queste polemiche. «Al Zarqawi è da paragonare ai partigiani della Resistenza: anche loro venivano chiamati banditi dai nazisti»: è stata infatti l’opinione espressa dal sessantottenne professore torinese (famoso per la sua teoria del «pensiero debole») intervenendo ieri sera alla trasmissione «Controcorrente», condotta da Corrado Formigli, e in onda su Sky Tg24 dedicata all’Iraq. Alla domanda se chi ha sparato contro il maresciallo Simone Cola sia da considerare un terrorista o un guerrigliero, Vattimo ha risposto: «Secondo me è un guerrigliero, non un terrorista. Lì a Nassiriya era in corso una battaglia, si sparava da entrambe le parti. Semmai - ha proseguito Gianni Vattimo - la responsabilità di quello che è successo è del ministro della Difesa, Antonio Martino, che non ha attrezzato i nostri soldati in modo adeguato, e ha mentito al presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, camuffando una missione di guerra per una missione di pace».
Opposta, invece, la posizione espressa nella stessa trasmissione dall’ex ministro degli Esteri e segretario del Nuovo Psi, Gianni De Michelis, che alla domanda ha risposto: «Un terrorista è comunque colpevole di omicidio». Lo spietato e inafferrabile giordano Abu Musab Al Zarqawi è considerato il capo della rivolta irachena e appena due giorni fa ha rinnovato le minacce di morte contro chi andrà a votare, proprio mentre il governo iracheno annunciava la cattura del suo braccio destro Hassan Hamad Abdallah Mohsen al Dulemi.



Tutti gli articoli


gior77
00giovedì 27 gennaio 2005 08:26
Re:

Scritto da: lough 26/01/2005 18.17
Ma può essere definito partigiano chi minaccia di uccidere, ( utilizzando cecchini appostati fuori dai seggi), coloro che si recheranno alle urne?
MAH!

Personalmente non riesco a considerare partigiani neppure chi (e solo quelli) nella nostra resistenza ha combattuto il nazi-fascismo per gettare questo paese nel baratro del comunismo sovietico.
x fortuna le cose sono andate in modo molto diverso...

********************************************

dal Corriere


Vattimo: Al Zarkawi è come un partigiano


ROMA - Non bastavano le polemiche sulla sentenza milanese di assoluzione, a sorpresa, del gruppo di islamici accusato di reclutare kamikaze per l’Iraq. Ieri sera una dichiarazione del filosofo Gianni Vattimo ha sicuramente gettato olio sul fuoco di queste polemiche. «Al Zarqawi è da paragonare ai partigiani della Resistenza: anche loro venivano chiamati banditi dai nazisti»: è stata infatti l’opinione espressa dal sessantottenne professore torinese (famoso per la sua teoria del «pensiero debole») intervenendo ieri sera alla trasmissione «Controcorrente», condotta da Corrado Formigli, e in onda su Sky Tg24 dedicata all’Iraq. Alla domanda se chi ha sparato contro il maresciallo Simone Cola sia da considerare un terrorista o un guerrigliero, Vattimo ha risposto: «Secondo me è un guerrigliero, non un terrorista. Lì a Nassiriya era in corso una battaglia, si sparava da entrambe le parti. Semmai - ha proseguito Gianni Vattimo - la responsabilità di quello che è successo è del ministro della Difesa, Antonio Martino, che non ha attrezzato i nostri soldati in modo adeguato, e ha mentito al presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, camuffando una missione di guerra per una missione di pace».
Opposta, invece, la posizione espressa nella stessa trasmissione dall’ex ministro degli Esteri e segretario del Nuovo Psi, Gianni De Michelis, che alla domanda ha risposto: «Un terrorista è comunque colpevole di omicidio». Lo spietato e inafferrabile giordano Abu Musab Al Zarqawi è considerato il capo della rivolta irachena e appena due giorni fa ha rinnovato le minacce di morte contro chi andrà a votare, proprio mentre il governo iracheno annunciava la cattura del suo braccio destro Hassan Hamad Abdallah Mohsen al Dulemi.



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Su quello che è successo al nostro soldato sono d'accordo, sono guerriglieri e combattono contro una forza di occupazione.
Se realmente spareranno a chi andrà a votare ... mi auguro che sia solo una minaccia, perchè colpire la popolazione in questo modo non avrebbe giustificazioni. Anche se già la sola minaccia serve a spargere paura tra la popolazione, dovessero metterla in pratica non ci sarebbero giustificazioni ad un atto così vile.
Elezioni manipolate e no che siano.
Sean1
00giovedì 27 gennaio 2005 09:15
Partigiani - da lettere di condannati a morte della resistenza
Albino Albico

Di anni 24 – operaio fonditore – nato a Milano il 24 novembre 1919 -. Prima dell’8 settembre 1943 svolge propaganda e diffonde stampa antifascista – dopo tale data è uno degli organizzatori del GAP, 113a Brigata Garibaldi, di Baggio (Milano), del quale diventa comandante -. Arrestato il 28 agosto 1944 da militi della "Muti", nella casa di un compagno, in seguito a delazione di un collaborazionista infiltratosi nel gruppo partigiano – tradotto nella sede della "Muti" in Via Rovello a Milano – torturato – sommariamente processato -. Fucilato lo stesso 28 agosto 1944, contro il muro di Via Tibaldi 26 a Milano, con Giovanni Aliffi, Bruno Clapiz e Maurizio Del Sale.

Carissimi, mamma, papà, fratello sorella e compagni tutti,

mi trovo senz’altro a breve distanza dall’esecuzione. Mi sento però calmo e muoio sereno e con l’animo tranquillo. Contento di morire per la nostra causa: il comunismo e per la nostra cara e bella Italia.

Il sole risplenderà su noi "domani" perché TUTTI riconosceranno che nulla di male abbiamo fatto noi.

Voi siate forti come lo sono io e non disperate.

Voglio che voi siate fieri ed orgogliosi del vostro Albuni che sempre vi ha voluto bene.

Giordano Cavestro (Mirko)

Di anni 18 - studente di scuola media - nato a Parma il 30 novembre 1925 -. Nel 1940 dà vita, di sua iniziativa, ad un bollettino antifascista attorno al quale si mobilitano numerosi militanti - dopo l'8 settembre 1943 lo stesso nucleo diventa centro organizzativo e propulsore delle prime attività partigiane nella zona di Parma -. Catturato il 7 aprile 1944 a Montagnana (Parma), nel corso di un rastrellamento operato da tedeschi e fascisti - tradotto nelle carceri di Parma -. Processato il 14 aprile 1944 dal Tribunale Militare di Parma - condannato a morte, quindi graziato condizionalmente e trattenuto come ostaggio -. Fucilato il 4 maggio 1944 nei pressi di Bardi (Parma), in rappresaglia all'uccisione di quattro militi, con Raimondo Pelinghelli, Vito Salmi, Nello Venturini ed Erasmo Venusti.

Parma, 4-5-1944

Cari compagni, ora tocca a noi.

Andiamo a raggiungere gli altri tre gloriosi compagni caduti per la salvezza e la gloria d'Italia.

Voi sapete il compito che vi tocca. Io muoio, ma l'idea vivrà nel futuro, luminosa, grande e bella.

Siamo alla fine di tutti i mali. Questi giorni sono come gli ultimi giorni di vita di un grosso mostro che vuol fare più vittime possibile.

Se vivrete, tocca a voi rifare questa povera Italia che è così bella, che ha un sole così caldo, le mamme così buone e le ragazze così care.

La mia giovinezza è spezzata ma sono sicuro che servirà da esempio.

Sui nostri corpi si farà il grande faro della Libertà.



Bruno Frittaion (Attilio)
Di anni 19 - studente - nato a San Daniele del Friuli (Udine) il 13 ottobre 1925 -. Sino dal 1939 si dedica alla costituzione delle prime cellule comuniste nella zona di San Daniele - studente del III corso di avviamento professionale, dopo l'8 settembre 1943 abbandona la scuola unendosi alle formazioni partigiane operanti nella zona prende parte a tutte le azioni del Battaglione "Písacane", Brigata "Tagliamento", e quindi, con funzioni di vice-commissario di Distaccamento, dei Battaglione "Silvio Pellíco " -. Catturato il 15 dicembre 1944 da elementi delle SS italiane, in seguito a delazione, mentre con il compagno Adriano Carlon si trova nella casa di uno zio a predisporre i mezzi per una imminente azione - tradotto nelle carceri di Udine - più volte torturato -. Processato il 22 gennaio 1945 dal Tribunale Militare Territoriale tedesco di Udine -. Fucilato il 1 febbraio 1945 nei pressi dei cimitero di Tarcento (Udine), con Adriano Carlon, Angelo Lipponi, Cesare Longo, Elio Marcuz, Giannino Putto, Calogero Zaffuto e Pietro Zanier.

31 gennaio 1945

Edda

voglio scriverti queste mie ultime, e poche righe. Edda, purtroppo sono le ultime si, il destino vuole così, spero ti giungano di conforto in tanta triste sventura.

Edda, mi hanno condannato alla morte, mi uccidono; però uccidono il mio corpo non l'idea che c'è in me. Muoio, muoio senza alcun rimpianto, anzi sono orgoglioso di sacrificare la mia vita per una causa, per una giusta causa e spero che il mio sacrificio non sia vano anzi sia di aiuto nella grande lotta. Di quella causa che fino a oggi ho servito senza nulla chiedere e sempre sperando che un giorno ogni sacrificio abbia il suo ricompenso. Per me la migliore ricompensa era quella di vedere fiorire l'idea che purtroppo per poco ho servito, ma sempre fedelmente.

Edda il destino ci separa, il destino uccide il nostro amore quell'amore che io nutrivo per te e che aspettava quel giorno che ci faceva felici per sempre. Edda, abbi sempre un ricordo di chi ti ha sempre sinceramente amato. Addio a tutti.

Addio Edda

Franca Lanzone

Di anni 25 - casalinga - nata a Savona il 28 settembre 1919 -. Il 1°ottobre 1943 si unisce alla Brigata "Colombo", Divisione "Gramsci", svolgendovi attività di informatrice e collegatrice e procurando vettovagliamento alle formazioni di montagna -. Arrestata la sera del 21 ottobre 1944, nella propria casa di Savona, da militi delle Brigate Nere - tradotta nella Sede della Federazione Fascista di Savona -. Fucilata il I° novembre 1944, senza processo, da plotone fascista, nel fossato della Fortezza ex Priamar di Savona, con Paola Garelli e altri quattro partigiani.

Caro Mario,

sono le ultime ore della mia vita, ma con questo vado alla morte senza rancore delle ore vissute.

Ricordati i tuoi doveri verso di me, ti ricorderò sempre

Franca

Cara mamma, perdonami e coraggio. Dio solo farà ciò che la vita umana non sarà in grado di adempiere. Ti bacio. La tua

Franca
PS NON INFANGARE !!!

Dedicato ad un mio vecchio amico genovese, partigiano delle Brigate Garibaldi a soli 16 anni, regione militare: Italia Nord-Orientale, mio amico e insegnante di canottaggio e maestro di vita.



[Modificato da Sean1 27/01/2005 9.17]

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