00 12/10/2007 20:54
Non so, gdbjoe.
Non mi sembra che il problema sia che non si debba sputare nel piatto in cui si mangia.
Per come la vedo io è che provo un crescente dolore - può sembrare eccessivo, ma è quel che provo, e non posso usare una parola più piccola solo per il gusto di apparire più soffice - per il mio Paese.
Sarà che a un certo punto si perde comunque, magari per ragioni soltanto anagrafiche, la capacità di essere magicamente sincroni con gli altri; sarà quel che vuoi. Resta che l'Italia mi fa star male.
Passeggiavo per il centro della mia città, ieri mattina, e guardavo il cielo.
Era azzurro, bello, con qualche nuvola bianca.
L'aria era tiepida, i palazzi erano architettonicamente rispettabili, avevano una qualche loro dignità.
E ho pensato che queste sono più o meno le cose per cui amo il mio Paese, o la mia città (che forse di questo Paese rappresenta molti degli aspetti per me più difficili da accettare).
Lo amo perché è mio, perché le sue pietre fanno parte del mio bagaglio emotivo, visivo, sentimentale, perché la lingua ha un suono che mi fa sentire a casa.
Perché qui vivono tutte le persone che amo. Perché qui sono stata bambina, e verso la bambina che sono stata provo sentimenti di grande tenerezza.
Ma la totale assenza di rispetto nelle relazioni tra singolo e organizzazioni mi fa orrore.
E lo smarrimento dei diritti mi impressiona.
E la barbarie che - per esempio nel mio lavoro - ci costringe tutti, qui in Italia, a tenerci lontanissimi dalla complessità perché tutto ciò che è a-la-page è la brutalizzazione, la semplificazione, la creazione di una finta realtà semplificata, beh, questa barbarie mi deprime, mi abbatte...
Questo, Gdbjoe, mi fa soffrire.
Non so se è sputare nel piatto in cui mangio, ma non credo.
Mi sembra di più l'espressione - lo ripeto, purtroppo - dell'autentico dolore di una che da piccola era stata abituata a pensare che quando fosse diventata grande si sarebbe finalmente sentita adulta, e invece - adulta - scopre che al massimo può essere un suddito taciturno, perché già parlare equivale a ingaggiare una battaglia, a spendere energie vitali nello scontro con il mondo.
Di farlo, in realtà, ne ho le palle piene.
La Gran Bretagna sarà noiosa o quel che vuoi: non ho un'opinione.
Ma in Italia vivo, e ho sempre vissuto, e molte delle cose che vedo non le apprezzo affatto.
E non mi importa se questo dà a un inglese o a chiunque altro il modo di criticare anche me, oltre che il mio Paese. Cavoli suoi.
Ossequi, gente
Torno a passare un pezzo sul Nobel per la pace a Gore (cose da pazzi)
Federica