00 14/10/2007 03:05
Antongiu, ho dato un'occhiata al link di Repubblica che hai postato.

Mi fa piacere che qualcuno si sia ricordato dei birmani, ma vorrei far presente che la manifestazione si è svolta dopo che avevo aperto il post, e quindi non potevo prevedere in anticipo ciò che mi sembrava impossibile.

Posto qui poi un articolo di Cristopher Hitchens, che riguarda solo parzialmente la Birmania, e molto più il suo potente vicino cinese.


La Cina è vicina. Ma a tutte le dittature

* * * I l fatto di essermi unito a un gruppo di giovani e appassionati dimostranti che protestavano a Washington (e io che credevo che i miei giorni da «dimostrante» fossero finiti...), mi è stato di aiuto per fare luce su una questione solo apparentemente secondaria. La folla era unita e compatta nell' intonare «Birmania libera, libera, libera»: questo può sembrare anche un dettaglio trascurabile, tuttavia penso sia giusto opporsi all' uso di nuovi nomi dal sapore grottesco come Myanmar e Yangon, e mi compiaccio che il Washington Post continui a chiamarli Birmania e Rangoon. Questo tipo di enfasi è molto rivelatrice. «Lanka» è la parola in Sinhala che sta a designare Ceylon, e «Sri» significa «sacro», cosicché il nome «Sri Lanka» esprime il concetto che l' isola sia a un tempo di lingua singalese e religione buddista. I Tamil tendono ancora a chiamarla «Ceylon», oppure, per dimostrare il proprio nazionalismo, «Eelam». E così, per un nome, la gente muore. C' è chi mi scrive per dirmi che sulla religione prendo abbagli, perché l' opposizione alla spaventosa dittatura birmana è guidata da monaci buddisti. Su questo punto tali persone sbagliano due volte, in primo luogo perché le immagini delle manifestazioni mostrano anche una presenza significativa di uomini e donne in abiti civili; in secondo luogo, perché la dittatura stessa è buddista, e ha speso larghe somme di denaro nella costruzione di templi. Mi sta bene che dei monaci facciano parte dell' opposizione, ma il buddismo ha una forte responsabilità, ad esempio, in Sri Lanka e Cambogia, e se i suoi fatalistici discepoli si vogliono attribuire del merito in un caso, devono anche riconoscere la propria responsabilità negli altri. Ad ogni modo, la nostra speranza non deve risiedere in una futura repubblica buddista in Birmania, ma in un Paese che si emancipi dal totalitarismo in tutte le sue forme. Siamo di fronte a un dispotismo insolitamente lungo: nel libro di Emma Larkin Finding George Orwell in Burma, leggiamo che i birmani scherzano sul fatto che in realtà George Orwell ha dedicato al loro Paese un' intera trilogia: non soltanto i Giorni in Birmania, ma anche La fattoria degli Animali e 1984. La settimana scorsa circolavano voci abbastanza fondate secondo cui, in alcune città, l' esercito non era intenzionato a sparare sulla folla (immagine convenzionale di una situazione rivoluzionaria): questo ci lascia sperare che stavolta il popolo birmano possa avere l' occasione di rovesciare il demenziale despotismo che lo imprigiona quasi dall' inizio dell' era post-coloniale. Ho pensato che il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, fosse stato davvero corretto nell' elencare i suoi regimi meno favoriti, durante il discorso alle Nazioni Unite della settimana scorsa, e nel tentativo di fare aumentare la pressione internazionale sui teppisti di Rangoon. I governi che aveva selezionato erano quelli, eccezionalmente repellenti, che considerano il cittadino proprietà dello Stato, e quelli, eccezionalmente oppressivi, che sono rimasti al potere fino a quando i cittadini si sono messi letteralmente a urlare per rivendicare la libertà. Non ho bisogno di elencare uno per uno questi sistemi di potere guidati da vecchi criminali, eccetto per il fatto che una cosa li accomuna tutti: ciascuno di essi, da Cuba allo Zimbabwe, è difeso dal voto cinese all' Onu. Chi ha a cuore, o ha la pretesa di avere a cuore, i diritti umani deve cominciare ad affrontare questo problema con franchezza. Esiste un' iniziativa per salvare quei pochi che non stati ancora massacrati nel Darfur? Tale iniziativa incontrerà il veto dei cinesi. Esiste qualcuno che si preoccupa del fatto che il presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, tratta una popolazione disperata come se fosse di sua proprietà? La Cina è pronta a sostenere Mugabe. I Nord Coreani stanno morendo di fame, e sono isolati al punto che un playboy demente riesce a fare il bullo con le armi nucleari? Pechino accorre a proteggere il playboy demente. Quanto ancora il Sudest asiatico potrà tollerare la vergogna e la miseria della giunta birmana? Tanto quanto sarà stretto l' abbraccio della Cina. L' identità del Tibet viene cancellata dalla deliberata importazione di coloni cinesi. Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, un uomo che rivendica anche di conoscere e determinare la vita sessuale dei suoi sudditi (è, incidentalmente, l' essenza stessa del totalitarismo), riceve armi e finanziamenti dalla Cina. È una storia simile a quella in cui incappò Bill Clinton, il quale voleva che le Nazioni Unite affrontassero il presidente serbo Slobodan Milosevic, e venne ostacolato (tra gli altri, dalla Cina); ed è la stessa cosa di quando il presidente Bush chiese alle Nazioni Unite di fare valere le sue risoluzioni nei confronti di Saddam Hussein: ma ora mi tocca sentire gli attivisti dei diritti umani piagnucolare sulla Birmania e la nostra inazione, e, contemporaneamente, lamentarsi dell' unica volta in cui un presidente degli Stati Uniti ha avuto il coraggio di vincere l' opposizione della Cina (e della Russia, e, talvolta, della Francia), sulla possibilità di qualsiasi soccorso internazionale. La Cina, inoltre, rivendica ancora alcuni territori indiani e vietnamiti (oltre, naturalmente, Taiwan), e sta costruendo un vasto esercito, nonché un' enorme flotta oceanica, per sostenere i suoi piani ambiziosi. Anche se a causa dell' 11 settembre 2001 ora sembra che sia successo un milione di anni fa, non dovremmo tuttavia dimenticare cosa successe quando un aereo americano fu coinvolto in un incidente di volo sopra l' isola Hainan durante i primi giorni di questa amministrazione: i cinesi reagirono come se l' incidente fosse stato deliberato, sequestrarono l' aereo e l' equipaggio per diversi giorni, e montarono manifestazioni di massa isteriche e scioviniste. Gli eventi in Medio Oriente hanno poi oscurato questa minacciosa immagine, ma in effetti è proprio all' interno di quella regione che la cinica politica cinese è più plateale. Se Pechino l' avesse avuta vinta, Saddam Hussein sarebbe ancora al potere. L' Iran viene rifornito di missili cinesi Silkworm. La Cina, e questo è l' aspetto più orribile, compra la maggior parte del petrolio dal Sudan, e in cambio fornisce armi (assieme alla copertura diplomatica all' Onu), per la pulizia etnica in Darfur («Sangue per petrolio» sarebbe una descrizione appropriata per questo scambio commerciale, anche se non ho visto tale espressione usata molto spesso). Tutti sono pronti, d' altro canto, a spassarsela alle Olimpiadi del 2008 a Pechino. Se ci fosse una sola richiesta capace di riassumere tutte le esigenze di rispetto dei diritti umani nel mondo contemporaneo, sarebbe proprio l' appello a boicottare o cancellare una celebrazione tanto disgustosa.
© C. Hitchens 2007 distribuito dal New York Times Syndicate
Traduzione di Francesca Santovetti

Hitchens Christopher

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