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Eto : "Io, scimmia contro i razzisti"

Ultimo Aggiornamento: 16/02/2005 11:15
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Sabato Eto'o ha festeggiato una sua rete mimando un primate
dopo un match trascorso a sentire insulti e ululati
"Io, scimmia contro i razzisti
perché ogni giorno va peggio"
Ora il camerunense del Barcellona passa all'attacco
dal nostro inviato EMILIO MARRESE


BARCELLONA - Il suo sponsor è la rabbia. Autentica. Sulla felpa nera c'è scritto solo Jamaica. Orecchie a sventola, sorriso da bambino. Finché gli chiedono dei suoi gol e della sfida in campionato tra Barcellona e Real Madrid, il camerunense Samuel Eto'o, capocannoniere, risponde con poche frasi fatte, cortesemente annoiato. Ma quando dalla sala stampa del Camp Nou arriva la prima domanda sul razzismo e su quel gol che sabato scorso a Saragozza ha festeggiato ballando come una scimmia, in risposta agli insulti del pubblico nemico, parte e non si ferma più, parla solo di quello. Sempre sorridendo ma dicendo anche cose dure, ad esempio contro la campagna anti-razzista della Nike: fatta comunque per fare soldi.

"Sgobberò come un negro per vivere come un bianco", aveva dichiarato appena sbarcato a Barcellona la scorsa estate. Promessa mantenuta. Ovunque vada gli fanno il verso della scimmia e gli tirano le noccioline ma, al centro dell'attacco della squadra di Frank Rijkaard, Samuel Eto'o, 23 anni, ha già segnato 20 gol in 28 partite tra Champions League e Liga: con 17 reti è capocannoniere, anzi Pichichi come si dice qui, ha eguagliato il proprio record personale e segnato più di Kluivert e Saviola messi assieme l'anno scorso. In Europa ha una media più alta solo un certo Montella. Il Barcellona lo ha pagato 24 milioni: non male per uno scarto del Real Madrid, che lo prese sedicenne per poi fargli giocare appena 5 partite e prestarlo invece ogni anno qua e là, dall'Espanyol al Maiorca dove è esploso.

E' stato il più giovane calciatore ai Mondiali di Francia ?98, ha vinto l'oro olimpico a Sydney nel 2000 e due volte la Coppa d'Africa. E' stato eletto pallone d'oro africano lo scorso anno e probabilmente lo sarà anche oggi, anche se non è voluto andare a Durban in Sudafrica alla premiazione: troppi chilometri. Tra poco vivrà come un bianco in una casa che sta facendo ristrutturare a Pedralbes, quartiere collinare della Barcellona che conta, insieme a moglie, figli (due) e parenti vari. Dal suo appartamento, dicono, è un via vai di amici. A chi chiede, dà denaro. I soldi delle sponsorizzazioni li gira a enti benefici per l'assistenza di malati e poveri. Bianchi e neri. "Di quello che ho non rinuncerei solo ad una cosa: il colore della pelle", ama ripetere.

Pensa che quel suo gesto sabato sia più efficace di una campagna pubblicitaria?
"Sì, credo che valga di più. Tutto è serve se si deve combattere il razzismo, ma una campagna pubblicitaria alla fine ha solo uno scopo: il denaro. Alla fine del messaggio compare un marchio. Io non ho marchi, se non il mio colore. Io sono nero e tocca prima a me fare qualcosa".

L'aveva studiata prima quella esultanza?
"No. Mi è venuto così. Sabato la gente mi urlava che ero una scimmia, mi faceva il verso. Bene, pensavo, hanno pagato il biglietto per venire a vedere una scimmia, facciamo la scimmia. Prima della partita una ragazzina bianca di Saragozza mi ha dato una lettera. Mi aveva scritto che se potesse si cambierebbe la sua pelle con la mia, per non farmi più sopportare questo ogni volta. Nessuna motivazione sarebbe stata più forte. Sono entrato negli spogliatoi e ho detto ai miei compagni ?andiamo su e sbraniamoli'. Sono salito in campo che il cuore mi batteva a tremila".

L'arbitro non ha annotato nulla sul suo referto: nessuna punizione.
"Non so che dire, ognuno la vede a modo suo. Anche gli arbitri a Getafe o Albacete non avevano scritto nulla. Devono preoccuparsi solo di quel che succede in campo, forse. Io sono in Spagna da nove anni e l'anno prossimo diventerò spagnolo: non voglio pensare a cosa mi grideranno. Che si devono ammazzare i negri spagnoli? Se quegli insulti fanno male a me, figurati a quei ragazzi neri che stanno in sugli spalti. Io sono ricco e famoso: la gente fuori dal campo mi vede bianco. Se non ero negro non giocavo nel Barcellona. La natura non mi avrebbe dato queste doti per ottenere così tanto dalla vita, denaro incluso. Ma ai ragazzini neri che vendono la frutta in strada che fanno, li accoppano?".

Se l'arbitro fosse stato nero avrebbe avuto udito migliore?
"Non ci voglio pensare, poveretto. Se contestano così quelli bianchi, uno negro lo fanno secco direttamente".

Che cosa si può fare, ancora?
"Intanto ringrazio Deco, che ha fatto la scimmia insieme a me ed è bianco. Ha capito. In questa battaglia è decisivo soprattutto l'aiuto dei calciatori e dei giornalisti bianchi".

Il razzismo non nasce dentro lo stadio, ci entra. E ci si trova bene.
"Certo, il razzismo è vecchio come il mondo. Ma quel che mi fa paura è che i razzisti si sentono sempre più protagonisti, è un fenomeno in aumento. Ogni volta è peggio. Ho paura di quel che può accadere per la strada di questo passo. Ho dei figli, ci devo pensare per forza. Cosa diranno loro a scuola? Bisogna preoccuparsi seriamente di questo".

I padroni del pallone, invece, cosa dovrebbero fare?
"Non so cosa possano fare i dirigenti e le società, ma gli attori principali siamo noi calciatori. E voi giornalisti che raccontate quello che facciamo, quello che vedete e sentite. Perché tacerlo? Non si deve nascondere nulla. Il calcio è importante, è come una droga per la gente, una necessità fisica: tanto che i mariti lasciano perfino le mogli a casa per andare allo stadio".
E se ne va, con l'ultimo sorriso.
(15 febbraio 2005)


Sean

www.radioalt.it

Do Androids Dream of Electric Sheep?
( Blade Runner - Philip K. Dick )

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