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«Vi ho creato io. Che buffonata è questa?»

Ultimo Aggiornamento: 15/04/2005 15:04
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Lo sfogo del Cavaliere sotto il fuoco alleato

«Vi ho creato io. Che buffonata è questa?»

I consigli del sottosegretario Letta: ora qualcuno gli dica come stanno le cose Fini: prendo atto che non ti dimetterai







ROMA - Questa è la storia di un pranzo che somiglia tanto a un’ultima cena, e non solo perché al vertice di maggioranza erano in tredici, ma soprattutto perché dopo l’incontro di ieri il centro-destra non esiste più. Potranno forse arrivare a un compromesso, ricandidarsi insieme e con lo stesso leader, ma sarà un’alleanza diversa da quella che vinse le Politiche del Duemilauno. Fino all’ultimo Silvio Berlusconi ha tentato di evitare lo strappo, per due ore l’altro ieri aveva discusso al telefono con Pier Ferdinando Casini invitandolo a far recedere Marco Follini.

La «discontinuità» chiesta dal segretario centrista gli appariva come un’arma puntata contro, e quando ha spiegato al presidente della Camera che «Ciampi non intende comunque sciogliere in anticipo il Parlamento», si è sentito rispondere che non aveva capito «da quale parte giunge la minaccia», che «non è l’Udc a volerti silurare», che «altri hanno interesse a tenerti ancora per un anno a palazzo Chigi in queste condizioni», sempre più logorato dall’affanno quotidiano. Ma il Cavaliere temeva e teme che il Berlusconi bis diventi una trappola, e a nulla erano valsi i ragionamenti di Gianni Letta, giunto persino a chiedere l’aiuto di quanti venivano ricevuti dal premier: «Ditegli le cose come stanno, è ora che qualcuno lo faccia».

Così si è consumata la vigilia, e se il vertice è iniziato in ritardo, è perché Berlusconi era impegnato in un colloquio con Gianfranco Fini: «È appena rientrato dagli Stati Uniti e volevo informarlo di quanto era accaduto». Almeno questa era la sua versione. Ai leader della Cdl è stato distribuito un documento di nove pagine, un’analisi sui ritardi nell’azione di governo e un’anticipazione sulle priorità di politica economica: Mezzogiorno, sostegno alle imprese, competitività. Della crisi politica non c’era traccia, nemmeno un capoverso, e appena il premier ha aperto la discussione, Fini ha rimarcato questa assenza. Eppoi a suo dire «il documento non serve a nulla, in Parlamento basterebbe leggere una paginetta, senza parlare del passato e senza attardarsi sul futuro: poche cifre, gli obiettivi da completare fino alle elezioni, punto».

E comunque «il problema è politico», emerge dalla sconfitta alle Regionali, «un risultato che accomuna tutti, e di cui il premier deve prender atto. Dimettendosi e cambiando squadra oltre che programma». Berlusconi ovviamente ha rigettato la proposta, si è detto disponibile ai soliti ritocchi: «A parte Letizia Moratti e Lucio Stanca, qualche ministro tecnico si può sostituire. Ho sondato la loro disponibilità, sono pronti a lasciare, sono degli amici». E confondendo la politica con l’amicizia si è spinto a sostenere che «anche Roberto Calderoli si farebbe da parte con il suo consenso». Un modo di dire, ovvio, ma che ha lasciato basito il ministro leghista e ha spinto il suo collega di partito Giancarlo Giorgietti a un gesto eloquente con la mano.

«Secondo me dovresti dimetterti», ha proseguito Fini: «Prendo atto che non lo farai e certo non sarò io ad aprire la crisi». D’altronde Follini aveva chiesto di parlare, e il segretario dell’Udc è stato esplicito nel chiedere un Berlusconi-bis, assicurando che «la nostra lealtà è fuori discussione», ma avvertendo che «solo così si può e si deve rafforzare il governo e la sua immagine». Raccontano che il Cavaliere abbia portato la mano al viso, come colpito da una scudisciata, lui che dell’immagine ha fatto la sua arma vincente. Follini è stato subito appoggiato dal segretario del Nuovo Psi, Gianni De Michelis, spietato nell’analisi sull’esecutivo e sulla maggioranza, perché «devi capire che nemmeno i partiti li reggiamo più», che «c’è la fuga specie nel Mezzogiorno». Tutti hanno volto il loro sguardo verso Calderoli, perché c’era la Lega sul banco degli imputati: «Ma sulla devolution - si è difeso il ministro del Carroccio - eravamo d’accordo. Ora non potete venire meno ai patti».

«Non rinneghiamo l’intesa - gli ha ribattuto Fini - però è colpa vostra se la devolution è stata percepita al Sud come una minaccia». La parentesi sulle riforme è stata breve, perché Francesco Nucara, capo del Pri, ha riportato il discorso sulle richieste di Follini, «e siccome appartengo alla Prima Repubblica, ricordo che quando si voleva rilanciare un governo, i segretari dei partiti entravano a farne parte. Qui ci siete tutti, tranne me e De Michelis: perciò, quale esecutivo politicamente più forte di questo ci può essere?». D’un tratto l’aria è diventata irrespirabile, il Cavaliere ha preso a sorridere serrando ancor di più la mandibola: «Vi ho portato ai vertici del governo e delle istituzioni. Sono stato io a creare il centro-destra. E ora che volete fare?». «Guarda che se apri la crisi di governo sono disposto a sottoscrivere qualunque documento. Di cosa hai paura?», gli ha replicato Follini.

«Questa storia del Berlusconi bis mi pare una vera buffonata e io non faccio il buffone», è sbottato il premier: «Ma quale dato politico viene dalle elezioni? L’anno scorso in Sardegna, nello stesso giorno, Forza Italia ha preso alle Regionali nove punti in meno delle Europee. Nei sondaggi siamo appena cinque punti sotto l’Unione, e se mostrassimo un po’ più di compattezza, se ci dicessimo le cose che non vanno senza logorare all’esterno l’immagine della coalizione e del presidente del Consiglio, potremmo serenamente vincere l’anno prossimo. Vi farò avere un’analisi del voto quanto prima, e capirete che ho ragione». Nucara ha rinforzato i sospetti del Cavaliere con una battuta: «Presidente, se decidi di dimetterti, chiama prima una società di traslochi per portarti via le tue cose da palazzo Chigi».

«Non ce n’è bisogno. Qui ho solo la cartellina degli appunti. Eppoi non me ne vado. A chi dovrei lasciare? In giro non vedo dei De Gasperi, e in panchina non c’è un Marco Van Basten». A quel punto Fini ha tentato un’impossibile conciliazione, si è posto a metà strada tra il premier e l’altro vice: «Diramerò un comunicato in cui chiedo che il governo si presenti in Parlamento per chiedere la fiducia». Ma ormai non c’era più tempo per le mediazioni, «non vedo alternative», ha sussurrato gelido Follini: «Serve la discontinuità. Capisco che il lessico è sgradevole, ma a mio avviso il gesto è essenziale». Pare che Rocco Buttiglione abbia allora sovrapposto la sua voce: «Silvio - ha detto implorante - noi ti siamo amici. Tu hai lavorato bene e non devi preoccuparti di nulla. Accetta questo passaggio». E’ stato in quel momento che Follini si è alzato in piedi e ha compiuto il gesto dirompente: «Mi spiace, domani proporrò al mio partito di ritirare la delegazione dal governo». «Vedremo se ce la farai», lo ha sfidato Berlusconi. «Vedremo», ha detto il vice premier volgendogli le spalle. Ma prima di uscire dal salone, ha avuto modo di sentire le frasi che il Cavaliere gli ha lanciato contro: «Continuerò anche senza di te. Sostituirò i ministri dimissionari, se necessario, e andrò avanti».

Poi, ricomponendosi, ha commentato: «Uno come me, con un patrimonio di ventimila miliardi, deve perdere il tempo con voi... Vorrà dire che quando mi sarà passata l’arrabbiatura, siccome sono una persona gentile vi scriverò qualche cartolina dalle Bahamas». E giù il sipario.



Francesco Verderami

AltroDanCork
Quello che i buonisti li affoga nel Lee
Mark 8: 36
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