Natheer (PG INESISTENTE)

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Natheer
00mercoledì 17 agosto 2011 17:49


Originario di un villaggio posto sulle rive del Drini bianco, lì dove il pendio del Korab si addolcisce come mai i suoi Inverni. La mia patria fu chiamata Illiria, avrebbe dovuto esser il paese dei liberi ma così non fu mai nemmeno in seguito allo scioglimento dell’impero romano quando passammo, inevitabilmente, sotto ciò che ne rimase ad oriente cambiando essenzialmente sol di nome, ma non di fatto, il governo dei nostri Padroni ora Bizantini.
Nacqui in una capanna, nel cuore della stagione che gli anziani chiamavan Grigia dal clima rigido su quella ch’è la cima più alta che la nostra terra può vantare: il Korab. Quell’inverno era figlio d’un gelo raro, il Drini ghiacciò alla fonte privando il nostro villaggio, così come i vicini, d’acqua e nella spedizione organizzata per fronteggiare la sventura v’era anche mio padre. Non tornò mai da quel viaggio verso la sorgente, non gli fu consentito di veder nemmeno una volta il viso del proprio bambino, di sentir i suoi frigni d’udir l’ultimo grido dell’amata che si spegnava abbandonandosi all’oscurità regalando alla luce quel suo primo ed unico figlio: me.
Quella notte mi privò di tutto ancor prima che i miei smagriti braccini potessero serrarsi attorno ad esso.
Non restai solo, fui affidato ad una delle donne del villaggio, l’ultima ad aver partorito, seppur nessuno avrebbe scommesso più d’un ciocco di legna sul superar l’inverno da parte di quella creaturina pelle ed ossa che rifiutava di nutrirsi al seno di colei che per istinto non riconosceva come propria madre.
Lo superari e com’esso anche i seguenti.
Compiuto l’anno, pronto a svenir svezzato, fui trasferito nella dimora d’un dei capiclan del villaggio giacchè Dushkana, la puerpera che m’aveva allattato, non intendeva superar un nuovo inverno con una bocca da sfamare in più rispetto a quelle che la natura gli aveva donato. La moglie, Bajula, del capo villaggio tollerò la mia presenza ma non si dispensò dal ricordarmi che non appartenevo alla sua famiglia
All’età di 6 anni fui ritenuto abbastanza grande da poter raggiunger mia nonna, che non versava certo in ottime condizioni di salute, la madre di mia madre. Forse la scelta fu più dettata dalla contingenza in quanto combinò proprio con nascita del quartogenito di Bajula.
Inutile dire che non ricevetti le attenzioni amorevoli di madre da nessuna di quelle donne.
Quanto a mia nonna, Teutaja, scoprii ch’ella viveva nel folto del bosco, era stata allontanata dal villaggio dopo la nascita di Ostrala, mia madre, poiché non aveva voluto rivelar la paternità di quella gravidanza i cui tratti, tipicamente nordici, ancora un poco si rispecchiano in me, nella mia altezza di poco sopra la norma rispetto a quella propria dei mediterranei e in quel verde chiaro che macchia il mio iride color della terra.
Ella viveva di stenti lavorando come serva per un taglialegna che in passato era stato un gran guerriero e si diceva avesse combattuto contro le popolazioni Slave conquistatrici, Dijar era il suo nome. Io ero oramai abbastanza abituato a non far pesare la mia presenza a chi m’ospitava, ero silenzioso e diligente per quanto non si possa dire fossi ordinato e pulito quando si trattava di curar le mie cose o il mio aspetto.
La mia mansione era quella di: compiere ciò che mi veniva chiesto. E questo facevo.
Appresi a leggere e scrivere da mia nonna ma quanto bastava per non farmi imbrogliare quelle volte in cui scendevo nelle pianure di Myzeqe e Korca, verso il mare, per far tappa in qualche mercato.
Già dall’età di 10 anni eran più le notti in cui mi fermavo a dormire in qualche baracca lungo i sentieri del bosco che le volte in cui tornavo alla mia dimora, non possedevo un senso dell’orientamento, una resistenza o un’agilità migliore di qualunque altro ragazzo della mia età ma amavo la foresta e d’essa ogni anfratto, i suoi rumori eran dolci nenie per me e quella era l’unica dimora in cui mi sentissi realmente a casa.
Fu in una notte di plenilunio, afosa visto il sopraggiunger dell’estate, che m’appisolai pressi un salice lungo il decorso d’un dei rami più dilatati del Drini, ed a svegliarmi furon i brontolii bassi d’una bestia. All’apertura dei miei occhi il profilo del lupo divenne tutto ciò che la ragione mi consigliò di portar a fuoco e così feci specchiandomi in quello sguardo ferino come il fato m’avesse concesso la possibilità di veder ciò che io stesso, nell’intimo, ero: Puro Istinto.
Non potevo comprender cosa avesse spinto la lupa lì e perché mi minacciasse in tal modo, non possedevo la giusta esperienza in quel campo, o avrei capito che quello era luogo giusto ove locare la propria tana e ch’essa era posta proprio alle proprie spalle. Ero io la minaccia in quel frangente e l’ero divenuta nel momento esatto in cui mi ero fermato lì approfittando, inconsciamente, del momento d’allontanamento della lupa a caccia. Ella stava proteggendo i suoi cuccioli, il suo branco.
Tentati la fuga ma non fu ottima la condotta con cui l’operai essendo io privo d’ogni dote fisica che l’agevolasse e fu così che nel prestar il fianco all’animale spalancando ad esso la guardia finii per offrirmi al suo morso che lacerò la mia pelle proprio al di sopra del complesso ossuto dell’anca e sotto la curvatura l’arcata costale.
Non m’attaccò che per un istante, probabilmente il momento durante il quale essa scambiò il mio tentativo di fuga per un manovra d’assalto, quindi mi lasciò scappare.
Venni curato, disastrosamente, da mia nonna ed è per questo che ancor oggi porto sul fianco mancino l’impronta indelebile di quella serie di denti ma a qualcosa valse quell’esperienza; Dijar iniziò a darmi lezioni di combattimento disarmato, era davvero dotato ma l’età iniziava a pesar su quelle sue membra così che ciò che potei apprendere non fu molto più che un miglioramento della precisione, agilità e forza rispetto a qualunque altro umano quando si trattava di portar offesa e difesa con l’uso solo delle proprie mani. I miei colpi presero a vincer meglio la guarda dell’avversario o più facilmente valicarla, allo stesso modo imparai ad eluder alcuni di quelli portatimi da Dijar. Un miglioramento lieve ma pur sempre percepibile.
Teutaja morì quando avevo appena compiuto 14 anni, due anni dopo il decesso di Dijar, ed io rimasi di nuovo solo.
Abbastanza grande da poter badare a me stesso, così come a quella lingua di terra posta al centro del bosco ove sorgeva la dimora, non tornai al villaggio dedicandomi invece alle faccende che oramai conoscevo.
La foresta diventò la mia casa, la solitudine la mia compagna e l’istinto la miglior arma per sopravviver nell’isolamento non certo sgradito.
Passai in quel luogo altri 8 lunghi anni poi la maturità mi spinse a lasciar quell’emarginazione per intraprendere una ricerca, seppur non ancora chiara, forse bisogno di relazioni, desiderio di trovar una famiglia, qualcuno a cui appartenere, qualcuno per cui combattere come quella lupa, in una notte di luna piena, fece per i propri cuccioli.
Un intero anno impiegato per attraversar, lungo le vie che portan ad occidente, nuove terre e poi verso nord fino ad Avalon raggiunta per voler del Fato.



Altezza: 1,75 cm

Peso : 65 kg

Occhi: castano verdi

Capelli: castani

Descrizione fisica: muscolatura tonica, abbastanza sviluppata, tipica di chi frequentemente si dedica a lavori che richiedono un certo sforzo. Magro di costituzione, alto per esser di stirpe mediterranea. L’incarnato ambrato in parte per natura in parte perché dotato di un’abbronzatura propria di chiunque ami viver all’aria aperta. Le iridi color della terra solo appena dotate di qualche riflesso tendente al verde.

Particolarità: una cicatrice purpurea a morso sul fianco sinistro sopra all’ossatura dell’anca.

Descrizione Caratteriale: incredibilmente istintivo, abituato a pensare a sé si legherà difficilmente ed altrettanto faticosamente dimostrerà affetto per chicchessia nemmeno se questo sarà sentito. Selvaggio nei modi non per scelta ma per eredità di una vita che lo ha visto solitario in terra ostile.

Allineamento morale:
Caotico Neutrale: (lo spirito libero) E' l'allineamento migliore per chi cerca la completa libertà sia dalle restrizioni della società che dallo zelo dei "benefattori". Un personaggio C/N segue esclusivamente il suo arbitrio ponendo la sua libertà sopra ogni altra cosa, non lotta altri, odia l'autorità e le costrizioni, e lo dimostra scagliandosi contro le tradizioni.

Terre di Provenienza: Illiria (attuale Albania)

Lingue parlate: Illirico (lingua della terra natia) e la comune.

Skill richiesta:
Combattimento disarmato (3 livelli)

Il possessore di tale skill padroneggia le tecniche di combattimento disarmato. La sfera di influenza di tale skill migliora la rapidità d’esecuzione dei colpi, la precisione e la potenza con cui essi vengono portati. Sarà inoltre possibile tentare di immobilizzare un avversario (nel caso l’avversario abbia la skill “artista della fuga” si effettua una comparazione tra i livelli delle skill, in caso di parità l’immobilizzazione non riesce). Piccola precisazione:
L’immobilizzazione così come chiavi articolari, prese e cose del genere dovrebbero esser possibili a tutti, anche coloro che non possiedono tale skill. Le uniche differenze dovrebbero essere le possibilità di riuscita (a parità di descrizione dell’azione)

LIVELLO 1 a questo livello il possessore della skill è all’inizio nell’apprendimento dell’arte del combattimento senz’armi. Egli sarà in grado di utilizzare le estremità del proprio corpo come arma di offesa e di difesa, sferrando pugni, calci, testate, gomitate e ginocchiate in maniera lievemente più efficace (precisione, rapidità, forza) di chi non possiede la skill. Sarà inoltre possibile provare ad immobilizzare un avversario in corpo a corpo.
==leia==
00mercoledì 17 agosto 2011 18:21
BG APPROVATO
DESCRIZIONE FISICA PRESENTE.
ALLINEAMENTO MORALE: CAOTICO NEUTRALE.
CLAN MEDITERRANEO (censirsi)
COMBATTIMENTO DISARMATO LV.1 APPROVATA.
IL PG PARLA LA LINGUA NATIA DEL SUO PAESE (ILLIRICO)


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