Il viaggio dello sposo [racconto]

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jay.ren
00venerdì 15 dicembre 2006 22:07
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Nell'estate del 2000 mi accinsi al grande passo. Chiesa bella e fascinosa, festa meravigliosa, animo di giovane innamorato e sposa bellissima. Di lì a poco andò tutto a rotoli. La bella non ne voleva più sapere ed il viaggio dei novizi sposi, che era stato rimandato, per finire le sistemazioni di casa, venne da me intrapreso da solo. Meta: l'Irlanda. Adatta all'umore che mi pervadeva. L'avevo visitata nel '92 e mi era rimasta nel cuore.
Zaino in spalla, intrapresi il viaggio con tutti i mezzi che penso si possano utilizzare non avendo una vettura a mia disposizione. Aereo per arrivare a Dublino, autobus e treni per spostarmi all'interno, lunghe camminate per raggiungere luoghi che neppure gli autobus raggiungevano, autostop, battelli, bicicletta e pure passaggio in motoretta.
L'umore non era sicuramente dei migliori, ma l'esperienza non la scorderò mai. E non per i profondi pensieri che travagliavano in quei giorni la mia mente, ma per quanto di bello, straordinario e umano entrò attraverso i miei occhi e le mie orecchie.
Forse ancora (sempre che non incorra nei vostri strali per la noia arrecata) narrerò a voi di quel viaggio.
Tre cose non dimenticherò mai di un'Irlanda non vista con gli occhi di chi sperpera goliardia con gli amici del cuore o di chi amoreggia al sullo strapiombo delle Cliff.
1) La camminata sotto la pioggia per Clocmannois (non so se si scrive proprio così), dato che di autobus non se ne parlava neppure 8 a meno che non si fosse in gita organizzata.
2) L'attesa quasi preoccupata della barca che doveva riportarmi sulla terraferma, verso l'ora del tramonto, su un'isoletta di uno dei laghi nei pressi di Kilkenny (o Killarney?, non uccidetemi sui miei dubbi, ho sempre confuso i due nomi, chiedo venia).
3) La più piccola delle isole di Aran, un suo minuscolo pub, il piccolo campetto di basket all'aperto, la compagnia di un californiano ipervitaminizzato da 8 mmesi in giro per il mondo, che mi accompagnò in quei due giorni isolani, e il mio inglese stentato che decollava solo dopo due pinte di Smitwiks (e di nuovo sono convinto di aver scritto male il nome).
Ci sarebbe molto di più da dire.
Ma queste cose sono quelle che più di ogni altra cosa mi tornano spesso in mente.


Un racconto di Matteo Ridolfi
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