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una generazione low cost

Ultimo Aggiornamento: 01/04/2006 16:49
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20/03/2006 09:30
 
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questo è uno dei tanti articoli che spiega ciò che sta accadendo in francia in questi giorni. purtroppo mi riconosco in pieno in ciò che dicono i manifestanti in questo articolo. la situazione è globale e prima o poi la protesta arriverà anche da noi. spero...
le frasi in grassetto le ho messe io.

dal corriere.it
«Non vogliamo diventare la generazione low cost»
Dalle periferie ai licei borghesi gli stessi slogan nei cortei.
«E'una lotta per la sopravvivenza, non per i valori»

PARIGI — Ci sono due K che raccontano il disagio dei giovani francesi. La K che sta per Kaercher, la pompa ad acqua degli spazzini, il simbolo della sommossa d'autunno nelle periferie, che il ministro degli Interni, Nicolas Sarkozy, voleva ripulire dalla teppaglia, appunto con il Kaercher. E c'è la K di Kleenex, della generazione usa e getta che invade le piazze del Paese. Le due K restano simbolicamente separate: c'è la rabbia della banlieue, distruttiva e senza speranza, che coinvolge milioni di figli d'immigrati e torna a farsi sentire con vandalismi e incendi e c'è questo movimento cittadino e borghese, di liceali e universitari che vogliono far valere i propri diplomi e entrare nel mondo del lavoro, senza la lunga anticamera della provvisorietà. Ma le due K s'incontrano nella disperante diagnosi della Francia di oggi: il 22% di disoccupati sotto il 26 anni, con punte del 50% nelle periferie. Un record europeo. E cominciano a saldarsi in una solidale presa di coscienza che prescinde da origini sociali e colore della pelle. Due fenomeni si sono materializzati dietro slogan e striscioni. C'è un'intera generazione che chiede di esistere e c'è un movimento non ideologico che si sta unendo al sindacato, non ai partiti politici. La questione è puramente economica ed è qui la differenza con il Sessantotto. I giovani di oggi non vogliono abbattere lo Stato, ma chiedono allo Stato e alla politica di fare la loro parte nell'era della globalizzazione e dell'incertezza. Nella società dei consumi, genitori (e nonni) chiedevano diritti civili. Oggi ci si batte per diritti che si ritenevano acquisiti: lavoro, contratti, consumi.

Un volto della protesta, Julie Coudry, 27 anni, incorniciato da riccioli biondi, ha preso il comando della Confederazione degli studenti, movimento fondato con obiettivi sindacali: diritto allo studio, sussidi, case per gli studenti. «Diamo al governo solo qualche giorno di tempo per ritirare la legge, senza condizioni», dice battagliera. Fanny Nicoud, 18 anni, studentessa di medicina, famiglia borghese, è in contrasto con i genitori che «non capiscono», anche se la mamma ha fatto il Sessantotto: «Non voglio rimanere precaria per i prossimi cinquant'anni. Senza un contratto di lavoro non puoi chiedere un mutuo per la casa e nemmeno comperarti un'auto a rate». Il suo amico, Alexandre Carbuccia, di origini corse, spiega: «Noi giovani francesi non vogliamo finire come italiani e spagnoli. Fino a trent'anni a casa con i genitori». In Place de la Nation, dove sfocia la grande manifestazione, ci sono giovani di origine maghrebina e africana. Fatima e Mehemet Cihan, stesso cognome (ma non sono fratelli), liceali: «Non c'è nessuna differenza con i ragazzi delle banlieue. Il nuovo contratto di lavoro condanna al precariato anche gli universitari. I nostri genitori hanno lottato per inserirsi in una società più giusta. Non possiamo chiedere altri sacrifici perché ci mantengano a vita». Mhedi, 22 anni, arrivato dalla periferia calda di Saint Denis: «Il governo ha una bella faccia tosta.

Già non ti assumono perché sei nero o arabo e adesso ti vogliono licenziare senza motivo. Siamo condannati a vita a fare i camerieri da Mc Donald's: ecco il nostro futuro». Donadien, Badis, Aziz, quindicenni, sono arrivati da Barbes, il quartiere arabo di Parigi: «Ci dicono che bisogna studiare, ma a che serve? Non siamo merce che prendi e butti via quando ti fa comodo». Anne- Claire Gaymard, economia alla Sorbona, cappottino elegante e foulard, dice: «Dopo cinque anni di corso, decine di stages e lavoretti di ogni genere, mi vengono a dire che devo aspettare altri due anni per un contratto stabile. Mi dispiace che la Sorbona sia chiusa, perché vorrei studiare. Ci prendono per rivoluzionari o per anarchici con il mito del Sessantotto, un mito appunto incollato ad ogni forma di protesta. È ridicolo. I problemi sono altri, molto più concreti: con un contratto precario, non puoi nemmeno sposarti. I miei genitori hanno vissuto in una Francia felice, avevano speranze nel futuro. Davanti a noi c'è solo buio». «Il Sessantotto? Questo non è il tempo dei sogni, ma della sopravvivenza», dice un'altra ragazza della Sorbona, Aurore Graziani, 20 anni. Julien le Dez, di anni ne ha 25. Fra uno non entrerà nemmeno nella «categoria» individuata dalle misure del governo. «La mia insicurezza psicologica continuerà anche dopo. Non puoi vivere, impegnarti, migliorare se sai che dopo due anni ti possono mandare a casa senza un motivo. Vorrei sapere chi si azzarda a prendere una tessera del sindacato. Il Contratto per il primo impiego è anche un modo per fabbricare lavoratori che obbediscono». Juliette Grand, 17 anni, liceo privato Saint Michel, è una fra le 6 studentesse (su 600 iscritti) che hanno osato scendere in piazza: «Ho già protestato contro la guerra di Bush, per la legalizzazione della cannabis e contro la legge sulla laicità. Questo contratto è un'assurdità. Prima il governo lo ritira e meglio è». Le due K arrotolano bandiere e striscioni. Resta il disagio. «Da domani si ricomincia a consultare piccoli annunci e fare telefonate». «Parlare di valori in queste condizioni è un insulto». «Siamo la generazione low cost, prezzi di saldo per i nostri diplomi».

Massimo Nava

[Modificato da spartacus81 20/03/2006 9.32]

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..."questa è una rapina", dillo tu che hai la voce più grossa (Bud&Terence)

Non c'è cattivo più cattivo di una buono quando diventa cattivo (Bud&Terence)

Mi appecorono alla vostra bellezza (Bud&Terence)

Una attenta pianificazione non potrà mai sostituire una bella botta di culo. (IO)
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un altro articolo (repubblica.it) e altre voci.
le frasi in grassetto le ho messe io.

La legge italiana è più accorta, ma la maggior parte dei "lavoratori interinali" è nelle stesse condizioni. Le opinioni di Accornero, Ichino, Contucci

"La Francia è sempre l'inizio
anche per i precari può essere così"

di FEDERICO PACE

Cpe. C'è una sigla di tre lettere al centro della protesta dei giovani francesi. Contrat première embauche, ovvero contratto di primo impiego. Un rapporto di lavoro che permetterebbe, secondo il primo ministro francese de Villepin, di ridurre la disoccupazione giovanile. Un contratto che, secondo i ragazzi, farebbe diventare l'occupazione sempre più instabile e incerta. Sì, perché con il Cpe le imprese potranno, da metà aprile quando cioè Jacques Chirac potrebbe promulgare la legge, assumere i giovani fino a 26 anni e licenziarli nei primi due anni di impiego senza particolare restrizioni.

Gli uni parlano perché si sentono schiacciati dalla precarietà che sembra avvelenare il mondo del lavoro. L'altro parla perché vuole sconfiggere il fantasma della disoccupazione giovanile. Di certo c'è che la transizione dallo studio al lavoro pare essere diventata, per chi la deve compiere, una vera e propria traversata nel deserto. Esattamente come in Italia. E anche in Italia, a parere di tutti gli osservatori, c'è un malessere che monta pronto ad esplodere: arriverà il "vento francese?"

"La cosa più incontestabile degli studi sulla precarietà - afferma il sociologo del lavoro Aris Accornero che sta preparando un libro sull'argomento - è che a pagare sono i giovani, in particolare le ragazze. La quota dei giovani che viene assunta in pianta stabile è esigua: non più di un terzo ce la fa alla prima botta e spesso ce la fa chi ha un elevato livello di istruzione o chi ha un canale privilegiato di accesso al mondo del lavoro. Per questo non credo che sia stata la cosa più sensata da parte di de Villepin andare a dire proprio a questi giovani che per due anni possono essere licenziati."

In Francia il tasso di disoccupazione giovanile raggiunge il 22,2%, un valore di poco inferiore a quello italiano che si aggira da qualche anno intorno al 24 per cento. La gran parte di chi un lavoro ce l'ha si trova in condizioni economiche sempre meno confortevoli e con pochi diritti. Se si guarda ai lavoratori sottopagati, ovvero a chi guadagna meno di due terzi dello stipendio medio di un lavoratore a tempo pieno, ci si accorge che (dati Ocse) in Francia il 26,1% dei sottopagati ha meno di 25 anni mentre in Italia si arriva addirittura al 60,9 per cento.

Dopo l'esplosione delle proteste, de Villepin ha difeso strenuamente il nuovo contratto e in risposta i giovani francesi hanno deciso di non fare passi indietro e hanno promesso per oggi nuove manifestazioni, mentre i sindacati si muoveranno giovedì e sabato.

Saranno manifestazioni che però non riguarderanno solo Parigi e la Francia. Perché i giovani sono i protagonisti, malgrado loro, di un processo di ristrutturazione del mercato del lavoro che investe la gran parte delle città europee. "Se una legge simile dovesse essere proposta anche in Italia - dice Accornero - potrebbe succedere la stessa cosa. Da noi però ce la siamo cavata con l'interinale, una soluzione che costa un po' di più per le imprese. L'interinale sembra pensato per i giovani tanto che l'80 per cento riguarda proprio loro e un quarto degli interinali viene assunto in pianta stabile."

Il posto stabile appunto. Un miraggio sempre più remoto. Se c'è un'area dove i giovani, e i meno giovani, vengono mantenuti con più drammaticità in una situazione di permanente precarietà è proprio il settore pubblico e in particolare le università. Ne sa qualcosa Pierluigi Contucci, giovane docente del dipartimento di Matematica dell'università di Bologna con un passato negli Usa che è stato tra i coordinatori dell'"esercito degli idonei", ovvero quei professori che avevano vinto un concorso e hanno dovuto aspettare a lungo prima di essere impiegati nel ruolo.

"Io sono stato a Parigi per dei seminari questo gennaio. Conosco molti colleghi. Quello che sta succedendo in Francia - dice Contucci - manda un segnale molto forte a tutti noi. Da Parigi arrivano sempre dei campanelli d'allarme per l'Europa. Certi malesseri diffusi sembra che lì riescano ad emergere con più forza. Il dieci marzo è scoppiata la protesta e oggi già la metà degli atenei francesi vi ha aderito. Non che questo sia di per sé positivo, ma i francesi si uniscono in alcune battaglie con molta più decisione di noi."

Qualcosa di simile a quello che accade oggi era accaduto alla fine del 2003, quando la gran parte degli stati europei aveva cominciato a fare tagli alla ricerca scientifica e i francesi si erano mossi con grande rapidità. "In Francia allora era subito nato il coordinamento 'Salviamo la Ricerca', dopo pochi giorni avevano sei mila iscritti e all'inizio del 2004 erano in 45 mila, ovvero la totalità del corpo accademico dei ricercatori. In Italia abbiamo impiegato quattro mesi per avere duemila iscritti. E poi il coordinamento si è sciolto come sale nell'acqua. Anche oggi, se devo dire la verità, tra colleghi non si parla molto di quello che accade in Francia".

Con gli studenti Contucci però parla, spesso di prospettive occupazionali, quando i ragazzi gli chiedono cosa possono fare "dopo". E non può fare altro che metterli in guardia: "Non posso che dire loro che non sarò in grado di assicurargli un futuro. Quel che più dispiace è che qui non c'è spazio per tutti gli studenti bravi."

Il rischio di rimanere in quella specie di "apartheid permanente", come la chiama Pietro Ichino, non può che portare conseguenze negative. "In Italia - conclude Accornero - c'è un'idea della precarizzazione del lavoro forse superiore a quella effettiva. Comunque sia però è certo che le idee e le percezioni contano, e inducono molti comportamenti. Un mondo del lavoro precario disorienta e disarma. Se dura ancora qualche anno potremo misurare gli effetti sul tasso di nuzialità. Ed è solo un esempio. Il rischio che corriamo è di avere una società che si avvita su stessa e che spegne ogni stimolo ed iniziativa".

(14 marzo 2006)
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20/03/2006 10:22
 
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"Last night I nearly died,
But I woke up just in time".
Duke Special
22/03/2006 10:21
 
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sul blog di Grillo oggi c'è una bellissima analisi dei dati sull'occupazione e sul precariato in Italia.
numeri che confermano come la situazione non sia affatto rosea come sostiene la destra, ma sono preoccupanti.

Arriveremo alle proteste stile Francia? non si può dire, ma non è neanche da escludere a priori.

per chi lo desidera: gli schiavi moderni/3
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io insisto a postare articoli, perchè mi sembra una situazione assurda: l'europa è accumunata da questa piaga, ma nel nostro paese si fa gran poco per combatterla e per denunciarla.
Difatti ecco cosa scrive Herald Tribune (che sia di destra o di sinistra non mi frega [SM=g27828] ) in merito al nostro paese e ai nostri candidati

Punto di partenza il libro e il sito Web sulla generazione di «milleuristi»

Precari italiani in prima sull'Herald Tribune

Il titolo ironico del quotidiano americano: «L’Italia ha un problema di cui non parla». E bacchetta la campagna di Berlusconi e Prodi

MILANO - Giovani, superqualificati, ma senza garanzie e con le tasche quasi vuote. Il precariato cronico dei giovani italiani finisce in prima pagina sull'International Herald Tribune che bacchetta i politici italiani, scandalizzato di come nella loro accesa campagna elettorale stiano sottovalutando il problema.

LIBRO E SITO DEI «MILLEURISTI» - Il quotidiano newyorchese, nella sua edizione internazionale, gioca sul filo dell’ironia e titola: «Silenzio, l’Italia ha un problema, ma non se ne parla molto». Il giornale parte dalla storia di un giovane architetto, Antonio Incorvaia, che dopo la laurea è saltato da un posto di designer grafico a quello di editor di testi per la tv, per poi approdare al giornalismo web. Un «serial trainee», come si autodefinisce questo 31enne, ovvero un «apprendista seriale» sulla falsa riga del termine serial killer. Dalla sua storia, che lo accumuna a molti, troppi, trentenni e qualcosa, sono scaturiti un libro e un sito Web: «Generazione 1.000 euro» (www.generazione1000.com). Una community virtuale «dedicata ai Milleuristi, alle loro storie e alle loro testimonianze, alle loro frustrazioni e alle loro speranze», come si legge online. E un «reality book» come è stato definito, che racconta la vita quotidiana di un gruppo di giovani che non riescono a uscire dal labirinto fatto di stage, contratti a tempo o a progetto.

L'ACCUSA AI POLITICI - Citando il testo - in parte già leggibile sul web, e che uscirà come libro a maggio per Rizzoli - scritto a quattro mani dallo stesso Incorvaia con Alessandro Rimassa, il quotidiano americano sottolinea come la situazione di milioni di giovani sia sostanzialmente sottovalutata in questa campagna elettorale. «Con il premier Silvio Berlusconi e il suo principale avversario, Romano Prodi, che si scambiano vicendevolmente insulti e difendono i loro trascorsi, l’incertezza che circonda gli italiani che entrano nel mercato del lavoro non è stata una questione di primo piano» denuncia l'articolista.

L'INDAGINE - E mentre il quotidiano riprende i politici italiani, un'indagine del mensile «Campus» su 1000 studenti universitari tra i 18 e i 25 anni rileva che il 60% del campione per il vecchio e sicuro «posto fisso» è pronto a rinunciare al lavoro dei propri sogni e a uno stipendio alto ma a rischio licenziamento. Altro dato: i giovani sembrano sempre meno disponibili a periodi formativi gratuiti in azienda. Per il 68% degli interpellati lo stage in azienda dovrebbe essere retribuito mentre appena il 19% si dice disponibile a lavorare gratis per un periodo pur di trovare un impiego.

A.Mu.

30 marzo 2006

fonte: corriere.it

il giorno in cui le proteste, stile parigi, arriveranno anche da noi, sarà sempre troppo tardi

[Modificato da spartacus81 30/03/2006 16.40]

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Non c'è cattivo più cattivo di una buono quando diventa cattivo (Bud&Terence)

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Una attenta pianificazione non potrà mai sostituire una bella botta di culo. (IO)
30/03/2006 16:49
 
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La situazione in francia è degenerata con questa legge sui neo assunti che è qualcosa di assurdo: ad esempio, due anni di prova per un giovane neo assunto. E' una cosa fuori dal normale.

per quanto riguarda i nostri due candidati, Silvio non è che non ne parla, piuttosto nega che sia così. Prodi invece se ne sta zitto, forse perchè ricorda molto bene che il co.co.co. fu introdotto proprio sotto la sua legislatura. O quella di D'Alema.
Comunque fu la sinistra a partorire quella cosa.

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30/03/2006 16:49
 
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Re:

Scritto da: spartacus81 30/03/2006 16.37
Altro dato: i giovani sembrano sempre meno disponibili a periodi formativi gratuiti in azienda. Per il 68% degli interpellati lo stage in azienda dovrebbe essere retribuito mentre appena il 19% si dice disponibile a lavorare gratis per un periodo pur di trovare un impiego.



Questo mi pare un segnale positivo. Forse si sta avvicinando il momento in cui le aziende la smetteranno di proporre lavori gratuiti che durano mesi e mesi con la scusa che "si deve fare esperienza"... un concetto che gli stranieri faticherebbero molto a comprendere...

[Modificato da =Donegal= 30/03/2006 16.50]

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Good evening, there was already an injury, huh?

Giovanni Trapattoni, falling off his chair
30/03/2006 16:57
 
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Re:

Scritto da: spartacus81 30/03/2006 16.37


il giorno in cui le proteste, stile parigi, arriveranno anche da noi, sarà sempre troppo tardi

[Modificato da spartacus81 30/03/2006 16.40]




non lo so spartacus, io sono molto pessimista, anzi, sono arrivato a soffrire di una vera 'depressione sociale' non so se questo termine sia canonizzato da manuali psichiatrici. ma guarda, ormai mi pesa anche parlarne, dopo un anno di frustrazioni e senso di impotenza trascorsi all'interno del coordinamento ricercatori precari.
ho partecipato ieri sera ad un incontro sull'argomento...si parlava di vento del 68. purtroppo c'e' una sostanziale differenza con quei tempi, ed e' lo strapotere mediatico attuale. personalmente sono ossessionato da fahrenheit 451.
e' vedo il caso francese piu' come caso isolato che altro. purtroppo, quello dello strapotere delle imprese contro i diritti dei lavoratori e' un trend di portata mondiale, nei confronti del quali poco puo' fare il singolo governo. quello che avviene nelle universita' italiana e' stato ampiamente studiato a tavolino, lo svilupparsi di un sapere libero e' pericoloso, nel poter aprire la mente delle persone. meglio che al massimo ci sia una ricerchetta asservita ad uso e consumo degli industriali. le motivazioni per una vera rivolta ci sono da tempo, e anche maggiori di quelle degli anni 60. come hai giustamente messo in evidenza anche tu, oggi bisogna battersi anche per diritti che 30 anni fa si credevano acquisiti. ma la voglia di battersi e' troppo poca. ci proiettano in un percorso di formazione infinita, specialistica ssis master stage in modo da tenerci costantemente legati al cordone ombelicale della nostra famiglia. e quando la famiglia non ci mantiene piu' e ci rendiamo conto di essere in mezzo alla merda e' troppo tardi.
chissa', forse e' anche il tempo che la nostra generazione faccia un po' di autocritica. perche' forse, essere la generazione usa e getta non ci dispiace poi piu' di tanto.
30/03/2006 17:34
 
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Re: Re:

Scritto da: plaintive reverie 30/03/2006 16.57
si parlava di vento del 68. purtroppo c'e' una sostanziale differenza con quei tempi, ed e' lo strapotere mediatico attuale.



E, con tristezza, sono d'accordo con il tuo intervento parola per parola, Luca.
[SM=g27813]
30/03/2006 17:37
 
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Re: Re: Re:

Scritto da: Corcaigh 30/03/2006 17.34


con tristezza
[SM=g27813]



ci son riuscito di nuovo? [SM=g27824]
01/04/2006 16:49
 
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non ti preoccupare, prima di leggere i tuoi interventi prendo sempre qualche goccia dei fiori di Bach... [SM=g27828]
[SM=g27827]:
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