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Hiroshima: non dimentichiamo, mai.

Ultimo Aggiornamento: 09/08/2005 16:32
08/08/2005 13:10
 
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After the bomb

Michael Newman, a lecturer in peace and conflict studies at London Metropolitan University, was in Japan to mark the 60th anniversary of the nuclear attack on Hiroshima. Here he reflects on the experience and the affect the bomb had on the country, then and now

Monday August 8, 2005

This week I sat with a group of students from Europe, Asia, the US and the Middle East listening to a survivor of the Hiroshima nuclear bombing recount his experiences of 60 years ago. Everyone was moved to tears as he explained the horrific deaths of his family and how, even now, he dreams of the mother he lost as a nine-year-old boy. This was perhaps the most powerful moment in an intensive international summer school on Hiroshima and peace, which I have been attending with three students who taking the peace and conflict studies degree at London Metropolitan University.

What has this summer school, which ended with attendance at the 60th anniversary commemoration event at the Hiroshima Peace Memorial Park, meant for me, a lecturer in peace and conflict studies?
It has been wide-ranging, informative, and stimulating - a tribute to Hiroshima City University and the Hiroshima Peace Institute who have organised it. I have learned much from experts here on issues that are less well known in the UK, including Islam in south-east Asia, and the contemporary Korean situation, which will strengthen my own teaching. Yet far more important has been the experience of location and history - being in Japan at this time, with its complex relationships between past, present and future.

It is almost impossible to be in Hiroshima without rekindling the conviction that nuclear weapons are a monstrous evil that must be eliminated. In Europe we may have grown complacent about this, with the ending of the cold war. In Hiroshima the urgency of nuclear disarmament is as great as ever, and there are numerous visual reminders of this.

Yet if being the victims of the A-bomb of 1945 has made the people of Hiroshima campaigners for world peace, history has also made the Japanese experience far more complex. For, of course, Japan was also a ruthlessly aggressive power in the second world war, and this is a problem that still confronts contemporary society. For China and the Korean peninsula, the Japanese have been seen as colonialists rather than victims, and the living impact of this historical experience was brought into the summer school. In a poignant moment a South Korean student explained how his parents constantly recalled Japanese brutality, while he would rather move on.

Moving on is not so easy, for it also depends on the way in which the Japanese deal with their history. The nationalist right has always wanted to concentrate purely on Japan's plight as a victim and while we were at the summer school, some districts in Tokyo adopted a revisionist history textbook skating over the country's war crimes and thereby reinforcing the anger in China and Korea.

But history is also present in a still more potent form. The postwar settlement incorporated pacifism into the Japanese state, but now the prime minister wants to revise this article of the constitution and a referendum is to be held on the issue. For many people, particularly the younger generation, it seems clear that Japan can only be a "normal" country if it has its own national defence policy, particularly as China has nuclear weapons and North Korea is believed to be developing them. But this is not how its neighbours see it; nor is it the view of the Hiroshima survivors, for whom peace and nuclear disarmament are the imperative messages of the 1945 bombing.

And so the Hiroshima commemoration on Saturday was the most potent possible combination of location and living history, with universal significance. The way in which Japan ultimately combines its unique history of nuclear holocaust with normalisation will have significance far beyond its borders.

This is not just an Asian problem. No US president has ever visited Hiroshima and reflected on its meaning. It is important for students, teachers and, above all, political leaders to be prepared to understand this unique conjuncture of time and place.

· Michael Newman is a professor in the department of law, governance and international relations at London Metropolitan University


Ed anche:

www.guardian.co.uk/secondworldwar/story/0,14058,1543124...
www.informationclearinghouse.info/article9655.htm
www.lclark.edu/~history/HIROSHIMA/
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08/08/2005 13:39
 
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Il genocidio accettabile
da "il manifesto" del 05 Agosto 2005

Il genocidio accettabile

La bomba ha 60 anni Già pochi mesi dopo Hiroshima e Nagasaki ogni critica venne messa a tacere negli Usa, in nome della verità ufficiale: il lancio delle atomiche aveva «permesso il salvataggio di un milione di vite americane». Una verità che ancora oggi è tradimento discutere
FABRIZIO TONELLO,

Lo sterminio di massa, fino al genocidio di altri popoli, è accettabile se compiuto dagli Stati uniti? Come il fantasma di Banco in Macbeth, il dilemma rifiuta di andarsene, riappare periodicamente nella discussione pubblica, dilania le coscienze di molti americani. Esso è stato posto con chiarezza da Robert Gallucci nel suo intervento sul numero di questi giorni del Bulletin of the Atomic Scientists, dedicato al sessantesimo anniversario di quel tragico 6 agosto 1945. «E' accettabile - si chiede Gallucci - commettere un'azione che ucciderà decine di migliaia, o più, di civili (...) con l'obiettivo di ottenere un effetto sulla capacità del nemico di condurre la guerra e, più importante, per distruggere la volontà del nemico di proseguire il conflitto? In pratica, la risposta degli Stati uniti è stata affermativa, bombardando Tokyo e Dresda (prima di Hiroshima e Nagasaki)».

Maggioranza indifferente

A giudicare dal modesto numero di articoli usciti in questi giorni sulla stampa americana, e dal carattere convenzionale dei loro contenuti, la drammaticità di questo interrogativo etico lascia indifferente la maggior parte dei giornalisti e dei politici, se non quando qualcuno cerca di introdurre la questione in un forum accessibile a tutti i cittadini e non ai soli specialisti. Finché se ne discute sul Bulletin, o nei libri di Gar Alperovitz, la macchina dell'informazione sonnecchia, ma quando il mito dell'innocenza americana viene messo in discussione le reazioni sono violentissime. Il militarismo di Washington non tollera critiche o dubbi nemmeno 60 anni dopo i fatti. L'idea che gli Stati uniti sono un grande paese proprio in quanto possono discutere degli errori, e anche dei crimini, del proprio governo deve cedere il passo a un consenso prefabbricato.

Prendiamo, per esempio, l'intervento di Thomas Donnelly, sempre sul Bulletin. Donnelly, un rappresentante dell'American Enterprise Institute, un think tank conservatore, cita Goodbye Darkness, le memorie dello storico William Manchester sulla guerra nel Pacifico, per sostenere la tesi che, di fronte alla prospettiva di un'invasione del Giappone, con milioni di morti, «You thank God for the atomic bomb». Donnelly continua ricordando il rispettato critico Paul Fussell, che intitolò precisamente Thank God for the Atom Bomb una raccolta di saggi: nell'agosto 1945 era un giovanissimo tenente che aveva combattuto sul fronte europeo e sarebbe stato trasferito nel Pacifico se la guerra non fosse finita.Nel suo intervento, scritto nel 1987, Fussell ha un'unica argomentazione: lui c'era. Se la guerra fosse proseguita, forse quarant'anni dopo non sarebbe stato vivo per scriverne, come accadde agli otto aviatori americani decapitati dai giapponesi, o ai marinai del sommergibile Bonefish, affondato nei sei giorni di intervallo tra il bombardamento di Nagasaki, il 9 agosto, e l'annuncio dell'armistizio, il 15. Thank God for the Atom Bomb insiste sull'immenso sollievo, sulla gioia indescrivibile di scoprire che «era finita».

Ma la felicità di giovanissimi soldati al fronte è un argomento valido nel dibattito sulla moralità di Hiroshima? Fussell e Manchester danzarono nelle strade, abbracciarono sconosciuti, baciarono le ragazze e ringraziarono Iddio, come decine di milioni di persone in Italia, Francia, Russia, Inghilterra, Germania e altrove. Ma la gioia collettiva di militari e civili lontani dal Giappone può giustificare le carni a brandelli, le viscere sparse sul terreno, l'incenerimento immediato di donne e bambini?

No, non poteva e non può: i marines nel Pacifico, esattamente come i giovanissimi soldati sovietici a Berlino, erano totalmente all'oscuro della situazione militare e diplomatica, del fatto che il Giappone si sarebbe probabilmente arreso entro poche settimane e che tutto dipendeva dalle condizioni di pace proposte. La richiesta degli Alleati di una «resa incondizionata» rendeva necessario un chiarimento: essa permetteva ai giapponesi di poter conservare l'imperatore alla testa del paese, o no? Se questa garanzia fosse stata data (come poi effettivamente avvenne) il Giappone avrebbe accettato il cessate il fuoco, altrimenti avrebbe combattuto fino all'ultimo uomo. La vita o la morte di Fussell e dei suoi camerati dipendeva da scelte politiche dei governi alleati, perché la situazione militare sul terreno era già chiara per tutti. Su questo, ormai i documenti sono disponibili e molti storici hanno lavorato.

Gli scienziati erano coscienti

Nell'anniversario di Hiroshima è più che mai necessario ricordare che la parola «guerra» non risolve automaticamente tutti i problemi, non fornisce giustificazioni per ogni atto: la nozione di «crimini contro l'umanità» fu inventata esattamente per questo, alla fine della seconda guerra mondiale. Scienziati e militari americani che avevano partecipato alla costruzione, e alla decisione di usare, la bomba atomica erano perfettamente coscienti del fatto che i bombardamenti su Dresda, Tokyo, Hiroshima, Nagasaki erano atti che potevano essere giudicati come crimini di guerra e tali rimangono, a meno di non sostenere che uomini mortali e fallibili sono in diritto di arrogarsi decisioni sulla soluzione finale del problema costituito da altri esseri umani, siano un gruppo etnico o gli abitanti di una particolare città. Uso questa espressione, soluzione finale, per sottolineare che non basta avere una Costituzione, e un presidente eletto ogni quattro anni al posto di un Führer, per essere assolti automaticamente.

Di questo, molti americani sono sempre stati perfettamente coscienti: Michael Walzer, nel 1981, scrisse: «Il bombardamento di Hiroshima fu un atto di terrorismo; il suo scopo era politico, non militare. L'obiettivo era uccidere un numero di civili sufficiente per scuotere il governo giapponese e costringerlo alla resa. Questo è l'obiettivo di ogni campagna terroristica». Oggi questa verità non solo è stata dimenticata, ma il solo discuterne espone all'accusa di antiamericanismo e di tradimento.

Non è sempre stato così: il 19 luglio 1946 il New York Times dedicò la prima pagina alla notizia che Einstein deplorava l'uso della bomba atomica. Un mese dopo, l'intero fascicolo del New Yorker era dedicato al reportage di John Hersey da Hiroshima, che per la prima volta metteva sotto gli occhi degli americani le conseguenze dell'esplosione sui vecchi, i bambini, le donne della città.

Le descrizioni di Hersey, quasi insopportabili nell'illustrare i dettagli delle sofferenze, provocarono un'ondata di emozione: il settimanale fu immediatamente esaurito e ristampato. Molti quotidiani ripubblicarono il testo, circa 180 cartelle, in forma integrale. In settembre, la radio Abc lo trasmise in quattro puntate. In ottobre, apparve come libro e il Book-of-the-Month Club ne distribuì centinaia di migliaia di copie gratis ai suoi iscritti. La Saturday Review of Literature definì «un crimine» Hiroshima e Nagasaki.

Occorreva una controverità, e in fretta. Fu a questo punto, nel 1946, (e non prima dell'uso dell'arma atomica) che nacque il mito del «milione di vite americane» salvate grazie alla resa del Giappone senza che un'invasione fosse necessaria. Da dove viene questa stima delle perdite, sempre citata da chi vuole giustificare l'uso dell'arma nucleare? Da qualche anno lo sappiamo, perché Gar Alperovitz, uno storico dell'università del Maryland, ha scritto pagine definitive su questo: fu opera di James Conant, presidente dell'università di Harvard.

Fu Conant, preoccupato per l'evoluzione in senso pacifista dell'opinione pubblica, a concepire l'idea di creare l'argomento delle «vite americane salvate» e, soprattutto, a farlo presentare dall'uomo che poteva farlo con maggiore credibilità: Henry Stimson, l'ex segretario alla guerra. L'operazione fu condotta con tutta l'abilità e le risorse di uomini che rappresentavano il cuore dell'establishment americano: la base fu un memorandum preparato da Harvey Bundy, ma al testo definitivo lavorarono anche George Harrison, John McCloy, Rudolph Winnacker e il figlio di Bundy, McGeorge (che poi sarebbe diventato il consigliere per la sicurezza nazionale di John Kennedy). Stimson accettò di firmare l'articolo, che apparve nel numero di febbraio 1947 di Harper's.

Conant insistette particolarmente per eliminare dal testo ogni riferimento ai contatti diplomatici prima e dopo la conferenza di Potsdam, e in particolare al problema delle garanzie per l'imperatore nei termini della resa giapponese. In questo modo l'unica questione veramente rilevante, e cioè se la fine della guerra poteva essere ottenuta senza Hiroshima e senza l'invasione, scompariva dal dibattito. Ciò che restava era l'alternativa tra l'uso dell'atomica e un milione di morti americani.

«Nessun dubbio»

Così reimpostato il dibattito, l'articolo di Stimson fu un successo straordinario: il New York Times non solo lo mise in prima pagina, ma scrisse in un editoriale che «non c'erano dubbi» sul fatto che «la bomba constrinse alla resa i giapponesi». Washington Post, St. Louis Post-Dispatch, Reader's Digest e centinaia di altri giornali e riviste lo ripubblicarono. Anche questo era stato accuratamente pianificato: i contatti del gruppo di autori nel mondo dell'editoria e del giornalismo erano sufficienti per far rimbalzare il testo ovunque, ma per facilitarne la diffusione, Harper's lo mise a disposizione senza chiedere diritti, cosa assolutamente inusuale negli Stati uniti. Per buona misura, Stimson chiese a Henry Luce, l'editore di Time e di Life, di dargli ulteriore diffusione sulle sue riviste, allora le più importanti d'America.

Oggi, 58 anni dopo, i termini del dibattito sono ancora gli stessi: chi non crede a questa versione dei fatti può trovare ospitalità su Nation o sul Bulletin of Atomic Scientists, ma certamente non sui grandi media o in televisione. La grande menzogna continua a funzionare.
08/08/2005 16:20
 
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Chiunque abbia letto qualche libro di storia a riguardo, sa benissimo che i giapponesi non avrebbero retto a lungo l'offensiva che gli alleati stavano portando.
Erano in rotta dovunque, ritirata su tutti i fronti. Completamente circondati da americani e russi, che di lì a due giorni (l'8 agosto) dichiararano guerra ai giapponesi.
Dichiarazione che era nell'aria, e che avrebbe sicuremamente messo la parola fine alla resistenza dei giapponesi, anche senza atomiche.

Quello che rappresentano le atomiche sono solo una dimostrazione di forza, che l'America volle fare ai propri nemici, coloro che avevano osato sfidarli e attaccarli sul proprio territorio con un attacco vile (ma quale attacco, in una guerra, non lo è?) a Pearl Harbour, ma anche ai propri "amici", al mondo intero, per far conoscere al mondo qual'era la potenza di fuoco americana e cosa potevano fare a chiunque li sfidasse.
Era più un monito in previsione di guerre future (Cina ma soprattutto URSS) che un vero attacco necessario per portare a conclusione una guerra che ormai era già vinta.

Fu un atto di vero e proprio terrorismo, nella sua definizione completa: seminare morte, distruzione, panico, paura, sconforto tra la popolazione.

Si è teso a giustificare per anni questo gesto con la frase: era necessario per la conclusione della guerra.
No, non è vero. Come era evitabile la guerra, era evitabile anche l'utilizzo di questa bomba.
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08/08/2005 16:39
 
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Re:

Scritto da: gior77 08/08/2005 16.20
Chiunque abbia letto qualche libro di storia a riguardo, sa benissimo che i giapponesi non avrebbero retto a lungo l'offensiva che gli alleati stavano portando.
Erano in rotta dovunque, ritirata su tutti i fronti. Completamente circondati da americani e russi, che di lì a due giorni (l'8 agosto) dichiararano guerra ai giapponesi.
Dichiarazione che era nell'aria, e che avrebbe sicuremamente messo la parola fine alla resistenza dei giapponesi, anche senza atomiche.

Quello che rappresentano le atomiche sono solo una dimostrazione di forza, che l'America volle fare ai propri nemici, coloro che avevano osato sfidarli e attaccarli sul proprio territorio con un attacco vile (ma quale attacco, in una guerra, non lo è?) a Pearl Harbour, ma anche ai propri "amici", al mondo intero, per far conoscere al mondo qual'era la potenza di fuoco americana e cosa potevano fare a chiunque li sfidasse.
Era più un monito in previsione di guerre future (Cina ma soprattutto URSS) che un vero attacco necessario per portare a conclusione una guerra che ormai era già vinta.

Fu un atto di vero e proprio terrorismo, nella sua definizione completa: seminare morte, distruzione, panico, paura, sconforto tra la popolazione.

Si è teso a giustificare per anni questo gesto con la frase: era necessario per la conclusione della guerra.
No, non è vero. Come era evitabile la guerra, era evitabile anche l'utilizzo di questa bomba.



Concordo con tutto quello che avete scritto fin qui, tranne su due cose:
- presso i giapponesi il concetto di "resa" era qualcosa di semisconosciuto. La brutalità dei giapponesi verso i prigionieri era dovuta proprio alla cultura giapponese che non concepisce per i perdenti un destino diverso dalla morte e quindi chi si arrendeva era per loro un vile perchè avrebbe dovuto combattere fino all'ultimo. Quindi se il Tenno (cioè l'imperatore, che ai tempi aveva ancora natura divina) e la potente casta militare non avessero deciso la resa i giapponesi avrebbero combattuto fino all'ultimo uomo con conseguenze inimmaginabili. La battaglia di Okinawa (che adesso è forse la più nota località di mare giapponese) è costata centinaia di migliaia di vite umane, e Okinawa era solo una piccola isoletta.
- sicuramente la guerra era evitabile... ma come, dal punto di vista dei paesi occidentali e dell'Unione sovietica?
Ovviamente tutto questo non è certo una giustificazione all'uso di armi atomiche o a cose quali il bombardamento di Tokyo (che in termini di vittime è stato peggio di Hiroshima)
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Good evening, there was already an injury, huh?

Giovanni Trapattoni, falling off his chair
09/08/2005 08:31
 
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Re: Re:

Scritto da: =Donegal= 08/08/2005 16.39


Concordo con tutto quello che avete scritto fin qui, tranne su due cose:
- presso i giapponesi il concetto di "resa" era qualcosa di semisconosciuto. La brutalità dei giapponesi verso i prigionieri era dovuta proprio alla cultura giapponese che non concepisce per i perdenti un destino diverso dalla morte e quindi chi si arrendeva era per loro un vile perchè avrebbe dovuto combattere fino all'ultimo. Quindi se il Tenno (cioè l'imperatore, che ai tempi aveva ancora natura divina) e la potente casta militare non avessero deciso la resa i giapponesi avrebbero combattuto fino all'ultimo uomo con conseguenze inimmaginabili. La battaglia di Okinawa (che adesso è forse la più nota località di mare giapponese) è costata centinaia di migliaia di vite umane, e Okinawa era solo una piccola isoletta.
- sicuramente la guerra era evitabile... ma come, dal punto di vista dei paesi occidentali e dell'Unione sovietica?
Ovviamente tutto questo non è certo una giustificazione all'uso di armi atomiche o a cose quali il bombardamento di Tokyo (che in termini di vittime è stato peggio di Hiroshima)



Okinawa era un centro strategico di enorme importanza ... era l'isola più vicina al giappone dotata di pista per aerei.

quanto sull'evitabilità della guerra ... è risaputo che i paesi occidentali (Inghilterra e Francia in testa) negli anni 30 non fanno niente per contrastare l'asciesa della Germania di Hitler, anche quando questo ignorava apertamente i trattati firmati in seguito alla sconfitta della prima guerra mondiale. In base a quei trattati, alla Germania era vietato dotarsi di un esercito proprio, e quando Hitler fondò le S.S. nessuno fece niente.
La Germania invase la Cecoslovacchia, e nessuno fece niente.
La Germania inglobò l'Austria, e nessuno fece niente.
Le minacce di Hitler contro gli altri paesi erano ben note, il Mein Kampf scritto negli anni 20, eppure nessuno fece niente.

O meglio, troppo poco.

Per questo dico che la guerra era evitabile.
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Re: Re: Re:

Scritto da: gior77 09/08/2005 8.31
Okinawa era un centro strategico di enorme importanza ... era l'isola più vicina al giappone dotata di pista per aerei.
quanto sull'evitabilità della guerra ... è risaputo che i paesi occidentali (Inghilterra e Francia in testa) negli anni 30 non fanno niente per contrastare l'asciesa della Germania di Hitler, anche quando questo ignorava apertamente i trattati firmati in seguito alla sconfitta della prima guerra mondiale. In base a quei trattati, alla Germania era vietato dotarsi di un esercito proprio, e quando Hitler fondò le S.S. nessuno fece niente.
La Germania invase la Cecoslovacchia, e nessuno fece niente.
La Germania inglobò l'Austria, e nessuno fece niente.
Le minacce di Hitler contro gli altri paesi erano ben note, il Mein Kampf scritto negli anni 20, eppure nessuno fece niente.
O meglio, troppo poco.
Per questo dico che la guerra era evitabile.



Non dicevo che Okinawa non fosse importante, ma che fosse comunque molto piccola.
Quanto dici sul fatto che Francia e UK è vero, ma non credo che delle semplici pressioni diplomatiche avrebbero impedito l'ascesa di Hitler, anche perchè a costruire il suo esercito la Germania ha impiegato pochissimo, appena qualche anno. Quando poi hanno annesso Sudeti e Austria i giochi erano fatti, l'esercito tedesco era già quello che da li a poco avrebbe scatenato la WWII e che in quel momento almeno a livello tecnologico era il migliore (o il peggiore, a seconda di come la vogliamo vedere) al mondo, più degli USA, avendo alle spalle una industria eccezionale e che nessuna coalizione di paesi europei avrebbe potuto fermare, come in effetti è stato.
Secondo molti storici la WWII si sarebbe potuta evitare se Francia e UK avesero agito a metà degli anni '30, ma questo avrebbe forse significato scatenare una nuova guerra in Europa a distanza di pochi anni dalla prima... certo con il senno di poi sarebbe stato un male decisamente minore di quanto poi accaduto...
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Enola Gay

Enola Gay, you should have stayed at home yesterday
Oh words can't describe the feeling and the way you lied

These games you play, they're gonna end it all in tears someday
Oh Enola Gay, it shouldn't ever have to end this way

It's 8,15, that's the time that it's always been
We got your message on the radio, conditions normal and you're
Coming home

Enola Gay, is mother proud of little boy** today
Oh, this kiss you give, it's never ever gonna fade away

Enola Gay, it shouldn't ever have to end this way
Oh Enola Gay, it shouldn’t fade our dreams away

It's 8,15, oh that's the time that it's always been
We got your message on the radio, conditions normal and you're
Coming home

Enola Gay, is mother proud of little boy** today
Oh, this kiss you give, it's never ever gonna fade away

Una curiosità: il pilota ha chiamato così l'aereo perchè era il nome della madre!

[Modificato da cloedy 09/08/2005 10.04]

[Modificato da cloedy 09/08/2005 11.43]

----------------------------------------
Life is like music; it must be composed by ear, feeling and instinct, not by rules!!

Ci sono solo due giorni a cui non penso mai: ieri.... e domani!!!
09/08/2005 10:27
 
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Re: Re: Re: Re:

Scritto da: =Donegal= 09/08/2005 9.39


Non dicevo che Okinawa non fosse importante, ma che fosse comunque molto piccola.
Quanto dici sul fatto che Francia e UK è vero, ma non credo che delle semplici pressioni diplomatiche avrebbero impedito l'ascesa di Hitler, anche perchè a costruire il suo esercito la Germania ha impiegato pochissimo, appena qualche anno. Quando poi hanno annesso Sudeti e Austria i giochi erano fatti, l'esercito tedesco era già quello che da li a poco avrebbe scatenato la WWII e che in quel momento almeno a livello tecnologico era il migliore (o il peggiore, a seconda di come la vogliamo vedere) al mondo, più degli USA, avendo alle spalle una industria eccezionale e che nessuna coalizione di paesi europei avrebbe potuto fermare, come in effetti è stato.
Secondo molti storici la WWII si sarebbe potuta evitare se Francia e UK avesero agito a metà degli anni '30, ma questo avrebbe forse significato scatenare una nuova guerra in Europa a distanza di pochi anni dalla prima... certo con il senno di poi sarebbe stato un male decisamente minore di quanto poi accaduto...



sì, è vero, la diplomazia non sarebbe bastata, ma intervenire a metà anni 30 avrebbe forse impedito un'escalation di quel tipo.
col senno di poi ... mia nonna dice sempre: con i se e con i ma Hitler avrebbe vinto la guerra.
purtroppo non c'è mai una risposta giusta.

l'importante è non dimenticare quello che è stato: Hitler, il nazismo, il fascismo, il genocidio, le bombe atomiche. non dimenticare, questo è l'importante.

ciao e buone ferie, ci si sente tra un paio di settimane.
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Re: Re: Re: Re: Re:

Scritto da: gior77 09/08/2005 10.27
sì, è vero, la diplomazia non sarebbe bastata, ma intervenire a metà anni 30 avrebbe forse impedito un'escalation di quel tipo.
col senno di poi ... mia nonna dice sempre: con i se e con i ma Hitler avrebbe vinto la guerra.
purtroppo non c'è mai una risposta giusta.
l'importante è non dimenticare quello che è stato: Hitler, il nazismo, il fascismo, il genocidio, le bombe atomiche. non dimenticare, questo è l'importante.
ciao e buone ferie, ci si sente tra un paio di settimane.



D'accordo in pieno su tutto!
Buone ferie anche a te!
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Da l'Unità di oggi - su Nagasaki
09.08.2005
Nagasaki 60 anni dopo: la seconda apocalisse atomica doveva essere evitata
di red

Qualche giorno fa uno storico discuteva sulla necessità e l’utilità di punire il Giappone con una seconda bomba atomica dopo la prima, devastante e dagli effetti inediti fino ad allora. Paradossalmente qualcuno può pensare che quel primo ordigno avesse un valore “storico” di deterrenza e monito per tutte le nazioni. E siamo ad Hiroshima. Ma il secondo, lasciato cadere tre giorni dopo su Nagasaki – ricorre il 60mo anniversario – fu una strage che doveva e poteva essere evitata.

La cittadina giapponese, più piccola di quella che l’aveva preceduta nell’esperienza apocalittica di un bombardamento atomico della storia, ha avviato la cerimonia di ricordo di quel 9 agosto lanciando un pressante invito al popolo degli Stati Uniti perché si unisca più attivamente nella lotta contro gli ordigni nucleari, con un senso di urgenza pari «alla rabbia e all'angoscia legati agli orribili attentati terroristici dell'11 settembre 2001».

«Noi popolo di Nagasaki - ha detto nel suo messaggio il sindaco della città Iccho Ito davanti a 6.000 persone, compreso il primo ministro Junichiro Koizumi, convenute nel parco della pace comprendiamo bene e condividiamo la vostra rabbia e la vostra angoscia per l'11 settembre. Eppure, la politica nucleare del vostro governo che tiene ammassate negli arsenali 10.000 bombe nucleari, conduce test a ripetizione e cerca ora di sviluppare armi atomiche in miniatura, vi assicura davvero una maggiore sicurezza collettiva? Sono certo che la maggior parte di voi vuole di tutto cuore l'eliminazione di queste armi di distruzione di massa».

La cerimonia è culminata in un minuto di silenzio alle 11:02 locali (03[SM=x145457]1 italiane), l'ora in cui la seconda bomba atomica sconvolse il Giappone, già prostrato per l'olocausto di Hiroshima. Morirono all'istante 74.000 persone.

Il sindaco ha deposto nel cenotafio (monumento funebre senza ossa) al centro del Parco della pace tre volumi con i nomi di altre 2.478 vittime, morte dallo scorso 9 agosto quasi tutte per tumori provocati dalle radiazioni assorbite. Arriva così a 137.339 il totale delle vittime della strage identificate.

Alla cerimonia, oltre al premier Koizumi che ha riaffermato l'impegno del Giappone a mantenersi un paese pacifico, non nucleare e alla testa del movimento per il disarmo e la non proliferazione nucleare, hanno preso parte, tra gli altri, il sindaco di Hiroshima Tadatoshi Akiba, l'ambasciatore della Russia, unico paese del club delle potenze nucleari ad accettare l'invito, e anziani cittadini americani, coreani e brasiliani, residenti a Nagasaki alla fine della guerra e colpiti anch'essi dalle radiazioni, invitati dalla città appositamente per il 60mo anniversario.
09/08/2005 13:05
 
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Un'analisi socistorica della WWII risulterebbe complicatissima e ci si tirerebbero addosso inutili accuse di revisionismo. Inutile dire che concordo con chi ha detto che la guerra era inevitabile. Le condizioni politiche e sociali dell'Europa erano troppo instabili. dico anche però che Hitler la guerra la perse in Russia, e poprio la campagnia di russia permise lo sbarco in Normandia e la campagna di Francia, che altrimenti sarebbe stata un fallimento se le armate migliori dei tedeschi non fossero state sacrificate stupidamente ed ostinatamente da Hitler sul fronte di Stalingrado. Non finirò mai di ripetere che se Rommel fosse stato al comando invece di Hitler, probabilmete oggi parleremmo tutti tedesco...
Questa analisi storica, di una guerra già agonizzante e quasi risolta in Europa mosta in modo ancora più agghiacciante in quanto le bombe in Giappone non fossero state in reatà altro che una dimostrazione di supremazia da parte degli USA, dato che a questo punto in Giappone era gia bell'è che isolato internazionalmente ed avrebbe ceduto alla resa molto presto. Come è stato già detto, nella cultura giapponese il concetto di resa non esiste, difatti quando Hirohito si arrese agli americani, il generale in comando delle forze giapponesi fece immediatamente harahiri per il disonore. Seguito da molti dei suoi ufficiali. Non per niente i Samurai in passato erano temuti e rispettati da tutti: semplicemente, non si arrendevano in battaglia, dato che per loro morire in battaglia era il più alto degli onori.

Il fatto centrale resta che gli americani avevano questa bomba e dovevano sperimentarla sugli essseri umani. Punto e basta. Quando Einstein dopo il fattaccio dichiarò pubblicamente che la bomba era sbagliata e bisognava immediatamente interrompere le ricerche e lo sviluppo degli armamenti atomici, l'opinione pubblica americana si incazzò non poco. La bomba, era il simbolo della loro potenza, della loro invincibilità. Insomma, la solita cosa degli americani contro il resto del mondo.
Da qui resta il fatto che Hiroshima e Nagasaki rappresenteranno sempre due crimini contro l'umanità e che sarebbe anche ora che gli americani chiedessero scusa ai giapponesi.
Sarebbe anche ora che si cominciasse a chiedersi scusa un po' più di frequente anziché tirarsi bombe addosso ad ogni minima occasione. Si chiama civiltà.

[Modificato da Corcaigh 09/08/2005 13.08]

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Da "Arcoiris TV":

Mai più Hiroshima! Mai più Nagasaki! (44,10 min.)

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La distruttrice dei mondi (2,30 min.)

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Hiroshima e Nagasaki dolorose ma necessarie. E' questa l'opinione diffusa fra chi ha studiacchiato la storia. Si dice che l'impiego della bomba atomica abbia alla fine fatto risparmiare vite umane non solo agli americani e ai loro alleati, ma anche agli stessi giapponesi.

Questa tesi ricalca in sostanza quella di Churchill secondo il quale l'uso delle bombe atomiche e i conseguenti 200 mila morti fu giustificato dall'esigenza di risparmiare almeno un milione di vite umane fra le truppe angloamericane e molte vite umane fra gli stessi giapponesi. Scrisse infatti Churchill nelle sue memorie: "Il popolo giapponese poteva trovare nell'apparizione di quest'arma quasi soprannaturale una scusa tale da salvare il proprio onore e liberarlo dall'obbligo di farsi uccidere fino all'ultimo uomo".


Quindi la bomba atomica avrebbe reso un utile servizio sia agli angloamericani sia ai giapponesi, risparmiando (paradossalmente) vite umane fra i giapponesi e abbreviando le sofferenze per tutti.


Quelle di Hiroshima e Nagasaki furono quindi "bombe umanitarie"?


No. Lo storico B.Liddell Hart, nella sua "Storia del mondo moderno - la Seconda Guerra mondiale" (Garzanti), documenta che il Giappone era sul punto di arrendersi. Le bombe atomiche furono dunque lanciate non perche' la guerra rischiava di prolungarsi troppo a lungo ma per due considerazioni prioritarie:


1) la bomba atomica voleva essere la dimostrazione all'URSS del possesso di un'arma che sanciva la superiorita' militare americana;


2) gli Stati Uniti volevano far presto in modo che i russi non potessero accampare meriti per la sconfitta del Giappone.


Quest'ultimo punto e' poco conosciuto e merita un approfondimento.


E' interessante raccontare un retroscena "segreto" - come documenta il testo di Liddel Hart - e cioe' che gli americani erano venuti a conoscenza del desiderio del Giappone di mettere porre fine alla guerra e di arrendersi.


Perche' allora lanciare bombe atomiche su una nazione che stava per arrendersi?


Il Giappone aveva infatti deciso di mandare a Mosca il principe Konoye per i negoziati di pace. Gli americani tramite i servizi segreti intercettarono e lessero (con il codice "magic") i messaggi del ministro degli esteri giapponese all'ambasciatore giapponese a Mosca. "Ma il presidente Truman, - scrive lo storico B.Liddell Hart - e la maggior parte dei suoi consiglieri erano tanto desiderosi di accelerare il crollo del Giappone, quanto lo era Stalin di entrare in guerra contro il Giappone prima che essa finisse, per assicurarsi una posizione vantaggiosa nell'Estremo Oriente". Per sbarrare la strada a Stalin ed essere primi e unici vincitori sul Giappone, Truman diede ordine di lanciare le bombe atomiche. Quindi quelle vittime giapponesi innocenti furono liquefatte non da "bombe umanitarie" ma da una cinica corsa che vide Usa e Urss fare a gara a vincere sull'ormai fragilissimo Giappone.


Alla luce di cio', le argomentazioni di Churchill appaiono "vere" quanto le parole del presidente americano Truman il quale dichiaro' al mondo che le due bombe atomiche avevano colpito obiettivi militari. Falso: colpirono solo due cittadine inermi e prive di installazioni belliche.


Su una cosa invece Churchill fu invece estremamente sincero e cioe' quando disse: "In tempo di guerra la verita' e' cosi' preziosa che dovrebbe essere protetta costantemente da un velo di bugie". Parole verissime.


Come insegnante sento il dovere di invitare a ripudiare la profonda immoralita' del fuoco che sciolse donne, bambini e uomini innocenti, e di dire ai giovani: mai piu' l'olocausto nucleare.


Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink


Per altre informazioni clicca sulla "storia della pace" realizzata da PeaceLink:
italy.peacelink.org/storia



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Life is like music; it must be composed by ear, feeling and instinct, not by rules!!

Ci sono solo due giorni a cui non penso mai: ieri.... e domani!!!
09/08/2005 16:05
 
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Che Churchill fosse estremamente di destra è un fatto storico e ben documentato (vedi carteggio "segreto" ma non tanto segreto con Mussolini) per cui le sue posizioni sull'atomica non fanno una grinza.
Sul resto della rifrlessione sull'atomica come mezzo degli americani per mostrare i muscoli al resto del mondo, non potrei essere più d'accordo... come la maggior parte degli storici che si occupano di quel periodo.
:smilef
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Re:

Scritto da: Corcaigh 09/08/2005 16.05
Che Churchill fosse estremamente di destra è un fatto storico e ben documentato (vedi carteggio "segreto" ma non tanto segreto con Mussolini) per cui le sue posizioni sull'atomica non fanno una grinza.
Sul resto della rifrlessione sull'atomica come mezzo degli americani per mostrare i muscoli al resto del mondo, non potrei essere più d'accordo... come la maggior parte degli storici che si occupano di quel periodo.
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Beh... Churchill era un conservatore, e molti conservatori (e non solo loro) a quei tempi erano molto più preoccupati dalla minaccia comunista, che all'epoca voleva dire sovietica, che di quella fascista... forse perchè la prima era ben consolidata da oltre un decennio mentre la seconda sembrava più debole.
Il bello è che all'epoca i comunisti vedevano come primo nemico non i fascisti e la destra in genere, come sarebbe logico attendersi, ma i socialdemocratici, anzi l'avvento del nazismo è stato possibile proprio perchè i comunisti, che costituivano un partito molto fore ed erano in pratica diretti da Mosca, avevano ricevuto ordini di non trattare con i "traditori" socialdemocratici.
Situazioni simili sono successe negli stessi anni anche in Spagna e sono ben evidenziate in "Terra e libertà" di Ken Loach.
Ok, adesso la smetto con le mie divagazioni storiche!
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Good evening, there was already an injury, huh?

Giovanni Trapattoni, falling off his chair
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