00 22/08/2007 00:23
Lettera aperta di un "piccolo populista" al Ministro degli Interni, Giuliano Amato di Francesco Cipriano

Posto questa mail che mi è stato chiesto di far girare...spero che vogliate (e possiate) diffondarla anche voi! [SM=g27817]

“Stiamo lentamente cadendo nel silenzio, di mafia non si parla più. E sarò pure populista, giustizialista, eccessivo, ma vi ritengo responsabili. State facendo perdere ai giovani, ai siciliani, la voglia di lottare. Vediamo governi succedersi, ma nulla che cambia. Cambia tutto per non cambiare niente. Vediamo fuorilegge che fanno leggi, imputati per mafia che dicono che la mafia fa schifo…”
Francesco Cipriano

Caro ministro,
non so se si ricorda di me: sono il ragazzo a cui ha dato del <­<­piccolo capo populista>> il 23 maggio a Palermo. Vorrei poter commentare ora la sua risposta e parlare di cosa significa crescere e vivere in Sicilia oggigiorno.

La prima domanda che le è stata rivolta al dibattito all’interno dell’aula bunker riguardava gli indagati all’interno del parlamento, e il motivo per il quale non venissero cacciati. Lei, da giurista quale è, ha risposto giustamente che in Italia si è ritenuti innocenti fino al terzo grado di giudizio. Sarebbe stato però più corretto ricordare a quei ragazzi che effettivamente in parlamento siedono venticinque condannati in via definitiva, quindi giudicati dalla legge colpevoli. Ed è proprio per questo che ho preso la parola, ricordandole anche che in Sicilia abbiamo un presidente della regione rinviato a giudizio per rivelazioni di segreti d’ufficio e favoreggiamento alla mafia, oltre che diversi indagati per mafia tra assessori e deputati regionali, forse un po’ troppi per una regione che avrebbe bisogno di esempi di legalità. Ho quindi accennato ai famosi <­<­venticinque>>, dicendo che trovavo vergognoso che dei criminali facciano le leggi.

Lei aveva criticato il fatto che noi giovani attingiamo a internet per avere notizie, quando invece dovremmo ricordarci di leggere libri e giornali. Mai parole furono più sagge. Peccato che spesso, molto spesso, su libri e giornali (per non parlare della televisione…) non troviamo certe informazioni. Il fatto che siamo costretti ad usare internet per avere notizie dovrebbe farla preoccupare, signor ministro. Così come si dovrebbe preoccupare che molte notizie ci vengono fornite da un comico come Beppe Grillo, e non da stampa o televisione. Però effettivamente qualcosa si potrebbe fare: perché non scrivere nella Gazzetta Ufficiale, in fondo alla pagina, un’avvertenza? Un asterisco e la scritta: <­<­Attenzione: queste leggi sono fatte da fuorilegge>>. Almeno i cittadini saranno informati preventivamente.

Dopo il mio intervento ho aspettato la sua risposta, che mi ha divertito sia nei contenuti che nella forma. Mi ha dato del <­<­piccolo capo populista>>: ho sempre pensato che il politico che non sa rispondere dà del populista al suo interlocutore per denigrarlo. <­<­Populismo>> è una parola talmente vaga che sarebbe difficile rintracciarne il significato. Però, se lei per populismo intendeva la tendenza a demonizzare le élite ed esaltare il popolo, forse allora sono populista (la sfido a non esserlo in una terra in cui i privilegi sono per pochi, le <­<­élite>>, mentre il <­<­popolo>> deve torcere la schiena per vivere onestamente). Se poi per populismo intende il parlare liberamente davanti ad un ministro della Repubblica, allora sì, sono volentieri un piccolo capo populista.

Lei ha poi fatto un distinguo tra i reati, affermando che ci sono reati che, una volta scontata la pena, non impedirebbero a un parlamentare di continuare il suo mandato, dicendo che se non avessi fatto questa distinzione sarei stato un <­<­giustizialista ingiusto>>. Innanzitutto i parlamentari godono di ampie garanzie, e quindi di solito la pena non la scontano neanche. E poi quali sarebbero questi reati minori?Perché se non ricordo male, le condanne dei parlamentari sono abbastanza pesanti: non le elenco, sono troppe, però può informarsi andando sul blog di Grillo o sfogliando qualche libro di Travaglio (il quale ricorda che questi <­<­onorevoli>> già non possono far parte dei consigli circoscrizionali, comunali, provinciali e regionali). La cosa buffa è che mentre faceva queste affermazioni lei sedeva proprio sul banco su cui è scritto: <­<­La legge è uguale per tutti>>. Pensavo allora a quei disgraziati che per sfamare la famiglia sono costretti a rubare, e dopo aver giustamente scontato la pena, non riescono a trovare un lavoro onesto. E’ populista o ingiusto dire che chi si fa la galera spesso è il ladro di galline e non il colletto bianco? Sarebbe altrettanto ingiusto dire che non accetteremo le leggi scritte da questo parlamento fino a quando non sarà finalmente <­<­pulito>>? Non vorrei però essere accusato, oltre che di populismo, anche di anarchia, signor ministro.

Lei mi ha invitato ad usare la mia passione per una battaglia democratica e non populista. E’ proprio quello che sto cercando di fare: vorrei vivere in una democrazia senza dei criminali che mi rappresentino. Lei mi ha invitato ad usare la ragione: faccio del mio meglio, ma proprio non riesco a concepire come si possa avere un parlamento con dei fuorilegge.

Provi ad usare la ragione e a trovare qualcosa di razionale in questa frase: <­<­Per entrare nel corpo dei carabinieri, cioè quel corpo che fa rispettare le leggi, non si possono avere precedenti penali né familiari mafiosi. Per entrare in parlamento, cioè in quell’istituzione che fa le leggi, si possono benissimo avere precedenti penali, essere indagati, condannati e – pensi un po’ – se si è indagati o imputati per mafia o pregiudicati per corruzione si può anche far parte della commissione Antimafia>>. Mi chiedo perché non vengono presi provvedimenti: Sciascia diceva che lo Stato non può processare se stesso. Questa è la ragione.

Lei mi ha accusato di fare del populismo isolano. Parliamone di questa isola, la Sicilia.

Amo profondamente questa terra, ma credo che non sia accettabile che un giovane della mia età sia costretto a porsi il dilemma se scegliere tra la propria terra o il proprio futuro.

Ho sempre pensato che se la mafia è così potente, se ha campo libero, è perché lo stato è assente.

Se abbiamo scuole che cadono a pezzi, se non riuscite a diminuire la dispersione scolastica, dove credete che finirà il ragazzino che a scuola non ci va più e cresce in mezzo alla strada?

La mafia, signor ministro, non si combatte solo sul piano militare, ma anche sul piano politico.

Non capisco come mai continuo a vedere giovani che sono costretti ad andare al Nord per lavorare; mi spieghi perché per avere una buona istruzione sono costretto ad andare in giro per l’Italia e non posso restare nella mia terra; mi spieghi perché un ragazzo della mia età per avere un lavoro deve torcersi la schiena dieci ore al giorno senza una pausa pranzo ed essere pagato una miseria: poi vi chiedete perché un ragazzino si mette a spacciare! Mi spieghi come è possibile che una madre che deve mantenere una famiglia lavora in un centro commerciale nove ore al giorno, sette giorni a settimana, per novanta centesimi l’ora: poi vi chiedete come mai una persona vende il voto alle elezioni; mi spieghi perché un giovane per lavorare in un centro commerciale deve firmare prima le dimissioni in bianco, e quando poi vuole svolgere attività sindacale viene minacciato, inseguito la notte e poi licenziato; mi spieghi perché ad un mio amico che deve subire un’operazione i medici hanno consigliato di recarsi a Milano o Bologna, ma non in Sicilia! Mi spieghi perché mia madre deve aver paura di uscire perché proprio due settimane fa un uomo davanti a casa nostra ha cercato di uccidere un nostro vicino con un coltello da macellaio di trenta centimetri ed è finito in coma perché gli hanno sbattuto la testa contro il muro e per terra, il tutto davanti a dei bambini; mi spieghi perché è possibile che l’80 per cento dei commercianti palermitani è costretto a pagare il pizzo; mi spieghi perché il quartiere Zen a Palermo, così come tanti altri quartieri, è abbandonato a se stesso, non c’è allaccio fognario, non c’è alternativa per i giovani, non c’è lo Stato!

Mi spieghi perché lo Stato, lo stesso in cui credevano Falcone, Borsellino e tutti gli altri, li ha abbandonati, e ora sembra abbandonare noi.

Lei mi ha suggerito di rivolgermi alle istituzioni locali. Ma come faccio a parlare di antimafia con un imputato per mafia? Come faccio a convincere i sindaci a impegnarsi nella lotta alla mafia se continuamente i consigli comunali vengono sciolti per infiltrazione mafiosa?

Vivere ogni giorno in questa meravigliosa isola che viene ripetutamente stuprata e ignorata lascia qualcosa dentro. Stiamo lentamente ricadendo nel silenzio, di mafia non si parla più. E sarò pure populista, giustizialista, eccessivo, ma vi ritengo responsabili. State facendo perdere ai giovani, ai siciliani, la voglia di lottare. Vediamo governi succedersi, paroloni, promesse, ma nulla che cambia. Cambia tutto per poi non cambiare nulla. Vediamo fuorilegge che fanno leggi, imputati per mafia che dicono che la mafia fa schifo. Molti giovani non prendono coscienza e sono condannati a vivere in ginocchio, e riconosceranno un solo Stato: la mafia.

Qui ha ormai preso il vostro posto, perché è la mafia che dà il pane, non lo Stato; è la mafia che ti trova il lavoro, non lo Stato. Di questi ragionamenti ne sento a centinaia e le persone ci credono. E coloro che cercano in tutti i modi di combattere questa mentalità e questo sistema stanno perdendo la loro passione, signor ministro.

E se mi permette, vorrei esprimerle la mia preoccupazione: sempre più persone intendono non andare più a votare, e questo costituirebbe un vero problema per la democrazia. Fate vedere che ci siete, che vi impegnate. Abbiamo bisogno di supporto, di sapere che non siamo soli, che dietro ogni nostra lotta c’è lo Stato in cui crediamo. Voglio uno Stato che lotta contro la mafia, e, sì, che ci metta cuore, stomaco e palle.

Signor ministro, ora oltre che populista mi chiamerà utopista?

Lei parla di antimafia. L’antimafia la fanno oggi quei magistrati che vivono sotto scorta per fare il loro lavoro. L’antimafia la fanno tutte quelle persone che hanno scelto di non prendere la via più facile in Sicilia, di non farsi corrompere la coscienza dalla mafia, di vivere onestamente.

L’antimafia la fa il giornalista che scrive la verità, che indaga e racconta, che denuncia; l’antimafia la fa un muratore padre di famiglia che pur di vivere onestamente si fa decine e decine di chilometri al giorno per andare a lavorare, uscendo di casa prima dell’alba e tornando dopo il tramonto, e anche se è sfinito trova ancora la forza di giocare col figlio e abbracciare la moglie; l’antimafia la fa il commerciante che non paga il pizzo, sopportando minacce, colla nelle serrature e negozio bruciato; l’antimafia la fanno quei ragazzi che coltivano le terre sequestrate alla mafia, e quando di notte gliele bruciano, gliele rovinano col trattore, la mattina loro chiamano i carabinieri, si rimboccano le maniche e cominciano a sistemare, a sudare, a lottare; l’antimafia la fanno quei ragazzi e quelle mamme che cercano di togliere i bambini dalle strade dello Zen, dalle grinfie della mafia.

Le ho detto quando è venuto a Palermo di dire ai suoi colleghi a Roma che qui abbiamo un problema, un cancro che da centocinquant’anni ci divora. Lei ha risposto che lo sapete benissimo che in Sicilia abbiamo la mafia. Meno male, e io che credevo che pensaste che l’unico problema a Palermo fosse il traffico! Ma proprio perché lo sapete spiegatemi perché non fate nulla di concreto.

Quand’è che cominceremo a parlare di <­<­emergenza mafia>>? Perché di emergenza si tratta. La mafia non si fa vedere, ma noi moriamo lentamente. E’ un cancro, ci divora. Provi a stare qua, a sapere che qualcosa la sta soffocando, la sta privando della sua libertà. Provi a vivere con la consapevolezza che in qualche modo lei stesso finanzia la mafia: se compro qualcosa in un negozio che paga il pizzo finanzio la mafia; finanzio la mafia se compro in un’azienda edile sotto il suo controllo. Provi a vivere in un posto che ha visto morire i suoi figli, che è stato macchiato di sangue in una terra lacerata dal tritolo, devastata dal cemento, in cui non c’è futuro se permane questa condizione. Provi a vivere giorno per giorno con questa consapevolezza: che se vuole un futuro dovrà lasciare la terra che ama.

E provi a mettersi nei nostri panni: siamo siciliani, siamo italiani, vogliamo sentirci italiani, ma ci sentiamo traditi dall’Italia, ci sentiamo abbandonati. Esercitiamo il nostro diritto al voto, sacrosanto diritto, votiamo persone che ci promettono di impegnarsi nella lotta alla mafia, anni e anni di promesse, ma questa mafia ancora la sentiamo presente, ancora c’è, e sembra sempre più potente. La storia in Sicilia sembra essersi fermata a cinquant’anni fa, o nei migliori dei casi si ripete: la mafia comanda, lo Stato non fa nulla, qualche uomo onesto la combatte e viene assassinato, poi se esplode un pezzo di autostrada lo Stato si sveglia, si ricorda della Sicilia e della mafia. La reazione però dura poco, finché la mafia cambia strategia e da Antistato diventa stato, si infiltra nei palazzi del potere, da coppola e lupara diventa colletto bianco. Sembra quasi che stiate aspettando questo: avete bisogno di un’altra Capaci o via D’Amelio per rendervi conto che abbiamo un problema che si chiama mafia?

Avrei altre mille cose da dirle, da raccontarle, da denunciare, signor ministro, e non mancherà occasione di farlo. Magari potrebbe tornare in Sicilia, ma mi faccia un favore: non lo faccia finché non avrà preso un impegno serio nella lotta alla mafia, fino a quando non si vedrà qualche risultato. Allora la accoglierò, la Sicilia la accoglierà, a braccia aperte.

Nel frattempo qua ci stiamo noi, i giovani e tutti coloro che amano questa terra e che combattono la mafia. A guardare la mafia in faccia ogni giorno ci siamo noi, che lottiamo per un futuro libero.

La mafia è riuscita a uccidere i nostri padri, ma ci ha fatto rinascere.

Noi, signor ministro, siamo nati il 23 maggio.

Fonti: micromega - antimafiaduemila.com
[Modificato da anam cara 22/08/2007 00:25]
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"Dio ha creato gli uomini perché ama le storie."
Elie Wiesel