Ritiro dall'Iraq? Smarrimento..

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nightolo
00venerdì 26 maggio 2006 16:31
In questi giorni si sta discutendo dell'opportunita' di ritirare subito le truppe dall'Iraq, come previsto dal programma dell'Unione.

Io sono stato uno dei contrari alla guerra in Iraq, sono pacifista etc etc quindi vorrei un po' di risposte da coloro che la pensano in maniera simile e magari hanno gia' superato felicemente l'interrogativo che segue.

La guerra in Iraq ormai e' un fatto assodato e anche se formalmente e' finita, informalmente continua, un disimpegno dell'Italia, alla luce dell'attuale situazione irachena e' giusto? E' giusto lasciare gli iracheni in balia degli americani? o del nulla, nel caso in cui si ritirassero tutti? E' anche vero che le nazioni si autodeterminano, ma forse e' presto? Ed esiste veramente questa autodeterminazione dei popoli o e' solo conseguenza di situazioni internazionali piu' ampie?

In soldoni, tornando a noi.. vorrei la vostra opinione su questa intervista di Diliberto e la vosta idea sul modo in cui bisognerebbe condurre il ritiro (e l'eventuale rientro) in Iraq.

www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2006/05_Maggio/26/diliber...

due passi:

Uno su una eventuale presenza civile:


«Europa», giornale della Margherita, ripete che comunque «l'importante è rimanere». Con una missione civile difesa dalla polizia militare. Ma non dicevate d'andarcene e basta, alla Zapatero?
«Una presenza civile è sempre una cosa diversa da quella militare. Ma è meglio essere chiari: chi sono questi civili? E quali sono i loro compiti? Se si tratta solo di medici e d'infermieri, d'accordo. Se invece è un modo camuffato per mantenere la nostra presenza militare, questa è una violazione dei programmi dell'Unione. E chi li viola se ne prenda la responsabilità».



E l'altro:


Ma che cosa può fare una missione civile in Iraq, senza scorta militare?
«Non diciamo di no a una semplice presenza di polizia militare. Ma, contemporaneamente, vogliamo che gli alleati del centrosinistra sostengano la nostra proposta d'una commissione parlamentare d'inchiesta sul caso Calipari. Gli Stati Uniti ci hanno sbattuto la porta in faccia. Adesso ci sarà un processo, in Italia. Con imputato un soldato americano che è contumace. Vediamo gli esiti di questo processo. Se arriverà una condanna, l'Italia dovrà chiedere subito l'estradizione».
Ma il governo Al-Maliki può farcela da solo?
«In tutta franchezza, è un problema che non mi pongo. In Iraq c'è un governo: se la veda da solo».



A me Diliberto non e' mai stato simpatico, ma quest'ultima frase mi lascia parecchio seccato.

Idee?
gior77
00venerdì 26 maggio 2006 16:41
E' una situazione molto complicata. E non ho un'idea precisa su che cosa farei io.

Da un lato direi: via tutti, subito.

Però se questa soluzione portasse al caos? O peggio ancora ad uno scontro (che comunque già c'è) sempre più aspro tra sunniti e sciiti, con i curdi terzi incomodi?

Dopo aver causato questo casino, alzarsi su e dire: scusate, siamo di troppo, ce ne andiamo forse non è la mossa migliore da fare.

Esiste forse una terza via?
Forse ... io continuo a chiedermi: perchè non mettiamo tutto nelle mani delle Nazioni Unite? Magari con obbligo da parte di chi ha avuto un ruolo attivo in questo conflitto di fornire i maggiori aiuti per una vera ricostruzione del paese?

E' una strada percorribile?
Corcaigh
00domenica 28 maggio 2006 15:50
Giorgio, ad essere sinceri, non vedo come alcuna soluzione futura possa peggiorare il caos che c'è tutt'ora in Iraq. Questa guerra è stata una guerra sbagliata dall'inizio: una guerra per il monopolio di grandi pozzi petroliferi, di interferenza di affari interni e basata su due menzogne, la connessione (mai provata) di Saddam co AlQueda e le fantomatiche weapons of mass distruction che-ci-sian-ciascun-lo-dice-dove-sian-nessun-lo-sa.

Anch'io sono diventata piuttosto salomonica riguardo a tutta quella situazione. D'accordo, Saddam era un dittatore, ma l'Iraq era LAICO, BENESTANTE e le donne erano in posizioni di potere (e nelle università). Adesso è diventato un paese del terzo mondo, senza acqua corrente, elettricità, infrastrutture, comunicazione. Le minoranze religiose fanatiche che Saddam era riuscito a tenere a bada (con metodi immorali, d'accordo, ma ditemi dove sta la moralità in medioriente, è da millenni che la cerchiamo... [SM=g27820]: ) stanno prendendo il sopravvento, le donne non possono più andare a scuola o accedere agli ospedali (quei due o tre non ancora in macerie) e sono costrette a portare il velo (Saddam lo aveva bandito, vi ricordo).

In questo immenso casino, è ora che tutti quelli che non c'entrano si tolgano dalle palle, in primis gli americani, che si sono presi i pozzi, ora si tolgano di mezzo. Il paese avrà inevitabilmente una guerra civile (che c'è già), si massacreranno a vicenda e poi, a poco a poco, ricostruiranno secondo i loro parametri culturali. È un processo inevitabile. Chi siamo noi per dirgli cosa è giusto e cosa è sbagliato? Fino ad ora più che danni non abbiamo fatto.
È ora che le truppe straniere si tolgano di mezzo e che ognuno si faccia un bel mea culpa per il disastro sociale e materiale portato all'Iraq. Gli ci vorrano come minimo 50 anni per riprendersi. Sono sicura che non succederà durante la mia vita.
E sicuramente, non durante la vita di Bush. [SM=g27818]

[Modificato da Corcaigh 28/05/2006 15.55]

ollivander
00domenica 28 maggio 2006 19:17
Re:

Scritto da: Corcaigh 28/05/2006 15.50
In questo immenso casino, è ora che tutti quelli che non c'entrano si tolgano dalle palle, in primis gli americani, che si sono presi i pozzi, ora si tolgano di mezzo. Il paese avrà inevitabilmente una guerra civile (che c'è già), si massacreranno a vicenda e poi, a poco a poco, ricostruiranno secondo i loro parametri culturali. È un processo inevitabile. Chi siamo noi per dirgli cosa è giusto e cosa è sbagliato? Fino ad ora più che danni non abbiamo fatto.
È ora che le truppe straniere si tolgano di mezzo e che ognuno si faccia un bel mea culpa per il disastro sociale e materiale portato all'Iraq. Gli ci vorrano come minimo 50 anni per riprendersi. Sono sicura che non succederà durante la mia vita.
E sicuramente, non durante la vita di Bush. [SM=g27818]

[Modificato da Corcaigh 28/05/2006 15.55]




mi sento felicemente espressa da quanto sopra! [SM=g27811]
=Donegal=
00domenica 28 maggio 2006 19:32
Il problema della guerra in Iraq è che non è stata condotta da un gruppo di imperialisti come molti affermano, ma di idioti.
Qual è la differenza? Che l'imperialista ha una strategia in mente, invade un paese sapendo già come organizzarlo a invasione completata, l'idiota invece si limita a conquistarlo e basta.
Degli imperialisti avrebbero deciso di avvalersi delle strutture esistenti, non avrebbero sciolto l'esercito e la polizia ma avrebbero purgato solo gli elementi più compromessi con il regime, mantenendo l'ordine nel paese ed evitando di finire nel caos.
Gli idioti invece sono andati li senza una strategia, con un numero di truppe insufficienti a mantenere l'ordine, confidando che una volta caduto Saddam gli iracheni avrebbero all'improvviso scoperto le virtù della democrazia occidentale. Tutto questo senza considerare che gli irachesi sono in realtà formati da tre grandi entità ben distinte tra loro (senza considerare le minoranze), iniziando dai curdi che non sono nemmeno arabi.
E' proprio questo il grande problema dell'Iraq... come uscirne adesso? E' un gran dilemma... io vedo due strategie: una è quella di cui parla Martina, l'altra è quella esattamente opposta: aumentare tantissimo le truppe straniere in modo tale da riportare l'ordine nel paese in attesa che si consolidi il nuovo governo e le nuove forze di polizia.
Ma aumentare le truppe sarebbe come ammettere che la strategia seguita fino a ora dai politici USA (e a cui i militari erano contrari) è stata sbagliata e che la guerra in Iraq non è finita, a differenza di quello che vanno sostenendo da anni.
OConnor
00domenica 28 maggio 2006 21:45
Re:

Scritto da: =Donegal= 28/05/2006 19.32
Il problema della guerra in Iraq è che non è stata condotta da un gruppo di imperialisti come molti affermano, ma di idioti.
Qual è la differenza? Che l'imperialista ha una strategia in mente, invade un paese sapendo già come organizzarlo a invasione completata, l'idiota invece si limita a conquistarlo e basta.



Quoto e sottoscrivo. La cosa triste e' che il Vietnam a questa gente non ha insegnato niente.

AOC
gior77
00domenica 28 maggio 2006 22:12
Re: Re:

Scritto da: OConnor 28/05/2006 21.45


Quoto e sottoscrivo. La cosa triste e' che il Vietnam a questa gente non ha insegnato niente.

AOC



eccome se ha insegnato.

là non c'era il petrolio.

OConnor
00lunedì 29 maggio 2006 01:40
Re: Re: Re:

Scritto da: gior77 28/05/2006 22.12


eccome se ha insegnato.

là non c'era il petrolio.




Contrariamente all'opinione comune, personalmente penso che la guerra in Iraq non sia stata combattuta per il petrolio. L'oro nero ha giocato un ruolo importante ma non e' stata la causa scatenante. Ovvio che, con i terroristi dell'11 settembre tutti sauditi o quasi (e nemmeno un irakeno) ci si volesse garantire una scorta di petrolio dall'altro paese che ne ha tanto, tenendosi bravi gli "amici" sauditi (Paese che faceva, e fa, ben peggio dell'Iraq di Saddam in termini di diritti umani, tra le altre cose) ma il progetto secondo me era un altro: sfruttare l'11 settembre per levarsi di torno gli ex amici scomodi. Hanno iniziato con l'Afghanistan (ce li hanno messi loro i talebani, altri campioni dei diritti umani, ma a loro dire sempre meglio che i rossi dell'URSS), hanno continuato con l'Iraq (Saddam naturalmente ce l'hanno messo sempre loro), e probabilmente vedremo delle cose simpatiche anche in Siria e Iran. Con una piccola differenza: li' non ce li hanno messi loro, quindi non possono giocare a fare gli amici per poi mettergliela in quel posto alla prima occasione di dominio del mondo che si presenta.

AOC
gior77
00lunedì 29 maggio 2006 10:27
Credo che sottovaluti il problema petrolio ... il fatto è che sia l'afghanistan che l'iraq non garantivano agli stati uniti un introito di petrolio che li soddisfacesse.
il fatto che poi erano guidati da ex-amici (vorrei vedere quanto ex però) non ha fatto che garantirgli una copertura per l'attacco.
i talebani avevano negato il passaggio sul loro territorio di un importante oleodotto, questo ancora prima dell'11 settembre.
le navi da guerra americane erano già pronte al largo delle coste del pakistan qualche mese prima dell'11 settembre.
in iraq invece i maggiori beneficiari dei pozzi petroliferi erano francia e russia, guarda caso i due paesi che maggiormente si sono opposti all'attacco americano.
in un mondo in cui la richiesta di petrolio aumenta a dismisura (le richieste cinesi per sostenere la loro crescita industriale sono ogni giorno maggiori) garantirsi una scorta come l'iraq è una bella garanzia per il futuro, per un paese che fino a prima della guerra produceva 10 e consumava 100.

dopodichè, se insieme al garantirsi le scorte di petrolio sono riusciti a liberarsi anche di questi fantomatici ex-amici, tanto meglio per loro.
ma se avessero voluto solo liberarsi di loro, credimi, lo avrebbero fatto senza fare tutto questo casino.
la storia insegna, e il sudamerica soprattutto, che non serve scatenare una guerra per liberarsi di chi comanda.
Corcaigh
00lunedì 29 maggio 2006 11:16
Però va detto che Bush & co. di storia non ne capiscono un cazzo. Ha manipolato l'ondata emotiva di 9/11 per risolversi certe questioni rimaste irrisolte (concordo con la teoria degli "ex-amici" di Tony) da parte di daddy Bush ed allo stesso tempo si è parato il deretano per non aver dato retta a tutti gli avvertimenti, analisi, minacce che prima di 9/11 prevedevano un attacco terroristico in massa sul suolo statunitense. Di ciò che è avvenuto prima, Sudamerica, Vietnam, Giove, Vega & co. non glien'é fregato niente. I repubblicani hanno agito per motivi personali ed econimici e quel pollo di Blair si è lasciato abbindolare giocandosi il futuro politico (con le prossime elezioni col cavolo che lo rieleggono, e mi dispiace perché in politica interna era uno che la sa sapeva lunga).

È ora che il governo statunitense la finisca di arrogarsi le sorti di qualsiasi nazione del pianeta. Ne ho le palle piene di questa sorta di neocolonialismo camuffato da lotta per i diritti di-chi-non-si-capisce-bene.

[Modificato da Corcaigh 29/05/2006 11.16]

gior77
00lunedì 29 maggio 2006 11:36
Re:

Scritto da: Corcaigh 29/05/2006 11.16
Però va detto che Bush & co. di storia non ne capiscono un cazzo.

[Modificato da Corcaigh 29/05/2006 11.16]




Più che non ne capiscono un cazzo, non gliene frega un cazzo.

Sono due cose ben diverse.

Ma quando mai un governo, di qualsiasi paese, ha pensato alla storia e non agli interessi del momento?

e comunque siamo OT ... discutiamo del ritiro dall'iraq, non delle cause che ci hanno portato lì. quelle ormai, qualunque esse siano, non possono cambiare la situazione.
poguemahone77
00domenica 4 giugno 2006 21:48
anche se forse leggermente OT...ecco un contributo interessante che viene da maurizio blondet su "la padania" (quotidiano sul quale, buon per i suoi lettori, mi rallegro di poter rilevare che non albergano soltanto il borghezio-"pensiero" ed altre amenità simili).
OT o non OT...in ogni caso la missione in iraq, il modo in cui è stata gestita e quel di cui si discute oggi, hanno radici proprio in quel tragico evento-chiave. rifletterci un pò su non fa certo male...

Non c’è nessun complotto nella storia.
Mai.
L’11 settembre 2001, l’immenso tragico attentato, è opera di Al Qaeda.
E’ normale, dopo aver frequentato una scuola di volo e non aver imparato, a detta degli istruttori, nemmeno a pilotare bene un apparecchietto da turismo, mettersi alla cloche di un colossale Boeing e colpire tre su quattro bersagli determinati.
E’ normale che due grattacieli d’acciaio alti mezzo chilometro, colpiti «lateralmente» da aerei, cadano in modo perfettamente «verticale»; e che ne cada un terzo, l’edificio 7, mai colpito da alcun aereo, nella stessa perfetta verticalità.
E’ normale che qualcuno, sei o sette giorni prima dell’11 settembre, abbia speculato al ribasso sulle azioni delle due linee aeree che sarebbero state colpite dal disastro - di fatto scommettendo che sarebbero crollate in Borsa - con un volume di scambi superiore del 700% rispetto al consueto.
E’ normale che un Boeing lungo 50 metri e largo 44 non lasci traccia di sé sul prato del Pentagono, non strini nemmeno la verde erbetta, nulla.
E’ normale.
Chi si pone quelle domande è un complottista, un mattoide, un ossessionato.

Ve l’hanno detto da cinque anni.
Ed ora, tutti i grandi media ve lo stanno ripetendo sempre più spesso, sempre più nervosamente: l’11 settembre non è stato un complotto.
Certe TV, che per cinque anni non hanno mai dato segno di sapere che sulla faccenda esistevano dei dubbi, ora organizzano perfino dei cosiddetti dibattiti, per discutere i fatti inspiegati dell’11 settembre, e per «spiegarli» con l’aiuto di «esperti».
Il fatto è che a Chicago si apre un convegno internazionale dal titolo «11 settembre, rivelare la verità, reclamare il nostro futuro», e quell’evento minaccia di rompere il muro di silenzio così ben conservato per cinque anni.
Si deve dunque mettere in guardia l’opinione pubblica: non credete ad una parola di quello che si dirà là, sono tutti pazzerelli, sognatori, ossessivi, persino antisemiti…tutti i complottisti sono antisemiti, assicurava anche ieri Sergio Romano sul Corriere, tutte le teorie del complotto nascono dai «Protocolli dei savi di Sion».
Ma perché tutta questa foga a screditare?
Il convegno di Chicago non merita una normale copertura giornalistica?
La merita almeno perché è una rivolta di notevole significato politico contro l’attuale governo americano; e viene dal basso, da centinaia di movimenti spontanei, da famiglie di morti nelle Twin Tower, da professori universitari, da attori come Charlie Sheen (premio Oscar per Platoon) e
Susan Sarandon, da deputati come Cynthia McKinney.

Un simile movimento politico di protesta dal basso è raro negli Stati Uniti, dove la politica è ingessata dai due soli partiti «ufficiali» che non si distinguono in nulla, e dove fare politica è materia riservata a chi può spendere miliardi di dollari, che ricevono con donazioni solo i candidati politicamente corretti, ossia rassicuranti per i miliardari.
Nel convegno di Chicago ha messo dei soldi un miliardario coraggioso, Jimmy Walter, che abita (prudentemente) ad Amsterdam; ma tutto il resto viene dalle fatiche e dai risparmi di migliaia di persone comuni, che si sono messe in contatto per anni via internet; che fanno vivere sulla rete, con contribuzioni volontarie, siti che si chiamano «Cosa è veramente successo» (What Really Happened), «Domande senza risposta» (Unanswered Questions) e simili, e che hanno - tenetevi forte - oltre 4 milioni di lettori al giorno in tutto il mondo.
Assai più del Washington Post e del New York Times, i cosiddetti «grandi giornali autorevoli».
Insomma: ciò che si manifesta per la prima volta nel convegno di Chicago è un movimento di massa paragonabile a quello per i diritti civili di Martin Luther King, o a quello contro la guerra del Vietnam che dilagò nelle università americane e cambiò la vita americana e occidentale.
Per anni, i «grandi» media non hanno dato spazio ai dubbi sulla versione ufficiale (ciò che essi chiamano «teorie complottiste») con la motivazione che venivano da «frange marginali» della società, e quindi trascurabili, da mettere all'indice come folli.

Ma oggi, un sondaggio condotto dall’autorevole agenzia Zogby di New York ha appurato che 42 americani su cento sono convinti che sull’11 settembre ci sia un cover-up, un «insabbiamento» da parte di Bush, insomma che l’Amministrazione non dica tutto, che abbia qualcosa da nascondere, e che la stia nascondendo.
E 45 su cento vogliono una nuova inchiesta indipendente sul grande attentato, perché quella ufficiale fatta dal Congresso due anni fa (quasi tutta a porte chiuse, senza pubblico, e con fasci di documenti segretati) non è stata indipendente.
Certo, fra questo 45% sono in relativa minoranza quelli che sostengono che l’attentato è stato un auto-attentato del governo americano per giustificare le sue guerre in Afghanistan e Iran, notoriamente programmate prima dell’11 settembre.
Certo, la crescita dei dubbi sulla versione ufficiale fra la popolazione USA ha a che fare con l’orrendo impaludamento dell’occupazione dell’Iraq, una guerra che Bush scatenò sulla base di menzogne (le armi di distruzione di massa di Saddam) e che ha dichiarato «mission accomplished» tre anni fa.
Ma anche la protesta popolare contro la guerra in Vietnam avvenne solo quando gli americani morti sul Mekong superarono il numero di 55 mila, e 5 milioni di americani avevano partecipato alla guerra.

Il popolo americano è paziente, ma ammaestrato dall’esperienza.
Oggi, i soldati morti in Iraq sono solo 2500 circa.
Ma anche in Vietnam, nei primi tre anni di conflitto, morirono solo 2500 americani; poi ci fu l’impennata, e quelli che oggi reclamano «la verità» vogliono che la nazione prenda coscienza prima di un’altra impennata di sangue.
E’ un po’ tardi per ridicolizzare come pazzarielli, isolati e marginali, 45 americani su cento.
Per bollare come «complottiamo» quello che stanno dicendo a Chicago, ma da anni su internet: non già che l’11 settembre è un complotto (su questo, la gente comune non può avere se non indizi), ma che il governo Bush, che ha già mentito per fare entrare l’America in guerra, può aver mentito sull’attentato.
Vuol dire che il sistema di potere USA sta perdendo la sua legittimità agli occhi del suo popolo, come ai tempi del Vietnam.
E’ un fatto politico da prendere molto, ma molto sul serio.
I nostri media italiani non lo fanno.
Questo risveglio democratico di base sembra loro meritevole solo di articoli «di colore», ridanciani e leggerotti.
Perché, dopo cinque anni di silenzio sulle tesi alternative alla verità ufficiale, tanto zelo improvviso a parlarne per screditarle, su Il Corriere e su Matrix?

Nel 1968 Edward Luttwak, il noto analista del Pentagono, pubblicò con la Harvard University Press un libro di grande interesse, dal titolo significativo: «Il colpo di stato - manuale pratico». In esso, si immaginava come condurre con successo un colpo di Stato nella più grande democrazia del mondo, gli Stati Uniti.
E v’era un capitolo dedicato alla manipolazione dei media da parte degli immaginari golpisti.
In cui si legge: «Le trasmissioni radio-televisive avranno lo scopo non già di dare informazioni sulla situazione, bensì di controllarne lo sviluppo grazie al nostro monopolio sui media… le notizie di ogni piccola resistenza contro di noi agiscono come un potente stimolante ad ulteriori resistenze, perché riducono quel senso di isolamento. Quindi […] dobbiamo sottolineare con forza che essa viene da individui ‘isolati’, mal informati e disonesti, che non sono affiliati a nessun partito importante… ciò farà apparire la resistenza inutile e pericolosa».
E’ una lezione che i direttori dei nostri «grandi» media sembrano aver imparato benissimo.
Sono straordinari, nel loro partito preso di non vedere nulla di strano in quel che è successo l’11 settembre 2001; se hanno ragione loro, è inutile mandare i piloti Alitalia che passano dal Boeing all’Airbus a fare sei mesi di difficile corso, con costosi simulatori di volo; basta spedirli un paio di settimane nelle scuole di volo della Florida.

Ed è inutile spendere tanti soldi, tonnellate di esplosivo e impegno di ingegneri per fare demolizioni controllate: basta dare un bel colpo in qualunque modo, e i grattacieli vengono giù da soli in perfetta verticale.
Il mondo che ci descrivono i «grandi media» è un mondo fantastico, dove non esistono le leggi della fisica, dove le cose «accadono» senza bisogno di progettazione, dove si possono dirottare aerei armati di taglierini, dove si può telefonare coi cellulari in volo…
Dopotutto, caro ambasciatore Sergio Romano, un complotto nella storia c'è stato, ricorda? L’incendio del parlamento tedesco, il Reichstag.
Hitler proclamò che era un attentato comunista, e per salvare la patria messa in pericolo dai terroristi, assunse i poteri dittatoriali.
Oggi sappiamo che l’incendio fu opera delle SA nazionalsocialiste.
E se l’11 settembre fosse un altro Reichstag?
Perché negarlo per principio?
Si può finire per credere che la stampa ufficiosa partecipi ad un complotto per negare i complotti.
A nome di poteri che hanno tanto, troppo da nascondere.



gior77
00lunedì 5 giugno 2006 10:17
Re:

Scritto da: poguemahone77 04/06/2006 21.48
anche se forse leggermente OT...ecco un contributo interessante che viene da maurizio blondet su "la padania" (quotidiano sul quale, buon per i suoi lettori, mi rallegro di poter rilevare che non albergano soltanto il borghezio-"pensiero" ed altre amenità simili).
OT o non OT...in ogni caso la missione in iraq, il modo in cui è stata gestita e quel di cui si discute oggi, hanno radici proprio in quel tragico evento-chiave. rifletterci un pò su non fa certo male...

Non c’è nessun complotto nella storia.
Mai.
L’11 settembre 2001, l’immenso tragico attentato, è opera di Al Qaeda.





L'11 settembre qui è completamente OT, ma mi prendo 5 minuti per rispondere.
Già in passato ho avuto che da ridere su Maurizio Blondet e le sue teorie.
Per risponderti mi farò ispirare dalle parole usate da un altro giornalista, al quale personalmente do un po' più di credito, che è Vittorio Zucconi: Che il governo di una nazione imperfetta, ma ancora libera come gli Stati Uniti, concepisce, progetta, organizza ed esegue, nella speranza della impunità, il dirottamento e la distruzione di quattro grandi aerei di linea (perché questi quattro aerei sono scomparsi con tutti i passeggeri e l'equipaggio a bordo), ne manda due contro i più alti edfifici di New York già minati in precedenza (sa che cosa significa minare due grattacieli di 120 piani per farli crollare senza tirare giù mezza Manhattan) sapendo che avrebbe sterminato migliaia di connazionali innocenti, si spara una missilata contro il Pentagono, fa dissolvere un jumbo jet in Pennsylvania (alla X Files)? Provi a immaginare quante migliaia di persone dovrebbero essere state coinvolte in un piano così dettagliato, che tipo di lavoro avrebbe comportato minare le Due Torri, compreso il "cover up" successivo, dunque quante siano al corrente della mostruosità, e poi mi spieghi come mai questi geni del Male non abbiano avuto i mezzi per nascondere un bidone di antrace, di gas nervino o di Uranio di qualità militare in un Iraq che occupano da tre anni e mezzo.

che l'amministrazione bush abbia fatto numerose porcate, che sia indirettamente responsabile di quello che è successo con una scriteriata politica estera, che sia stata incapace di evitare che questo sia successo, credo che nessuno lo possa negare.
ma che se lo siano fatto loro in casa ... magari con bush padre vestito da operaio che minava il WTC ... lo lascio ai film con Tom Cruise.

chiuso OT e per cortesia non torniamoci più, non in questa discussione almeno. restiamo in tema di ritiro o non ritiro dall'Iraq.
=Donegal=
00lunedì 5 giugno 2006 10:21
Re:

Scritto da: poguemahone77 04/06/2006 21.48
anche se forse leggermente OT...ecco un contributo interessante che viene da maurizio blondet su "la padania" (quotidiano sul quale, buon per i suoi lettori, mi rallegro di poter rilevare che non albergano soltanto il borghezio-"pensiero" ed altre amenità simili).
OT o non OT...in ogni caso la missione in iraq, il modo in cui è stata gestita e quel di cui si discute oggi, hanno radici proprio in quel tragico evento-chiave. rifletterci un pò su non fa certo male...

Non c’è nessun complotto nella storia.
Mai.
L’11 settembre 2001, l’immenso tragico attentato, è opera di Al Qaeda.
E’ normale, dopo aver frequentato una scuola di volo e non aver imparato, a detta degli istruttori, nemmeno a pilotare bene un apparecchietto da turismo, mettersi alla cloche di un colossale Boeing e colpire tre su quattro bersagli determinati.
E’ normale che due grattacieli d’acciaio alti mezzo chilometro, colpiti «lateralmente» da aerei, cadano in modo perfettamente «verticale»; e che ne cada un terzo, l’edificio 7, mai colpito da alcun aereo, nella stessa perfetta verticalità.
E’ normale che qualcuno, sei o sette giorni prima dell’11 settembre, abbia speculato al ribasso sulle azioni delle due linee aeree che sarebbero state colpite dal disastro - di fatto scommettendo che sarebbero crollate in Borsa - con un volume di scambi superiore del 700% rispetto al consueto.
E’ normale che un Boeing lungo 50 metri e largo 44 non lasci traccia di sé sul prato del Pentagono, non strini nemmeno la verde erbetta, nulla.



Mah... già l'inizio dell'articolo la dice lunga sul sul seguito.
La storia dell'aereo che al Pentagono non ha fatto danni è una favoletta che è stata messa in giro basandosi su foto vere ma fatte ad arte, in cui i rottami non si vedono e in cui i danni sembrano lievi.
Tanto per citare la prima fonte che mi è venuta in mente, ecco la smentita a tale ipotesi: >> link <<
Quanto ai grattacieli è noto che non sono caduti per l'impatto, ma per il cedimento delle strutture dovuto alle alte temperature sviluppate dall'incendio, quindi un crollo verticale non è assurdo ne impossibile.
Se queste sono le premesse dell'articolo...
Del resto Blondet è noto per essere uno che a parlar di complotti ci passa la vita e ci ha costruito la sua fortuna giornalistica.
Poi naturalmente sull'Iraq possiamo dire di tutto e sono certo che saremmo d'accordo su moltissime cose...

P.S. OT chiuso anche per me, quando ho scritto non avevo ancora letto la risposta precedente. Mi pare che dell'11 settembre se ne parli altrove nel forum.

[Modificato da =Donegal= 05/06/2006 10.23]

mirko e i furetti
00mercoledì 14 giugno 2006 15:14
certo che...
... se questo e' lo spirito con cui portano la democrazia...

multimedia.repubblica.it/home/289576

io comunque mi chiedo sempre perche' in questa guerra (chiamiamola con il suo nome) se attacchiamo noi e' un'azione e se attaccano loro e' un attentato.

mirko
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