Per un consumo responsabile: meno e meglio

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
!Angelica!
00mercoledì 23 novembre 2005 10:00
Meno e meglio - Dave Reay, "New Scientist"
("Internazionale" 614, 28 ottobre 2005
www.internazionale.it)

1 - Vestitevi secondo la stagione.
Per cominciare, una cosa facile, veloce ed economica per ridurre il consumo
di energia. Negli Stati Uniti e in Australia ogni casa emette undici
tonnellate di gas serra all'anno, mentre in Gran Bretagna sono solo sei.
Circa il 40 per cento è prodotto dal riscaldamento e dal raffreddamento
degli ambienti. Se d'inverno abbassate i termosifoni e vi vestite un po'
più pesanti, potete ridurre di un terzo le emissioni di C02. Se ogni
famiglia media del mondo sviluppato abbassasse il riscaldamento di un solo
grado, o alzasse di un grado la temperatura del condizionatore, ridurrebbe
di un terzo di tonnellata le sue emissioni annuali. E se non volete
vestirvi più pesanti d'inverno e più leggeri d'estate, investite in un buon
sistema d'isolamento: potrete comunque dimezzare la quantità di energia
consumata per riscaldare o rinfrescare la casa.
Risparmio annuale per famiglia: da 0,33 a 2 tonnellate.

2 - Camminate, se potete.
Vale la pena di ripeterlo: se potete, usate il trasporto pubblico. A parità
di distanza, prendendo l'autobus o il treno invece della vostra auto potete
ridurre i gas serra di circa il 60 per cento. Un pendolare che percorre
trenta chilometri tra andata e ritorno in un'automobile a cinque porte, per
esempio, usando il treno risparmierà una tonnellata e mezzo di gas serra
all'anno. Se avete un fuoristrada, il risparmio è doppio. Meglio ancora: se
il viaggio è breve, usate un mezzo di trasporto senza emissioni inquinanti
- andate in bicicletta o a piedi. Può sembrare un suicidio farlo negli
spazi urbani invasi dalle automobili, ma se continuerete a usare i pochi
percorsi pedonali e le piste ciclabili che ancora esistono, forse
riuscirete a far capire agli urbanisti e ai politici che avete bisogno di
un'alternativa all'automobile. E se non vi ascoltano, vi resta sempre la
passeggiata al seggio elettorale.
Risparmio annuale per famiglia: da 1,5 a 12 tonnellate.

3 - Passate al concime organico.
In media gettiamo via ogni anno una quantità di rifiuti equivalente a dieci
volte il nostro peso. Dopo che i camion li hanno raccolti il 60 per cento
di quei rifiuti finisce nelle discariche dove si compatta in una massa
putrida. Questo è il terreno di coltura ideale per un gruppo di batteri
detti metanogeni, che convertono i rifiuti organici in un potente gas
serra, il metano. Per ogni chilogrammo di bucce di patate, bustine di tè e
foglie d'erba che digeriscono, questi microbi producono circa due
chilogrammi di metano. Una famiglia media getta via circa tre chili e mezzo
di rifiuti alimentari al giorno. I due terzi potrebbero essere usati come
concime; in questo modo, non solo si ridurrebbe l'emissione di gas serra,
ma si direbbe addio all'odore della spazzatura ottenendo un eccezionale
nutrimento per le piante. Ordinate via internet i vermi che servono per
produrre il compost e vedrete i risultati. E se non avete spazio per un
secchio da concime, in molte zone della Gran Bretagna e degli Stati Uniti
ci sono delle "zone di raccolta" dei rifiuti organici.
Risparmio annuale per famiglia: 1 tonnellata.

4 - Meno voli su tratte brevi.
Il traffico su strada è il più inquinante, ma al secondo posto ci sono i
voli aerei. In media sono responsabili del 6 per cento dei gas serra
prodotti da ognuno di noi: cioè due terzi di tonnellata per ogni britannico
e un'intera tonnellata per ogni statunitense e australiano. Il fiorente
mercato dei voli a basso costo ha contribuito a far aumentare notevolmente
le emissioni di gas serra e sicuramente il peggio deve ancora venire.
La Commissione intergovernativa sul cambiamento di clima (Ipec) prevede che
entro il 2050 il contributo del trasporto aereo al riscaldamento globale
sarà quadruplicato.
A volte è difficile evitare di prendere l'aereo, ma molti voli a corto
raggio ormai operano tra destinazioni che sono ben servite anche dalle
ferrovie. Facendo questi viaggi in treno piuttosto che in aereo potreste
ridurre le vostre emissioni del 75 per cento. E quando non avete
alternativa, potete compensare il danno causato dai vostri voli: per
esempio appoggiando programmi come Climate care (www.climatecare.org) che
vi consente di contribuire ai progetti di ricerca sulle energie sostenibili
e il rimboschimento. Se siete coinvolti nell'organizzazione di convegni
internazionali, riflettete prima di decidere la sede - la scelta giusta
potrebbe far risparmiare migliaia di tonnellate di emissioni di C02. 0
meglio ancora, sfruttate l'elettronica e organizzate delle teleconferenze
per evitare che la gente sia costretta a prendere l'aereo.
Risparmio annuale per famiglia: da 1 a 3 tonnellate.

5 - Andate piano.
Questo è un problema grosso. Tra tutti i consumi energetici, l'uso
dell'automobile è il più dispendioso: è pari al 40 per cento delle
emissioni di gas serra di un cittadino, escluse le attività lavorative. Il
lato positivo è che basterebbe semplicemente cambiare modo di guidare per
fare una grande differenza. Viaggiare otto chilometri all'ora al di sotto
del limite di velocità all'inizio può sembrare strano, ma con il tempo il
risparmio di carburante compenserà il disagio. Se poi prendete l'abitudine
di evitare spostamenti brevi e inutili, di dividere la macchina con altre
persone e di occuparvi della sua manutenzione, potreste ridurre della metà
le emissioni di gas serra.
Se avete un fuoristrada, dovreste prendere in considerazione delle
soluzioni più drastiche. Le emissioni di un Suv possono raggiungere le
dodici tonnellate all'anno; scegliendo un modello più piccolo (massimo
1.300 di cilindrata) potreste dimezzarle. Considerate la possibilità di
comprare un'auto diesel, che emette circa il 10 per cento in meno di gas
serra rispetto a una a benzina. In alternativa scegliete un'auto a doppio
carburante (benzina e gas liquido o gas naturale compresso), un motore
ibrido (elettrico e a benzina) o una macchina a carburante biologico (di
solito un misto di benzina ed etanolo), e potreste ridurre le emissioni dal
20 al 200 per cento.
Risparmio annuale per famiglia: dalle 2 alle 12 tonnellate.

6 - Attenti agli elettrodomestici.
In casa, dopo il riscaldamento e l'aria condizionata, gli strumenti che
consumano di più sono gli elettrodomestici e l'illuminazione, che insieme
emettono quattro tonnellate di gas serra in una casa media statunitense o
australiana, e circa due tonnellate in una britannica. Scegliendo i modelli
più efficienti e lampadine a basso consumo è possibile ridurre le emissioni
fino al 30 per cento.
Ma non è sempre un bene cambiarli: per fabbricare gli elettrodomestici si
usano tonnellate di plastica e di metalli, e se li sostituiamo spesso con i
modelli più recenti rischiamo di sprecare molta energia. Se il vostro
apparecchio ha meno di cinque anni e funziona ancora, fate bene a tenerlo.
Controllatene l'efficienza: tenete pulita la serpentina del frigorifero e
le guarnizioni dello sportello, per esempio, può farvi ridurre le sue
emissioni di gas serra di circa 200 chilogrammi all'anno.
Infine non dimenticate di spegnere gli apparecchi quando non li usate. Solo
negli Stati Uniti gli elettrodomestici lasciati in standby producono 30
milioni di tonnellate di gas serra all'anno. Se staccate la spina potrete
ridurre le vostre emissioni del lo per cento.
Risparmio annuale per famiglia: da 0,5 a 1,6 tonnellate.

7 - Scegliete cibo locale.
Il contributo degli alimenti al riscaldamento globale è spesso
sottovalutato, ma anche la loro produzione e il trasporto influiscono in
modo notevole. Le emissioni prodotte per il cibo consumato da una famiglia
di un qualsiasi paese sviluppato possono superare le quattro tonnellate
all'anno. Per abbattere gli alberi, arare la terra e piantare colture si
emette una grande quantità di gas serra. Anche l'allevamento produce due
potenti gas: il metano e il protossido d'azoto.
Le vostre scelte alimentari possono fare la differenza. Se mangerete meno
carne e latticini, diminuiranno i ruminanti che producono metano. Ma la
cosa più importante è controllare la provenienza degli alimenti. Al
supermercato leggete sulle confezioni le etichette che indicano il paese
d'origine e vi accorgerete che il vostro cibo ha viaggiato più di voi.
Da uno studio condotto nel 2001 da Sustain, un'organizzazione britannica
che si occupa di rendere più sostenibili la produzione di alimenti e
l'agricoltura, è risultato che complessivamente i 26 prodotti contenuti in
media in un carrello di alimenti avevano percorso quasi 250 mila
chilometri, il che significa che avevano prodotto 80 chili di gas serra.
Magari vi piacciono i vini stranieri, o non potete resistere alla
tentazione di comprare frutta esotica o non di stagione. Se è così,
ricordate che mangiando prodotti locali potrete ridurre le emissioni dì gas
serra legate alla vostra alimentazione del 90 per cento. Se poi volete fare
ancora di più, coltivate frutta e nere pulita la serpentina del frigorifero
e verdura da soli.
Risparmio annuale per famiglia: da 0,33 a 3,6 tonnellate.

8 - Ricordate le tre R.
"Ridurre, Riutilizzare, Riciclare". La R più importante è ridurre. Le
confezioni, la pubblicità postale e il bisogno gratificante di fare
acquisti riempiono di oggetti le nostre case e i nostri secchi della
spazzatura con la stessa rapidità con cui guadagniamo i soldi per comprarli.
Rifiutando di lasciarci sedurre da una banana sigillata nella plastica e
resistendo alla voglia di comprare una stufetta elettrica per il
terrazzino, potrete ridurre la produzione di questi oggetti e delle loro
confezioni con tutte le emissioni che comportano. Oppure, riutilizzate. Non
è sempre possibile, ma farlo fa una grossa differenza. Per esempio se in
Gran Bretagna tutti usassero i sacchetti di plastica più volte, si potrebbe
risparmiare ogni anno l'energia usata per fabbricare quattro miliardi di
buste.
La terza possibilità è quella di riciclare. Per trasformare il metallo, il
vetro o la plastica in nuove lattine, bottiglie o giocattoli bisognerà
comunque usare dell'energia, ma almeno si risparmierà quella necessaria per
produrre i materiali ex novo.
Risparmio annuale per famiglia: 1 tonnellata.

9 - State attenti anche al lavoro.
Spegnere sia in casa sia in ufficio la luce fa risparmiare energia al
pianeta. Lo stesso vale per la scelta di apparecchiature efficienti e per
l'uso di lampadine a basso consumo. Potete risparmiare fino a 2,5
chilogrammi di gas serra per ogni chilo di carta, usando entrambi i lati
del foglio per stampare e facendo in modo che tutti gli appunti, i fax, e
le fotocopie siano riciclati.
Risparmio annuale: illimitato.

10 - Siate verdi fino alla fine.
Tutti dobbiamo morire, ma comprando bare di bronzo sottovuoto e tombe a
prova di terremoto, insieme ai nostri corpi, seppelliamo anche grandi
quantità di cemento, acciaio, rame e bronzo un milione e mezzo di
tonnellate di cemento e centomila tonnellate di acciaio ogni anno solo
negli Stati Uniti.
Rifiutate i rivestimenti di seta e i liquidi per imbalsamare, scegliete una
sepoltura naturale ed eviterete di lasciare in eredità ulteriori emissioni
che riscaldano il pianeta.
Risparmio: fino a una tonnellata


!Angelica!
00sabato 26 novembre 2005 15:22
L'UOMO E IL SUO RIFIUTO: UNA RELAZIONE COMPLESSA

La raccolta differenziata e il riutilizzo delle materie prime secondarie

di Salvatore Procopio

Premessa
Le nuove normative in materia di rifiuti e in particolare la legge quadro del 1997 che regolamenta la gestione dei rifiuti, dei rifiuti pericolosi, degli imballaggi e dei rifiuti da imballaggi, il loro trasporto e smaltimento hanno indubbiamente modificato la relazione tra le comunità locali e i propri rifiuti. In questo documento si analizzano alcuni degli effetti generati dalle modifiche introdotte e gli aspetti più importanti che caratterizzano la vita del rifiuto dalla nascita (produzione) alla morte (smaltimento). Sul piano della comunicazione, per ragioni non sempre evidenti, alcuni concetti fondamentali vengono interpretati in modo non univoco, al punto da rendere difficile lo sviluppo di alcune fasi del sistema di gestione dei rifiuti. La complessa relazione uomo-rifiuti è un
equilibrio perduto che deve essere ricercato e ripristinato nelle nostre abitudini quotidiane.

1. Introduzione
Quando si indaga sul tema dei rifiuti quasi sempre si percepisce una sensazione di distacco e di indifferenza tra chi informa e chi viene informato. Le notizie sul tema rimbalzano da parte a parte, da cose a cose, da responsabilità a responsabilità trascurando le implicazioni dell' informatore e dell'informato; ci si limita quasi a raccontare un terribile fatto di cronaca in cui il numero di soggetti coinvolti è contenuto e i soggetti stessi confinati. Nessuno può esimersi da questa responsabilità:
noi tutti informatori e informati concorriamo direttamente e indirettamente alla produzione dei rifiuti e al loro aumento. Per questo, è necessario che ciascuno possa raccontare e riflettere sui propri rifiuti e sulla responsabilità soggettiva. Forse, partendo da questa ammissione di colpa si potrà giungere a una più corretta valutazione del problema, la cui soluzione
non si basa su vincitori e vinti, su "Comitati contro .." o amministratori irresponsabili, ma su un po' più di rispetto reciproco e su un atteggiamento di tutela verso l'ambiente e le generazioni future.
I rifiuti sono tanti, troppi, prodotti perché non abbiamo ancora imparato a imitare la natura (salvo rare occasioni) per la progettazione e la costruzione di beni o servizi necessari (a volte superflui). La natura ciclica, con le sue leggi e i suoi tempi, non produce rifiuti o sprechi; ciò che una specie espelle o rifiuta diviene materia prima o nutrimento per un'altra. L'uomo estrae e consuma in modo quasi irreversibile le risorse
naturali, le trasforma con le macchine e la tecnica e produce rifiuti e inquinanti. La sua ricchezza si misura in base alla capacità di consumare e sprecare. La produzione di rifiuti solidi d'origine urbana e di quelli speciali ha oggi assunto proporzioni d'emergenza planetarie, divenendo un serio fattore di rischio per le popolazioni. Secondo alcuni studi i rifiuti
rappresentano un indice dello stato di benessere di una società. In altre parole, sono il risultato del processo dei consumi e permettono di stimare, in modo significativo, le modalità e le proporzioni con cui una società utilizza le risorse naturali disponibili.
I dati pubblicati dal Ministero dell'Ambiente mostrano una correlazione lineare tra la produzione dei rifiuti, il prodotto interno lordo (PIL) e i consumi delle famiglie. Nel nostro paese, nel 1997 la produzione di rifiuti di origine urbana ha sfiorato i 27 milioni di tonnellate, con un incremento del 2,5% rispetto all'anno precedente. Nel 1999 sono stati prodotti più di
29.2 milioni di tonnellate di rifiuti e ciascun italiano ha contribuito alla produzione con una quota di 507 chilogrammi. I dati sono sicuramente affetti da incertezze e con ogni ragionevole dubbio sottostimati[ii], ma le previsioni per il futuro insistono su un aumento della produzione.
Attualmente, circa il 77,2 % dei rifiuti prodotti viene smaltito in discarica, il 14,8 % viene avviato al recupero di materia e per la produzione di compost e combustibile derivato da rifiuto, il 9,0 % è destinato agli impianti di termovalorizzazione con o senza recupero di energia.
Le nuove normative introdotte alla fine degli anni '90 hanno proposto, almeno sul piano teorico, innovazioni importanti, a partire dalla definizione di sistema integrato per la gestione dei rifiuti e dal principio della responsabilità condivisa tra produttori di rifiuti e produttori di imballaggi (che costituiscono una componente considerevole della massa
complessiva dei rifiuti). Ma forse lo strumento proposto più importante ed efficace (per il momento sul piano teorico, salvo qualche eccezione), soprattutto per minimizzare la produzione di rifiuti, è il sistema di tariffazione applicato per determinarne i costi di gestione e smaltimento.
In particolare, esso è innovativo per quanto riguarda il calcolo della quota variabile della tariffa che viene rapportata ai costi di raccolta e trasporto e pertanto dipende dalla quantità di rifiuti prodotti. Il nuovo sistema di gestione impone l'obbligo di perseguire delle priorità sicuramente inedite, introducendo dal punto di vista giuridico la nota teoria delle 4R: Riduzione, Riutilizzo, Riciclaggio dei rifiuti e Recupero
indiretto o diretto di energia.
Tutti i soggetti coinvolti direttamente o indirettamente nella formazione del rifiuto hanno l'obbligo di prolungarne il ciclo di vita ed evitare la fase di smaltimento. In generale, lo strumento legislativo contribuisce a creare maggior riflessione e consapevolezza sul problema e costituisce una condizione necessaria che tuttavia potrebbe non essere sufficiente per una
soluzione definitiva. E' ragionevole supporre che, a parità di condizioni necessarie, le soluzioni possono essere tanto più efficienti quanto più si ha una conoscenza dell'intero ciclo dei rifiuti, dalla produzione allo smaltimento. Conoscere tale ciclo permette di migliorare, e in certi casi suscitare, la sensibilità e la responsabilità soggettive rispetto alla
produzione dei rifiuti.
Il ciclo di vita di un rifiuto (dalla culla alla tomba) è molto articolato; una certa quantità di materia grezza o lavorata passa di mano in mano, da macchina a macchina, supera diverse tappe, numerose fasi, svolge la funzione per cui è stata progettata e in un solo istante si trasforma in rifiuto e
deve essere smaltita. "Fateli sparire", chi non ha mai pronunciato questa fatidica frase? E poi: è meglio la discarica o l'inceneritore? Ma tanto "io faccio già la raccolta differenziata quindi. sono ambientalmente compatibile". Sembra che l'unica e sola fase del ciclo che suscita particolare interesse da parte dell'opinione pubblica sia lo smaltimento;
mentre altri aspetti come l'educazione, la minimizzazione o la riduzione della produzione sin dalla fase di progettazione e la responsabilità soggettiva sono completamente ignorate. Del resto, è una situazione abbastanza comune: l'effetto suscita sempre maggiore attenzione rispetto alla causa, il più delle volte sconosciuta o solamente intravista.
E' necessario discutere, sensibilizzare e informare l'opinione pubblica ma soprattutto analizzare tutti gli aspetti del problema e non solo alcuni. Le difficoltà e le incertezze connesse alla costruzione di un impianto di smaltimento non possono riguardare soltanto la procedura autorizzativa ma
devono essere collegate a una specifica tipologia di gestione del rifiuto, indipendentemente dalle localizzazioni degli impianti.
Il miglior smaltimento rimane la mancata produzione.
Per il futuro sarà indispensabile stabilizzare la produzione e avviare una lenta ma progressiva riduzione dei flussi di materia che diventano rifiuti.

2. Le raccolte differenziate
E' vero, ogni anno aumenta la produzione dei rifiuti urbani e speciali, ma aumentano anche le percentuali di raccolta differenziata che i comuni riescono ad attuare. Dalle prime proiezioni sui dati delle raccolte differenziate del 2001 si registra un aumento percentuale del 7,5% rispetto all'anno 2000 (Osservatorio Nazionale dei Rifiuti). In Italia, come già da
anni capita in altri paesi, esistono oggi città e comuni capaci di conseguire una percentuale di raccolta differenziata superiore al 35% in massa dei rifiuti prodotti, obiettivo minimo imposto dalla legge entro l' anno 2003. Il riconoscimento internazionale di alcune città italiane, come esempi positivi in materia di raccolta differenziata, genera immensa gratitudine ed è una risposta importante alla "emergenza rifiuti". Tuttavia,
mentre le singole realtà sono un esempio da emulare, i rapporti ufficiali dell'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente e dell'Osservatorio Nazionale Rifiuti presentano un paese in ritardo rispetto agli obiettivi previsti in materia di raccolta differenziata.
Il ritardo potrebbe essere determinato da numerosi fattori: progettazione del servizio, informazioni e sensibilizzazione, resistenze culturali delle Pubbliche Amministrazioni, disinformazione sui costi del servizio e altro.
Quindi, perché preoccuparsi? Potrebbe sembrare che sia sufficiente raggiungere gli obiettivi di raccolta differenziata su tutto il territorio nazionale, agendo sui vincoli del sistema, per risolvere la complessa relazione tra l'uomo e i suoi rifiuti, ma questo non è del tutto vero. E' necessario conseguire questi obiettivi su tutto il territorio nazionale, ma
bisogna precisare alcuni aspetti del problema.
Che cos'è la raccolta differenziata dei rifiuti urbani? E soprattutto, che cosa succede al rifiuto differenziato? La raccolta differenziata, così come quella tradizionale indifferenziata è la prima fase del ciclo integrato dei
rifiuti dopo la produzione.
Essa è strettamente connessa al recupero dei materiali (materie prime secondarie[iii]) presenti nei nostri rifiuti e non va assolutamente confusa come un metodo di smaltimento degli
stessi. E'una metodologia di separazione a monte ed è senza dubbio una condizione necessaria per la realizzazione di uno dei diversi metodi per smaltire il rifiuto, il comune riciclaggio. Questo è da considerarsi come uno dei metodi di "smaltimento" o trattamento dei rifiuti. Più in generale, il riciclaggio interessa il recupero dei materiali a vari livelli, finanche i manufatti complessi come autoveicoli, elettrodomestici, computer,
che devono essere smontati, separati in diverse parti (metalli, gomma, plastica, vetro e altro) e avviati a un processo di riciclo vero e proprio.
Ma non è stato sempre così.
Agli inizi degli anni Settanta, tra i diversi metodi di trattamento dei rifiuti fu introdotta la separazione a valle; si costruirono impianti di riciclaggio integrale. La massa indifferenziata dei rifiuti proveniente dalla raccolta stradale venne sottoposta a separazione in impianti dedicati al recupero di carta, plastica, vetro, metalli, frazione umida. Il più
grande, costruito nella città di Roma, trattava circa 1000 tonnellate di rifiuto al giorno, ma non ebbe lunga durata. Il fallimento fu completo sia sotto l'aspetto tecnico che economico. I materiali separati non eccedevano in qualità e le impurità erano tali da non consentire una buona commercializzazione. Quasi tutte le frazioni recuperate erano destinate alla discarica.
Ma già alla fine degli anni Ottanta, con la legge n. 475/88 (disposizioni urgenti in materia di smaltimento dei rifiuti industriali. Conversione in legge con modificazioni del decreto 9 /9/82 n. 391), si introdusse l'obbligo della raccolta differenziata e la separazione a monte dei materiali.
Pochissime realtà nel paese ottemperarono alla norma. Un vero e proprio sviluppo delle raccolte differenziate si è avuto soltanto a partire dal 1997 con una legge quadro, il decreto legislativo n. 22/97 noto più comunemente come "decreto Ronchi" sui rifiuti. I comuni e le città già esperte e sensibili colsero l'occasione per apportare miglioramenti nel sistema di raccolta sia nell'ambito progettuale sia gestionale, mentre in altri
territori la metodologia sta diventando una realtà solo oggi. Il successo potrà essere raggiunto mediante il controllo e la gestione di alcune variabili del sistema.
Se si vuole realizzare un sistema di gestione integrata dei rifiuti urbani occorre conferire alla progettazione e alla gestione delle raccolte differenziate un ruolo prioritario. E' necessario predisporre un servizio di raccolta, condiviso e sostenuto dalle istituzioni, dai cittadini e da tutti
i soggetti coinvolti nella produzione quotidiana dei rifiuti: dagli amministratori dei condomini ai custodi degli stabili fino agli addetti alla raccolta. Bisogna investire nella formazione nell'ambito scolastico, ricorrere all'impiego costante di campagne informative rivolte alle famiglie e a tutti i cittadini con la collaborazione di associazioni e di strutture di volontariato. Inoltre, l'organizzazione di un servizio di raccolta differenziata efficiente è subordinata ai sistemi di trattamento e ai processi di riciclaggio dei materiali raccolti. Spesso ciò non avviene originando inefficienza e costi aggiuntivi.
L'attuazione di questi importanti criteri organizzativi potrebbe innalzare i livelli qualitativi e quantitativi dei materiali recuperati, coprendo con i differenziali di vendita degli stessi materiali i costi di gestione per la raccolta differenziata e la separazione delle materie prime secondarie recuperate. Sono in molti, infatti, a considerare le sorti della risorsa del rifiuto differenziato e gli ostacoli che sopravvengono nella fase di
reinserimento nel ciclo di produzione di beni e servizi come una delle possibili concause dello stato di insufficienza e di ritardo, rispetto agli obiettivi preposti, in cui si trova il sistema delle raccolte differenziate in Italia. La veridicità di questa supposizione è dimostrata in qualche misura dalla quantità di informazioni disponibili su questo aspetto del
problema. Oggi si conoscono numerosi dati sulle percentuali di raccolta differenziata, con livelli di disaggregazione comunali e con ordini di incertezza accettabili, ma esigue sono le conoscenze sulle quantità di materia effettivamente reinserita nel ciclo produttivo (salvo riferirsi ad alcune tipologie di rifiuto da imballaggio come per esempio la carta).
Esistono difficoltà per l'acquisizione di informazioni sui processi industriali che utilizzano le materie prime secondarie provenienti dalle raccolte differenziate, in merito ai costi economici e ai carichi ambientali delle operazioni legate al riciclaggio. Oltre all'importante contributo alla gestione dei rifiuti, si riconoscono senza riserva alla metodologia della
separazione e della raccolta differenziata considerevoli potenzialità culturali e sociali, ma soprattutto la possibilità di indagare a fondo nell' intero processo.

3. Il riciclaggio
Il termine riciclaggio dei materiali si utilizza per definire un insieme di processi tecnologici con cui è possibile reinserire una quota di materiale omogeneo già utilizzato, sottoposto preventivamente a una fase di pre-trattamento, in uno specifico processo produttivo. In generale, a seconda del materiale trattato, almeno per quelli più comuni come carta, plastiche e vetro, si distinguono diverse tipologie di riciclaggio: quello
meccanico, in cui si impiegano metodi fisici analoghi al trattamento della materia vergine, e quello chimico, in cui si considerano tutte le operazioni che trasformano i materiali, per esempio quelli plastici solidi, in altri costituiti da molecole più piccole e adatte a funzionare da materie prime per nuovi prodotti. Nella filiera della plastica si distingue il riciclaggio in primario, secondario e terziario, specificando sia quello realizzato dalle aziende nei propri cicli dilavorazione (sfridi di lavorazione) che quello realizzato sui polimeri o sugli oggetti in plastica già usati. L'impiego delle materie prime secondarie per la produzione di beni, competitivi con quelli prodotti da materia vergine, è possibile solo se con
la fase di pre-trattamento si assicurano alle miscele eterogenee e contaminate da materiali provenienti da uso domestico o da fonti commerciali (per esempio le plastiche), un accettabile livello di purezza. Questa fase ha costi economici e ambientali non trascurabili che dipendono principalmente dal grado di contaminazione e omogeneità della massa di rifiuti trattata che, comunque, deve essere successivamente classificata per
dimensione e forma, selezionata, triturata, lavata, seccata, agglomerata e granulata prima di essere reinserita nei cicli di produzione tradizionali.
Tra tutte le componenti del rifiuto urbano, forse, quella più adeguata per spiegare il procedimento di riciclaggio è quella organica (residui e scarti di cucina). Con un procedimento naturale denominato compostaggio (domestico o industriale, che non differisce per il principio chimico-biologico impiegato) è possibile conferire a questa considerevole quota di rifiuti
urbani le proprietà di un ammendante naturale impiegato prevalentemente nei settori agricoli e vivaistici per il miglioramento di alcune caratteristiche fisiche o meccaniche del terreno.
Una valutazione completa di tutto il processo di riciclaggio deve
considerare, ancora prima delle leggi dell'economia, da non trascurare, gli inesorabili principi della fisica: conservazione della massa, dell'energia e le leggi del caos molecolare. Entrambe le grandezze fisiche, massa ed energia, sono condizionate dalla crescita dell'entropia, una grandezza
fisica poco conosciuta ma non per questo meno importante. La massa e l'energia (immagazzinata) delle materie prime secondarie si conservano, ma la prima modifica le sue proprietà meccaniche e tecnologiche mentre la seconda si degrada, ovvero peggiora la sua qualità. Anche le operazioni di riciclo comportano la formazione di altri rifiuti e di sostanze inquinanti che a
loro volta devono essere smaltiti. L'efficienza delle filiere del
riciclaggio[v] è diversificata e dipende dalla tipologia e dalla qualità del materiale raccolto che ne condizionano il re-impiego e il costo indipendentemente dalla disponibilità della materia prima vergine.
Esistono tuttavia notevoli differenze di qualità tra il materiale
proveniente dalla raccolta differenziata urbana e quello proveniente dal recupero dei rifiuti da imballaggi (o raccolta finalizzata), che influiscono notevolmente sulle operazioni di riciclaggio. Attualmente, il secondo dei due flussi è quello maggiormente impiegato nelle operazioni di riciclo, soprattutto per alcune materie prime secondarie come la carta. Secondo l'
ultimo rapporto del Comieco[vi], in Italia i rifiuti da imballaggi recuperati nell'anno 2000 sfiorano i 2 milioni di tonnellate, e di questi circa il 43% sono stati impiegati nella fabbricazione di altri imballi utilizzando solo il 20% di materia prima vergine. Non può essere dunque tralasciato l'utilizzo dei manufatti e dei beni prodotti con la materia
prima secondaria. E' possibile definire il sistema di recupero dei flussi di materia provenienti dalla raccolta differenziata e dalle attività commerciali come una filiera industriale che funziona a ritroso "dal rifiuto alla materia prima". In questo percorso il materiale acquista un valore economico progressivamente crescente che però deve essere in linea con
quello della materia prima vergine.
Premesso che la tecnologia del riciclaggio, come già ricordato, comporta anche dei costi ambientali, essa non è alternativa ad altre forme di smaltimento ma integrativa. E' stata introdotta per gestire l'emergenza rifiuti e quindi con caratteristiche di estemporaneità, ma certamente non come l'unica soluzione possibile e risolutiva del problema. Proprio per non
modificare il tipo di tecnologia proposta è necessario evidenziare una caratteristica intrinseca in tale soluzione. Quando una certa quantità di materia già usata (ad esempio i materiali provenienti dalla raccolta differenziata) viene impiegata per la fabbricazione di beni o servizi, è
possibile risparmiare una quota di materia prima vergine e di energia. Se ne analizziamo le conseguenze non possiamo che sostenere questa soluzione. Le operazioni di riciclaggio contribuiscono in generale alla riduzione del consumo di materia e di energia e, forse in modo più evidente, alla riduzione dei costi economici derivanti dal mancato smaltimento. Ma
attualmente il confronto tra il consumo annuale di materie prime e di energia necessario per la produzione di beni e servizi e l'incremento della percentuale di raccolta differenziata dimostra che questa potenzialità del riciclaggio è quasi del tutto disattesa. L'impiego delle materie prime secondarie come sostituto di materia prima vergine e come strumento di riduzione del fabbisogno energetico sembrerebbe per il momento rinviato,
come si può dedurre dall'analisi dell'andamento dei consumi di materie prime e di energia che nel nostro paese è sempre in crescita. Anche il confronto tra la produzione annua di rifiuti urbani e le percentuali di raccolta differenziata, entrambi in crescita, mette in evidenza lo scarto rispetto alle potenzialità della tecnologia. Ripristinare pienamente tale potenzialità è un obiettivo indispensabile per realizzare la soluzione più
sostenibile tra quelle possibili. Per far ciò è necessario tener conto di ciascun interesse in campo, pubblico e privato, e inoltre occorre valutare i possibili intrecci tra interessi di natura diversa.

4. Dopo la raccolta differenziata
Un'analisi completa delle condizioni reali della gestione dei rifiuti, in particolare delle raccolte differenziate e delle operazioni di riciclaggio, non può esaurirsi certo in poche righe ma richiederebbe forse qualche approfondimento in più, almeno per alcune fasi. Pur tuttavia, nello spirito
e nei limiti di questo documento, che si propone di analizzare alcuni aspetti del nuovo sistema di gestione dei rifiuti attraverso una riflessione sugli eventuali vincoli che ne ostacolano il processo evolutivo, è necessario fare un passo in più. In quest'ottica si colloca la riflessione
su una fase importante del sistema, quasi dimenticata o addirittura non riconosciuta come tale: quella successiva alla raccolta differenziata o meglio la fase che, in ordine temporale e spaziale, viene dopo il nobile gesto del cittadino (differenziare) e prima delle operazioni di riciclaggio.
Almeno per due tipologie di rifiuti presenti nelle raccolte urbane (quelle per le quali le percentuali di raccolta sono tra le più alte), carta e plastiche, questa è una fase cruciale e registra attualmente qualche difficoltà in più rispetto a tutto il ciclo di vita dei materiali recuperati. Per la frazione vetro invece, si potrebbe discutere dell' efficacia della raccolta differenziata del vetro suddiviso per colore, mentre l'attuale raccolta multimateriale (che complica le fasi successive),
richiede un'operazione di separazione meccanica da altro materiale, quale l'alluminio. Quasi come in una visione religiosa, dopo la morte, sevalorizzato, cioè separato, il rifiuto torna a nuova vita, entrando nellefiliere del riciclaggio. Per alcuni materiali, come la carta e le plastiche,
le prime settimane del nuovo ciclo di vita sono caratterizzate da fasi delicate e faticose, soprattutto per quei lavoratori che manualmente sonoimpegnati nelle piattaforme di smistamento e separazione, prima di avviareil materiale alle operazioni di riciclaggio. E' un lavoro intenso erischioso che richiede attenzione e impegno e che non sempre è adeguatamente
remunerato.
Senza sconfinare negli ambiti che interessano le politiche del lavoro, è tuttavia necessario accennare alle difficoltà che si incontrano in questa fase, la cui natura è eterogenea e riguarda aspetti tecnici, economici e di organizzazione del lavoro. Ma se queste difficoltà venissero opportunamente rimosse, si potrebbe favorire il conseguimento dell'obiettivo che ci si pone con la scelta della raccolta differenziata: riciclare la maggior quota
possibile di materia recuperata. A tale proposito possiamo proporre l' esempio dell'oro: grazie anche alla complicità dei laboratori che lo trasformano, applicando tecniche iterate di recupero e riciclaggio, nei rifiuti non si trova questo materiale di così elevato valore. E' ben noto, dalle attuali percentuali di raccolta differenziata, che solo in un numero
ristretto di realtà, sul territorio nazionale, sono presenti sistemi automatizzati per la separazione dei diversi materiali (plastiche e carte).
Gli impianti di pre-trattamento meccanicamente sofisticati richiedono ingenti costi di investimento e di gestione. Forse è più conveniente supplire a questa inadeguatezza in altro modo. Chi vuole incrementare, e io sono di questo parere, le raccolte differenziate per ragioni giuridiche, civili o etiche deve preoccuparsi di questa importantissima fase, forse la
più importante in assoluto dell'intero ciclo, considerando che proprio le frazioni secche sono le parti che a livello urbano attualmente separiamo di più. E' in questa fase, quasi sconosciuta, che si deve migliorare la qualità
del servizio per garantire reali possibilità di impiego, nelle operazioni di riciclaggio, dei materiali recuperati.
Per completare questo documento, sarebbe stato utile poter riferire in modo puntuale sul funzionamento delle piattaforme per lo smistamento di plastica e/o carta, ma sinora non è stato possibile effettuare delle visite dirette.
L'incremento delle percentuali di raccolta differenziata dipende anche dalla possibilità che chiunque e in qualsiasi periodo dell'anno (e non solo nei periodi in cui gli impianti sono aperti al pubblico) possa prendere visione di tutte le fasi successive alla raccolta differenziata, a partire dalle
piattaforme di smaltimento. Se questa possibilità fosse pienamente accordata, ci si potrebbe anche occupare delle complicate e pericolose condizioni di sicurezza e di rischio in cui si trovano i lavoratori delle piattaforme di separazione. Inoltre, proprio dalla fase di smistamento dipendono le caratteristiche dei prodotti che si possono costruire a partire
dalle materie prime seconde, le quali hanno bisogno di un sostegno perché si crei un mercato, un aspetto che sembra sfuggire anche a coloro che sono più sensibili a questi problemi.
Contemporaneamente, oltre ad aumentare le percentuali di raccolta
differenziata e potenziare i sistemi di raccolta per incentivare il mercato dei prodotti riciclati, è necessario esigere una più precisa applicazione della stessa legge che ha rivoluzionato la gestione dei rifiuti. Nel famoso decreto Ronchi, l'ultimo comma dell'articolo 19 recita: "entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto (febbraio 1997), le Regioni emanano norme affinché gli uffici pubblici coprano il fabbisogno
annuale di carta con una quota di carta riciclata pari almeno al quaranta per cento del fabbisogno stesso". Soltanto alcune Regioni, tra le quali il Piemonte, avevano già introdotto con una legge regionale un obbligo simile a partire dal 1995.

5. Conclusioni
La relazione tra raccolta differenziata, o più in generale gestione rifiuti, e livelli occupazionali è un tipico binomio economia-ambiente che, spesso, ci viene proposto in termini di giustificazioni delle scelte effettuate. Per esempio, se si valutano gli effetti occupazionali generati dal nuovo sistema
basato sulla raccolta differenziata, è difficile disporre di dati accurati, per il gran numero di variabili da prendere in considerazione. Ma in generale, considerando che l'incremento occupazionale non costituisce l' obiettivo prioritario del nuovo sistema, ci si può ritenere soddisfatti. Uno studio effettuato da un importante Istituto di Ricerca sull'ambiente stima
il fabbisogno di manodopera di un modello di gestione integrata dei rifiuti in 16 addetti per la gestione di 10.000 t/anno di rifiuti solidi urbani (con una oscillazione della previsione compresa tra i 14 e 18 addetti). In passato erano richiesti solo 10 addetti per la gestione della stessa quantità di rifiuti. Il modello analizzato non tiene conto però né della combustione del combustibile derivato da rifiuti (la termovalorizzazione dei
rifiuti urbani dal punto di vista occupazionale può essere considerata marginale), né del recupero e del trattamento delle frazioni valorizzabili, degli ingombranti, degli elettrodomestici e delle apparecchiature elettriche
ed elettroniche. Se si conteggiassero quindi tutte le altre forme di trattamento, il bilancio occupazionale di un ciclo integrato dei rifiuti sarebbe considerevole.
L'ottimismo occupazionale di tale scelta va però analizzato in termini non solo quantitativi ma soprattutto qualitativi e di sicurezza. Come per qualsiasi altra soluzione proposta in campo ambientale, le scelte non sono finalizzate alla riduzione della disoccupazione ma a migliorare la qualità dell'ambiente, e solo indirettamente a trarne vantaggi occupazionali.
Infine, riassumiamo gli aspetti più importanti che questo contributo ha voluto proporre. Non vi è nessun tipo di riserva per la promozione della raccolta differenziata, soprattutto in termini di qualità, tenendo ben presenti gli obiettivi e le caratteristiche intrinseche della scelta, più
sopra descritti. La complessa relazione uomo-rifiuto ha bisogno di un equilibrio, che si può ottenere migliorando settori importanti del nuovo sistema di gestione dei rifiuti e ricercandolo nelle nostre abitudini quotidiane.
E' necessario promuovere la raccolta differenziata come
soluzione temporanea e strumento formidabile per la riduzione dei rifiuti;
incentivare il mercato dei prodotti riciclati e dei mercatini del riuso;
investire non in logiche di solo profitto, per migliorare la condizione di sicurezza dei lavoratori che intervengono in ogni fase del sistema, soprattutto quelli che operano nella fase di separazione manuale dei materiali pseudo-omogenei (carta e plastica).
Inoltre, occorre valutare con criteri di sostenibilità e di impatto ambientale tutte le fasi del sistema integrato, comprese le operazioni di riciclaggio, far decollare il sistema tariffario di pagamento della gestione del rifiuto nei comuni grandi e piccoli, nelle case sparse e nelle grandi città per raggiungere significativi livelli di riduzione. I confini della responsabilità soggettiva nella produzione dei rifiuti non vengono dissolti con la delega che ciascuno di noi consegna all'azienda di raccolta pubblica o privata, ma si estendono fino al luogo fisico dello smaltimento e ne condizionano la
tipologia.
La forma migliore di gestire i rifiuti è quella di non produrli.





Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 06:42.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com