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Attacco all'Iran imminente?

Ultimo Aggiornamento: 18/11/2005 20:11
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Ho trovato questo articolo qualche giorno fa in rete. Cosa ne pensate? E' credibile?

TRUPPE USA IN ISRAELE; SCUDI UMANI CONTRO L'IRAN?

di Maurizio Blondet

Vari osservatori segnalano un massiccio afflusso di soldati americani in Israele.
"Migliaia", con mezzi meccanici pesanti, a volte camuffati in modo da apparire israeliani.
A chi fa domande viene risposto, non ufficialmente, così: gli americani sono qui per assistere il governo Sharon nell'abbandono della striscia di Gaza, a cui i coloni fanatici si oppongono; e i fanatici hanno forti appoggi nell'armata d'Israele, che è divenuta insicura per questa operazione.

Ma il motivo più probabile è un altro: le truppe Usa sono lì per proteggere Israele, in vista dell'attacco israeliano alle installazioni nucleari dell'Iran.
L'Iran ha già fatto sapere che, se Israele aggredisce, risponderà con i suoi missili, capaci di raggiungere il territorio israeliano in 15 minuti.
La presenza degli americani dovrebbe agire da deterrente: se tira i missili e colpisce "i nostri ragazzi", Teheran si troverà in guerra anche con gli Usa.

Fin dalle prime ore della rielezione di Bush, Dick Cheney ha annunciato che "l'Iran è in testa alla nostra lista", lasciando però intendere che l'operazione verrà condotta da Israele: "gli israeliani possono decidere un attacco preventivo, e poi lasciare che sia il resto del mondo a ripulire il disastro diplomatico che ne seguirà", disse in una intervista alla MSNBC nel gennaio 2005.
E' stato in seguito a questa dichiarazione che Teheran ha annunciato la rappresaglia missilistica (CNN, 8 febbraio 2005).
Il fatto è che una vasta operazione congiunta contro l'Iran è in preparazione ormai da mesi. Non solo israelo-americana ma, come appare, con la partecipazione della Turchia e persino della Nato.
Come si sa, Israele ha ricevuto dagli Usa 5000 bombe "intelligenti", fra cui 500 BLU-109 buster bunker, da usare contro installazioni sotterranee.
E' meno noto che fra esse, ci sono le più potenti BLU-113, che prevedono una versione nucleare (B61-11).
Proprio da poche settimane il Senato Usa ha autorizzato l'uso di bombe tattiche nucleari, dichiarate "sicure per i civili" (sic).
Del resto, già dal 2003, Israele rivolge le sue testate nucleari, che equipaggiano i missili Usa Harpoon dei suoi sottomarini "Dolphin" (regalo della Germania), contro Teheran.

Come per l'Irak, a determinare l'attacco all'Iran è la convergenza di due gruppi d'interesse: la lobby ebraica, che vuole eliminare un avversario potenziale d' Israele, e la lobby petrolifera americana.
L'Iran detiene il 10% delle riserve mondiali.
Gli Usa già controllano quelle dell'Irak (11%) e dell'Arabia Saudita (25%), più le risorse africane (9%).
Il comando centrale strategico Usa (USCENTCOM) ha detto chiaramente che la sua strategia è "proteggere gli interessi vitali degli Stati Uniti, ossia il sicuro acceso degli Usa e degli alleati al Golfo Persico".

Gli alleati?
Certo: anche la NATO (a nostra insaputa) si prepara ad appoggiare Israele nella sua aggressione.
Novembre 2004, Bruxelles: viene firmato il protocollo fra la NATO e Israele, alla presenza di generali di sei paesi mediterranei e islamici (Egitto, Algeria, Tunisia, Marocco, Mauritania. Giordania).
Questa sub-alleanza militare occulta costituisce la scusa per associare Israele (che fa parte della sub-alleanza) alla NATO.
Israele infatti ha accettato di partecipare con questi "alleati" islamici (o piuttosto servi terrorizzati del potere mondiale) a "manovre congiunte anti-terrorismo".

Gennaio 2005: Israele e Turchia tengono manovre congiunte davanti alle coste della Siria.
La Turchia, che confina con Iran e Siria, è l'alleato necessario per l'imminente attacco.
Febbraio 2005: hanno luogo esercitazioni congiunte fra la Nato e Israele, le prime nella storia.
Nello stesso mese, guarda caso, l'assassinio del libanese Hariri: ne viene incolpata la Siria, che deve abbandonare il Libano sotto la pressione internazionale.
Così Israele ha uno spazio per il dispiegamento delle sue forze (la sua potenza militare è tale, che non basta il territorio israeliano per spiegarla completamente).
Nello stesso mese, Sharon sostituisce il capo di Stato Maggiore israeliano, Moshe Yaalon, con Dan Halutz.
E' un generale dell'Aviazione, ed è la prima volta nella storia che un pilota viene elevato al comando supremo.
L'uomo giusto al posto giusto, in vista di un bombardamento strategico dell'Iran.
Marzo 2005: il segretario generale della NATO va a Gerusalemme.
Lo scopo: "accrescere la deterrenza di Israele riguardo a potenziali nemici, come Iran e Siria".
Il povero, piccolo, indifeso Stato ebraico (terza potenza mondiale militare) deve farsi proteggere dagli europei.
A loro insaputa.
Infatti, pochi giorni, dopo il povero, indifeso e debole Sharon dà una "autorizzazione iniziale" per l'attacco alle installazioni nucleari iraniane di Natanz.
Aprile2005: grandi esercitazioni congiunte Usa-Israele specificamente intese a mettere a punto la difesa coi missili Patriot.

Nello stesso mese, Donald Rumsfeld compie visite ufficiali in Pakistan, Kirgizistan, Azerbaigian.
E qui, a Baku (la capitale), si accorda per un dispiegamento di truppe Usa al confine dell'Azerbaigian con l'Iran. L'America sta pagando (con 100 milioni di dollari) un sistema detto "Caspian Watch", che costringe i suoi nuovi alleati asiatici a pattugliare il Caspio in funzione anti-iraniana.
Basta guardare una mappa e si vede che, con il Pakistan, il Kirghizistan e l'Azerbaigian nell'orbita Usa, l'Iran è praticamente accerchiato da basi militari nemiche. E soprattutto da basi aeree poste a breve distanza dal suo territorio: poiché le installazioni atomiche iraniane sono sparse nel territorio, ci vorranno numerosi attacchi mirati da varie direzioni.
Aprile2005: Teheran firma un trattato di cooperazione militare col Tagikistan, l'unico pseudo-Stato dell'area non "alleato" agli Usa.
Questo Stato fa parte dell'alleanza militare detta "Shangai Five", che comprende anche Russia e Cina.
Nello stesso aprile, Sharon incontra Bush in Texas: per dare gli ultimi ordini al servo noachita americano.
Fine aprile: il premier turco Erdogan è in visita ad Israele, anche lui costretto a piegarsi al padrone del mondo.
Lo accompagna il ministro della difesa turco, Vecdi Gonul, che accede ad un accordo di cooperazione militare con lo Stato giudaico, fra cui la produzione congiunta di missili Arrow II e Popeye.

Come si vede tutto è pronto, non solo per l'attacco aereo (e non provocato) contro l'Iran.
Ma anche per un possibile e imprevedibile ampliamento del conflitto su scala mondiale, e con l'uso di armi atomiche.

di Maurizio Blondet

01/06/2005

Fonte: www.effedieffe.com/fdf/giornale/giornale.php
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"Where is the wisdom we lost in knowledge? Where is the knowledge we lost in information?"

T.S. Eliot
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Giusto: la potentissima lobby ebraica che governa il mondo, Israele che è così potente che tutti la adorano perchè spara messaggi subliminari via etere, i soldati israeliani cattivissimi e spietati, gli israeliani che non vedono l'ora di bombardarci tutti con l'atomica, i complotti israelo-americani per annientarci tutti...
[SM=x145508]

[SM=g27828]

[Modificato da dubh 09/06/2005 12.23]

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dai,
corpo di mille menorah Dubh
non prendertela [SM=g27828]

La povera Ofra Haza era molto brava
così come Eli Ohana mitica punta israeliana del Malines
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Re:

Scritto da: fergus 09/06/2005 12.37
dai,
corpo di mille menorah Dubh
non prendertela [SM=g27828]

La povera Ofra Haza era molto brava
così come Eli Ohana mitica punta israeliana del Malines


Ma no, non me la prendo, è che se c'è questa potentissima lobby ebraica vorrei che condividessero la torta mondiale anche con me e la mia famiglia, accidenti [SM=g27828]
Che so, un pezzo di Canada, come minimo [SM=g27824]

[Modificato da dubh 09/06/2005 12.42]

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Ma no. Si sa che Israele è un piccolissimo e poverissimo stato formato principalmente da contadini che coltivano, con molta fatica e sotto il sole cocente, quattro angurie e due pompelmi.


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T.S. Eliot
09/06/2005 13:45
 
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Che il governo israeliano (non il suo popolo) non goda affatto delle mie simpatie, questo è fuor di dubbio.

Ma quando il sito cattointegralista che pubblica quell'articolo si presenta scrivendo :

La casa editrice Effedieffe, nata nel 1989, si propone di combattere la battaglia, sia formativa che informativa, per la difesa del cattolicesimo e della Chiesa cattolica (oggi drammaticamente infiltrata dal nemico, ma pur sempre la vera Chiesa di Dio) e per la ricostruzione spirituale, morale e culturale degli italiani.

Inizio a storcere non poco il naso e a valutare attentamente ogni cosa che scrive


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09/06/2005 14:41
 
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Re:

Scritto da: admin/moris 09/06/2005 13.45
Che il governo israeliano (non il suo popolo) non goda affatto delle mie simpatie, questo è fuor di dubbio.

Ma quando il sito cattointegralista che pubblica quell'articolo si presenta scrivendo :

La casa editrice Effedieffe, nata nel 1989, si propone di combattere la battaglia, sia formativa che informativa, per la difesa del cattolicesimo e della Chiesa cattolica (oggi drammaticamente infiltrata dal nemico, ma pur sempre la vera Chiesa di Dio) e per la ricostruzione spirituale, morale e culturale degli italiani.

Inizio a storcere non poco il naso e a valutare attentamente ogni cosa che scrive





Io avevo chiesto un commento sull'articolo e sull'argomento che tratta e non una critica alla casa editrice Effedieffe (di cui, comunque, non conoscevo l'impostazione ideologico-religiosa). Si parla da diverso tempo di un possibile attacco all'Iran e mi sembrava lo spunto iniziale da cui far partire una discussione.
Comunque, cosa mi dici allora di questo sito (più che della notizia che riporta)?

english.aljazeera.net/NR/exeres/1B5FCF4A-FBF6-443A-93A9-5E37C43F...
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T.S. Eliot
09/06/2005 14:54
 
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Si, osservazione giusta.

Per ora mi limito a verificare anche su altre fonti se esiste questa presenza massiccia di militari americani sul territorio israeliano, la cosa mi incuriosisce. Anche se, lo ripeto, la fonte è molto lontana da me su tante cose...

Sono sempre molto cauto nel valutare cose che non conosco appieno, ma so anche che se qualcuno una decina d'anni fa avesse parlato di 3 aerei civili usati come superbombe contro le Twin Towers e il Pentagono, conseguente invasione dell'Afghanistan e quindi dell'Iraq, lo avrebbero preso in giro...

Una cosa è certa, è argomento affrontato molto seriamente dagli storici e dagli analisti politici di tutto il mondo (ma pochissimo da noi) : quale sarà la strategia degli Stati Uniti (attraverso il controllo di quante più materie prime e petrolio possibile) per frenare la prepotente crescita economica di Cina e India ?

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09/06/2005 15:34
 
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Secondo me l'articolo è abbastanza fantascientifico...
Israele ha i suoi grattacapi con il ritiro dei coloni i quali minacciano attentai, gli USA hanno i loro problemi in Iraq,
con i kamikaze che fanno attentati tutti i giorni e gli alleati che si ritirano uno dopo l'altro, tutto questo mentre scendono sempre i più i volontari nelle forze armate americane... quindi non credo che possano impegnarsi in un altro conflitto.
Inoltre l'Iran è da tempo in una fase molto critica, con i giovani da una parte e gli integralisti dall'altra che sono divisi da due concezioni opposte della vita e della società e che sembrano destinati a uno scontro, ma essendo gli iraniani molto nazionalisti un attacco esterno li ricompatterebbe... senza considerare che gli iraniani sono sciiti, esattamente come la maggioranza degli iracheni, quindi gli effetti in Iraq sarebbero imprevedibili.
Molto più probabile invece che qualcuno azioni di sabotaggio contro gli impianti nucleari o le attrezzature di arricchimento o anche che si cerchi di soffiare sul fuoco delle rivalità in Iran...
Bye

[Modificato da =Donegal= 09/06/2005 15.40]

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Good evening, there was already an injury, huh?

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Anche "al-jazeera" (di cui ho postato il link sopra) riporta questa notizia, datata inizi di aprile, in termini molto simili.

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Re:

Scritto da: cossaigh 09/06/2005 16.06

Anche "al-jazeera" (di cui ho postato il link sopra) riporta questa notizia, datata inizi di aprile, in termini molto simili.




Lo stavo giusto leggendo...
Non escludo che questa ipotesi sia stata fatta da Al Jazeera e ripresa dal sito da cui sopra, magari enfatizzandone certi aspetti...
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Giovanni Trapattoni, falling off his chair
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10/06/2005 22:02
 
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Israele, l'Aeronautica prepara l'attacco all'Iran

L'aeronautica militare israeliana si sta addestrando per missioni d'attacco a lunga distanza, secondo quanto ha detto un comandante di squadriglia di F-16, un caccia bombardiere in grado di raggiungere l'Iran, sospettato di volersi dotare dell'arma nucleare.
"Israele ha capito da tempo che il cerchio delle minacce contro lo Stato è andato allargandosi ed è per questo che sono state adottate misure per aumentare il nostro raggio d'azione" ha detto il 1° marzo al secondo canale della tv israeliana l'ufficiale, identificato solo come tenente colonnello D. "Vale a dire che ci addestriamo per missioni a media e lunga distanza", ha aggiunto.

La televisione ha poi diffuso immagini della centrale nucleare iraniana di Bushehr, rilevando che le dichiarazioni dell'ufficiale - rilasciate durante un briefing nella base aerea Ramon, nel deserto del Neghev - erano una chiara allusione all'Iran.

Il capo dei servizi di informazione militari israeliani, generale Aharon Zeevi, aveva predetto il mese scorso che Teheran - già in possesso di missili terra-terra con gittata di 1.500 km, vale a dire in grado di colpire Israele - avrebbe potuto entro il 2008 fabbricare la sua prima bomba atomica. "Se non si fa nulla, l'Iran potrà entro sei mesi produrre uranio arricchito, ciò che dovrebbe permettergli di produrre entro il 2008 la sua prima bomba atomica" aveva dichiarato Zeevi.

Sospettando l'Iraq di volersi procurare l'arma nucleare, Israele aveva mandato nel 1981 i suoi cacciabombardieri a distruggere la centrale atomica irachena di Osirak (Tammuz), nei pressi di Baghdad. Il 19 febbraio 2004, nella base Ramon, Israele ha ricevuto i suoi due primi F-16l, dei 102 esemplari ordinati agli Stati Uniti (Cfr. PdD, 20.02.2004). I velivoli costituiranno la spina dorsale dell'Aeronautica israeliana.

Fonte: www.paginedidifesa.it/2005/pdd_050303.html
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Le ragioni geopolitiche della prossima guerra con l'Iran

Mentre gli Stati Uniti si stanno preparando ad attaccare l'Iran una cosa è certa: Bush non nominerà mai il petrolio come una delle cause. La giustificazione principale dell'aggressione americana si baserà sulle armi di distruzione di massa, come in Iraq.
"Non permetteremo che l'Iran costruisca armi nucleari." Questa dichiarazione molto citata di Bush nel 2003, definisce bene la sua posizione. Ma poiché in Iraq non è stata trovata nessuna arma nucleare e la scusa per l'invasione ha perso ogni credibilità, altrettanto dovrebbe accadere per l'attacco all'Iran. Comunque una seria valutazione strategica dell'Iran non dovrebbe trascurare l'importanza del suo ruolo nell'equazione mondiale delle fonti energetiche.

Prima di continuare lasciatemi dire, giusto per documentazione, che io non credo che il petrolio sia la sola ragione per la quale si vuole neutralizzare la macchina militare iraniana. Senza dubbio vi sono molti funzionari a Washington seriamente preoccupati per il programma atomico iraniano, come erano altrettanto preoccupati per le minacce atomiche irachene. E' una posizione che merita rispetto. Comunque le guerre non si combattono per un solo motivo e, come risulta da recenti documenti di dominio pubblico, non c'è dubbio che molteplici fattori, compreso il petrolio, hanno convinto l'amministrazione USA a invadere l'Iraq. Appare quindi ragionevole pensare che altrettanti fattori, compreso il petrolio, siano gli elementi che giocano un ruolo decisivo per un possibile attacco all'Iran.

Al momento non possiamo stabilire con assoluta sicurezza quanto pesi esattamente il fattore petrolio nelle decisioni che si devono prendere. Però data l'importanza che i fattori energetici hanno giocato nelle carriere e nei modi di pensare dei vari alti funzionari di questa amministrazione, e date le immense risorse dell'Iran, sarebbe ingenuo non considerare il fattore petrolio. Malgrado ciò possiamo essere certi che, man mano che le relazioni con l'Iran peggioreranno, il sistema americano della pubblica informazione e i vari analisti della situazione eviteranno accuratamente l'argomento (come del resto è stato fatto con l'invasione dell'Iraq.)

Un altro avvertimento: quando si parla dell'importanza del petrolio nel pensiero strategico americano a proposito dell'Iran, è importante andare oltre l'ovvia questione del ruolo potenziale dell'Iran nel soddisfare le nostre future richieste energetiche. Bisogna considerare la sua posizione strategica a nord del Golfo Persico, da dove può minacciare i campi petroliferi dell'Arabia Saudita, del Kuwait, dell'Iraq e degli Emirati Arabi, che rappresentano più della metà delle riserve conosciute mondiali. L'Iran si trova proprio di fronte allo stretto di Hormuz , la piccola via d'acqua attraverso cui transitano, ogni giorno, il 40% delle esportazioni mondiali di petrolio. L'Iran è anche il principale fornitore di petrolio e gas per Cina, India e Giappone, il che aumenta la sua importanza nelle questioni mondiali. Sono queste le coordinate di carattere energetico-geopolitiche, al pari della capacità dell'Iran di fornire grosse quantità di petrolio agli USA, che influenzano senza dubbio i calcoli strategici dell'amministrazione.
Detto ciò, passiamo a definire il potenziale futuro energetico dell'Iran. Secondo i calcoli più recenti della pubblicazione "Oil and gas journal", l'Iran possiede la seconda riserva mondiale di petrolio da sfruttare, all'incirca 125,8 miliardi di barili. E' superato solo dall'Arabia Saudita, con circa 260 miliardi di barili; segue l'Iraq, con 115 miliardi di barili. Con tutto questo petrolio, un decimo dell'ammontare complessivo globale, l'Iran certamente dovrà giocare un ruolo essenziale nell'equazione energetica mondiale, qualunque cosa accada.

Comunque non è solo la quantità che conta, altrettanto importante è la capacità produttiva futura. Anche se l'Arabia Saudita possiede enormi quantità di petrolio, oggi la sua produzione si trova al massimo delle sue capacità (circa 10 milioni di barili al giorno). E' probabile che nei prossimi 20 anni non sarà in grado di andare oltre in modo significativo, quando invece la domanda globale, spinta da consumi sempre più forti di USA, Cina e India, dovrebbe aumentare del 50%. L'Iran invece possiede un considerevole potenziale di crescita. Oggi produce circa 4 milioni di barili al giorno, ma si pensa che possa aggiungerne altri 3 milioni. Pochi altri paesi, se ci sono, hanno questo potenziale; pertanto l'importanza dell'Iran, già oggi notevole, è destinata a crescere ancora di più nei prossimi anni.

L'Iran non ha solo grande abbondanza di petrolio, ma anche di gas naturale. Sempre secondo "Oil and Gas Journal", in Iran ci sono circa 940 mila miliardi di piedi (misura inglese, circa 30 cm) cubi di gas, all'incirca il 16% delle riserve mondiali. (Solo in Russia, con 1.680 mila miliardi di piedi cubi, esiste una riserva più grande.) Poiché per l'equivalente energetico di un barile di petrolio servono circa 6.000 piedi cubi di gas, le riserve di gas dell'Iran equivalgono a circa 155 miliardi di petrolio. In totale ciò significa che l'Iran , fra gas e petrolio, possiede 280 miliardi di barili di petrolio, quasi quanto tutta la produzione dell'Arabia Saudita. Al momento l'Iran produce solo una piccola quantità di gas, circa 2,7 mila miliardi di piedi cubi all'anno. Questo significa che l'Iran è uno dei pochi paesi capaci di fornire grosse quantità di gas nel futuro. Tutto l'insieme significa che l'Iran giocherà un ruolo critico nella futura equazione energetica mondiale. Questo è specialmente vero dal momento che la domanda mondiale per il gas naturale è destinata a crescere più velocemente delle altri fonti di energia, compreso il petrolio. Mentre oggi il mondo consuma più petrolio che gas, le forniture di petrolio sono destinate a contrarsi in un futuro non troppo distante, cioè nel momento in cui si avvicinerà il momento di massima produzione, forse nel 2010, dopo quella data comincerà un graduale e irreversibile declino. La produzione di gas naturale, invece, non arriverà al massimo prima di alcune decine di anni, e così c’è da aspettarsi che verrà sempre più richiesto man mano che il petrolio diminuirà. Inoltre il gas è considerato più conveniente del petrolio in molte applicazioni, soprattutto perché produce meno biossido di carbonio (una delle principali cause dell'effetto serra). Senza alcun dubbio le maggiori compagnie energetiche americane vorrebbero cooperare con l'Iran per sfruttare tutti questi grandi giacimenti di petrolio e gas. Però, al momento, esiste un divieto, l'ordine (Executive Order) 12959, firmato dal Presidente Clinton nel 1995 e rinnovato dal Presidente Bush nel marzo 2004. Gli Stati Uniti minacciano di ritorsioni anche le ditte straniere che intrattengono rapporti d'affari con Teheran (a causa della legge Iran-Libiya Sanctions Act del 1996) ma ciò non ha impedito a molte grandi compagnie di cercare qualche contatto con Teheran. La Cina, che ha bisogno di grandi quantità di petrolio e gas per alimentare la sua economia in piena espansione, è particolarmente attenta all'Iran. Secondo il Departement of Energy l'Iran ha fornito alla Cina il 14% delle sue importazioni nel 2003, e si prevede che in futuro ne fornirà ancora di più. C’è da pensare che in futuro la Cina si rivolgerà all'Iran per le sue importazioni di gas naturale liquido. Nell'ottobre del 2004 l'Iran ha firmato un contratto di 100 miliardi di dollari per 25 anni con la Sinopec, una grande ditta cinese nel campo energetico, per uno sfruttamento congiunto di uno dei suoi più grandi giacimenti di gas e conseguente consegna del gas liquefatto alla Cina. Se il contratto andrà a compimento si tratterrà di uno dei più grandi investimenti oltre mare della Cina e rappresenterà un grosso legame strategico fra i due paesi.

Anche l'India è desiderosa di ottenere gas e petrolio dall'Iran. A gennaio, un ente indiano (Gas Authority Ltd - GAIL-) ha firmato un contratto di 30 anni con la National Iranian Gas Export Corp. per la fornitura di 7,5 milioni di tonnellate di gas liquido all'anno. L'affare, per un valore di circa 50 miliardi di dollari, certamente comporter' il coinvolgimento indiano nello sfruttamento dei giacimenti di gas iraniani. Ancora più notevole è il fatto che l'India e il Pakistan stiano discutendo per la costruzione di un gasdotto, del valore di 3 miliardi di dollari, che andrebbe dall'Iran all'India attraverso il Pakistan. Si tratterebbe di un avvenimento straordinario per due paesi avversari da lungo tempo. Se portato a termine il gasdotto consentirebbe un grosso rifornimento di gas per ambedue i paesi con un guadagno, per il Pakistan, fra 200 e 500 milioni di dollari all'anno per i diritti di transito. Il ministro pakistano Shaukat Aziz ha dichiarato in gennaio che "Il gasdotto è una proposta conveniente per Iran, India e Pakistan." Malgrado gli ovvi vantaggi, anche come occasione di riconciliazione fra India e Pakistan, due paesi con armi atomiche che dal 1947 hanno già combattuto tre guerre per il Kashmir e si trovano in uno stato di stallo a proposito del futuro di quel paese, il progetto è stato condannato dal segretario di Stato Condoleeza Rice durante un suo recente viaggio in India. "Abbiamo comunicato le nostre preoccupazioni al governo Indiano riguardo alla cooperazione di un gasdotto fra India e Iran." è stato detto il 16 marzo dopo un incontro con il ministro degli esteri indiano Natwar Singh a New Dehli. L'amministrazione infatti è contraria a qualunque progetto che comporti benefici economici per l'Iran. Ciò non ha impedito tuttavia all'India di continuare con i suoi progetti.
Anche il Giappone ha allentato i suoi legami con Washington a proposito dei suoi rapporti energetici con Teheran. Agli inizi del 2003 un consorzio di tre compagnie giapponesi ha acquistato il 20% dei diritti di sfruttamento del giacimento petrolifero off-shore Soroush-Nowruz nel Golfo Persico, che si ritiene possa contenere 1 miliardo di barili di petrolio. L'anno dopo la Iranian Offshore Oil Company ha assegnato un contratto di 1,26 miliardi di dollari alla ditta giapponese JGC Corporation per il prelievo del gas naturale e del gas liquefatto dal giacimento di Soroush-Noweuz e altri campi offshore.

Nel valutare il ruolo dell'Iran nell'equazione energetica mondiale Bush e i suoi funzionari hanno presenti due problemi strategici: il primo è di consentire alle ditte americane di sfruttare i campi petroliferi e di gas dell'Iran, il secondo è la preoccupazione che nasce dei legami sempre più stretti che l'Iran sta creando con i concorrenti mondiali degli USA. Il primo obiettivo non pur essere raggiunto se il Presidente non annulla l'ordine esecutivo n. 12959, cosa altamente improbabile sino a quando l'Iran è governato dai mullah antiamericani che non vogliono abbandonare l'idea delle ricerche nucleari con la possibilità di poter costruire una bomba atomica. Tuttavia il divieto americano non lascia scelta all'Iran se non quello di rivolgersi ai suoi concorrenti per le proprie esportazioni di petrolio e gas. Nella prospettiva di Bush esiste una sola soluzione ovvia e immediata per modificare questo poco invitante panorama: - provocare un "cambio di regime" in Iran che sostituisca l'attuale dirigenza con un altra più compiacente agli interessi americani. Che Bush intenda cambiare il regime di Teheran non offre alcun dubbio. Il solo fatto che l'Iran sia stato incluso nell' "asse del male", assieme a Iraq e Corea del Nord nel discorso all'Unione del 2002, ne è un indicatore preciso. Le intenzioni sono state confermate, quando nel giugno del 2003 ci furono le proteste studentesche a Teheran, con la dichiarazione: "Questo è un popolo che inizia a esprimersi a favore di un Iran libero, e io penso che sia positivo." Un'altra dimostrazione più importante dell'atteggiamento della Casa Bianca in proposito, viene dal Departement of Defense che non ha interrotto il disarmo dei Mujahidin del popolo dell'Iran (o MEK, Mujaheddin-e Khalq). Si tratta di una milizia antigovernativa con basi in Iraq che ha condotto azioni terroristiche in Iran elencata fra le organizzazioni terroristiche del Departement of Defense. Nel 2003 il Washington Post ha scritto che alcuni funzionari importanti vorrebbero utilizzare il MEK come alleati contro l'Iran, come è stato fatto in Afghanistan con l'Alleanza del Nord. La dirigenza iraniana è ben consapevole di trovarsi di fronte a una grave minaccia da parte dell'amministrazione Bush, e senz'altro sta prendendo adeguate contromisure per evitare l'attacco. Ecco che il petrolio torna da protagonista principale sia nei calcoli di Washington che di Teheran. Nella speranza di impedire un eventuale attacco americano Teheran ha minacciato di chiudere lo stretto di Hermuz provocando l'interruzione del passaggio del petrolio proveniente dal Golfo Persico. Il segretario dell'Iran Expediency Council ha affermato il 1 marzo 2005: " Un attacco all'Iran metterà in pericolo l'Arabia Saudita, il Kuwait, e, in poche parole, tutto il petrolio del Medio Oriente." Queste minacce sono prese molto sul serio. Il vice ammiraglio Lowell E. Jacoby, direttore della Defense Intelligence Agency, ha testimoniato davanti al comitato dei servizi segreti del Senato dicendo: " Crediamo che l'Iran possa chiudere lo stretto di Hormuz in breve tempo, affidandosi a una strategia a più strati di tipo navale, aereo e anche terrestre." La pianificazione degli attacchi h, senza dubbio, la prima priorit' dei più alti funzionari del Pentagono. A gennaio, l'esperto redattore investigativo Seymour Hersh ha scritto sul New Yorker che il Departement of Defense aveva autorizzato raids segreti in Iran, con lo scopo presunto di identificare le costruzioni militari missilistiche o nucleari nascoste da colpire in futuri attacchi aerei o missilistici. Hersh ha riferito dei suoi colloqui con esponenti militari: "Mi è stato più volte ripetuto che l'Iran sarebbe stato il prossimo bersaglio." Non molto tempo dopo il Washington Post ha rivelato che il Pentagono stava conducendo dei voli spia con aerei non pilotati all'interno dell'Iran sia per identificare eventuali bersagli sia per provare le difese antiaeree.

Secondo il Post: "Voli spia di questo tipo appartengono alle procedure standard dei preparativi militari per un eventuale attacco." Si è parlato anche di incontri fra americani e ufficiali israeliani per un probabile attacco israeliano contro le installazioni militari iraniane, presumibilmente con l'aiuto nascosto degli USA. La preoccupazione maggiore di Washington, a proposito del tentativo iraniano di dotarsi di armi atomiche e di capacità missilistiche, riguarda la sicurezza di Arabia Saudita, Kuwait, Iraq e altri produttori di petrolio del Medio Oriente, piuttosto che un attacco iraniano diretto contro gli USA. "Teheran è il solo paese capace di mettere in pericolo i suoi vicini e la sicurezza del Golfo con le sue forze militari. La sua accresciuta capacità missilistica rappresenta una minaccia potenziale agli stati della regione", ha dichiarato a febbraio un alto funzionario USA. Si tratta di questa minaccia regionale che gli USA intendono assolutamente eliminare. Gli attuali preparativi di attacco all'Iran sono motivati, soprattutto, come è stato con l'invasione dell'Iraq nel 2003, dal timore per la sicurezza dei rifornimenti energetici USA. Con una dichiarazione molto rivelatrice delle vere ragioni della Casa Bianca a proposito della guerra all'Iran, il Vice Presidente Dick Cheney (durante un raduno di Veterani nell'agosto 2002 ) ha dichiarato: " Se tutte le ambizioni (di Hussein con le armi di distruzione di massa) fossero realizzate le implicazioni sarebbero enormi per il Medio Oriente e per gli Stati Uniti. Armato con questo arsenale e seduto sopra il 10 per cento delle riserve mondiali di petrolio, Saddam Hussein potrebbe cercare di diventare il dominatore del Medio Oriente, avere il controllo di una grande parte dei rifornimenti energetici mondiali e minacciare direttamente i paesi amici degli USA nella regione." Naturalmente ciò era inconcepibile nei circoli più intimi di Bush. Basta cambiare le parole Saddam Hussein con "i mullah iraniani" e avremo la definizione perfetta dei motivi di Bush per fare guerra all'Iran. Così, anche se pubblicamente si parla delle armi di distruzione di massa dell'Iran, i personaggi chiave dell'amministrazione Bush stanno certamente valutando in termini geopolitici il ruolo dell'Iran nell'equazione energetica mondiale e il pericolo che possa correre il rifornimento mondiale di petrolio. Come nel caso dell'Iraq la Casa Bianca è decisa a eliminare questo pericolo una volta per tutte. E così, mentre il petrolio pur non essere l'unico motivo per una guerra contro l'Iran, rimane comunque un fattore essenziale nella valutazione generale che rende probabile una prossima guerra.

Michael T. Klare

Fonte: www.eurasia-rivista.org/cogit_content/articoli/Leragionigeopolitichedel...
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Un articolo molto interessante di Massimo Mazzucco di "LuogoComune.Net".

IL MONDO E' PROPRIO PICCOLO

1979, Iran. Sullo sfondo dell'elezione presidenziale americana, si svolge a Tehran il dramma degli ostaggi all'ambasciata americana, che vengono liberati, dopo 444 giorni di prigionia, proprio il 20 di gennaio, mezz'ora dopo l'insediamento di Reagan alla Casa Bianca. Il tempismo fu tale, ed alcuni aspetti della vicenda così curiosi, che molti sospettarono il rapimento fosse stato in realtà orchestrato dalla CIA, per affondare di fronte all'opinione pubblica il "debole" Carter (vedi link a fine articolo), e rimettere in sella un "forte" repubblicano alla Casa Bianca.

2005. L' Iran elegge il nuovo suo presidente, tale Mahmoud Ahmadinejad, ex-sindaco di Tehran. Ma quel volto, ad alcuni americani un pò particolari, non risulta affatto nuovo. Più di uno degli ex-ostaggi dell'ambasciata ha riconosciuto in lui uno dei carcerieri di quel lontano 1979. Altri ostaggi dicono di non ricordarlo, altri ancora...

... di non esserne sicuri. Ad aggiungere peso all'accusa, ci si mette addirittura John Simpson, il numero uno dei reporter della BBC, che dice di ricordarsi chiaramente di aver visto Ahmadinejad nei corridoi dell'ambasciata, in quei giorni cruciali.

Naturalmente dall'entuorage di Ahmadinejad si nega tutto. Anzi, si specifica che il nuovo presidente faceva sì parte dell'organizzazione studentesca che prese l'ambasciata, ma che lui era proprio uno di quelli che si opposero all'azione stessa. Un'altra curiosa "coincidenza nella coincidenza"?

Tentiamo un'interpretazione: che l'uomo non c'entri nulla, sembra a questo punto improbabile. Se invece era davvero uno dei sequestratori, Washington si trova davanti un bel problema: questo è infatti l'uomo con cui dovrebbe trattare sul minacciato sviluppo nucleare iraniano, che sarà la chiave del contendere della prossima "stagione" teatrale, sul palcoscenico di tutti i media occidentali.

Ma c'è una terza ipotesi, che azzardiamo a livello puramemte intuitivo, non avendo alcun elemento tangibile con cui supportarla.

Se partiamo dal presupposto che fu in realtà la CIA, infiltrata fra gli studenti ribelli, ad orchestrare il rapimento (le motivazioni, come potete leggere nell'articolo a parte, non mancavano di certo), allora bisogna supporre che il buon Ahmadinejad sia da tempo sul libro paga di Washington. Questo spiegherebbe molto meglio il fatto che la presidenza sia finita "pacificamente" ad un laico, che ha sconfitto sul filo di lana il grande ayatollah di turno. Difficile pernsare infatti che la CIA, dopo aver ficcato le mani in tutte le più recenti elezioni nel mondo, compreso quelle delle isole di Calimero, non l'abbia fatto proprio con quella che più le sta a cuore in questo momento. Ed è altrettanto difficile pensare che non avrebbe in qualche modo cercato di sobillare le masse iraniane, se il neo-eletto non fosse stato in realtà di suo gradimento.

Avremmo allora il nuovo presidente in mano americana, che è stato però sbugiardato pubblicamente dalla memoria tutt'altro che labile di alcuni degli ostaggi.

Staremo a vedere. Se la Casa Bianca tenderà a minimizzare la testimonianza degli ex-ostaggi, e vorrà invece cavallerescamente "dare una chance" al neo-eletto, vorrà dire che ce l'ha in tasca sin dall'inizio. Se invece useranno le testimonianze per alzare il volume dell' "ostilità" verso l'Iran, vorrà dire che o ne hanno perso il controllo, o che davvero non l'hanno mai avuto.

Per ora il portavoce di Bush, Scott McLellan, ha fatto sapere che "la Casa Bianca prenderà in seria considerazione le accuse degli ex-ostaggi".

A giudicare dal tono, e dalla scelta delle parole, sembra quasi che abbia detto che se non lo scoprivano era molto meglio.

Massimo Mazzucco

Fonte: www.luogocomune.net/lc/modules/news/article.php?storyid=663
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Secondo il sito "effedieffe.com" "le forze aeree israeliane hanno ricevuto dagli USA il primo G550 da missione elettronica prolungata.
Si tratta di un Gulfstream modificato dalla Lockheed Martin secondo le specifiche richieste di Israele, che sarà equipaggiato di sistemi radar e di ascolto segretissimi elaborati dalla Elta Electronics, una sussidiaria della Israel Aircraft Industries."

(...)

Fonte: www.effedieffe.com/fdf/giornale/interventi.php?id=511¶metro=%20%20%20...
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Ecco la traduzione in italiano dell'articolo di "al-jazeera" sopraindicato:

Come sonnambuli verso il disastro, in Iran.

I giornalisti dell' informazione di massa, negli USA, stanno procedendo ad occhi chiusi, rendendo più facile la strada a chi sta preparando l' ennesima guerra preventiva.

Scott Ritter

Fonte: Al Jazeera - 30 marzo 2005

1 aprile 2005

Verso la fine dello scorso anno, subito dopo le elezioni presidenziali del 2004, fui contattato da qualcuno vicino all'amministrazione Bush, che voleva parlarmi della situazione in Iraq. La fonte mi ha detto che c'era una preoccupazione crescente tra i membri dell'amministrazione per la piega che l'occupazione stava prendendo.

Mi fu detto che l'amministrazione Bush intendeva, fermamente, ristabilire una qualche sembianza di stabilità in Iraq prima del giugno 2005.

Quando chiesi il perchè di quella data in particolare, la fonte fece scoppiare la bomba: perchè era allora che il Pentagono aveva ricevuto istruzioni di sferrare un attacco aereo in grande scala contro l'Iran, il vicino di casa, ad est, dell'Iraq. Lo scopo: distruggere il loro programma nucleare.

"Perchè proprio il giugno 2005?", chiesi. "Gli israeliani hanno paura che se gli iraniani riusciranno a portare avanti il loro programma di 'arricchimento', allora non ci sarà più la possibilità di impedire loro di ottenere un'arma nucleare. Il mese di giugno del 2005 viene visto come una data decisiva."

Per essere precisi, la fonte non aveva detto che il presidente Bush aveva già approvato il piano di bombardare l'Iran nel giugno del 2005, come invece è stato ampiamente riportato dai mezzi di informazione. Il presidente aveva analizzato i piani preparati dal Pentagono per la verifica e la messa a punto delle capacità militari esistenti al momento, in preparazione di un possibile attacco, da prevedersi per il giugno 2005, nell'eventualità il presidente lo avesse ordinato.

Nel febbraio 2005, però, il segretario di Stato Condoleeza Rice ha dichiarato agli alleati europei, in risposta alle richieste di chiarimenti riguardo la possibilità di un attacco americano all'Iran nel mese di giugno: "Questo (l' attacco militare) non è in programma per il momento. Abbiamo a disposizione mezzi diplomatici per risolvere la questione".

Lo stesso Bush ha fatto eco alla dichiarazione della Rice affermando che: "Questa notizia, secondo la quale gii Stati Uniti si starebbero preparando ad attaccare l'Iran, è semplicemente ridicola". Poi ha aggiunto in tutta fretta: "Detto questo, tutte le opzioni sono ancora sul tavolo". In poche parole, sia il presidente che il segretario di stato dicevano la verità ed il contrario della verità, allo stesso tempo.

Ad essere sinceri non c'è in effetti alcun attacco americano in programma. Almeno, non fino al giugno del 2005.

I mezzi di informazione americani oggi stanno avanzando ad occhi ben chiusi, come sonnambuli, nella direzione di una guerra americana all'Iran, con tutta l' incompetenza e la mancanza di integrità morale dimostrata già durante l'intera campagna di preparazione di quella che è stata poi la guerra contro l'Iraq.

A prima vista non sembrerebbe essere qualcosa di straordinario il fatto che il presidente degli Stati Uniti ordini al Pentagono di prepararsi a sferrare un attacco militare all'Iran nel mese di giugno. Non è un segreto che l'Iran sia sempre stato uno degli obiettivi degli ideologi dell'amministrazione Bush: il presidente stesso, nel 2002, ha collocato l'Iran nell'asse del male ed ha dichiarato che il mondo sarebbe stato un posto migliore se il governo iraniano fosse stato gettato nella pattumiera della storia.

L'amministrazione Bush ha anche espresso grande preoccupazione per i programmi nucleari dell'Iran, preoccupazione condivisa anche da Israele e dall'Unione Europea, sebbene con diversità di toni ed intensità.

Nel settembre 2004 l'Iran ha opposto un rifiuto alla richiesta da parte dell'International Atomic Energy Agency di mettere fine al programma per la produzione di combustibile nucleare (che molti, negli Stati Uniti ed in Israele, credono strettamente connesso ad un programma segreto di armamenti nucleari).

L'Iran ha poi testato un missile con una gittata tale da colpire eventuali bersagli in Israele oltre ad impianti militari statunitensi in Iraq ed in tutto il Medio Oriente.

La reazione iraniana ha favorito un serio ri-esame delle rispettive strategie, sia da parte di Israele che degli Stati Uniti.

Il ripensamento strategico di Israele è stato in parte motivato dalla linea di condotta dell'Iran ed in parte dalle valutazioni elaborate, nell'agosto 2004, dagli stessi servizi segreti israeliani nei confronti del programma nucleare iraniano.

Secondo queste valutazioni l'Iran sarebbe riuscito a completare il programma di arricchimento nucleare in "meno di un anno". Se all'Iran fosse stato permesso di raggiungere questo traguardo, proseguiva il rapporto, sarebbero allora arrivati al 'punto di non ritorno' nel loro programma di riarmo nucleare. La data stabilita per queso 'punto di non ritorno' era il giugno del 2005.

Il ministro della Difesa israeliano, Shaul Mofaz, ha dichiarato che 'Israele non tollererà in alcun modo il possesso di armi nucleari da parte dell'Iran'.

Nell'ottobre del 2003, Israele aveva formulato un piano per un attacco preventivo contro le più importanti installazioni nucleari iraniane, compreso il reattore nucleare di Busher (progettato per diventare attivo nel 2005).

Questi piani sono stati continuamente aggiornati, cosa che non ha potuto fare a meno di attirare l'attenzione della Casa Bianca.

La strategia di Israele nei confronti dell'Iran, più precisamente quando si è trattato di porre fine in qualche modo al suo programma nucleare, è sempre stata quella di lasciare che fossero gli USA a prendere le decisioni.

"L'Iran si può fermare" ha dichiarato un autorevole funzionario israeliano "solo se gli USA prenderanno la guida, con il supporto dei paesi europei, e sottoporranno la questione all'ONU, usando il canale diplomatico e lo strumento delle sanzioni, uniti ad ispezioni fatte in modo approfondito ed in totale trasparenza".

A quanto pare le posizioni di Tel Aviv e di Washington D.C. non sono troppo distanti su come affrontare strategicamente la questione iraniana, a parte un sottinteso "e...se": e se gli Stati Uniti non sostenessero adeguatamente le iniziative diplomatiche europee? E se non avessero alcun interesse a lasciar fare agli ispettori dell' I.A.E.A. (Agenzia Internazionale per l' Energia Atomica)? E se intendessero le sanzioni ONU unicamente come strumento di pressione permanente fino a che non si creassero le condizioni per un cambiamento di regime a Teheran, invece di vedere in esse uno strumento per obbligare l'Iran a cooperare alla distrutturazione del proprio programma nucleare?

Perchè il problema è che, nonostante le recenti tiepide dichiarazioni di Bush e Condoleeza Rice, gli USA non approvano completamente la diplomazia europea nei confronti dell'Iran. La considerano solo un progetto 'destinato al fallimento'.
L'I.A.E.A., dopo ampie e particolareggiate ispezioni negli impianti nucleari iraniani nel novembre 2004, ha pubblicato un rapporto ufficiale nel quale si dichiara che non ci sono prove di un programma per il riarmo nucleare in Iran. L'amministrazione Bush ha risposto con un tentativo di espulsione del capo degli ispettori dell'I.A.E.A., Mohammed al-Baradei.

Del resto il modo in cui l amministrazione Bush spinge verso le sanzioni ONU, è prova evidente di quale siano le loro intenzioni: fare in modo che le sanzioni siano il più possibile dolorose e durevoli.

Una curiosità: la data stabilita da Bush e dai suoi per la richiesta di sanzioni ONU nei confronti dell'Iran è il mese di giugno del 2005.

Secondo un giornale pubblicato dall'esercito USA, pubblicato a Vienna verso la fine del mese scorso, gli Stati Uniti daranno tempo alle discussioni e trattative europeo-iraniane fino al giugno del 2005.

"In ultima analisi solo l' assoluta cessazione e lo smantellamento totale della produzione di materiale fissile ci potrà dare una qualche garanzia che l'Iran abbia abbandonato le proprie ambizioni relativamente alle armi nucleari", ha dichiarato il giornale dell'esercito americano.

L'Iran ha definito questi ragionamenti "allucinazioni" dell'amministrazione Bush.

I mezzi di informazione americani oggi si stanno avviando ad occhi chiusi, come sonnambuli, verso una guerra contro l'Iran. Sanzioni economiche e attacchi militari non sono esattamente la stessa cosa. A meno che l'architetto della politica statunitense nei confronti dell'Iran, non abbia intenzione di prendere le sanzioni in minima considerazione.

Arriva John Bolton, che, come l'ex sottosegretario di stato per il controllo delle armi e della sicurezza internazionale dell'amministrazione Bush, è responsabile della stesura dell' attuale progetto strategico statunitense nei confronti dell'Iran.

Nel febbraio del 2004, Bolton ha gettato il guanto della sfida, dichiarando che l'Iran aveva 'un programma nucleare segreto', sconosciuto all' I.A.E.A. 'Non c'è dubbio che l'Iran abbia un programma di produzione di armi nucleari segreto', ha dichiarato Bolton, senza portare nessuna prova a sostegno delle proprie affermazioni.

Questo è lo stesso John Bolton che in passato aveva accusato Cuba di stare lavorando ad un programma di produzione di armi biologiche, un'affermazione dalla quale perfino l'amministrazione Bush si è trovata costretta a prendere le distanze.

John Bolton è quel funzionario di Bush che ha dichiarato che i tentativi di trattativa diplomatica tra l'Europa e l'Iran erano 'destinati al fallimento'. E' il funzionario dell' amministrazione Bush che ha guidato la carica per rimuovere Mohammed al-Baradei dall'I.A.E.A.

Lui è anche quello che, nel disegnare il progetto della strategia USA per convincere l'ONU a imporre sanzioni economiche, ha chiesto al Pentagono di prepararsi a sferrare un attacco militare 'robusto' all' Iran se all'ONU non si dovesse trovare l'accordo per le sanzioni.

Bolton sa meglio di altri quanto scarse siano le possibilità che una proposta di sanzioni sponsorizzata dgli USA contro l'Iran possa ottenere il favore del Consiglio di Sicurezza.

L'ostacolo principale è la Russia, membro permanente del Consiglio di Sicurezza che non solo possiede diritto di veto, ma è anche il maggior sostenitore (e rifornitore) dell'Iran e del suo programma nucleare.

John Bolton ha costruito la sua carriera sui tentativi di tagliar fuori la Russia. Bolton è stato una figura chiave tra quelli che hanno contribuito alla trattativa del maggio 2002 per la riduzione degli armamenti, firmata da George W. Bush e Vladimir Putin a Mosca.

Questo trattato era stato progettato per ridurre gli arsenali nucleari, sia dell'America che della Russia, di due terzi, in 10 anni.

Quel trattato, però, con immenso dispiacere della Russia, si è dimostrato ad oggi inefficace ed inutile, grazie ad una scappatoia legale, ispirata da Bolton, che l' amministrazione Bush aveva inserito nella forma e nelle 'pieghe' del trattato stesso.

John Bolton sa che la Russia non sarà d'accordo sulle sanzioni contro l'Iran, il che rende ancor più degni di nota e di interesse i preparativi militari progettati dal Pentagono.

La nomina di Bolton come ambasciatore all'ONU suscita curiosità e preoccupazione. Questo è l'uomo che, nel 1994, davanti ad una conferenza organizzata dalla World Federalist Association, dichiarò: 'L'O.N.U. non esiste".

Nel 1999, in un articolo apparso sul 'Weekly Standard', Bolton scrisse che per gli Stati Uniti sottomettersi alla volontà del Consiglio di Sicurezza, significava 'veder ostacolata la propria libertà di decisione sull'eventualità di usare la forza per difendere gli interessi nazionali.'

Bolton non permetterà che gli obblighi derivanti da accordi, come quelli che gli USA si son dovuti trovare a firmare e ratificare nella Carta delle Nazioni Unite, ostacolino il loro cammino. 'I trattati sono legge solo per quanto riguarda la politica interna degli USA', ha scritto in un articolo pubblicato dal Wall Street Journal il 17 novembre 1997. 'Per quanto riguarda le operazioni internazionali, i trattati sono solo delgi obblighi politici'.

John Bolton crede che l'Iran dovrebbe essere isolato dalle sanzioni ONU e che, se non dovesse mettere fine al proprio programma nucleare, dovrebbe allora affrontare le conseguenze di una possibile azione militare e, come l' amministrazione Bush ha già dimostrato in passato, in particolar modo in Iraq, questa minaccia dovrebbe essere reale e consistente. Naturalmente dovrebbe essere sostenuta dalla volontà e determinazione di metterla in pratica ed andare fino in fondo.

L'amministrazione Bush ha tutte le intenzioni di spingere a fondo per le sanzioni ONU e di fare in modo che siano il più possibile dolorose e durature. John Bolton e altri dell' amministrazione argomentano che, nonostante la mancanza di prove, le intenzioni nucleari dell'Iran siano ovvie.

In risposta, Mohammed al- Baradei, ispettore dell' I.A.E.A., ha fatto notare la mancanza della 'pistola fumante', che dimostrerebbe il coinvolgimento dell'Iran in un programma per gli armamenti nucleari. 'Non siamo Dio', ha detto. 'Non possiamo decifrare le intenzioni'.

L'intento degli Stati Uniti nei confronti dell'Iran, se guardiamo alla storia, ai precedenti ed alle personalità coinvolte, è, però, chiaro come l'acqua: l' amministrazione Bush ha intenzione di bombardare l'Iran.

Se questo attacco avrà luogo nel giugno del 2005 oppure no, o quale altra sarà la data per la quale il Pentagono ha ricevuto istruzioni di essere pronto, una volta che tutti i preparativi sono stati fatti, è questa l'unica domanda alla quale non sappiamo ancora trovare una risposta.

Ed oltre a questo, ci domandiamo anche se i giornalisti che popolano i mezzi dell'informazione di massa americana continueranno ad avanzare ad occhi chiusi, come sonnambuli, spianando così, ancora una volta, la strada verso un altro disastro in Medio Oriente.

Note:

Scott Ritter, Ispettore Capo delle Nazioni Unite in Iraq, 1991-1998, autore del dossier 'Iraq: la storia mai raccontata della cospirazione dei servizi segreti americani'.

Traduzione di Patrizia Messinese per Peacelink.

Il testo e' liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte (Associazione PeaceLink), l'autore e la traduttrice.

Fonte: italy.peacelink.org/conflitti/articles/art_10406.html

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Un altro commento "di parte". Questa volta iraniano. Risale alla primavera di quest'anno.

Kaveh L. Afrasiabi

Il mito di un attacco israeliano contro l'Iran

BERLINO, 7 aprile 2005 - In questi giorni s'è parlato molto riguardo un imminente attacco militare israeliano contro impianti nucleari iraniani, voci alimentate di recente da un articolo del "London Times" il quale afferma che il parlamento israeliano avrebbe dato il primo "via libera" al progettato attacco - per occuparsi di quella che politici israeliani di varie matrici politiche descrivono regolarmente come la "più grande minaccia esistenziale" dello stato ebraico.

Tuttavia un attento esame dei vari aspetti logistici, di attuabilità operativa così come geopolitici e regionali, o delle conseguenze di questo scenario tanto dibattuto, ci ha condotti alla conclusione opposta, vale a dire l'impraticabilità della cosiddetta "opzione Osirak", dal nome del riuscito bombardamento aereo israeliano contro il reattore nucleare iracheno nel 1981.

Ricordiamo che, sebbene non ancora tutti i dettagli dell'operazione Osirak siano stati rivelati, è quasi certo che gli aeroplani da combattimento israeliani avessero attraversato lo spazio aereo di uno o più vicini dell'Iraq per raggiungere l'unico obiettivo del loro attacco. Per colpire i molteplici siti nucleari iraniani, disseminati in tutto il paese e particolarmente nell'Iran centrale, dovendo perciò spingersi molto al di là dei confini, la migliore opzione d'Israele sarebbe quella di più attacchi simultanei che utilizzassero differenti tragitti d'avvicinamento, ad esempio attraverso la Giordania e l'Iraq così come lungo una rotta mediterranea che devî verso la Turchia o l'Azerbaigian, per non menzionare l'incubo logistico della lunga distanza che richiederebbe sia rifornimenti aerei sia postazioni intermedie.

Tuttavia al momento nessuna opzione è disponibile per Israele, né vi sono prospettive immediate d'una loro attuabilità a breve periodo, date le relazioni cordiali tra l'Iran e i suoi vicini e i timori e preoccupazioni che questi nutrono d'una rappresaglia iraniana nel caso permettano l'utilizzo del loro spazio aereo per un attacco israeliano.

La Turchia, "alleato strategico" d'Israele nella regione, nutre eccellenti relazioni economiche e diplomatiche con l'Iran, dal momento che i due godono di un ingente scambio energetico, della cooperazione regionale tramite l'Organizzazione per la Cooperazione Economica, e di una politica comune verso l'Iraq e la "questione curda"; quest'ultima è stata affrontata in tutti i suoi aspetti pratici dopo il 2001 colla istituzione d'un comitato congiunto per la "sicurezza dei confini", che ha risolto le divergenze insolute tra Tehran e Ankara sulla questione dell'insorgenza curda. Quindi al momento, non ostante i loro differenti orientamenti politici, essendo una secolarista e l'altro islamista e teocratico-repubblicano, Iran e Turchia godono dei profitti derivanti da stabili relazioni di vicinato che difficilmente saranno silurate da un'incursione israeliana dentro l'Iran attraverso il territorio turco.

Ovviamente, la Turchia resta preoccupata riguardo la natura dei programmi nucleari iraniani, ma i suoi dirigenti non condividono la paranoia allarmista d'Israele riguardo un "Iran nuclearizzato", in assenza di qualsiasi prova credibile che possa giustificare tale timore, e anzi tenendo conto dell'adesione iraniana all'intrusivo Protocollo Addizionale della AIEA (Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica) e il recente rapporto del capo della stessa che conferma l'assenza di qualsiasi prova in grado di corroborare le accuse (statunitensi e israeliane) rivolte all'Iran di stare costituendo un arsenale nucleare. (Di recente Aharon Ze'evi, un generale israeliano, ha dichiarato ufficialmente che "l'Iran non è attualmente in grado di arricchire l'uranio per costruire una bomba atomica...". Ciò è in contrasto con quanto affermato da Brenda Šaffer, un'ex ufficiale israeliana ora allieva di Harvard, la quale ha ripetutamente scritto che l'Iran sarebbe "alle soglie del nucleare").

Alla luce delle dichiarazioni dei dirigenti turchi soddisfatte per la costante cooperazione dell'Iran colle ispezioni della AIEA e per i negoziati iraniano-europei sul nucleare, è difficile prevedere ch'essi s'assumano il rischio di compromettere la sensibilità, e mutua gratificazione, in campo economico, di sicurezza e gli altri legami con l'Iran permettendo ad Israele di usare il loro spazio aereo contro di esso.

Sfortunatamente, l'alta improbabilità di un'operazione israeliana contro l'Iran attraverso la Turchia è decisamente sfuggita all'attenzione dei media occidentali e degli esperti militari che hanno scritto riguardo a tale scenario. Per fare un esempio, nel suo ultimo libro, The Persian Puzzle, Kenneth Pollock ha trascurato il diniego della Turchia ad acconsentire alle richieste israeliane laddove discute la "opzione Osirak". Analogamente, l'esperto giornalista investigativo Seymour Hersh, nell'articolo pubblicato dal "New Yorker" su di un tema analogo, ha semplicemente dato per scontato che, visti gli stretti legami della Turchia con Israele e USA, essa potrebbe essere una base di partenza per offensive militare contro le installazioni nucleari iraniane.

Chiaramente, così comode sviste, e il consistente stravolgimento delle relazioni turco-iraniane, descritte come prevalentemente competitive, quando di fatto il lato cooperativo ha preso chiaramente il sopravvento, ha semplicemente buttato benzina sul fuoco del mito di un imminente attacco israeliano contro l'Iran, mentre ciò che servirebbe è un'analisi appropriata delle variabili chiave, come il danno a lungo termine alle relazioni turco-iraniane che ricadrebbe sull'intera regione, semmai la Turchia acconsentisse alla richiesta israeliana di utilizzare il suo spazio aereo per un'azione militare contro l'Iran.

Ciò che rende quest'ultimo uno scenario ancor meno probabile, è il recente stallo nelle relazioni turco-israeliane causato dalle rivelazioni dei media sull'attivo civettare d'Israele coi gruppi curdi della regione, un'accusa categoricamente respinta da Israele allorché, non molto tempo fa, si è duramente confrontata sul tema con Ankara. Le relazioni della Turchia colla UE potrebbero risentirne a loro volta, e dunque le prospettive d'inclusione in qualità di membro nell'Unione ulteriormente posticipate, se la Turchia dovesse porsi a disposizione degli USA e di Israele per azioni militari non sostenute dall'Europa.

Da qui in poi, lo scenario più plausibile per l'uso israeliano dello spazio aereo turco contro l'Iran prevede una precedente consultazione turco-europea per la comprensione della faccenda, improbabile a materializzarsi nell'ambiente post-invasione dell'Iraq caratterizzato da un'Europa stanca della guerra e per nulla interessata a vanificare tutte le relazioni tessute con l'Iran sulla questione nucleare.

Lo stesso argomento va applicato, mutatis mutandis, all'altro vicino dell'Iran, l'Azerbaigian, il cui nuovo capo di stato recentemente in visita a Tehran ha assicurato che in alcun caso permetterebbe un attacco straniero contro l'Iran tramite il suo paese. Infatti, a paragone con la Turchia, l'Azerbaigian ha ancor più da temere da una forte reazione iraniana nel caso d'un raid israeliano attraverso lo stato caspico, il quale guarda all'Iran per essere sostenuto nella sua lunga contesa volta a recuperare il terreno ceduto all'Armenia durante gli anni '90. In altre parole, Baku avrebbe molto da perdere e poco o nulla da guadagnare, facendosi manipolare da USA e Israele, il che inoltre rovinerebbe le sue relazioni attentamente coltivate con Mosca (scontenta dell'accoglienza che Baku ha concesso ai militari statunitensi).

Al pari dell'Azerbaigian, tutte le altre porte caucasiche o centrasiatiche per un attacco d'Israele contro l'Iran sono al momento sbarrate, data la prominente influenza militare russa sulla regione, e l'intrinseca opposizione di Mosca a qualsiasi piano israelo-statunitense volto a indebolire un suo potente e riguardevole alleato, vale a dire la Repubblica Islamica d'Iran. Come per il Pakistan, che molto similmente a Turchia e Azerbaigian, ha semplicemente interessi troppo vasti con l'Iran, che coprono tra l'altro l'Afghanistan e la bilancia di potere indo-pakistana, per permettersi di sostenere un qualsiasi ruolo in un'invasione dell'Iran condotta dallo stato ebraico, odiato dalle masse pakistane e dai fondamentalisti musulmani. Il Presidente Generale Pervez Mušarraf e i suoi assistenti hanno ripetutamente già annunciato in via ufficiale che non permetterebbero mai al Pakistan d'essere utilizzato contro l'Iran.

Ciò che rimane allora di una "opzione Osirak", è un attacco israeliano condotto attraverso la Giordania e quindi l'Iraq, difficilmente concepibile nell'attuale situazione politica irachena dominata dagli Shi'iti. Assumendo, in argumendo, che Israele "violi" lo spazio aereo iracheno per condurre le sue operazioni, ciò potrebbe avvenire solo colla complicità degli Stati Uniti, sicché, in cambio, s'avrebbero una seria complicazione delle relazioni statunitense col nuovo governo iracheno - vanificando l'annuncio degli USA per cui "l'occupazione è terminata" e la sovranità irachena "restaurata" - e, peggio ancora, l'esplosione d'un nuovo imprevedibile capitolo dell'ostilità Iran-USA entro l'Iraq, che potrebbe facilmente montare e inglobare tutta la regione petrolifera del Golfo Persico. Per prima cosa, ciò si ripercuoterebbe negativamente sull'economia mondiale causando un sostanziale aumento del prezzo del greggio, a maggiore detrimento delle economie occidentali già sofferenti per gli alti costi energetici.

Inoltre, è piuttosto sorprendente come in maniera semplicistica, e ingenua, molta roba pubblicata su un attacco israeliano contro l'Iran abbia condotto un'illecita comparazione tra l'impianto energetico di Osirak in Iraq, ch'era situato a cielo aperto e si trovava ancora nella fase iniziale della costruzione quando fu bombardato, e il reattore nucleare di fabbricazione russa che si trova a Bushehr, il quale impiega centinaia di lavoratori russi che stanno giusto ora apportandovi le ultime rifiniture; l'impianto di Bushehr è completo per più del 90%, Russia e Iran hanno raggiunto un accordo per la restituzione del materiale fissile utilizzato, e oltre alla perdita di vite russe, che manderebbe Mosca su tutte le furie tanto da mettere a repentaglio i legami energetici d'Israele colla Russia, un bombardamento provocherebbe una gigantesca catastrofe ambientale che coinvolgerebbe i vicini dell'Iran nel Golfo Persico.

Così, a parte la questione su cosa Israele otterrebbe alfine distruggendo l'impianto di Bushehr, oltre che infuriare i Russi, gli Arabi e l'intero mondo musulmano e rendere l'Iran ancor più determinato a vendicarsi e a costruire senza esitazione un arsenale nucleare, almeno le più semplici problematiche riguardanti le dissomiglianze tra gli obiettivi di Osirak e Bushehr avrebbero dovuto esser considerate dagli "esperti" e statisti che a Washington e a Tel Aviv consigliano un attacco militare contro il reattore di Bushehr.

Ed ora vi sono gl'incubi "operativi" relativi ai sistemi di difesa aerea iraniani, in particolare nel momento in cui gli aerei israeliani dovrebbero volare sopra l'Iran per raggiungere gli obiettivi a Isfahan, Tehran, Arak o altrove, affrontando risposte alquanto formidabili dalla forza aerea iraniana e dai missili terra-aria. Per colpire questi obiettivi, Israele infliggerebbe grossi danni "collaterali" ai civili iraniani, e questo fattore da solo avrebbe un'implicazione a lungo termine ben poco desiderabile per Israele, e cioè la trasformazione dell'Iran in un suo nemico giurato.

A dispetto di una virulenta retorica antisraeliana, oggi in Iran dirigenti e statisti considerano Israele come un paese "fuori dall'area", non connesso alle preoccupazioni per la sicurezza nazionale dell'Iran. Infatti, nessuno in Iran prende sul serio la propaganda sionista riguardo alle minacce iraniane contro Israele, eppure ciò potrebbe cambiare nello spazio d'una notte se Israele attaccasse l'Iran, provocando nuove sostanziali minacce alla sicurezza d'Israele ai confini col Libano ed anche colla Siria.

Un nuovo allineamento globale arabo-iraniano contro Israele prenderebbe forma all'indomani di un attacco israeliano contro l'Iran, ben differente dalle relazioni relativamente benigne che oggi s'osservano tra le due parti.

Purtroppo, la prospettiva israeliana verso l'Iran appare fissata sulla retorica, ignorando sia la distanza tra l'oratoria decisamente simbolica e generata dalla massa e la politica attuale, sia i segnali positivi d'una posizione dell'Iran in evoluzione sul conflitto israelo-palestinese, malgrado l'Iran abbia dichiarato di rispettare la volontà dei Palestinesi, soprattutto, una soluzione con due stati. Ma non importa quanto profonda sia la loro errata percezione dell'Iran, o le loro disillusioni riguardo una "opzione Osirak" contro l'Iran: i dirigenti israeliani e i loro esperti sui media, stanno coscientemente propagando il mito d'una azione militare che cozza contro i formidabili ostacoli che la rendono impraticabile e, sempre più, si riduce a una lista dei desideri puramente teorica, che ciò non ostante aggiunge molta instabilità politica e psicologica dell'imprevedibile regione, e oltre.

Kaveh L. Afrasiabi, dottore in filosofia, è l'autore di After Khomeini: new directions in Iran's foreign policy (Westview Press) e di "Iran's foreign policy since 9/11", "Brown's Journal of World Affairs", no. 2/2003, realizzato insieme all'ex ministro degli esteri Abbas Maleki. Afrasiabi insegna scienze politiche all'Università di Tehran.

(Diritti riservati 2005 Asia Times Online Ltd.)

(traduzione di Daniele Scalea)

Fonte: www.terradegliavi.org/la_merica/attacco_israele_iran.htm
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Notizia "Ansa" del 20/07:

KISSINGER: NUCLEARE IRANIANO VA FERMATO, ANCHE CON GUERRA

(...)

Che cosa pensa dell'attuale linea politica che cerca di
fermare l'arricchimento dell'uranio in Iran attraverso
negoziati? chiede il quotidiano. "Sono d'accordo - dice
Kissinger - sul fatto che dobbiamo cercare di fermarli e
probabilmente, come tattica, è molto utile lasciare che siano
gli europei a condurre il negoziato e limitarci a sostenerli. Ma
il fatto è che, in un futuro relativamente prossimo, dovremo
decidere se questi negoziati stiano funzionando o se non siano
semplicemente un modo di legittimare la prosecuzione del loro
programma. Ciò darà adito ad accese discussioni. Poi dovremo
decidere, assieme ai nostri alleati, che misure prendere, e
dovremo affrontare la questione di quel che siamo disposti a
fare per impedire che in Iran si costruiscano armi nucleari.
L'Iran ci porterà probabilmente a superare il punto fino al
quale la politica di non proliferazione aveva senso, oltre il
quale si vivrà in un mondo fatto di molti centri nucleari. E ci
dovremmo chiedere come sarebbe il mondo se le bombe di Londra
fossero state atomiche e avessero ucciso 100.000 persone".
"Un intervento militare? Non sono contrario all'idea, ma
penso che debba essere considerata con molta attenzione. Non lo
sto consigliando, ma, d'altro canto, è una faccenda seria
permettere che nel mondo si moltiplichino centri di detenzione
di armi nucleari senza limitazioni. Non consiglio un intervento
militare, ma neanche lo escludo", conclude Kissinger.

Fonte: www.ansa.it/main/notizie/rubriche/inedicola/20050720101233550...
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L'IRAN RIPRENDE STASERA L'ATTIVITA' DI PRODUZIONE ATOMICA

TEHERAN - L'Iran ha comunicato all'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) la sua decisione di riprendere parte delle attività del ciclo dell'arricchimento dell'uranio in un impianto ad Isfahan, attività che comincerà "molto probabilmente" questa sera. Lo ha detto "un responsabile" iraniano citato dall'agenzia degli studenti Isna.

L'impianto che tornerà in attività, come annunciato ieri dal portavoce del ministero degli Esteri, Hamid Reza Asefi, è quello di Isfahan per la conversione del minerale di uranio in gas (uranium hexafluoride), destinato poi ad essere immesso in centrifughe supersoniche in un altro sito a Natanz per l'arricchimento vero e proprio. Lo stesso Asefi ha detto che per il momento non verrà ripresa l'attività a Natanz. Ieri fonti del terzetto europeo (Francia, Germania e Gran Bretagna) che conduce da due anni trattative con l'Iran, avevano messo in guardia Teheran dal riprendere le attività, sottolineando che ciò avrebbe potuto mettere in pericolo la continuazione dei negoziati.

Gli europei si sono impegnati a presentare entro il 7 agosto un ultimo pacchetto di proposte alla Repubblica islamica nel tentativo di indurla a rinunciare a dotarsi di un ciclo per l'arricchimento. Ma Teheran ha affermato che tali offerte devono essere presentate entro oggi, e comunque ribadisce di non volere rinunciare a questa tecnologia per alcuna contropartita. Le attività del ciclo dell'arricchimento erano state sospese dall'Iran dall'autunno scorso, nell'ambito delle trattative con l'Europa.

TEHERAN ACCUSA EUROPA DI PREPARARE MOSSE OSTILI
Un responsabile iraniano ha accusato oggi gli europei di volere "perdere tempo" nelle trattative sul nucleare per avere modo di promuovere alcune "mosse contro l'Iran". Ali Agha Mohammadi, portavoce del Supremo consiglio per la sicurezza nazionale, in un'intervista alla televisione di Stato ha affermato che già "forze militari americane si stanno muovendo nella regione ed è in corso una propaganda per preparare l'opinione pubblica ad ogni mossa". Agha Mohammadi ha messo in guardia gli europei affermando che "l'Iran non vuole essere duro, ma se decide di esserlo, non ci sarà via d'uscita". Una crisi, ha aggiunto, porterebbe diverse conseguenze negative per l'Occidente, tra le quali un nuovo aumento dei prezzi del petrolio, e "la situazione in Iraq si farebbe più dura".

IRAN PUO'ACCETTARE RINVIO SABATO RIPRESA ATTIVITA'
L'Iran è disposto ad accettare un rinvio fino a sabato 6 agosto della ripresa di parte delle sue attività nucleari più controverse, ma solo se l'Unione europea accetterà di riconoscere nel suo ultimo pacchetto di offerte in preparazione il diritto della Repubblica islamica a dotarsi di un ciclo per l'arricchimento dell'uranio. Lo ha detto alla televisione di Stato il portavoce del Supremo consiglio per la sicurezza nazionale, Ali Agha Mohammadi.

Fonte: www.ansa.it/main/notizie/fdg/200508011045208531/200508011045208...
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10/08/2005 14:29
 
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Giulietto Chiesa
L'ACCERCHIAMENTO DELL'IRAN E L'EMPASSE EUROPEA
www.giuliettochiesa.it/modules.php?name=News&file=article...

Ansa
IRAN. RIMOSSI SIGILLI ONU ALLA CENTRALE NUCLEARE DI ISPAHAN
www.ansa.it/main/notizie/fdg/200508101027209595/200508101027209...

Information Clearing House
Why Iran will lead to World War 3
www.informationclearinghouse.info/article9706.htm
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18/09/2005 21:56
 
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"Il Presidente degli Stati Uniti ha annunciato che non esclude la possibilità di un attacco all'Iran, perciò se questo Stato non abbandonerà il proprio programma nucleare, il Medioriente affronterà una crisi davanti alla quale i pericoli derivanti dalla guerra in Iraq sembreranno bazzecole.

Anche un'arma convenzionale, se sparata contro un centro di ricerca nucleare, provocherebbe la dispersione nell'atmosfera di una quantità di radioattività paragonabile a quella Hiroshima."

(...)

La fonte è il "Guardian":
"Bush is the real threat"
www.guardian.co.uk/comment/story/0,3604,1559492,00.html

Fonte: www.megachip.info/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&a...

Repubblica:
"Gli Usa Inflessibili con l'Iran. Seggio permanente per Tokyo"
www.repubblica.it./2005/i/sezioni/esteri/onu/tokver/tok...

Washington Post:
"Putin Won't Support U.N. Action Against Iran"
www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2005/09/16/AR2005091600159.html?nav=rss_politics/admini...



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18/09/2005 22:21
 
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Re:

Scritto da: cossaigh 18/09/2005 21.56
"Il Presidente degli Stati Uniti ha annunciato che non esclude la possibilità di un attacco all'Iran, perciò se questo Stato non abbandonerà il proprio programma nucleare, il Medioriente affronterà una crisi davanti alla quale i pericoli derivanti dalla guerra in Iraq sembreranno bazzecole.
Anche un'arma convenzionale, se sparata contro un centro di ricerca nucleare, provocherebbe la dispersione nell'atmosfera di una quantità di radioattività paragonabile a quella Hiroshima."
(...)
La fonte è il "Guardian":
"Bush is the real threat"
www.guardian.co.uk/comment/story/0,3604,1559492,00.html
Fonte: www.megachip.info/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&a...
Repubblica:
"Gli Usa Inflessibili con l'Iran. Seggio permanente per Tokyo"
www.repubblica.it./2005/i/sezioni/esteri/onu/tokver/tok...
Washington Post:
"Putin Won't Support U.N. Action Against Iran"
www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2005/09/16/AR2005091600159.html?nav=rss_politics/admini...



Io dico che sono solo minacce... già non riescono a reggere insieme il fronte afghano e quello iracheno, dubito che si impegnino con l'Iran che ha tutt'altra potenza militare che l'Iraq di Saddam...
_____________________________________

Good evening, there was already an injury, huh?

Giovanni Trapattoni, falling off his chair
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19/09/2005 00:18
 
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Ho letto, nonstante l'ora e la stanchezza, per intero l'articolo di Blondet.
Onestamente l'ho trovato poco convincente e molto complottistico.

Blondet non è nuovo a queste sparate. Conosco le sue "teorie" in quanto ho studiato un suo libro quando anni fa mi sono laureato.

Questo signore vede complotti ovunque: il mondo sarebbe secondo lui dominato dalle multinazionali che cercano di sfasciare gli Stati per impadronirsi delle loro economie e, nel fare questo, finanzierebbero nemmeno troppo occultamente nientemeno che i no-global!
Insomma... Casarini e soci sono stipendiati da Nike e Coca-Cola.

Chi glielo dice a Bertinotti???
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19/09/2005 00:24
 
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Un'altra cosa. Mi sembrerebbe molto stupido da parte americana scatenare un conflitto con l'Iran, tanto più che è già un casino tenere le truppe in Iraq e gestire il dopo Katrina.

Che l'Iran sia un fattore di instabilità per il mondo è noto, ma ci sono altri modi di risolvere la grana persiana.

E' risaputo che, soprattutto nei giovani iraniani, c'è un forte astio verso il regime degli ayatollah, così come il fatto che in Iraq hanno forti basi i mujaheddin del popolo, combattenti iraniani anti-khomeinisti.

Il dissenso interno è forte e non si riesce a tenerlo a bada come il poco compianto Saddam sapeva fare a casa sua.

Penso siano queste le basi su cui costruire il "rovesciamento" del regime degli ayatollah.
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