00 09/11/2009 13:58
Google e le tasse
Copio ed incollo dal Corriere.it

Google e le tasse: i furbetti di Dublino

In Italia i ricavi reali sono di 220-300 milioni, quelli ufficiali un decimo. Perché? I contratti sono con l’Irlanda

Il 19 ottobre, davanti a 2.500 Googlers convocati nella cittadina irlandese di Killarney da tutt’Europa, Medio Oriente e Africa, Eric Schmidt ha illustrato i formidabili risultati di Google: nei primi 9 mesi del 2009, alla faccia della crisi, i ricavi aumentano da 16 a 17 miliardi di dollari e gli utili da 3,8 a 4,5 miliardi. Il chief executive officer era venuto dal quartier generale di Mountain View, California, pilotando per larghi tratti il suo Gulfstream.

SEGRETI - In tempi di disoccupazione, ha promesso assunzioni nella filiale di Dublino, la maggiore fuori dagli Usa, ma ha taciuto sulla performance della Google Ireland Holdings. Eppure, i ricavi di Google all’estero raggiungono il 53% del consolidato. E il comparto irlandese è tra i più brillanti. Che la grande Google, campione di libertà che diffonde l’informazione gratis e senza limiti, abbia a sua volta qualcosa da nascondere? La risposta è: forse sì. Google si è conquistata la supremazia con la tecnologia e una parsimonia da old economy , al punto da non distribuire dividendi pur avendo 15 miliardi di liquidità, ma è anche sospettata di abusare della posizione dominante e di non spiegare bene la sua politica fiscale. Insomma, Schmidt e i presidenti-fondatori, Sergey Brin e Larry Page, sono tre geni, ma anche tre furbetti: i geni furbetti di Mountain View.

Basta ragionare su quanto si vede in Italia e, appunto, in Irlanda. Nel Belpaese, su Google indaga l’Antitrust. Gli editori lamentano una distorsione della concorrenza del mercato della pubblicità online a opera di Google News. Il portale segnala le prime righe di articoli di giornali e agenzie ai quali l’internauta può poi accedere sui siti che li pubblicano, ma senza passare dalle homepage dove si concentrano i banner pubblicitari. Google News non paga nulla a chi produce le notizie sopportandone i costi e non dà garanzie sul loro utilizzo. Naturalmente, gli editori potrebbero impedire a Google News l’accesso ai propri siti, ma siccome l’algoritmo di Google è unico, escludendo Google News farebbero uscire i propri siti dal grande motore di ricerca rischiando così di perdere troppo traffico. Google sta così diventando una specie di infrastruttura intelligente nell’infrastruttura di base delle telecomunicazioni. E per la sua natura globale pone problemi nuovi ai regolatori nazionali e comunitari.

IL FISCO - In Italia, la spesa pubblicitaria globale è in forte calo da almeno due anni, ma sull’online cresce velocemente. Secondo le rilevazioni più prudenti, nel 2007 la pubblicità sulla Rete era sotto i 300 milioni di euro, a fine 2009 supererà i 420. Secondo l’Autorità per le Comunicazioni sarebbe addirittura a 560 milioni. Ebbene, all’interno della pubblicità internettiana quasi il 60% si concentra nell’attività di search, ricerca di immagini e documenti con parole chiave. In Italia, sostiene l’Antitrust, il 90% del search passa per Google. Dunque, i ricavi stimabili per Google oscillano tra i 220 e i 300 milioni, e tendono ad aumentare. Se vi caricassimo la quota parte dei costi del gruppo, avremmo un utile prima delle imposte di 75-100 milioni, che darebbe un gettito di 20-30 milioni al Fisco italiano.

Ma quanto fattura Google Italia? Meno di 20 milioni. La differenza tra ricavi reali e ricavi ufficializzati in loco si spiega con il fatto che i contratti si stipulano online con la Google Ireland Limited di Dublino. Che è controllata dalla Holdings, altra irlandese. Ora Dublino è una città avanzata, ma è anche un porto delle nebbie, rifugio di quanti vogliono approfittare delle basse aliquote fiscali senza darne conto. A metà ottobre 2009 non era ancora disponibile al pubblico il bilancio 2008 della Limited. Eppure, la Limited è una società con 1.500 addetti e un fatturato che già nel 2007 era arrivato a 5,3 miliardi di euro, più del 40% del totale di gruppo. Essendo irlandese, la Limited paga solo il 12,5%, poco più di un terzo delle aliquote Usa e italiana.

Ma di fatto la Limited paga solo 2-3 milioni di imposte perché l’imponibile viene azzerato con le royalty . La Limited le versa alla controllante diretta, la Holdings, in misura che resta misteriosa perché la Limited è esentata dal dare informazioni delle operazioni con parti correlate com’è la Holdings; la quale, a sua volta, non è tenuta a dare rendiconti pubblici perché è stata trasformata nel 2005 in limited liability company , società a responsabilità limitata. Nel 2004, quando i ricavi globali di Google erano un settimo di quelli del 2008, la Holdings aveva ricevuto dalla Limited 330 milioni di euro come royalty e aveva generato un risparmio fiscale di 131 milioni. La legge irlandese esenta dalle imposte le royalty se riferite a brevetti e marchi realizzati nell’isola. Per memoria, diremo che la Limited spende per ricerca a sviluppo 18,5 milioni, mentre la casa madre americana vi dedica 2,8 miliardi, un robustissimo 12,9% del fatturato. Ma la questione fiscale non deriva solo dal desiderio di guadagnare di più. Fosse solo così, Google non sarebbe diversa da tante altre multinazionali che, a cominciare dall’arcirivale Microsoft, cercano di basare in paradisi fiscali le proprietà intellettuali (marchi, brevetti) e certi servizi così da creare maggiori costi deducibili nei Paesi a maggior tassazione dove, però, si fa il fatturato vero. Il caso Google è particolare perché il business online non si compie entro i confini statuali, sui quali si fonda il diritto dei governi a pretendere imposte, ma fuori, nello spazio extraterritoriale del web. E al tempo stesso, questo business non potrebbe farsi se non ci fosse un’Italia che, pagando imposte, lavora e domanda inserzioni pubblicitarie online a Dublino. Il modello Google, nel quale sete di profitto e rivoluzione tecnologica si rincorrono senza fine, apre una falla che oggi è ancora piccola, ma domani potrebbe diventare enorme per la sovranità degli Stati.

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Commenti personali: cos'e' quest'articolo? una specie di invidia del pene? hanno scoperto l'acqua calda della corporate tax irlandese al 12,5% e di come le multinazionali la sfruttano? e allora buongiorno al giornalista che si e' appena svegliato e non sa che le cose vanno cosi' da circa 20 anni qui e che anche Microsoft, HP, DELL & co fanno altrettanto.
Ma di cosa ci si meraviglia? perche' non fa le pulci anche a Prada quando compra una borsa fatta dai cinesi a 26 euro e la vende a 440 nei suoi negozi?
purtroppo cosi' funzionano le cose nella globalizzazione, altro che "furbetti" (termine usato da chi la legge la infrangeva)

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