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strage di piazza Fontana

Ultimo Aggiornamento: 25/06/2005 02:06
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L'ultimo "tributo"
ad uno Stato cieco
di GIUSEPPE D'AVANZO

Appena cinque giorni fa da queste pagine Giorgio Bocca invocava che non si infliggesse "l'ultima beffa" alle vittime della strage di Piazza Fontana. La beffa di un altro processo e una nuova rappresentazione dell'"accademia dell'insabbiamento". Nel suo ragionato pessimismo, Giorgio Bocca ancora immaginava misure e accortezze scomparse e non più rintracciabili.

Con l'assoluzione definitiva dei tre imputati (i "neofascisti" Delfo Zorzi, Giancarlo Rognoni e Carlo Maria Maggi), è stato risparmiato - alle vittime della strage - lo scherzo di un altro processo (il dodicesimo). Ma le contorte vie della legge sono riuscite a schiaffeggiare ancora una volta quelle famiglie. I China, i Passera, i Garavaglia, i Perego, i Maiocchi - tutti gli uomini e le donne che ostinatamente negli ultimi trentasei anni hanno cercato la luce della verità che, sola, avrebbe potuto finalmente rasserenarli - sono stati condannati, come si legge nel dispositivo della sentenza, "al pagamento in solido delle spese processuali".

È la prassi, si dirà. È la legge, sarà spiegato dall'addetto sapiente. Come accade sempre quando una mossa giudiziaria non trova il consenso dei giudici, risarcisci lo Stato che ha disperso, senza costrutto, risorse e tempo.

È così. È sicuramente vero. Ma nessun codicillo o norma cancellerà l'umiliante significato simbolico di quel "pagamento in solido". Il denaro che, domani, le famiglie delle vittime della strage di piazza Fontana consegneranno nelle mani di un ufficiale giudiziario sarà l'ultimo prezzo che pagheranno a uno Stato muto, cieco, sordo e colpevole, incapace di correggere se stesso e di fare luce nei sotterranei della sua storia. Quello Stato - questo Stato - non vuole fare mai i conti con se stesso e, in questa inettitudine, si mostra inaffidabile (e sarebbe il meno), ma soprattutto con i suoi passi perennemente storti riproduce, in un eterno ritorno dell'uguale, rancore, risentimento, divisioni attossicate che mai si pacificano. Mai trovano un luogo dove annodare finalmente i fili della responsabilità, della ragione e quindi anche di un futuro meno opaco.
La strage di Piazza Fontana nacque dentro lo Stato. In quella stagione di bombe e di morti innocenti, è stato scritto, "una parte consistente dell'apparato statale passò consapevolmente nell'illegalità".

Si pose come potere criminale. Continuò a occupare istituzioni vitali. Da queste, fu protetto e tollerato. Lungo trentasei anni sono migliaia i "servitori dello Stato", poliziotti, giudici, agenti segreti, politici, cancellieri, ministri, passacarte e uomini di mano che "hanno cooperato per realizzare e poi coprire, depistare, insabbiare, rendere impunibile quel delitto" (Marco Revelli).

Quell'impunità, ancora oggi, è una ferita suppurata nel corpo della Repubblica, quale che sia il suo nome, Prima, Seconda o Terza. È una ferita che l'attraversa da cima a fondo e in ogni passaggio - da piazza della Loggia alla stazione di Bologna - ancora oggi porta con sé, come ombre alla sera, morti innocenti, responsabilità occultate, connivenze dimenticate. Ora non c'è più niente da fare. Sulla strage di piazza Fontana cala il freddo marmo. Non ci sono colpevoli. Non ci saranno mai più colpevoli.

Naturalmente sappiamo come sono andate le cose. Ha ragione il giudice di Milano Guido Salvini a ricordarlo. La verità giudiziaria non si esaurisce, non può esaurirsi sempre nella condanna dei singoli responsabili. Gli imputati sono stati assolti, ma la sentenza di appello, non contestata dalla Cassazione, ha concluso che quegli attentati furono di Ordine Nuovo. Nacquero, dunque, dentro una "strategia della tensione" che dal 1969 al 1980 suggerì 12.690 attentati, provocò 362 morti e 4490 feriti. Di cui 150 e 551 sono i morti e feriti di undici stragi: e la prima fu Piazza Fontana (17 morti e 80 feriti) e l'ultima, la più grave (85 morti e 200 feriti), fu consumata alla stazione di Bologna. Non basta sapere come sono andate le cose. Anzi, il saperlo senza afferrare un nome, un destino, chi è stato a spingere l'assassino, chi lo ha protetto, chi lo ha nascosto, chi se ne è avvantaggiato, trasforma la consapevolezza di sapere in offesa e umiliazione. In sdegno.

Nessuna democrazia occidentale ha conosciuto, come l'Italia, l'assassinio come strumento di lotta politica. Nessuna democrazia è stata così incapace e riottosa nell'indicare alle vittime, e a se stessa, le colpe e le responsabilità. Anche per perdonarle, alla fine. Anche per dimenticarle, finalmente. Anche per trovare nell'inferno, che ha diviso il Paese per una lunga stagione, buone ragioni per sentirsi oggi uniti e fiduciosi. Come non condividere i sentimenti dei familiari delle vittime che si dicono "nauseati e stanchi per un altro frammento di storia che si spegne nel mistero". Quella commozione è legittima e forse potrà essere spenta soltanto se quegli uomini e quelle donne non saranno lasciati soli con i loro ricordi amari. Forse sarebbe sufficiente a questo scopo un atto simbolico uguale e contrario a quello ammannito loro dalla Cassazione. Forse chi oggi rappresenta nel modo più limpido e alto l'unità nazionale, il presidente della Repubblica, potrebbe riceverli e chiedere loro scusa, a nome dello Stato italiano. Forse i magistrati italiani (l'Anm?) potrebbero pagare loro "in solido" quelle spese processuali. Come se fosse un impegno a che non ci siano più stragi impunite e vittime senza verità e giustizia.

(4 maggio 2005)
Sean

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Do Androids Dream of Electric Sheep?
( Blade Runner - Philip K. Dick )

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04/05/2005 14:31
 
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Che schifo, sono disgustato!

Già l'avevo postato il mio disgusto ma evidentemente ai forumisti interessano altre cose. (vedi la salvificazione delle anime)

sono polemico, ebbene si lo sono, sono molto indignatoooooooooo
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04/05/2005 14:38
 
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Gia' appresa la notizia ad un TG notturno di ieri, gia' vomitato, gia' espresso il mio disgusto.
Solo una cosa posso commentare: notate come il potere sfugge sempre di piu' dalle mani della gente per essere confiscato dai pochi che ci governano?

Un bel titolo dal Manifesto di oggi:

********************************************************
Non è successo niente
Nessun colpevole. Trentasei anni dopo la strage di Piazza Fontana la Cassazione conferma l'assoluzione per i neofascisti Zorzi, Maggi e Rognoni. Respinto il ricorso della procura di Milano e delle parti civili contro l'ultimo verdetto assolutorio, quello del marzo 2004. Una sentenza che condanna all'oblio l'evento che diede il via alla strategia della tensione. Restano solo da pagare le spese processuali. Lo faranno i parenti delle vittime

[Modificato da Corcaigh 04/05/2005 14.40]

04/05/2005 14:39
 
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Re:

Scritto da: 55achab 04/05/2005 14.31
Che schifo, sono disgustato!

Già l'avevo postato il mio disgusto ma evidentemente ai forumisti interessano altre cose. (vedi la salvificazione delle anime)

sono polemico, ebbene si lo sono, sono molto indignatoooooooooo




Achab, non avevo replicato in quanto il tuo messaggio era concentrato in un'altro topic.
Mi ero ripromesso di segnalare il tutto oggi pomeriggio (anch'io lavoro) ma vedo che ci ha pensato Sean.

Per l'occasione tiro fuori Paolini, un celebre testo pubblicato il 14/11/74 sul Corriere della Sera...



Io so.
Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato "golpe" (e che in realtà è una serie di "golpe" istituitasi a sistema di protezione del potere).
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di "golpe", sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti.
Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974).
Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei colonnelli greci della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il '68, e in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del "referendum".
Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l'organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neo-fascisti, anzi neo-nazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi italiani bruciavano), o a dei personaggio grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli.
Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari.
Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero.
Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il mio "progetto di romanzo", sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il '68 non è poi così difficile.
Tale verità - lo si sente con assoluta precisione - sta dietro una grande quantità di interventi anche giornalistici e politici: cioè non di immaginazione o di finzione come è per sua natura il mio. Ultimo esempio: è chiaro che la verità urgeva, con tutti i suoi nomi, dietro all'editoriale del "Corriere della Sera", del 1° novembre 1974.
Probabilmente i giornalisti e i politici hanno anche delle prove o, almeno, degli indizi.
Ora il problema è questo: i giornalisti e i politici, pur avendo forse delle prove e certamente degli indizi, non fanno i nomi.
A chi dunque compete fare questi nomi? Evidentemente a chi non solo ha il necessario coraggio, ma, insieme, non è compromesso nella pratica col potere, e, inoltre, non ha, per definizione, niente da perdere: cioè un intellettuale.
Un intellettuale dunque potrebbe benissimo fare pubblicamente quei nomi: ma egli non ha né prove né indizi.
Il potere e il mondo che, pur non essendo del potere, tiene rapporti pratici col potere, ha escluso gli intellettuali liberi - proprio per il modo in cui è fatto - dalla possibilità di avere prove ed indizi.
Mi si potrebbe obiettare che io, per esempio, come intellettuale, e inventore di storie, potrei entrare in quel mondo esplicitamente politico (del potere o intorno al potere), compromettermi con esso, e quindi partecipare del diritto ad avere, con una certa alta probabilità, prove ed indizi.
Ma a tale obiezione io risponderei che ciò non è possibile, perché è proprio la ripugnanza ad entrare in un simile mondo politico che si identifica col mio potenziale coraggio intellettuale a dire la verità: cioè a fare i nomi.
Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia.
All'intellettuale - profondamente e visceralmente disprezzato da tutta la borghesia italiana - si deferisce un mandato falsamente alto e nobile, in realtà servile: quello di dibattere i problemi morali e ideologici.
Se egli vien messo a questo mandato viene considerato traditore del suo ruolo: si grida subito (come se non si aspettasse altro che questo) al "tradimento dei chierici" è un alibi e una gratificazione per i politici e per i servi del potere.
Ma non esiste solo il potere: esiste anche un'opposizione al potere. In Italia questa opposizione è così vasta e forte da essere un potere essa stessa: mi riferisco naturalmente al Partito comunista italiano.
È certo che in questo momento la presenza di un grande partito all'opposizione come è il Partito comunista italiano è la salvezza dell'Italia e delle sue povere istituzioni democratiche.
Il Partito comunista italiano è un Paese pulito in un Paese sporco, un Paese onesto in un Paese disonesto, un Paese intelligente in un Paese idiota, un Paese colto in un Paese ignorante, un Paese umanistico in un Paese consumistico. In questi ultimi anni tra il Partito comunista italiano, inteso in senso autenticamente unitario - in un compatto "insieme" di dirigenti, base e votanti - e il resto dell'Italia, si è aperto un baratto: per cui il Partito comunista italiano è divenuto appunto un "Paese separato", un'isola. Ed è proprio per questo che esso può oggi avere rapporti stretti come non mai col potere effettivo, corrotto, inetto, degradato: ma si tratta di rapporti diplomatici, quasi da nazione a nazione. In realtà le due morali sono incommensurabili, intese nella loro concretezza, nella loro totalità. È possibile, proprio su queste basi, prospettare quel "compromesso", realistico, che forse salverebbe l'Italia dal completo sfacelo: "compromesso" che sarebbe però in realtà una "alleanza" tra due Stati confinanti, o tra due Stati incastrati uno nell'altro.
Ma proprio tutto ciò che di positivo ho detto sul Partito comunista italiano ne costituisce anche il momento relativamente negativo.
La divisione del Paese in due Paesi, uno affondato fino al collo nella degradazione e nella degenerazione, l'altro intatto e non compromesso, non può essere una ragione di pace e di costruttività.
Inoltre, concepita così come io l'ho qui delineata, credo oggettivamente, cioè come un Paese nel Paese, l'opposizione si identifica con un altro potere: che tuttavia è sempre potere.
Di conseguenza gli uomini politici di tale opposizione non possono non comportarsi anch'essi come uomini di potere.
Nel caso specifico, che in questo momento così drammaticamente ci riguarda, anch'essi hanno deferito all'intellettuale un mandato stabilito da loro. E, se l'intellettuale viene meno a questo mandato - puramente morale e ideologico - ecco che è, con somma soddisfazione di tutti, un traditore.
Ora, perché neanche gli uomini politici dell'opposizione, se hanno - come probabilmente hanno - prove o almeno indizi, non fanno i nomi dei responsabili reali, cioè politici, dei comici golpe e delle spaventose stragi di questi anni? È semplice: essi non li fanno nella misura in cui distinguono - a differenza di quanto farebbe un intellettuale - verità politica da pratica politica. E quindi, naturalmente, neanch'essi mettono al corrente di prove e indizi l'intellettuale non funzionario: non se lo sognano nemmeno, com'è del resto normale, data l'oggettiva situazione di fatto.
L'intellettuale deve continuare ad attenersi a quello che gli viene imposto come suo dovere, a iterare il proprio modo codificato di intervento.
Lo so bene che non è il caso - in questo particolare momento della storia italiana - di fare pubblicamente una mozione di sfiducia contro l'intera classe politica. Non è diplomatico, non è opportuno. Ma queste categorie della politica, non della verità politica: quella che - quando può e come può - l'impotente intellettuale è tenuto a servire.
Ebbene, proprio perché io non posso fare i nomi dei responsabili dei tentativi di colpo di Stato e delle stragi (e non al posto di questo) io non posso pronunciare la mia debole e ideale accusa contro l'intera classe politica italiana.
E io faccio in quanto io credo alla politica, credo nei principi "formali" della democrazia, credo nel Parlamento e credo nei partiti. E naturalmente attraverso la mia particolare ottica che è quella di un comunista.
Sono pronto a ritirare la mia mozione di sfiducia (anzi non aspetto altro che questo) solo quando un uomo politico - non per opportunità, cioè non perché sia venuto il momento, ma piuttosto per creare la possibilità di tale momento - deciderà di fare i nomi dei responsabili dei colpi di Stato e delle stragi, che evidentemente egli sa, come me, non può non avere prove, o almeno indizi.
Probabilmente - se il potere americano lo consentirà - magari decidendo "diplomaticamente" di concedere a un'altra democrazia ciò che la democrazia americana si è concessa a proposito di Nixon - questi nomi prima o poi saranno detti. Ma a dirli saranno uomini che hanno condiviso con essi il potere: come minori responsabili contro maggiori responsabili (e non è detto, come nel caso americano, che siano migliori). Questo sarebbe in definitiva il vero Colpo di Stato.


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Basta avere un po’ di pazienza e la verità prima o poi viene a galla.
La strage di piazza Fontana per esempio non nascondeva trame, misteri, complotti, intrecci, deviazioni.
Niente, fu semplicemente un suicidio di massa.


Oh, non l'ho mica scritta io!
Quel garantista di Jena su "La Stampa"!
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"Ninety per cent of my money went
on drink, fast cars and women...
I wasted the rest."
George Best
04/05/2005 15:38
 
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ammetto la mia ignoranza, non ho seguito molto la faccenda, nè nelle sue fasi processuali tantomeno nella sua storia.

però una cosa mi ha dato fastidio: Castelli che dice che accetta la sentenza però ritiene sia una beffa le spese processuali a carico delle vittime.

a me sembra che quando le sentenze erano contro la sua parte politica ha commentato eccome, la sentenza, e ha pure mandato gli ispettori.

[SM=g27812]
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Spese di Lite
nelle cause civili le spese si appiopano alla parte alla quale sono state rigettate le proprie domande, salvo compensazioni in caso di intricate questioni giuridiche che hanno 'impegnato" il giudicante oppure (assurdo!) nel caso di impugnative di verbali di accertamento di sanzioni (multe e altre amenità)
Nel Processo Penale oltre che seguire la cd soccombenza bisognerebbe in teoria esaminare se vi é stato un intento dilatorio o defatigatorio (proprio così) in capo alla parte perdente
beh nella fattispecie in questione ......
[SM=g27819]
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"Last night I nearly died,
But I woke up just in time".
Duke Special
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...emmenomale che la magistratura è corrotta e tutta in mano alla sinistra....[SM=g27818]

- all songs are living ghosts and long for a living voice - B.K.
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veramente indecente...ho pensato e ripensato e rimuginato, e ho scritto ciò che mi è venuto in mente...scusate se è lungo e se in parte esula dall'argomento, ma sono cose che mi sento di condividere...


Vien da pensare che non finiranno mai. Gli anni di piombo dico. Sapete...quelli che a partire da Piazza Fontana segnano l'Italia degli anni '70. La nostra operosa penisola, squarciata da attentati, stragi, catastrofi naturali e artificiali.

E' notizia di oggi quella dell'assoluzione di uno dei terroristi che misero le bombe alla Banca dell'Agricoltura in Piazza Fontana a Milano. Accusato da un suo complice, eppure scagionato in quanto "la testimonianza non è attendibile e non esistono prove a suo sfavore". E in più i familiari delle vittime di quelle bombe dovranno pagare le spese processuali. MA IN CHE RAZZA DI PAESE SIAMO? Siamo un paese civile? Chi rompe è assolto e i cocci e il conto invece vanno tutti alle vittime? Ma stiamo scherzando?

Il fatto è che l'Italia ha avuto una dose di calamità naturali e attentati non indifferente. Io ne so poco, ma mi interesso, cerco di informarmi, e ho scoperto qualcosa, ho imparato nomi come "Italicus", "Piazza Fontana", "Piazza della Loggia", "Stazione di Bologna". Ma anche "Ustica", "Vayont", "Terremoto del Friuli", "Alluvione del Polesine". Paolini parla di questo nel suo album "Stazioni di Transito". Dice che certe famiglie vivono senza che gli succeda nulla per anni, e altre invece passano di dolore in dolore, e non fanno in tempo a sorpassare un lutto che già ce n'è un altro che bussa alla porta. Di tutti i paesi dell'Unione Europea, l'Italia è quello che ha avuto la dose maggiore di lutti in questo senso. E ci sono due modi per convivere con questi lutti: imparare la lezione o fare finta di niente, pensare che sia successo a un altro. E così l'Italia è sopravvissuta alle Brigate Rosse, ai neofascisti, alla mafia, alle catastrofi naturali e a uno stato che non si sa se c'è o ci fa, ovvero se non sa che cazzo fare o lo sa, ma non lo fa perchè non andrebbe certo a suo vantaggio: è sopravvissuta pagando lo scotto di perdere la memoria delle proprie cicatrici, facendo finta di niente.

Io penso a questo, e penso che gli attentati e le catastrofi non sono mai finiti. A tutti quei nomi possiamo aggiungerne altri. I fatti di Genova, gli attentati ai giudici Falcone e Borsellino da parte della mafia, l'attentato al professor Biagi. Il terrorismo non è mai finito. Gli anni di piombo non sono finiti, ce li hanno solo laminati con un po' di oro zecchino per non farceli notare, nella nostra era di vuoto cerebrale spinto. Siamo rincoglioniti tutti quanti in un mondo che a me sembra sempre più un incubo di Orwell o un'apocalittica visione di Bradbury. E il terrorismo permane. E c'è un sottile filo che collega tutte queste cose, e che inciampa anche all'estero. Gira attorno alle Twin Towers e attraversa i binari dell'11 marzo 2004 a Madrid, e fa capolino in tanti altri avvenimenti diversi. La paura e il terrore continuano. Piazze, treni, simboli verranno ancora profanati, e a noi resterà la paura di fare questo e quello. Il terrorismo serve a terrorizzare, lo dice la parola. Ma non riesco a fare a meno di pensare al fatto che il terrorismo del nostro mondo somigli tanto alla guerra eterna di cui si parla in "1984" di George Orwell, che la censura rispetto a certe idee evochi i roghi di libri, sia quelli di Hitler che quelli di "Fahrenheit 451" di Ray Bradbury, che il nostro comfort e la nostra vita riempita di vacuità ci rincoglionisca almeno quanto succede ne "Il mondo nuovo" di Aldous Huxley e che spesso gli uomini che decidono i nostri destini hanno facce ipocrite e traditrici tanto simili a quelle che dovevano avere i personaggi di "Arancia Meccanica" di Anthony Burgess (titoli e autori considerateli bibliografia, e aggiungeteci "Arcipelago GuLag" e "Una giornata di Ivan Denisovic" di Alexander Solgenitsyn, "La fattoria degli animali" di George Orwell, la trilogia "Se questo è un uomo", "La tregua" e "I sommersi e i salvati" di Primo Levi e, perchè no, anche "I demoni" di Fjodor Dostoevskiy).

Noi facciamo finta di niente, diciamo "siamo un paese libero, baby, welcome to occident" e non ci rendiamo conto che non siamo liberi affatto. Siamo schiavi del terrore, del vuoto mentale, della censura e delle ipocrisie di quelli che hanno veramente il potere. Non è ipotesi di complotto, e non è questione di maggioranza e opposizione. Sono fermamente convinto che destra e sinistra siano due concetti ormai sorpassati e che non possano descrivere veramente le dinamiche politiche del nostro mondo, e neanche quelle della nostra nazione. Hanno ammazzato la democrazia sotto i nostri occhi e noi non ce ne siamo neanche accorti. Tutti alle urne, felici di poter votare il meno peggio, la faccia meno arrugginita di questa vecchia moneta. Proprio quella moneta di piombo verniciata color oro. Perchè il lato più arrugginito fa vedere chiaramente quello che c'è sotto, la propria collusione con certi nomi che ci da fastidio ricordare ("Loggia P2", "Gladio", "Aldo Moro", per aggiungerne alla lista di prima), mentre l'altro dissimula a fatica. Io non ci sto. Voglio una nuova moneta! E che non sia plumbea, ma almeno di un onesto rame che risplenda da solo. Una moneta affidabile, dove posso votare della gente in cui ho fiducia e che condivide gli ideali che più ho a cuore, non dove debbo votare gente a cui non affiderei neanche un euro e che dice di pensarla così, ma quando si arriva ai fatti mostra una faccia completamente diversa.

Insomma, sono stufo di una sedicente democrazia dove chi governa (ma anche chi fa opposizione) guarda solo le proprie tasche e non si interessa di ideali, aspirazioni, bisogni, speranze e desideri di chi in questo paese deve viverci. Per me sono questi i nostri anni di piombo. Non ho idea di quando siano cominciati, se il 12 dicembre 1969 con l'attentato in Piazza Fontana o prima, ma so per certo che non sono affatto finiti.

E guardando le sentenze di oggi, mi vien da ribadire che gli anni di piombo non finiranno mai, perchè ci siamo condannati a far finta di niente per sopportare il dolore di quegli attentati. Ci siamo condannati all'indifferenza e al perdere la memoria delle cicatrici che han segnato il nostro paese e che, nascoste sotto il velo del nostro oblio volontario, ancora ci sono. Se continuiamo a dimenticare, a lasciare conti in sospeso e stragi irrisolte, e ad aggiungere nuove cicatrici..beh, no...dagli anni di piombo non usciremo mai, le bombe non finiranno mai di cadere. E noi non smetteremo di fischiettare in mezzo alle macerie, comodi in poltrona. Paraocchi e telecomando da una parte, una lattina di indifferenza dall'altra.

[Modificato da billingham 04/05/2005 18.32]

[Modificato da billingham 04/05/2005 18.39]

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Tusi, mi no' digo niente, ma gnanca no' taso! Ne la vita pubblica, come nel rugby, ghe xe momenti tragici e altri, peggio ancora, seri: in quei momenti, trovar la forsa per xogar! In campo!

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Orrore in bianco e nero
di Maria Novella Oppo

Come nei film che raccontano traumi indimenticabili, anche noi, attraverso i tg, siamo perseguitati dai flash back in bianco e nero. C’è l’orrore del Circeo che ci guarda con gli occhi pesti di Donatella Colasanti e c’è ancora e sempre la bomba di Piazza Fontana, quel buco immenso nel cuore della Repubblica che nessuno ormai potrà più colmare. Delitti fascisti, compiuti per fermare il tempo, che continuano a riportarci indietro nel tempo. I pariolini che si credevano superuomini ed erano solo piccoli depravati nascosti dietro le gonne delle loro ricche mamme. E i sanbabilini che, nella notte delle stragi, uscivano coi loro vestiti più eleganti per formare squadracce protette dallo Stato e dai servizi (non solo italiani). Questo è il fascismo come lo ha conosciuto la generazione del 68, quello che occupava intere zone delle città e che, nonostante tutto, non ha potuto fermare la Storia. Anche se ogni giorno, con la follia sanguinaria di Izzo o con l'impunità concessa agli stragisti, torna l’incubo di lacrime e sangue che i signori della nuova destra affarista e berlusconiana inutilmente hanno cercato di sdoganare e banalizzare col loro marketing.





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Scritto da: Corcaigh 05/05/2005 9.59



Che vergogna, che beffa per la Giustizia (Giustizia come concetto assoluto,. non come quella terrena amministrata a [SM=g27816] di cane)... [SM=g27826]
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It may be good for New York state but it's no damn good for me.
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