00 17/11/2007 13:46
Un corsivo di Jacobelli
Ha ragione Cristiano Sandri quando chiede rispetto per la memoria di Gabriele e non vuol sentire parlare di perdono per chi l'ha ucciso. Anche perchè, obbedendo ad un'elementare impulso di rispetto umano, in questo Paese sarebbe ora di piantarla di applaudire i morti e chiedere perdono ai vivi. Purtroppo non è mai così. La colpa è anche di alcuni rappresentanti della nostra categoria: qualche volta fanno a pugni con il congiuntivo, ma sempre fanno a botte con la decenza. Gabriele Sandri ha perso suo fratello cinque giorni fa, i suoi funerali sono stati celebrati due giorni fa, oggi ha convocato una conferenza-stampa per dire no a qualunque strumentalizzazione ed ecco che si alza il solito melassato per chiedere se non sia già il tempo del perdono.



Fanno la stessa domanda ai familiari delle vittime del terrorismo e della mafia, delle stragi impunite e dei delitti più atroci. Perdono? E perchè non castigo, certezza della pena, punizione severa per chi risulta colpevole? A forza di perdonare, minimizzare, sorvolare, graziare, in Italia è successo di tutto e di peggio. Va bene che in questo Stato non si fanno prigionieri, nel senso che si rimettono in libertà quasi 30 mila detenuti grazie all'indulto, perchè le carceri scoppiano e anzichè costruirne di nuove è meglio sgombrare le vecchie che ovviamente tornano sovraffollate nel giro di un anno.



Però sarebbe ora di cambiare andazzo. Come sarebbe ora di rispettare i morti imparando a rimanere in silenzio. Ricordo i funerali di George Best a Belfast, Irlanda del Nord e quel carro che trasportava il feretro, sotto la pioggia, sino alla Casa del Parlamento, con migliaia di persone che si inchinavano al suo passaggio. Molti non trattenevano le lacrime, altri piangevano, nessuno batteva le mani. Da noi no. Da noi ogni funerale diventa l'occasione per fare chiasso sempre e comunque. E poi dicono riposa in pace.

di Xavier Jacobelli
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"Last night I nearly died,
But I woke up just in time".
Duke Special