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Attacco all'Iran imminente?

Ultimo Aggiornamento: 18/11/2005 20:11
19/09/2005 08:34
 
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Re:

Scritto da: Tameko 19/09/2005 0.24
Un'altra cosa. Mi sembrerebbe molto stupido da parte americana scatenare un conflitto con l'Iran, tanto più che è già un casino tenere le truppe in Iraq e gestire il dopo Katrina.




da un uomo che chiede il permesso al suo segretario di stato per andare in bagno mi aspetto questo ed altro ... [SM=g27828]
19/09/2005 08:38
 
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Re:

Scritto da: Tameko 19/09/2005 0.18
Ho letto, nonstante l'ora e la stanchezza, per intero l'articolo di Blondet.
Onestamente l'ho trovato poco convincente e molto complottistico.

Blondet non è nuovo a queste sparate. Conosco le sue "teorie" in quanto ho studiato un suo libro quando anni fa mi sono laureato.

Questo signore vede complotti ovunque: il mondo sarebbe secondo lui dominato dalle multinazionali che cercano di sfasciare gli Stati per impadronirsi delle loro economie e, nel fare questo, finanzierebbero nemmeno troppo occultamente nientemeno che i no-global!
Insomma... Casarini e soci sono stipendiati da Nike e Coca-Cola.

Chi glielo dice a Bertinotti???



interessante questa teoria ... sul fatto che le multinazionali vogliano comandare il mondo non ho dubbi (in un certo senso già lo fanno indirizzando i voti dei vari parlamenti a seconda dei finanziamenti che elargiscono ai governanti), ma che addirittura contribuiscano al movimento cosidetto no-global ... non c'è fine alla fantasia!!!!
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19/09/2005 10:43
 
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Re: Re:

Scritto da: gior77 19/09/2005 8.38
interessante questa teoria ... sul fatto che le multinazionali vogliano comandare il mondo non ho dubbi (in un certo senso già lo fanno indirizzando i voti dei vari parlamenti a seconda dei finanziamenti che elargiscono ai governanti), ma che addirittura contribuiscano al movimento cosidetto no-global ... non c'è fine alla fantasia!!!!



Tutto è possibile... a volte vedendo certe scelte suicide della sinistra italiana mi viene il sospetto che qualcuno di loro non sia finanziato dal nano...
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Re: Re:

Scritto da: =Donegal= 18/09/2005 22.21
Io dico che sono solo minacce... già non riescono a reggere insieme il fronte afghano e quello iracheno, dubito che si impegnino con l'Iran che ha tutt'altra potenza militare che l'Iraq di Saddam...



E' possibile e mi auguro sia così.
Specifico subito che non sono sicuramente un esperto militare, ma tieni conto però che l'esercito degli Stati Uniti mi risulta essere costituito da 9 unità di combattimento (formata ciascuna da alcune divisioni) e che ogni unità è in grado di sconfiggere probabilente la maggior parte degli eserciti al mondo. In Afghanistan e in Iraq mi pare che le unità impiegate siano due, però con limiti distruttivi ben precisi (insomma, come truppe di occupazione, si limitano a controllare alcune porzioni di territorio e a fare danni principalmente in queste). Se solo la metà delle unità di cui sopra ho accennato usasse invece il suo effettivo potenziale bellico (che è spaventosamente enorme) semplicemente non sarebbe necessario invadere l'Iran (ovviamente non sto parlando di un uso di bombe atomiche classiche, ma di un possibile uso di quelle tattiche che, oltretutto, esistono già da una trentina di anni... ).
Comunque, ripeto, speriamo veramente siano solo minacce e nulla di più.
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Re: Re: Re:

Scritto da: cossaigh 19/09/2005 12.29
E' possibile e mi auguro sia così.
Specifico subito che non sono sicuramente un esperto militare, ma tieni conto però che l'esercito degli Stati Uniti mi risulta essere costituito da 9 unità di combattimento (formata ciascuna da alcune divisioni) e che ogni unità è in grado di sconfiggere probabilente la maggior parte degli eserciti al mondo. In Afghanistan e in Iraq mi pare che le unità impiegate siano due, però con limiti distruttivi ben precisi (insomma, come truppe di occupazione, si limitano a controllare alcune porzioni di territorio e a fare danni principalmente in queste). Se solo la metà delle unità di cui sopra ho accennato usasse invece il suo effettivo potenziale bellico (che è spaventosamente enorme) semplicemente non sarebbe necessario invadere l'Iran (ovviamente non sto parlando di un uso di bombe atomiche classiche, ma di un possibile uso di quelle tattiche che, oltretutto, esistono già da una trentina di anni... ).
Comunque, ripeto, speriamo veramente siano solo minacce e nulla di più.



Sicuramente l'esercito USA, anche solo usando le armi convenzionali è il più potente al mondo, quindi se volesse fare una nuova guerra sul piano militare non avrebbe difficoltà a vincerla. Però poi vinta la guerra si deve gestire ciò che ne segue, e questo non è così semplice, per farlo serve un consenso della popolazione, come è successo nei paesi liberati dopo la seconda guerra mondiale, che aveva motivazioni ben diverse. Già in Afghanistan l'esercito USA, con l'aiuto ufficiale della NATO, non riesce a gestire la situazione, nonostante che larga parte della popolazione gli sia comunque favorevole.
In Iraq, dove questo consenso non c'è, la situazione è completamente ingestibile.
Per questo dico che sarebbero pazzi se attaccassero l'Iran... anche perchè, come osserva giustamente Tameko, in Iran c'è già una opposizione interna forte che potrebbe legittimamente rovesciare la teocrazia iraniana, ma che potrebbe compattarsi con il regime, o quanto meno essergli meno ostile, in caso di minaccia esterna visto anche il nazionalismo degli iraniani.
Quanto al reattore non servono armi potentissime, anni fa gli israeliani (anche se ufficialmente erano aerei senza contrassegni) distrussero il reattore di Saddam con un solo raid aereo.
Resta da capire se da parte iraniana ci sia veramente voglia di armarsi oppure se è tutto un gioco politico per ottenere soldi, aiuti o altro (stile Corea del Nord), anche se comunque sono dotati di scienziati e tecnici di grandissimo livello.
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Re: Re: Re: Re:

Scritto da: =Donegal= 19/09/2005 12.45
Per questo dico che sarebbero pazzi se attaccassero l'Iran...



Ti dirò due cose:
1) non sono tanto sicuro che chi ha ordinato l'invasione dell'Iraq sia completamente sano di mente;
2) ci sono logiche aberranti che stanno dietro questi eventi che noi non riusciamo neppure ad intuire.
Quindi, al di là dei discorsi logici e razionali che possiamo fare qui mi aspetto purtroppo di tutto ...
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21/09/2005 11:35
 
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Re: Re: Re: Re: Re:

Scritto da: cossaigh 21/09/2005 10.56
Ti dirò due cose:
1) non sono tanto sicuro che chi ha ordinato l'invasione dell'Iraq sia completamente sano di mente;
2) ci sono logiche aberranti che stanno dietro questi eventi che noi non riusciamo neppure ad intuire.
Quindi, al di là dei discorsi logici e razionali che possiamo fare qui mi aspetto purtroppo di tutto ...



Dal punto di vista di chi l'ha ordinata (quindi senza considerazioni morali sul fatto che la guerra fosse errata) se ci limitiamo alla sola invasione dell'Iraq non era una cosa da pazzi, in effetti è riuscita... è stato da pazzi il fatto che non abbiano messo in conto che poi ci sarebbe stata una situazione complessa da gestire e invece cosa hanno fatto? Per prima cosa hanno sciolto tutte le autorità locali, esercito, polizia, cioè tutte le strutture esistenti...
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21/09/2005 11:54
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re:

Scritto da: =Donegal= 21/09/2005 11.35


Dal punto di vista di chi l'ha ordinata (quindi senza considerazioni morali sul fatto che la guerra fosse errata) se ci limitiamo alla sola invasione dell'Iraq non era una cosa da pazzi, in effetti è riuscita... è stato da pazzi il fatto che non abbiano messo in conto che poi ci sarebbe stata una situazione complessa da gestire e invece cosa hanno fatto? Per prima cosa hanno sciolto tutte le autorità locali, esercito, polizia, cioè tutte le strutture esistenti...



... forse lo hanno fatto perchè era proprio quello che volevano ...
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27/09/2005 16:16
 
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Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re:

Scritto da: gior77 21/09/2005 11.54
... forse lo hanno fatto perchè era proprio quello che volevano ...



Infatti. E' stato chiaramente voluto. Se si vuole smembrare uno stato questo mi pare un sistema efficace e di sicuro risultato.


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25/10/2005 17:09
 
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Interessante articolo di Maurizio Blondet sempre sul probabile-possibile-ipotetico attacco all'Iran da parte degli Usa.

Riarmo atomico (contro l'Iran?)

Maurizio Blondet

19/10/2005

LONDRA - Tony Blair ha deciso: ordinerà una nuova generazione di armi nucleari, per rimpiazzare la «flotta» britannica di testate Trident, che è diventata vecchiotta.
La decisione sta incontrando una dura opposizione nel partito laborista (il cancelliere dello scacchiere Gordon Brown è contrario per gli alti costi del progetto) e anche fra gli alti gradi militari.
Che si domandano se la spesa valga la pena, in un bilancio della Difesa limato all'osso (1).

Il costo della nuova generazione di armi atomiche è valutato in 10 miliardi di sterline (15 miliardi di euro), da aggiungere ai costi già in atto per il mantenimento dell'arsenale nucleare, che si aggira sui 300 milioni di sterline l'anno, e che l'anno prossimo salirà a 507.
I Trident possono durare, dicono i critici, altri vent'anni.
Vero è che la decisione di cambiarli va presa con molto anticipo, dati i tempi lunghi per lo sviluppo e le prove di nuove armi atomiche.
Già in maggio il giornale Independent aveva rivelato questo progetto, aggiungendo che Blair lo avrebbe reso pubblico solo dopo le elezioni.
Ora, vinte le elezioni, sta passando all'azione.

Le motivazioni addotte: conservare alla Gran Bretagna il know-how tecnico e scientifico per il nucleare, creando una generazione di armi completamente nuova (il compito è affidato all'Atomic Weapons Establishment di Aldermaston, una ditta di Stato a cui è stato raddoppiato il finanziamento, e che si occupa oggi della manutenzione dei Trident); ma soprattutto, gli USA vogliono che l'Inghilterra rimanga nel club nucleare. Proprio adesso.
Perché proprio adesso?

«Non abbiamo attualmente un nemico che ci occorra prendere di mira con bombe atomiche», ha obiettato Paul Flynn, un parlamentare laborista e membro della Commissione Difesa, che è ostile al progetto.
Invece il nemico c'è, ed è l'Iran.
Il 16 ottobre Blair e il ministro degli Esteri Jack Straw hanno dovuto ascoltare la lezione di Condoleezza Rice sul «peggiorare delle relazioni con Teheran».
Qualcuno ha provato ad obiettare che appunto l'ammodernamento dell'arsenale nucleare metterebbe la Gran Bretagna in posizione alquanto falsa nella sua richiesta agli ayatollah di rinunciare al nucleare.

Ma la logica è l'ultima delle istanze cui viene prestata attenzione.
Israele preme, e questo solo conta.
«L'Iran armato con testate nucleari mette in pericolo l'esistenza di Israele», hanno ripetuto agli anglo-americani il ministro della Difesa israeliano Shaul Mofaz.
E il ministro degli Esteri Silvan Shalom, spalleggiato dal capo del Mossad Meir Dagan (2), hanno detto che se Washington non ferma il programma nucleare iraniano, «Israele agirà da sola, unilateralmente».
Insomma bisogna fare quest'altra guerra, perché non la faccia Israele.

E che la guerra all'Iran diventi atomica, è scritto nelle decisioni prese.
La Camera bassa USA, il 6 maggio 2004, con 376 voti contro 3 (la nota lobby aveva lavorato bene) dava mandato alla Casa Bianca di «usare tutti i mezzi appropriati per prevenire e dissuadere l'Iran dal dotarsi di armi nucleari».
Fra i mezzi «appropriati», ci sono le bombe atomiche.
Lo dice un recente documento del Pentagono «Doctrine for joint nuclear operations», che impegna gli USA a rispondere con armi nucleari a minacce di «armi di distruzione di massa» (ossia anche chimiche e batteriologiche) (3).
Bombe nucleari «bunker buster», concepite per devastare installazioni sotterranee e corazzate, sono state dichiarate «usabili» dal Congresso.
Una dottrina creata apposta per l'Iran.

E Dick Cheney, come ha rivelato la rivista di destra American Conservative, ha dato ordine di prepararsi ad un attacco nucleare contro l'Iran subito dopo un grosso attentato sul suolo americano, tipo 11 settembre, sia o no l'Iran coinvolto nell'attentato: e Cheney sa che questo attentato avverrà.
Come nota un ebreo pacifista (4), gli Stati Uniti hanno compiuto tutti i passi necessari a lanciare la prima bomba atomica in un atto di guerra dopo quelle di Hiroshima e Nagasaki.
Peggio: «una superpotenza nucleare vuole bombardare con atomiche uno Stato non nucleare [l'Iran] che ha firmato il trattato di non-proliferazione e sta cooperando con la IAEA, su istigazione di uno Stato [Israele] che ha almeno 100 bombe atomiche, che non ha firmato il trattato di non-proliferazione e che ha iniziato le ostilità con atti di aggressione militare non provocati».

Naturalmente una guerra aggiuntiva all'Iran metterà in qualche difficoltà il corpo di spedizione USA impantanato in Iraq, che potrà essere fatto segno di missili da Teheran.
Ma non contano le vite dei soldati americani.
La lobby preme.
Israele lo esige.

Fonte: www.effedieffe.com (nella sezione "Esteri")
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T.S. Eliot
26/10/2005 08:25
 
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Re:

Scritto da: cossaigh 25/10/2005 17.09

Interessante articolo di Maurizio Blondet sempre sul probabile-possibile-ipotetico attacco all'Iran da parte degli Usa.

Riarmo atomico (contro l'Iran?)

Maurizio Blondet


Fonte: www.effedieffe.com (nella sezione "Esteri")



e leggere topolino ogni tanto? aiuta sai.
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26/10/2005 09:32
 
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Anche gli "internazionalisti" dicono la loro. Da "Battaglia comunista":

Dalla Casa Bianca Bush lancia nuovi segnali di guerra
Gli Usa preparano l'attacco all'Iran?

Sono diventati ormai molti i segnali di un possibile attacco degli Usa l'Iran. In questi ultimi mesi la campagna mediatica statunitense e israeliana circa il pericolo costituito dall'Iran per la stabilità di tutto il Medioriente si è fatta serrata e visti i precedenti della guerra in Afghanistan e in Iraq il rischio che si apra nuovo fronte è molto più probabile di quanto si possa pensare. La rozzezza statunitense nel costruire il casus belli non fa allontanare l'amministrazione americana dallo schema finora adottato nelle recenti guerre per il controllo dell'area più importante per la gestione del petrolio. Come in un vecchio film visto e rivisto, l'accusa che viene mossa dagli Stati Uniti al governo di Teheran è quello di lavorare, non tanto segretamente, al progetto di costruire degli ordigni nucleari e costituire pertanto una minaccia per Israele e per gli altri paesi del Medioriente. Tutti ricordano che sono state le armi di distruzione di massa in mano a Saddam Hussein, che proprio in queste ultime settimane la stessa Casa Bianca ha ufficialmente affermato che non esistevano, a giustificare la seconda guerra del Golfo.

Le smentite del direttore dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica Mohamed El Baradei circa il possesso e/o la preparazione dell'atomica da parte dell'Iran, probabilmente rischiano di fare la stessa finer che fecero quelle degli ispettori dell'Onu circa il possesso delle armi di distruzione di massa da parte di Saddam Hussein.

La seconda accusa mossa contro l'Iran, che rende ancor più evidente le tentazioni belliche da parte degli Stati Uniti, è quella di essere il paese che maggiormente finanzia ed arma la guerriglia in Iraq ed in Afghanistan. Tutto d'un colpo vengono scaricate sull'Iran le difficoltà degli Stati Uniti di chiudere i conflitti ancora aperti nell'area mediorientale. Se la democrazia non si è ancora affermata in Afghanistan e in Iraq questo è dovuto al governo di Teheran che con i suoi infiltrati ostacola il processo di pacificazione nei due paesi confinanti. In altre parole per la Casa Bianca ed il Pentagono l'esportazione della democrazia nel mondo per avere un pieno successo deve passare sul cadavere della Repubblica Islamica iraniana, costi anche un'altra guerra.

I progetti statunitensi di scatenare una guerra contro l'Iran sono ormai di dominio pubblico anche se allo stato attuale l'attacco non sembra proprio imminente. L'Iran è un paese vastissimo, dal contesto geografico molto variegato e con una popolazione di 70 milioni di abitanti. L'insieme di questi fattori impone agli Stati Uniti di essere molto accorti nei preparativi bellici. Non è una cosa semplice attaccare un paese dalle caratteristiche come l'Iran, un paese che a differenza di Afghanistan e Iraq possiede una discreta difesa antiaerea ed inoltre può mettere in campo una batteria di missili a media gettata di costruzione russa capace di attaccare e affondare le portaerei a largo del Golfo Persico.

Un secondo elemento che potrebbe rallentare gli impulsi bellici dell'imperialismo statunitense è sicuramente rappresentato proprio dal pantano afghano ed iracheno; i programmi statunitensi di chiudere le due guerre in pochi mesi si sono scontrati con una realtà politica e militare alquanto diversa. Sia in Afghanistan che in Iraq l'armata statunitense sta incontrando ostacoli difficilmente preventivabili prima del conflitto, tanto che a quasi due anni dalla chiusura ufficiale della seconda guerra del Golfo non passa un solo giorno senza che l'esercito americano o quello dei suoi alleati non registrino morti o feriti. Nei loro ottimistici progetti si aspettavano che gli iracheni e gli afghani avrebbero accolto i soldati americani come dei veri liberatori dalla tirannide a cui erano sottosposti, in realtà l'ostilità e l'odio contro le truppe d'invasione è stata così tanta che per gli americani è stato finora impossibile costruire una reale alternativa politica ai precedenti governi.

Per molti osservatori gli Stati Uniti attualmente non sarebbero in grado di sostenere un altro fronte bellico prima di chiudere i conti con i due fronti ancora aperti. Le difficoltà militari e finanziarie derivanti dall'eventuale apertura di un terzo fronte sarebbero insormontabili anche per la prima superpotenza imperialistica del pianeta. Ovviamente le considerazioni degli osservatori borghesi non colgono fino in fondo le reali cause che stanno alla base della politica guerrafondaia degli Stati Uniti in questi ultimi anni. La crisi economica è di una gravità tale che per l'imperialismo americano controllare la gestione del petrolio è diventata una necessità dalla quale non possono più prescindere. Se è vero che l'attuale gruppo di potere alla Casa Bianca è l'espressione di una lobby economico-finanziaria che trae dalla guerra lauti profitti, le cause dei conflitti imperialistici sono da ricercare nelle contraddizioni del processo d'accumulazione capitalistico. Non fare la guerra per gli Stati Uniti significa mettere a repentaglio il controllo della rendita petrolifera dalla quale traggono annualmente qualcosa come oltere 500 miliardi di dollari, necessari per compensare in parte il proprio deficit commerciale con l'estero. Per come si è strutturata l'economia americana in questi ultimi decenni non è ipotizzabile che il petrolio possa essere venduto utilizzando una moneta alternativa al dollaro, per esempio l'euro, senza che gli Stati Uniti non giochino fino in fondo la loro carta migliore, ossia quella militare. La guerra è diventata un affare per le lobby al potere ma anche una necessità per l'imperialismo statunitense per mantenere il proprio dominio sul mondo. Non sappiamo se e quando scatterà l'attacco contro l'Iran, ma gli elementi provenienti dall'economia e i messaggi della politica non lasciano molti dubbi circa il pericolo di un nuovo drammatico fronte di guerra.

Fonte: www.internazionalisti.it/php/page.php?id=144
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L'infuocata dichiarazione di Ahmadinejad

Quesito: l'Iran è solito praticare forme di suicidio oppure ... ?

Iran, presidente Ahmadinejad: ''Israele deve essere cancellato dalla carta''

E' il primo leader iraniano in molti anni ad aver auspicato pubblicamente la distruzione dello Stato ebraico. E contro ''la corrotta cultura occidentale'' al bando i film stranieri

Teheran, 26 ott. - (Adnkronos/Ign) - Israele dovrebbe essere ''cancellato dalla carta'' geografica. Ad affermarlo il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad durante una conferenza a Teheran intitolata significativamente ''Il mondo senza il sionismo''. ''Come ha detto l'imam (Khomeini), Israele deve essere cancellato dalla carta'', ha tuonato il presidente ultraconservatore, primo leader iraniano in molti anni ad aver auspicato pubblicamente la distruzione dello Stato ebraico, del quale Teheran non riconosce l'esistenza.

Intanto una commissione iraniana composta da rappresentanti del clero islamico e presieduta dal capo di Stato ha deciso di mettere al bando i film stranieri nel tentativo di far piazza pulita di quella che viene definita ''la corrotta cultura occidentale''.

Il divieto - che segue la promessa fatta in campagna elettorale dall'allora candidato alla presidenza di promuovere la cultura islamica e contrastare ciò che viene definita l'invasione culturale da parte dell'Occidente - punta a spingere lo stato a prendere le distanze dalla politica di apertura culturale del presidente Mohammed Khatami, commenta il ''Guardian''.

Ma il solo effetto che la messa al bando produrrà, commentano esperti e funzionari, sarà quello di spingere gli iraniani a rivolgersi al mercato nero per ottenere i video dei film occidentali o a fare affidamento sulle emittenti straniere che trasmettono via satellite. Le conseguenze più evidenti si vedranno in televisione - pochi film occidentali vengono infatti trasmessi nelle sale cinematografiche - sulla quale lo stato esercita un totale controllo.

Ahmadinejad è convinto che un orientamento filo-occidentale potrebbe risultare fatale al Paese. ''La potenza e l'indipendenza della Repubblica Islamica dell'Iran si basa su principi islamici e muoverci in direzione dell'Occidente rappresenterebbe una deviazione e risulterebbe fatale alla naziona iraniana'', ha aggiunto.

Le conseguenze del sua propaganda antioccidentale sono un'ondata di censura a 360 gradi. Così, dopo i giornali e i giornalisti, vengono colpiti siti internet e i cosiddetti blogger. In particolare negli ultimi giorni sono finiti sotto la scure della censura siti e blog che si occupano dei diritti e delle rivendicazioni delle donne. E' stato, per esempio, bloccato l'accesso ai navigatori iraniani dei siti 'Womeniniran', 'Irwomen', 'Iftribune' e 'Womeniw', quattro tra gli indirizzi più popolari del femminismo iraniano. Questi siti continuano, invece, ad essere accessibili dall'estero. In totale, si stima, sono 130.000 i siti interdetti ai navigatori iraniani del Web. Le maggiori associazioni di donne iraniane sono impegnate in una raccolta di firme per protestare contro la censura nella Repubblica Islamica. La petizione delle donne iraniane è stata depositata sul sito new.petitiononline.com/womeno/petition.html.

Fonte: www.adnkronos.com/3Level.php?cat=Esteri&loid=1.0.191257282
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L'immediata replica di Israele

Israele: "Ahmadinejad è un criminale. L'Iran fuori dall'Onu"

Il Governo israeliano è insorto di fronte alle incredibili esternazioni del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, che - in occasione di una conferenza tenutasi a Teheran dal titolo "il mondo senza il sionismo" - ha auspicato la cancellazione dello Stato ebraico dalla carta geografica.
"Come ha detto l'imam Khomeini - ha affermato - Israele deve essere cancellato dalla carta".
Il primo a replicare è stato il ministro degli Esteri israeliano Shalom, secondo cui le parole di Ahmadinejad sono un'ennesima conferma del fatto che "Teheran costituisce un pericolo evidente e costante". Poco dopo è arrivata la condanna degli Stati Uniti d'America, che hanno espresso la propria solidarietà allo stato ebraico.
"Le parole del presidente iraniano sono in contrasto con la Carta delle Nazioni Unite ed equivalgono ad un crimine contro l'umanità - ha sentenziato il vice premier israeliano Shimon Peres - è inconcepibile che alla guida di un paese membro dell'Onu ci sia un uomo che lancia un appello al genocidio. Bisogna presentare una richiesta chiara e netta al segretario generale dell'Onu e al consiglio di sicurezza per ottenere l'espulsione dell'Iran dall'Onu".

Fonte: www.centomovimenti.com/2005/ottobre/27_iran.htm
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MA E' L'IRAN CHE MINACCIA ISRAELE?

Maurizio Blondet

29/10/2005

TEHERAN - La frase del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad «cancellare Israele dalla carta geografica» non ha mancato di suscitare l'urlo di dolore ufficiale atteso in questi casi.
Urlo globale, stracciarsi di vesti mondiale, perché l'incauto iraniano ha violato il tabù dei tabù.
Non ci è nemmeno simpatico, Ahmadinejad.
Sicuramente ha offerto un pretesto ai nemici della sua patria.
E sarebbe inutile consigliare a un musulmano la massima dei politici accorti, che dice: «pensarci sempre e non parlarne mai».
Nella cultura musulmana le parole sono già fatti, e li sostituiscono; una volta pronunciate le parole, i leader musulmani tendono a soddisfarsene, come già fossero passati all'azione (certa mentalità meridionale, in Italia, non ignora questa tendenza).
Tuttavia, sarà il caso di mettere qualche puntino sulle «i».

Anzitutto, riportare la frase criminosa del presidente iraniano nel suo contesto, per vedere se davvero è imminente un nuovo olocausto.
«A coloro che dubitano, a coloro che non credono, io dico che un mondo senza America e Israele è possibile e fattibile», così ha esordito Ahmadinejad davanti a una folla a Teheran.
Per poi proseguire: «un giorno, sua eminenza l'Imam Khomeini [il capo della rivoluzione islamista del 1979] dichiarò che il regime illegale dei Pahlavi doveva finire, ed è finito. Poi disse che l'impero sovietico sarebbe scomparso, ed è scomparso. Disse anche che il malvagio Saddam doveva essere punito, e lo vediamo sotto processo nel suo Paese. Sua eminenza disse anche che il regime di occupazione di Qods [Gerusalemme] doveva essere cancellato dalla mappa del mondo, e con l'aiuto dell'Onnipotente, noi vedremo un mondo senza America e senza sionismo, nonostante coloro che dubitano» (1).

Come si vede, non è un programma: è un appello alla fede.
Tutte le profezie di Khomeini si sono avverate, si avvererà anche questa. Una fede fondamentalista e messianica, certo.
Ma rende più intenso l'appoggio alla pura fede il fatto che tutti gli altri eventi promessi - la caduta dei Pahlavi, dell'URSS, di Saddam - sono avvenuti senza che la repubblica islamica dell'Iran li abbia provocati, e nemmeno vi abbia avuto parte: sono opere della «provvidenza».
Così gli iraniani credenti non sono invitati all'azione e alla guerra, bensì all'attesa.
Non è detto: «distruggeremo Israele», ma «il sionismo sarà cancellato dall'Onnipotente».
C'è una bella differenza.
E questo è detto a «coloro che dubitano», ed evidentemente sono molti in Iran.

Risulta infatti che l'uscita di Ahmadinejad sia ad uso interno.
Eletto nel febbraio scorso con larga e imprevista maggioranza contro i riformisti, Ahmadinejad, già capo delle guardie della rivoluzione islamista e sindaco di Teheran, ha subìto di recente una mossa che ha posto forti limiti al suo potere.
Il super-ayatollah Ali Khamenei, la «guida suprema», ha elevato sopra di lui Hashemi Rafsanjani, il pragmatico ed esperto «moderato» che proprio Khamenei aveva voluto marginalizzare.
Com'è avvenuto?
Khamenei, la «guida suprema», ha trasferito una parte del proprio immenso potere alla cosiddetta Assemblea per il Discernimento degli Interessi dello Stato.
Prima, quest'organismo aveva il compito di mediare tra il Parlamento (majlis) e la suprema istanza religiosa, il Consiglio dei Guardiani, che seleziona i candidati alle elezioni e controlla che le leggi varate siano conformi alla Shariah.

Oggi, l'Assemblea (32 membri, e Rafsanjani a capo) ha il potere, delegatogli dalla «guida suprema», di supervisione sulle macropolitiche e i piani a lungo termine del governo.
In questo contesto, come s'indovina, il discorso di Ahmadinejad assume un senso diverso e altamente significativo: cita le «profezie» di Khomeini per rivendicare la sua assoluta, anzi più pura conformità alla «fede» che legittima il potere in Iran, e per di più, sottilmente, rivendica l'investitura popolare su cui si basa il suo potere, contro quella di un organo non eletto, e a lui superiore.
Forse stiamo assistendo ai prodromi di una sorda e interessante lotta di potere, anzi ad uno scontro di legittimità all'interno della rivoluzione islamica sciita.
Forse le parole di Ahmadinejad, più che aggressività e piani bellici, tradiscono la sua debolezza nel complesso «balance of power» di Teheran.

L'urlo mediatico mondiale sembra così alquanto esagerato.
Mettiamo ancora un puntino sulle «i»: l'uscita di Ahmadinejad viene dopo che da almeno due anni Israele e gli USA minacciano concretamente di bombardare l'Iran per il suo programma nucleare.
Molto concretamente: la Camera dei Rappresentanti USA, il 6 maggio 2004, con 376 voti contro 3, ha dato mandato al presidente di «usare tutti i mezzi appropriati per dissuadere e prevenire il possesso di armi atomiche da parte dell'Iran».
«Tutti i mezzi» significa, specificamente, l'uso di bombe nucleari: e in via preventiva (2).
Il regime di Ariel Sharon sta facendo pressioni sulla Casa Bianca - le pressioni invincibili della sua nota lobby - perché l'America combatta per il sionismo anche questa guerra.

Il ministro della Difesa israeliano, pochi giorni fa, ha detto esplicitamente che «se l'America non si muove, lo faremo noi».
Israele ha specificamente addestrato squadre di aviazione per andare a bombardare le installazioni iraniane, come ha già fatto nell'81 contro la centrale nucleare di Osirak nell'Iraq di Saddam.
Israele non esprime una speranza affidata alla provvidenza: si prepara ad un'azione bellica.
Con i fianchi coperti dalla sola superpotenza militare rimasta e il servilismo dei governi europei, intimoriti dalla nota lobby.
Di più: Israele dispone di almeno 300 testate nucleari, l'Iran di nessuna, e non ne avrà chissà per quanti anni.
Lascio il giudizio al lettore: è l'Iran che minaccia Israele, o è Israele che minaccia l'Iran?
E' più reale la prima minaccia, o la seconda?

Note
1) Safa Haeri, «Iran on course for a showdown», Asia Times, 28 ottobre 2005.
2) Jorge Hirsch, «Israel, Iran and the US: nuclear war, here we come», Antiwar.com, 17 ottobre 2005.

Fonte: www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=718¶metro=
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T.S. Eliot
02/11/2005 08:52
 
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Anche Giulietto dice la sua e la dice, come al solito, molto bene:

FIACCOLATE AMBIGUE E VENTI DI GUERRA

di Giulietto Chiesa

Che fare con l'Iran? Adesso si organizzano fiaccolate per i diritti umani, con largo schieramento filo americano, dal Foglio di Ferrara-Berlusconi, a Piero Fassino (senza la tata , si presume).
Nel frattempo cose assai serie si sviluppano da quelle parti. Il nuovo presidente Ahmadinejad mobilità gli studenti sulla parola d'ordine della distruzione di Israele. Male, malissimo. Invece Condoleeza Rice (contro cui non si organizzano fiaccolate sebbene emerga che ha partecipato alla concreta distruzione di un paese, e ha dato il suo fraterno contributo all'assassinio di almeno 100 mila civili iracheni) ha incontrato il ministro degli esteri di Blair, Jack Straw, e ha ottenuto una buona e una cattiva notizia...

La prima è stata che “le posizioni di Washington e Londra sono identiche”. La seconda è che Londra “esclude categoricamente l'ipotesi di una soluzione di forza”. Cioè l'Europa continua il negoziato con Teheran sul contenzioso nucleare. Certo sperando in tempi migliori, ma prendendo atto che l'interlocutore non chiude la porta, anche se tiene ferme le sue carte sul tavolo.

Che le posizioni non siano del tutto identiche lo si vede dal fatto che Washington continua a non benedire i negoziati europei, e a non parteciparvi. Ma la diplomazia ha le sue regole. Il fatto è che molti amici dell'America in seno all'Europa, segnatamente dentro il Parlamento Europeo, manifestano verso l'Iran molto nervosismo, perfino a tratti superiore a quello manifestato da Washington. E premono perché o si termini il negoziato con una secca vittoria, con la conseguente chiusura del programma nucleare iraniano, oppure, in mancanza del risultato, che si passi alle maniere forti.

Le fiaccolate servono anche a questo, altrimenti perché le organizzerebbe Giuliano Ferrara?

La tesi, sostenuta con estremo vigore da deputati est europei come l'ex premier lituano Vytautas Landsbergis, o l'ex ministro della difesa polacco Onuskievicz, è che l'Europa, continuando a trattare con gli ayatollah , manifesterebbe la sua estrema debolezza e romperebbe il fronte delle democrazie occidentali.

Il fatto è, tuttavia, che Berlino e Parigi pensano esattamente il contrario. A Berlino la signora Merkel lo pensa esattamente come Schroeder; a Parigi non ci sono segni di ripensamento. Londra, probabilmente, vi si è adattata obtorto collo , essendo in cuor suo più vicina a Washington che a Bruxelles, ma l'errore iracheno pesa sulle spalle di Tony Blair più di quanto egli stesso ammetta, e peserà sul resto della sua carriera politica, per cui il leader inglese non ha nessuna voglia di trovarsi di nuovo in una situazione in cui, si può essere certi che la sua popolarità toccherebbe il fondo.

Il fatto è che la “vecchia Europa”nonostante la sua estrema incertezza del momento, sembra aver compreso che, dovesse rinunciare il negoziato, si troverebbe immediatamente risucchiata su una linea interventista alla quale Washington (e Israele che preme dietro le quinte) non solo non ha rinunciato, ma che continua a perseguire con precisa determinazione.

Il recente viaggio a Baku di Donald Rumsfeld (organizzatorie diretto di massacri) dice che le mosse sulla scacchiera stanno sviluppandosi secondo una logica militare. La distanza tra il confine tra azerbajgian-iraniano e Teheran è corta quanto basta per organizzare su quella frontiera le prime misure di acquartieramento, i centri di vigilanza e controllo. Dai quali – e non guasta – si può dare un'occhiata ravvicinata anche ai sistemi di intercettazione elettronica rinnovati da Vladimir Putin.

Ed è anche per questo che Teheran si sta preparando proprio su quel fronte, concentrando le sue contraeree. La crisi monta e, senza il freno europeo, monterebbe più velocemente.

Sarà per questo che i saggi di Oslo, che assegnano il Premio Nobel per la Pace , hanno diviso l'insigne onorificenza tra El-Baradei e l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica. Come ai tempi iracheni l'offensiva di Washington ha puntato sulle agenzie dell'ONU prima di muovere missili e aerei. Hans Blix fu abbattuto prima dell'offensiva. Questa volta El-Baradei è riuscito a restare al suo posto. Non ci fosse stata la “vecchia Europa” oggi avremmo un altro “ispettore supremo”.

Fonte: www.giuliettochiesa.it/modules.php?name=News&file=article...

Vedere anche:
L'ACCERCHIAMENTO DELL'IRAN E L'EMPASSE EUROPEA
www.giuliettochiesa.it/modules.php?name=News&file=article...
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T.S. Eliot
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