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04/09/2007 23:11 | |
Ciao, gdbjoe.
Come benvenuto non c'è male.
Accolgo volentieri il tuo invito e comincio dunque a dare spiegazioni qui sul forum.
Immagini bene, sì: non c'è fine di lucro, ma solo spese che sostengo con piacere - sia pur cercando di non largheggiare - perché la ricerca mi interessa.
Immagini bene anche sull'anonimato, naturalmente. E' completamente garantito l'anonimato, com'è ovvio, perché tutto quello che interessa è descrivere un fenomeno e nient'altro. Il fatto che si tratti di una ricerca accademica dà garanzie preliminari, certamente. Ma ti garantisco personalmente che anche se in questo specifico caso facessi solamente un lavoro giornalistico, le informazioni sarebbero comunque anonime, perché non è mia abitudine imbrogliare nessuno, o approfittare di qualcuno, e tendo a svolgere il mio lavoro con molta serietà.
Il link arriva quando il Cso - l'Istituto centrale irlandese di statistica - farà sapere a mio marito Marco (nemmeno lui così abituato a lucrare sulle ricerche, e nemmeno lui propenso ad approfittare di qualcuno) quali sono gli altri dati che p disponibile a fornirci. Questione di giorni, spero, se non di ore. Ecco perché il link non c'è ancora.
Per il resto, ecco qualche informazione in più, e scusate se il post diventa lungo.
L’idea nasce – oltre che dalla passione per l’Irlanda, ma questa è un’altra cosa – da alcune considerazioni banali.
Un Paese storicamente ferito dall’emigrazione dei suoi abitanti è diventato terra d’emigrazione massiccia, e noi italiani – che siamo stati, come gli irlandesi, protagonisti di una diaspora dolorosa – abbiamo scelto in questi ultimi anni di partire per l’Irlanda in numero cospicuo; e, stavolta, senza la valigia di cartone.
Sono persuasa che, oltre che le condizioni del mercato irlandese del lavoro, più favorevoli di quelle del mercato del lavoro italiano (questo è il risvolto della ricerca di cui si occuperà Marco, mio marito), a spingere in Irlanda i 6.190 italiani che secondo i dati del census del Cso erano là nel 2006 sia stato un complesso cumulo di fattori non necessariamente o perfino nient’affatto economici.
Su questo ho le mie idee, ma non vorrei condizionare chi dovesse essere così carino da partecipare poi alla ricerca, e preferisco sentire da loro quel che loro hanno da dire, perché le idee che ho le voglio verificare.
La fase preliminare è già avviata; abbiamo alcuni dati del Cso (ne abbiamo chiesti altri, comunque, e siamo in attesa di sapere quali ci possono fare avere scorporati: per i censimenti precedenti a quello del 2006, per fare un esempio, gli italiani in Irlanda NON sono presenti come categoria statistica a sé stante, ma certamente il Cso avrà i dati "raw"; la questione è vedere se li vuole o li può dare), abbiamo un po’ di bibliografia sul tema specifico (è impressionante quanto pochi siano i ricercatori che si sono occupati di questo tema) e abbiamo fatto una prima scrematura di quello che si può trovare su internet: forum, siti e blog.
Il questionario da distribuire alle persone che sono andate a vivere in Irlanda è già pronto e aspetta solo di essere distribuito.
Ma prima, però, è necessario costituire un paio di focus group, ovvero un paio di gruppi di sei-dieci persone con cui incontrarci (eventualmente anche per via telematica, anche se io preferirei il vis-à-vis) per sentire quali sono i temi che in quelle discussioni emergeranno come punti cruciali della loro percezione dell’emigrazione che personalmente hanno realizzato.
Se riuscissi a radunare un primo gruppetto di “irlandiani”, sarei estremamente felice se potessi a fare il primo focus group tra il 23 e il 25 settembre, quando con mio marito saremo a Dublino, al Trinity college, per presentare la ricerca nell’ambito della giornata di seminari sull’immigrazione in Irlanda.
Grazie a tutti, spero che per questa sera possano bastare queste notizie
Federica
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