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The troubles / La questione Nordirlandese

Ultimo Aggiornamento: 19/06/2010 00:58
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Regno Unito: lotta al terrorismo fra equilibri nell’Ulster e crisi dello Home Office

La politica britannica si trova alle prese con la riapertura delle negoziazioni per il disarmo dell’IRA, in Irlanda del Nord, e le dimissioni del ministro dell’interno Blunkett, padre dell’attuale legislazione in materia di sicurezza dopo gli attentati alle Torri Gemelle. Due questioni estremamente delicate, a conclusione di un anno difficile che ha visto il governo in prima linea per la lotta al terrorismo, tanto in politica estera quanto sul piano interno..

Il natale 2004 ha portato a Westminister due priorità da risolvere prima di poter festeggiare il nuovo anno e rimettersi al lavoro. In primo luogo, lo sforzo di negoziazione congiunta fra Londra e Dublino, circa il conflitto nell’Ulster, poggia su un ultimo ostacolo da non sottovalutare, pena l’impasse diplomatica: il definitivo disarmo dell’IRA, a dieci anni dal cessate il fuoco unilaterale. Secondariamente, si tratta di uscire senza le ossa rotte dalla crisi che ha portato alle dimissioni di Blunkett, una delle pedine più importanti dello staff del premier Blair, a seguito dello scandalo che ha riguardato la sua vita privata. Due avvenimenti che riportano all’attualità il tema della lotta al terrorismo nel Regno Unito.

Ulster: il lungo cammino verso la pace

In Irlanda del Nord gli anni difficili, caratterizzati da odi profondi e tensione alle stelle, sembrano essere passati. La stessa Belfast mostra segni di cambiamento rispetto ai tempi del coprifuoco e degli attentati. L’inizio della svolta è nel 1994, in occasione del primo cessate il fuoco unilaterale proclamato dall’IRA (Irish republican army). Quattro anni più tardi, nell’aprile del 1998, si giunge a quello che finora è ritenuto il passo più importante compiuto per l’apertura del dialogo politico: con gli accordi del Venerdì santo, viene creata la Nothern Ireland Assembly, composta da 108 membri ed in grado di rappresentare l’autonomia delle sei province dell’Ulster da Londra. In questo nuovo campo vengono così a sfidarsi, nel senso politico del termine e poggiando sulla legittimità della neonata cornice istituzionale, i protestanti-unionisti del PDU (Protestant Democratic Unionist Party) e i nazionalisti del Sinn Fein. I primi, guidati dal reverendo Ian Paisley e fedeli alla corona britannica, hanno ottenuto alle elezioni del 2003 la maggioranza con 33 seggi, contro i 24 assegnati al Sinn Fein di Gerry Adams, di ispirazione cattolico-repubblicana e partigiani dell’unione alla repubblica d’Irlanda.

In questo contesto, l’IRA sembra aver gradualmente deciso di abbandonare le armi per le urne; la convinzione, del resto, che lo stesso Sinn Fein non sia altro che l’ala politica dell’organizzazione paramilitare, da un lato rassicura su una precisa volontà di aver scelto la strada del dibattito in aula, dall’altro solleva polemiche a causa della mancata consacrazione di questo “cessate il fuoco permanente”. Per quanto cioè l’esercito repubblicano abbia fatto intendere di aver deposto l’ascia, nelle file unioniste si preme affinché da parte degli avversari si giunga all’ammissione di aver perso la guerra, mediante delle prove tangibili del disarmo che escludano il ritorno ad ogni attività paramilitare.

L’IRA: la questione del disarmo

Lo scorso dicembre i leader protestanti hanno chiesto che l’IRA autorizzi la diffusione di foto ufficiali come prova del disarmo. Condizione che naturalmente è stata ritenuta umiliante da Gerry Adams. Un punto controverso che rende più difficili gli sforzi congiunti operati fino ad ora dal primo ministro inglese Tony Blair e la sua controparte di Dublino, Bertie Ahern, speranzosi di poter presto annunciare un accordo per un governo nord-irlandese in cui DUP e Sinn Fein possano condividere la leadership. Nel mezzo, dichiarazioni forti, da una parte e dall’altra. Certo è che da parte repubblicana, per voce di Gerry Adams, il termine disarmo non è affatto sinonimo di sconfitta, soprattutto se riferito ad un movimento che ha condotto i cattolici irlandesi fuori dalla condizione di sudditanza al cospetto della secolare dominazione britannica. Il problema è dunque riuscire a presentare tale disarmo in un modo accettabile per tutti. La speranza, a Londra ed a Dublino, riposa sul fatto che negli ultimi due anni sono stati raggiunti importanti compromessi da una parte e dall’altra. Lo stesso Ian Paisley, la cui fama è di essere il più estremo sostenitore della causa unionista, ha accettato il ritiro graduale delle truppe inglesi dall’Ulster e la guida del governo in “condominio” con il Sinn Fein, che da parte sua ha accolto la proposta del dialogo politico a condizione di interrompere la lotta armata.

Nonostante ciò, è altresì un dato di fatto che la mutua vittoria alle elezioni legislative del 2003 non ha quietato più di tanto gli ardenti animi, per la qual cosa è sintomatico il fatto che non ci sia ancora stata una stretta di mano simbolica a testimoniare la capacità, da parte di Adams e Paisley, di sedere allo stesso tavolo, per quanto abbiano dato il consenso a rappresentare lo stesso paese.
Gli sforzi per trovare una soluzione a questa impasse coinvolgono Londra e Dublino, che hanno proposto di prendere ugualmente le foto, ma pubblicarle solamente nel 2005, vale a dire una volta installato l’esecutivo semi-autonomo di Belfast. Ai padrini della negoziazione spetta anche il compito di autentificare il disarmo e restituire fiducia al campo protestante, che per voce di Paisley continua a definire “mostri assetati di sangue” i repubblicani.

Da Londra viene anche la richiesta, rivolta all’IRA, di mettere fine a quelle che vengono catalogate come le “attività illegali non politiche”, vale a dire frodi, contraffazioni, contrabbando di benzina e sigarette che varrebbero all’organizzazione delle entrate per 9 milioni di euro all’anno.

Il pericolo terrorismo in terra d’Irlanda sembra dunque essere scongiurato. Ian Paisley, per quanto continui a presentarsi ufficialmente come il “Dr No”, l’ostilità fatta persona alla causa cattolica, ha ufficiosamente lasciato che le negoziazioni irrompessero su una scena un tempo dominata dalla forza, in cui il dialogo era precluso. In marcia verso un’amministrazione autonoma della provincia, divisa fra Sinn Fein e DUP, la questione irlandese trova nelle prove fotografiche una delle ultime resistenze alla risoluzione pacifica della controversia in vista di scenari futuri. Con la crescente consapevolezza, sia da parte unionista sia nel campo repubblicano, che governare indipendentemente da Londra sia in ogni caso vantaggioso.

Curiosamente, nel difendere la propria rappresentatività, stretta nella morsa di Londra e della Belfast protestante, il Sinn Fein rischia di divenire il partito più rappresentativo d’Europa sedendo in ben quattro parlamenti: Londra, Dublino, Belfast e Strasburgo. Sempre che il disarmo dell’IRA venga accertato.

Scandalo allo Home Office: le dimissioni di David Blunkett

La seconda priorità riguarda il tormentone che ha investito il ministero dell’interno e si è concluso con le dimissioni di David Blunkett il 15 dicembre scorso, sostituito da Charles Clarke.
Presentatasi agli occhi dei media britannici come uno scandalo, la tragedia personale dell’ex ministro dell’interno è cominciata la scorsa estate quando ebbe fine la relazione con Kimberley Quinn, una giornalista già sposata dello Spectator magazine. Allora Mr Blunkett avviò una campagna legale per ottenere l’accesso al figlio di due anni dell’ex amante. La reazione di Mrs Quinn fu di fornire ad un giornale dettagli scottanti su come il ministro non facesse troppa distinzione fra affari e vita privata. Venne così fuori, fra le altre, l’accusa per la quale fu aperta l’inchiesta, la cosiddetta goccia che ha fatto traboccare il vaso ed ha portato alle dimissioni di Blunkett: egli avrebbe infatti accelerato la concessione di un visto per l’Austria alla governante della Quinn, Leoncia Casalme. L’inchiesta ha poi svelato il comportamento non proprio lusinghiero di Blunkett nei confronti di alcuni membri del governo Blair, i quali avrebbero fatto anche valere l’accusa di diffamazione.

I mezzi di comunicazione di massa hanno ironizzato che gli inglesi sono pronti a far passare tutto, tranne che si saltino le code. In effetti il richiamo dell’affare è stato più grande della sostanza e, come spesso accade, le ripercussioni si sono ingigantite. Tony Blair, nell’accettare le dimissioni di Blunkett, gli ha scritto una lettera di solidarietà. «Lasci il governo con la tua integrità intatta ed i tuoi successi riconosciuti da tutti» sono state le parole del premier inglese.

Oltre lo scandalo: il futuro dello Home Office

L’affare Blunkett rappresenta una grossa perdita per il governo. Con lui se ne va un personaggio chiave della politica laburista, determinante per una serie di atti tesi a rafforzare la lotta al crimine ed alle forze anti-sociali del sistema, nonché creatore delle attuali politiche in tema di immigrazione e terrorismo. Fu proprio Blunkett che introdusse, in risposta all’11 settembre, l’ Anti-Terrorism, Crime and Security Act, pilastro della guerra al terrore condotta dal governo britannico da tre anni a questa parte. Tale atto è stato peraltro è stato recentemente dichiarato, dalla Law Courts, incompatibile con la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e suscettibile di misure di revisione. E’ singolare che ciò sia capitato il 16 dicembre, un giorno dopo le dimissioni di Blunkett. La corte di giustizia inglese ha infatti ritenuto illegale la detenzione indefinita di sospetti terroristi stranieri, conformemente alla legislazione Blunkett. Non potendo intervenire per modificare un atto del governo, la corte ha poi avvisato l’esecutivo di prendere le misure necessarie alla modifica onde non incorrere in problemi di costituzionalità. Due avvenimenti, le dimissioni di Blunkett e la sentenza della Law Courts, paragonabili ad una scossa di assestamento del sistema inglese della “war on terror”, che si trova ora privo del suo ideatore ed oggetto di una questione giuridica.
Il successore di Blunkett, Charles Clarke, proviene dal ministero dell’educazione ed ha molti punti in comune con il suo predecessore, oltre ad essere uno degli uomini di fiducia di Tony Blair. Condizione essenziale per ridare la stessa fiducia e stabilità in un clima scioccato dagli ultimi burrascosi eventi.

Conclusioni

Per le strade di Belfast, passati i giorni dell’IRA, il timore più grande è che si stia pianificando un futuro fatto di “parole, parole, parole”, a fronte di una palese incompatibilità fra le forze politiche maggiori. I recenti battibecchi fra Adams e Paisley, in particolare sullo smantellamento dell’IRA e sui legami con gli altri gruppi paramilitari, non sono dei più incoraggianti. Tuttavia la cooperazione fra i governi britannico ed irlandese, negli ultimi anni, ha aperto degli spiragli importanti che Londra è decisa a tutelare, affinché lo spettro dell’esercito repubblicano non rinasca dalle proprie ceneri, qualora l’azione politica si rivelasse velleitaria. Sul piano interno, in materia di sicurezza e lotta al terrorismo, il tentativo di tracciare una linea di continuità a seguito dell’avvicendamento Blunkett-Clarke si profila come una grande scommessa di Blair e dei suoi collaboratori; mutatis mutandis, il nuovo anno si presenta ancor di più come un punto di partenza.

Giovanni Faleg

(5 gennaio 2005)

Fonte: www.equilibri.net/europa/uk705.htm



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"Where is the wisdom we lost in knowledge? Where is the knowledge we lost in information?"

T.S. Eliot
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