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Donne e pari opportunità ( Italia )

Ultimo Aggiornamento: 16/05/2005 18:09
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Un rapporto del World Economic Forum sulle discriminazioni
"Bassa partecipazione politica e scarse possibilità di carriera"
Donne e pari opportunità
L'Italia peggio dello Zimbabwe
In una classifica di 58 paesi siamo 45esimi, il top è la Svezia
di CRISTINA NADOTTI


ROMA - Stanno meglio nello Zibabwe e in Colombia, e in Europa solo le donne greche se la passano peggio di quelle italiane, se si parla di rapporto tra tipo di lavoro e retribuzione, o di accesso a posizioni di potere. Il rapporto elaborato dal World Economic Forum non usa mezzi termini per descrivere le opportunità delle donne italiane: "Italia e Grecia hanno la situazione peggiore in Europa, con indici che riflettono i bassi livelli di partecipazione politica delle donne agli organi decisionali e le scarse possibilità di carriera in campo professionale".
Una bocciatura senza appello. Il "Gender gap index" (indice delle differenze uomo-donna) pubblicato oggi dal World economic forum nell'ambito del Programma globale per la competitività, relega l'Italia al 45esimo posto, dietro a paesi come la Colombia, l'Uruguay, il Bangladesh, lo Zimbabwe e la Thailandia. Il rapporto annuale dell'organizzazione internazionale indipendente prende in esame 58 paesi: all'ultimo posto della classifica ci sono Pakistan, Turchia ed Egitto, il primo tra i paesi non europei è la Nuova Zelanda, sesta, gli Stati Uniti sono undicesimi.

Le nazioni in cui le donne stanno meglio sono Svezia, Norvegia, Islanda e Danimarca. E non è una novità. Ma stupisce davvero che paesi appena entrati nell'Unione Europea se la cavino molto meglio di noi, o che le donne italiane possano avere più difficoltà ad essere pagate quanto un uomo delle donne argentine, sudafricane o malesi. Né consola che l'Italia salga all'11esimo posto nella classifica in fatto di assistenza sanitaria e sostegno alla maternità, quasi a sottolineare che se si deve investire lo si fa nelle mamme più che nelle imprenditrici.

Il rapporto infatti sottolinea che "i paesi europei hanno in genere buone posizioni nella classifica, con dieci nazioni tra le prime quindici", nonostante "ci siano differenze nelle cinque diverse aree tenute in considerazione". Le donne britanniche sono quelle che hanno i risultati migliori nel campo dell'istruzione, le tedesche maggiore rappresentanza politica e il rapporto enfatizza proprio i buoni risultati dei nuovi membri Ue, come Lettonia, Lituania ed Estonia. Un dato che fa risaltare i casi italiano e greco.

Il Wef ha utilizzato per la classifica cinque criteri: la partecipazione economica e la parità di remunerazione tra i due sessi; le opportunità di accesso a tutti i tipi di lavoro; la rappresentatività nelle strutture decisionali dei paesi; l'accesso all'educazione e l'assistenza alla salute e alla maternità. La classifica è stata compilata calcolando i dati forniti da statistiche nazionali, organizzazioni mondiali (tra le quali l'Onu) e ricerche compiute dallo steso Wef.

"Il nostro studio mostra che mentre alcuni paesi sono riusciti a diminuire il divario tra uomo e donna in modo consistente - commenta Saadia Zahidi, una degli economisti autori del rapporto - in altri le donne sono discriminate in alcuni settori fondamentali, come il lavoro, la politica, la salute e l'istruzione. Il dato davvero sconcertante è che nessuna nazione è riuscita ad eliminare completamente le discriminazioni".

(16 maggio 2005)
Sean

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dal corsera
Belpaese ultimo fra stati del G7, in Europa precediamo solo la Grecia Wef: in Italia donne discriminate sul lavoro Ricerca del World economic forum: Italia al 45esimo posto su 58 nella classifica mondiale della parità dei sessi


MILANO - La pari opportunità sul luogo di lavoro resta ancora un sogno per le donne italiane. Le nostre connazionali restano infatti tra le più discriminate del mondo, rispetto agli uomini, nella partecipazione al lavoro e nella vita sociale. Meglio sono addirittura le donne dello Zimbabwe, le thailandesi e le sudafricane, mentre ci superano in peggio la Grecia, l'India, la Turchia e l'Egitto. È quanto emerge da uno studio appena pubblicato del World Economic Forum che ha elaborato lo «Gender gap index» (indice delle differenze uomo-donna) da cui, senza alcuna sorpresa, spiccano in cima alla classifica le donne del Nord Europa: le svedesi al primo posto (con un indice del 5,53 in una scala da 1 a 7), seguite da norvegesi, islandesi, danesi e finladesi.

Le italiane, con un indice di 3,50 punti, arrivano solo in 45esima posizione all'interno di una classifica di 58 Paesi che vede ultimi in assoluto Pakistan, Turchia e Egitto.
Il rapporto, a firma del capo economista del World economic forum, Augusto Lopez-Claros, prende in considerazione cinque criteri: la partecipazione economica e la parità di remunerazione tra i due sessi; le opportunità di accesso a tutti i tipi di lavoro; la rappresentatività nelle strutture decisionali dei paesi; l'accesso all'educazione; infine l'assistenza alla salute e alla maternità. L'Italia detiene il primato negativo per partecipazione e opportunità economiche (51 esimo e 49 esimo posto), si colloca al 48esimo posto per presenze femminili al potere e al 41 esimo per accesso all'educazione. Punti di forza restano però la tutela della salute e maternità: qui il Paese delle «mamme» si impenna verso la cima della classifica con l'11 esimo posto.
Laconico il commento del Wef: «come prevedibile in Paesi con una cultura notoriamente patriarcale, Italia e Grecia hanno una performance scadente nella partecipazione e nelle opportunità economiche».
Tra i Paesi del G7, la palma va al Canada (settimo nella graduatoria globale) davanti a Gran Bretagna e Germania. La Francia è 13esima, gli Stati Uniti 17esimi e il Giappone 38esimo. Indietro nella classifica anche la Svizzera (34esima), dietro alla Cina. In fondo alla graduatoria, davanti all'Egitto si trovano Turchia, Pakistan e Giordania. «Nessun Paese è riuscito ad eliminare la discriminazione tra i sessi, tuttavia i paesi nordici sono riusciti a ridurre il gap e a dare un modello realizzabile al resto del mondo», sottolinea il Wef.

Il rapporto non manca di sottolineare, quanto all'accesso sul mercato del lavoro, che spesso le donne in posizioni manageriali devono fare una difficile scelta tra carriera e famiglia. Negli Usa, ad esempio, il 49% delle donne con posizioni ai vertici non ha figli contro il 19% dei loro colleghi maschi. Il Wef, infine, rileva la correlazione esistente tra discriminazione e competitività nel senso che i Paesi più competitivi tendono ad avere il minore «gender gap» e viceversa. «La correlazione non implica necessariamente la causalità, ma - conclude lo studio - questi paragoni forniscono un'indicazione preliminare del legame tra le pari opportunità per le donne e il potenziale di crescita di lungo termine di un paese».
16 maggio 2005

Sean

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