Come si fa a vivere in un mondo così? Come si fa a vivere sotto attacco, come si fa a vivere presi in ostaggio da certi vigliacchi? Come si fa ad andare a cuor leggero a studiare, a lavorare, a guadagnarsi una vita, quando quel treno, quel tram, quella stazione di metropolitana, quella linea di bus, quel palazzo dove hai l’ufficio potrebbe essere stato designato da un folle ingoiato da un delirio di onnipotenza come il nuovo teatro dell’ultimo atto del terrorismo? Vien voglia di fermarsi, in mezzo alla strada, lasciare le braccia cadere abbandonate a se stesse, e urlare un vaffanculo al mondo, tirargli un calcio, dare di stomaco. Perché ormai il nostro diritto di voto non vale un cazzo. Siamo cittadini di serie B, declassati, costretti a turarci il naso sempre e comunque. Valiamo solo come consumatori, telespettatori, ostaggi e scudi umani. Abbandonati nel mare, scossi da qualsiasi onda di rappresaglia e controrappresaglia, da attentati e “guerre sante”. Io non ce la faccio a vivere così, quando ogni bomba che scoppia è una palata di terra sopra alla democrazia, quando le questioni si risolvono facendole ricadere sulla pelle degli innocenti, ignari, colpiti alle spalle. Armiamoci e partite, solo che per noi partire non vuol dire che ce ne andiamo al fronte, ma che partiamo di casa, come ogni giorno, per fare le nostre faccende quotidiane. È vita o è guerra quando il fronte è la tua città e la trincea è una stazione della metropolitana?
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Tusi, mi no' digo niente, ma gnanca no' taso! Ne la vita pubblica, come nel rugby, ghe xe momenti tragici e altri, peggio ancora, seri: in quei momenti, trovar la forsa per xogar! In campo!
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