James Joyce

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cossaigh
00sabato 29 gennaio 2005 18:09
Prometeo, Ulisse e Gilgameš. Figure del mito

Scienza e mito,
due insospettabili alleati
Massimiliano Panarari

Giulio Girello,
Prometeo, Ulisse e Gilgameš,
Figure del mito,
Raffaello Cortina editore,
pp. 250 - € 19,80

Giulio Giorello non è solamente – cosa peraltro non da poco, beninteso… – uno dei maggiori epistemologi e filosofi italiani della scienza (ordinario di Filosofia della scienza presso l’università di Milano, presidente della Società italiana di Logica e Filosofia della scienza, direttore della collana “Scienza e idee” di Raffaello Cortina editore), ma è anche un individuo versatile e curioso, e un intellettuale con una spiccata propensione per l’estrosità e la creatività. Come dimostra una carriera costellata di “tappe anomale”; e non stiamo parlando, naturalmente, della collaborazione con un quotidiano prestigioso come il Corriere della sera (i filosofi italiani ormai rappresentano presenze fisse sulle pagine dei giornali e hanno assunto una chiara valenza di “opinionisti”), ma delle altre manifestazioni della sua vocazione culturale “eretica” ed eclettica. Espressioni di eclettismo che Giorello ha palesato nella sua partecipazione, verso la fine degli anni Ottanta, alla mitica stagione di Fuoriorario di Rai3 (uno dei primi parti creativi dell’ineffabile “coppia neo-situazionista” Enrico Ghezzi/Marco Giusti) o, pochissimo tempo fa, nella messa in scena della pièce teatrale I Cercatori. Dialoghi immaginari tra Socrate e Einstein, Jefferson e Machiavelli, Beckett e Kierkegaard, presentato insieme a Massimiliano Finazzer Flory e interpretato (a partire dal libro L’avventura della ricerca di Daniel J. Boorstin) dagli attori Massimo Popolizio e Giancarlo Dettori.

E, ora, l’allievo del grande marxista e materialista Ludovico Geymonat (il cui magistero non ha mai rinnegato) si cimenta, dopo essere transitato per il puritanesimo radicale e l’anarchismo epistemologico di Paul K. Feyerabend, con un argomento apparentemente lontano – o quanto meno tutt’altro che immediato – per uno studioso con la sua formazione, vale a dire il mito. Anzi, i miti, nella loro declinazione contemporanea e nella loro ricomparsa, tra Otto e Novecento, in alcune delle opere letterarie più interessanti e significative della cultura occidentale, con il reincarnarsi, come dice il titolo di questo suo ultimo libro, di Prometeo, Ulisse e Gilgameš. Figure del mito (Cortina).

Campeggiando – o, meglio, occhieggiando – dalla copertina del volume en travesti da James Joyce – uno dei suoi miti letterari, per l’appunto, e, con l’Irlanda, uno dei suoi amori linguistici e geografici – Giorello ci porta, in maniera fulminante e coltissima, a ravvisare le permanenze del mito e il suo riprodursi nell’età moderna e contemporanea, che dei miti non si è affatto liberata, ma li insegue e rincorre e, soprattutto, si trova ad averne assolutamente e disperatamente bisogno. L’obiettivo dell’autore è quello di farci comprendere come scienza e mito non costituiscano dei rivali irriducibili, dal momento che il pensiero razionale ha bisogno anche di quello mitologico per completarsi e sottrarsi ai rischi del “gelo dell’anima”.

Le parole e le fantasie, insieme ai calcoli, dunque; basti pensare, del resto, che proprio all’interno della grecità, la cultura che è stata la più grande produttrice di miti della storia, pensiero calcolante e poetante andavano a braccetto, mentre la vicenda di Ulisse rappresenta anche una straordinaria epopea di tecniche nautiche e di misurazioni astronomiche e del tempo. E, analogamente, il Prometeo liberato del grande poeta romantico Percy Bysshe Shelley (autore, tra l’altro, del pamphlet La necessità dell’ateismo o la maschera dell’anarchia e alfiere convinto della giustizia sociale almeno tanto quanto risultava un detrattore delle pratiche di vivisezione) e il Frankenstein di Mary Wollstonecraft Godwin (signora Shelley dal 30 dicembre 1816) risultano intrisi di richiami al dibattito accesosi intorno alla scienza, dal newtonianesimo alla chimica, da Lavoisier a Erasmus Darwin (zio di Charles, il fondatore dell’evoluzionismo), dall’ideologia calvinistico-illuminista di Victor (il protagonista del romanzo di Mrs. Mary Shelley) alla “scienza occulta” e alchemica sempre presente e aleggiante nei discorsi dei sapienti.

E che dire dei protagonisti dello straordinario Ulysses joyciano, i Bloom e i Dedalus, isole alla deriva tra relatività, psicanalisi e teologia? O ancora, del Gilgameš che attraversa gli sterminati (e adorati da Giorello) Cantos di Ezra Pound, uno dei vertici della poesia novecentesca e un inarrivabile aedo dei rischi e delle potenzialità della tecnologia moderna, terrorizzato dalla prospettiva della guerra nucleare e persuaso del fatto che l’umanità non fosse spiritualmente all’altezza dei doni e degli orizzonti che le aveva dischiuso la scienza?

E, allora – ecco la riflessione che ci consegna questo libro non facilissimo, ma davvero bello – i miti non costituiscono una manifestazione di oscurantismo, ma, molto laicamente, dischiudono agli uomini alcune, preziose e tutt’altro che trascurabili, occasioni di libertà.

Fonte: www.caffeeuropa.it/cultura/271giorello.html
admin/moris
00lunedì 27 marzo 2006 16:02
Attenzione : la lettura è sconsigliata a coloro che sono facilmente scandalizzabili. Evitate di proseguire oltre se certi temi legati al feticismo erotico vi imbarazzano o infastidiscono.





Conosciamo per davvero le stranezze dei grandi scrittori? Il grande autore di Gente di Dublino scrisse alla compagna Nora Barnacle la sua voglia di possederla "in estrema nudità". Ora la lettera è stata acquistata da un privato a Londra per 350 mila euro

(31 Luglio 2004 TN 31 Anno 2)

di T N

Testo tratto da una lettera di James Joyce alla moglie. La missiva è stata tra l'altro venduta alla 'asta da Sotheby's a Londra per 350 mila euro. Scritta il primo dicembre 1909, la lettera era indirizzata alla "Mia cara puttana dagli occhi strani" e si conclude con "Dio perdoni la mia follia, Jim".


Mia dolce puttanella, Nora, ho fatto come mi hai detto, cara mia piccola sporcacciona.
Le parti del tuo corpo che fanno sconcezze sono quelle che mi piacciono di più, ma preferisco il sedere, amore, alle poppe, perché fa una cosa così sporca.
Io penso, Nora, che riconoscerei dovunque le tue flatulenze. Scommetto le riconoscerei perfino in una stanza piena di donne che scoreggiano. Fanno un rumore da ragazza, non come certe mogli ciccione che immagino petino umido e ventoso. Le tue sono improvvise, secche e sporche come le farebbe una ragazza spiritosa, per gioco, di notte, in dormitorio. Spero proprio che la mia Nora voglia farmele sul viso, sì che io possa anche odorarle.
Buona notte, piccola Nora petante.

James Joyce


Earendil78
00lunedì 27 marzo 2006 16:27
E brava Nora [SM=g27828]
Corcaigh
00lunedì 27 marzo 2006 16:36
E bravo James... [SM=g27828]
fergus
00lunedì 27 marzo 2006 17:31
prove tecniche di trasmissione
scottishflag
00mercoledì 29 marzo 2006 18:16
Fergus... [SM=x145470]

[SM=g27828] [SM=g27828] [SM=g27828]
anam cara
00domenica 23 aprile 2006 18:59
Un'immagine un po' più romantica, dal film "Nora". [SM=g27824]



Chi l'ha visto?

[Modificato da anam cara 23/04/2006 19.00]

=Linog=
00martedì 2 maggio 2006 12:57
Non ho visto il film, ma sono curioso, mi sembra sia uscito qualche anno fa...se trovo il dvd lo prendo.

Ho letto, un pò di tempo fa, la biografia su Joyce ("james Joyce") scritta da Edna O'brien (una delle tante, ma piacevole, molto)

sapevo delle lettere di Joyce a Nora, la gelosia verso il suo amico era tanta e lei era distante mentre lui era a trieste, su questo sito ci sono alcune "dirty letters" (in inglese) www.arlindo-correia.com/joyce.html

anam cara
00venerdì 5 maggio 2006 00:21
A me il film è piaciuto ( non fosse altro che per Ewan! [SM=g27835] ). Non è recentissimo, credo almeno di un 5/6 anni fa. La storia delle lettere fa la sua bella parte e Nora non risulta da meno del marito.

=Linog=
00venerdì 5 maggio 2006 15:27
Re:

Scritto da: anam cara 05/05/2006 0.21
A me il film è piaciuto ( non fosse altro che per Ewan! [SM=g27835] ). Non è recentissimo, credo almeno di un 5/6 anni fa. La storia delle lettere fa la sua bella parte e Nora non risulta da meno del marito.




Grazie Anam Cara [SM=g27823]
beh, allora devo vederlo (mi piace Ewan Mc Gregor come attore).

Hai capito Nora...ecco perchè Joyce ha ambientato tutto l'Ulisse nel giorno (16 giugno) in cui Nora gli ha tirato giù la zip dei pantaloni per...
(poco romantico, lo so, ma non saprei in quale altro modo descriverlo [SM=x145456] )

Linog [SM=x145506]
admin/moris
00domenica 7 maggio 2006 23:03
Re:

Scritto da: cossaigh 12/11/2004 18.42

DUBLINO, 11 NOV - Muore un pezzetto della Dublino di James Joyce, alla fine del mese chiudera' il caffe' Bewley's a Grafton Street.






Consumato un caffè nel mezzanino di Bewley's, lo scorso 27 aprile 2006.
Per fortuna lo storico locale non è ancora stato trasformato in un impersonale centro commerciale ma è ancora in attività come Caffè.

anam cara
00domenica 7 maggio 2006 23:52
Re: Re:

Scritto da: =Linog= 05/05/2006 15.27


Grazie Anam Cara [SM=g27823]
beh, allora devo vederlo (mi piace Ewan Mc Gregor come attore).


Si, anche io lo amo anche come attore! [SM=g27835]


Hai capito Nora...ecco perchè Joyce ha ambientato tutto l'Ulisse nel giorno (16 giugno) in cui Nora gli ha tirato giù la zip dei pantaloni per...
(poco romantico, lo so, ma non saprei in quale altro modo descriverlo [SM=x145456] )

Linog [SM=x145506]



Nel film l'episodio è chiaramente raccontato. [SM=g27824]

anam cara
00giovedì 11 maggio 2006 20:43
Joyce era superstizioso?
Ho finalmente iniziato un libro comprato tempo fa, "In Irlanda, il paese dei sognatori" di Hans Tuzzi.
E leggendo ho scoperto una cosa che ignoravo (una delle tante) su Joyce. Vi riporto il passo del libro, che fa venire la curiosità di saperne di più. [SM=g27823]
(scusate la lunghezza, però era carino riportarlo [SM=g27822] )

«Si sa che Joyce era piuttosto superstizioso, attento al misterioso ricorrere dei numeri. Un grande studioso contemporaneo, Donald McKenzie, ha dedicato alle ricadute di questo aspetto del carattere dello scrittore irlandese nelle sue opere due o tre paginette molto istruttive. Per dimostrare come Joyce utilizzi il libro ? e dirò di più: il libro in quanto oggetto ? come mezzo espressivo, McKenzie prende le mosse dall'esile raccolta poetica Pomes Penyeach (attento lettore: pomes, non poems!). Cedo direttamente la parola a Donald McKenzie. »
Evocato, il grande bibliografo acconsente ad affacciarsi al confine di quel paese dal quale nessuno è mai tornato. La voce è fioca, ma chiara: «Forse, considerando il livello di consapevolezza mostrato da Joyce nei Pomes Penyeach, sarebbe potuto nascere qualche sospetto che lui, più di altri autori, avrebbe utilizzato il libro come mezzo espressivo. È ben comprovata la sua superstizione riguardo al numero 13: ‘Quest'anno sarà per me di incessanti guai,' scriveva nel 1921 ad Harriet Beacher Weaver, aggiungendo fra parentesi '1 + 9 + 2 +1 = 13’. Sua madre mori il 13 agosto del 1903, e Joyce pubblicò nei Pomes Penyeach la poesia che aveva scritto per la sua morte collocandola al tredicesimo posto nella raccolta e intitolandola Tilly, alludendo al significato che la parola ha nell'espressione Twelve and a Tilly (la tredicesima pagnotta data gratuitamente a chi ne acquista dodici). Le dodici righe della poesia, più la riga del titolo, ribadiscono l'intenzione dell'autore di riconoscere e negare al tempo stesso la realtà del numero 13 e le sue associazioni. Il prezzo dei Pomes Penyeach era di uno scellino, ovvero 12 pence per dodici poesie, con la tredicesima in regalo.
«Ah, Joyce era superstizioso?» bisbiglia M.
«Oh sì», rispondo in un soffio.
«E cosa c'entra tutto questo con la baia di Howth?»
C'entra L'Ulysses è pieno di giochi con i numeri. Ascolta, McKenzie non ha finito.»
«Nel leggere una lettera di sua figlia Milly, che aveva compiuto quindici anni il quindici giugno, Bloom dice: 'Quindici anni ieri; curioso: anche quindici del mese'. Più interessante per noi è scoprire che nella revisione in bozza di Joyce la lettera contiene quindici frasi. Ogni tentativo editoriale di 'correggere' la sintassi e la punteggiatura adolescenziali di Milly riportandola alle versioni precedenti, ha ovviamente alterato il conteggio e offuscato il punto in questione. Fu revisionato nella stampa anche il passo in cui Bloom riflettendo sulla velocità con cui un oggetto cade a terra ('trentadue piedi al secondo) ne fa la trentaduesima frase del paragrafo, laddove il ricorso a versioni precedenti, come nell'edizione del 1984, nasconde questa convergenza di segno e di senso. A pagina 88 Joyce aggiunse in bozza una frase di otto parole per dare maggior rilievo a un annuncio funebre tratto da un giornale: '88 anni, dopo una lunga e penosa malattia'. A pagina 77 Joyce aggiunse in bozza l'espressione 'settimo cielo' e, a pagina 360, Bloom medita su cerchi e sfere.»
Dall'aldilà il professore s'interrompe, forse per un atto equivalente al nostro bere un po' d'acqua.
Bè mi sembra uno strano modo di leggere un libro bisbiglia M.
«L’UIysses è un libro strano.»
«E poi, cos'è questa storia delle correzioni editoriali? Sembra che ogni edizione sia diversa dalla precedente!»
«In parte è così», spiego. «La prima edizione, le cui prime due copie videro la luce il giorno natale di Joyce, il 2 febbraio del 1922 ... »
«Due, due, ventidue!» È felice della propria scoperta.
«Appunto. Dicevo, la prima edizione conteneva una media di sei refusi a pagina. Joyce, molto malato agli occhi, ne aveva affidato la revisione ad altri, revisione condotta su un manoscritto molto tormentato. Inoltre, il tipografo era francese e nessuno tra i suoi compositori conosceva l'inglese. Puoi capire come tutto questo abbia ampiamente giustificato le successive edizioni critiche, sino a quella di Garland del 1984, critica e sinottica. Ma per i giochi di rapporti tra testo e pagine, è alla mitica prima edizione pubblicata a Parigi da Sylvia Beach che noi dobbiamo rifarci.»
«Si, ma la baia tagliata a metà?»
«Adesso arriva», sibilo. «Ascolta, il professor McKenzie sta riprendendo a parlare.»
L'ombra sembra cincischiare con la cravatta.
E' risaputo che l'Ulysses mette a fuoco l'esperienza di un unico giorno e un'unica notte di un'intera vita, e di un'intera vita compressa in un unico giorno e un'unica notte. Questo gioco di richiami emerge più chiaramente da come Joyce li sviluppa nelle bozze. Il 1904 fu un anno bisestile; dal momento che la cosa è ricordata quattro volte nell'opera, Joyce doveva esserne ben consapevole. In un anno bisestile il numero complessivo dei giorni e delle notti è due volte 366, cioè 732. Ora, il testo dell'edizione del 1922 copre esattamente 366 fogli, ovvero 732 pagine.
«Accidenti! Bravo, professore!» applaude M.
«Non ha finito» dico brusco. «Ascolta. Adesso ti racconta la scoperta fatta da un suo amico, il dottor John Kidd.
E infatti: «L'Ulysses inoltre», riprende McKenzie, «si divide chiaramente in una prima metà, diurna, e in una seconda, notturna. Il sole tramonta nel capitolo marino di Nausicaa non con un tuffo improvviso ma con un graduale oscuramento, finché a pagina 365 la luce del giorno e la coscienza di Bloom si spengono. La parte restante del libro è ambientata nell'oscurità... Seduto dove mare e terra si incontrano, guardando l'ultimo baluginio di luce estiva e osservando il profilo semicircolare della baia di Dublino, Bloom pensa che ci debba essere un ordine divino: 'Fatta apposta a metà'.»
«Perdindirindina! Bravo, professore!»
«Aspetta, non ha finito.»
«Questa simmetria apparve per l'ultima volta nell'edizione in due volumi dell'Odyssey Press, pubblicata ad Amburgo nel 1932. Nell'ultimo paragrafo del primo volume si legge la frase ‘fatta apposta a metà’, che invita il lettore a passare al volume secondo, il volume della notte, dopo aver trascorso tutta la giornata con Bloom.»
Ora McKenzie ha concluso; la lezione, contenuta in Bibliografia e sociologia dei testi, è consegnata, dopo la morte dell'autore, alla relativa immortalità del tempo degli uomini. Torniamo ad essere soli, noi due.
M. si volta in direzione della baia: Fatta apposta a metà! «Ganzo!»
Mi sento in dovere di aggiungere che il romanzo si apre nella Torre Martello di Dalkey, all'estremità meridionale della baia, e termina sulla punta settentrionale, nel quartiere di Howth, abbracciando cosi l'intero golfo.


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