Palestina, Abu Ala si dimette. Hamas: abbiamo vinto
di Maurizio Debanne
Il terremoto annunciato sembra essersi verificato. Il primo ministro palestinese Abu Ala e il suo governo si sono dimessi dopo che il gruppo militante Hamas ha rivendicato la sua vittoria sul partito di governo Fatah nelle elezioni parlamentari. Anche se non ci sono ancora informazioni ufficiali sull'esito del voto, Abu Ala ha ammesso che sarà «Hamas a formare il prossimo governo». «Abbiamo la maggioranza assoluta dei seggi», così Ismail Haniyeh, capolista di Hamas, ha commentato i dati parziali delle elezioni politiche palestinesi che assegnano ad Hamas la maggioranza assoluta dei seggi del parlamento e sarebbe nella posizione di formare un nuovo governo.
Altre fonti di Hamas nella Striscia di Gaza, che hanno chiesto l'anonimato, hanno parlato di almeno 43 seggi conquistati sui 66 in palio nei collegi uninominali, e di «oltre il 45 per cento» degli altri, assegnati attraverso il voto di lista: combinando i due dati, si arriverebbe a 75 seggi in tutto, dunque a circa la metà tra quanti ne conta il Consiglio Legislativo palestinese, che ha sede a Ramallah. Un successo ben al di là delle pur buone aspettative, se confermato ufficialmente, e che porrebbe Hamas nelle condizioni di dare vita al nuovo governo dell'Anp, strappando a Fatah un predominio indiscusso e ultra-decennale.
La commissione elettorale palestinese per il momento non ha commentato. Il mondo conoscerà i risultati ufficiali nella giornata di giovedì. «Indipendentemente dai risultati degli exit poll, credo che Hamas abbia vinto la maggioranza dei seggi», ha dichiarato Fares Qadourra, candidato di Fatah a Ramallah e molto vicino a Barghuti.
Il segretario generale di Fatah in Cisgiordania, Hussein a-Sheikh, consiglia invece di attendere la pubblicazione dei dati ufficiali. «Finora - ha detto alla radio - ci sono solo voci di un progresso di Hamas, niente di più ». «Al Fatah di sicuro dovrà fare un approfondito esame di coscienza» ha aggiunto a-Sheikh. L'insuccesso di al-Fatah, ha precisato, è da attribuirsi sia alla corruzione diffusasi ai vertici dell'Anp sia alla politica israeliana basata su «mosse unilaterali», fra cui la costruzione della barriera. «Abbiamo proposto ai palestinesi negoziati con Israele, ma siamo andati al voto con le mani vuote» ha lamentato.
Il governo israeliano non si sbilancia e rimane in attesa di conoscere l'esito definitivo. La posizione di Olmert è sempre la stessa: «Israele non può accettare una situazione in cui Hamas, nella sua attuale forma di gruppo terroristico che mira alla distruzione dello Stato di Israele, sia parte dell'Autorità Palestinese senza che abbia deposto le armi», aveva dichiarato giovedì il premier israeliano al senatore americano Joseph Biden, nel corso di un loro incontro.
Yossi Beilin, leader della lista di sinistra Meretz-Yahad e artefice di una intesa simbolica a Ginevra con l'esponente palestinese Yasser Abed Rabbo, è pessimista. Il ritiro unilaterale da Gaza, ha detto a Radio Gerusalemme, ha molto contribuito a rafforzare Hamas e ad indebolire la Autorità palestinese. «Ma ancora non dobbiamo perdere del tutto la speranza di trovare una intesa con i moderati palestinesi» ha aggiunto, in tono consolatorio.
Da parte sua Yuval Steinitz (presidente della Commissione parlamentare per gli affari esteri e la difesa ed esponente del Likud) ha affermato che Israele ha sbagliato quando ha consentito lo svolgimento delle elezioni palestinesi. Quelle elezioni andavano impedite, a suo parere, anche a costo di un confronto con gli Stati Uniti. «Abbiamo registrato un fallimento tragico nella lotta contro Hamas» ha concluso.