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L'Irlanda dei travellers


Quello che segue è un breve estratto del libro Una vita sulla strada, in uscita a maggio nella collana ‘Aquiloni’.

La gente di Bog Meadows era davvero gentile; non ci chiamava mai “sporchi zingari” o cose del genere. Stavamo sul retro delle loro case, senz’acqua, senza gabinetti, senza raccolta dei rifiuti, proprio come oggi, eppure nessuno veniva mai a insultarci; ci capivano, perché anche loro erano poveri e oppressi come noi. La signora McAloon era una stanziale molto gentile con noi. Viveva in una delle piccole case con i mattoni rossi e non ci rifiutava mai dell’acqua. Entravamo in cucina dalla porta sul retro e lei diceva: "Su, portate dentro il secchio", e noi lo riempivamo da soli. C’erano sacchi di farina in cucina e un buon profumo di cibi cotti al forno. Quando andavo per l’acqua, la signora McAloon mi diceva: "Vieni Ann, ho qualcosa per la vostra merenda" e mi dava tre o quattro crostatine di mele calde e una dozzina di focaccine d’avena. Io le portavo subito a casa, mettevo su l’acqua per il tè, ci sistemavamo intorno al fuoco all’aperto e le distribuivo a tutti i bambini. Poi c’era un’altra famiglia, i Cooke, e mio fratello Willie passava ore da loro. Erano molto scuri e belli come degli spagnoli. Il padre era uno spazzacamino. Quando era da loro, Willie si dimenticava di tornare a casa e allora i miei andavano in giro a cercarlo; anni fa c’era un allarme generale se uno mancava anche solo per un’ora. Mio fratello aveva quest’abitudine di andarsene in giro. Se non era dai Cooke, stava giocando a biglie con i piccoli stanziali. Allora papà gli toglieva i pantaloni lunghi e gli faceva mettere quelli corti per scoraggiarlo dall’andarsene in giro. Un giorno sparì Kathleen e i miei la cercarono ovunque. La trovarono tutta ricoperta di pattume in mezzo alla discarica comunale di Whiterock. Era seduta lì, come una fata, a leggere Dandys e Beanos. È così che ha imparato a leggere, dai fumetti.

I ragazzini andavano alle discariche in cerca di pezzi di ottone e di rottami: non so come riuscissero a non prendersi delle malattie. Se uno trovava un buon giacimento, diciamo così, riempiva ben bene la sua sacca prima di dire agli altri: "Bel carico, questo: senti come pesa!". E allora i compagni gli chiedevano: "Oh, perché non ci hai chiamato prima di prenderti tutto?". A Belfast arrivava spesso un camion con dei grossi tubi per spurgare i pozzi delle fognature di fianco alla strada. Poi andava a portare quella schifezza nera e oleosa in uno scarico dove noi frugavamo con dei bastoncini in cerca di monetine: mezzi scellini o magari mezze corone. Le nostre mani erano completamente rovinate da quel sudiciume untuoso. Portavamo i soldi a casa e li immergevamo in un bagno di acqua saponata per pulirli. Dovevamo sfregarci ben bene anche le mani, perché puzzavano terribilmente.

Quando i camion arrivavano nei pressi di Bog Meadows per lavare le strade e mettere il disinfettante nelle fognature, mia madre li rincorreva con un secchio, chiedendo: "Me ne date un po’ per il campo?". Allora le davano un po’ di quel liquido nero, il Jeyes Fluid, che lei mescolava con l’acqua e con cui puliva il campo. Il 12 luglio andai a Sandy Row con Willie e restammo tutto il giorno a guardare gli orangisti che marciavano e ad ascoltare musica. Avevo una corda per saltare e andavo avanti saltando di fianco a loro mentre marciavano. Suonavano i tamburi: alcuni li battevano con le mani nude, che erano diventate tutte rosse. Quando lo dissi a mio padre, quasi impazzì; crescendo, imparammo che gli orangisti erano cattivi, ma a noi non fecero mai niente, anche se credo capissero che eravamo dei travellers dai nostri vestiti.
Nan Joyce