Il forum di Altra Irlanda
Benvenuti sullo spazio web frequentato da Italiani che amano l'Irlanda e dai connazionali che vivono sull'Isola ! Oltre 120 mila messaggi, suddivisi in diverse aree tematiche, per conoscere meglio l'Irlanda e coloro che la abitano. Se siete alla ricerca di informazioni sul "Vivere e Lavorare in Irlanda" vi consigliamo vivamente di iniziare dalla lettura dei testi contenuti nell'apposita sezione del forum o di consultare il sito www.altrairlanda.it, dove abbiamo sintetizzato i consigli dei nostri forumisti Irlandiani
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UNA RICERCA SUGLI ITALIANI IN IRLANDA

Ultimo Aggiornamento: 23/09/2007 10:37
Email Scheda Utente
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14/09/2007 14:33
 
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Re:
ranghibus, 14/09/2007 11:52:


il punto è che ci si trova più facilmente con altri con cui condividi lo status di sradicato, connazionali ma anche no; qui è interessante che i nuovi migranti italiani non cercano di formare una piccola comunità italiana, anche se saltuariamente si organizzano per una birra insieme ad altri connazionali
mi confermate 'sta cosa, o mi sto sbagliando? Mi sembra che quelli intervenuti qui neghino l'idea di un'identità comunitaria italiana in Irlanda, tranne forse quelli che vogliono giocare il ruolo degli italiani



Si, personalmente te lo confermo. Noi italiani non tendiamo a chiuderci in comunita', ma facciamo di tutto per integrarci, che poi ci riusciamo e' tutta un'altra faccenda: come in tutte le cose c'e' chi ce la fa' e chi meno, e da qui' vengon le pinte/ritrovi.

Ho poi conosciuto una coppia di polacchi che mi han confermato che per loro e' esattamente l'opposto, ovvero stanno sticky tra di loro, si aiutano, si sostengono e fanno barriera contro una societa' che comunque non e' che li ama poi troppissimo. Quanto loro facciano per farsi ben volere e' tutto un altro discorso, pero' giocano in svantaggio rispetto a noi italiani che siamo sempre molto di moda, molto "posh"...




Cerea.
--
Giovanni
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14/09/2007 14:39
 
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domanda
Mi devo esser persa qualcosa!
Ollivander: chi è Laura? Ho molto sonno perché è ricominciata la scuola e ho alle spalle qualche levataccia di troppo per mio figlio, però non riesco a vedere interventi di Laura; mi pare che non ce ne siano...
Ciao
Federica
14/09/2007 15:19
 
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Re: Re:
gdbjoe, 14/09/2007 14:33:



Si, personalmente te lo confermo. Noi italiani non tendiamo a chiuderci in comunita', ma facciamo di tutto per integrarci, che poi ci riusciamo e' tutta un'altra faccenda: come in tutte le cose c'e' chi ce la fa' e chi meno, e da qui' vengon le pinte/ritrovi.





Dipende però giovanni, dipende dalle situazioni, momenti storici ecc. Quando lavoravo nel campo dell'IT all'inizio degli anni '90, gli italiani (colleghi di lavoro) erano una stretta comunità "impenetrabile". Tra i miei colleghi ero l'unica che aveva conoscenze irlandesi. La comunità lavorativa italiana, facciamo un esempio, della Microsoft, spendeva assieme tutti i lunch time, happy hour al pub ecc. Gli irlandesi venivano derisi e guardati spesso con superiorità ("non sanno mangiare", "non sanno vestire", "non hanno il bidet", "sono ignoranti", "sono poveri" e così via, discorsi che tutti qui conosciamo benissimo e che mi sono dovuta sorbire per anni fino a che ho smesso di lavorare a contatto di italiani).
Il "fighettismo culturale" a cui accennava Tony è proprio questo.
Adesso, è probabile che le cose siano cambiate e me ne compiaccio. Quando ci siamo trovati prima che tu partissi per dublino, sembravamo un gruppo di locals. E non era per le pinte che si susseguivano ;-), era proprio l'atteggiamento, il modo di comunicare... come dici tu, probabilmente il livello di integrazione di noi corkoniani, che quasi ci confondiamo coi locali. Forse perché Cork è ancora piccola e non dà occasione di formare Little Italy e gruppi similari... congregazioni che accadono in tutte le grandi città, non solo Dublino, non fraintendere.
Sta di fatto che, proprio per l'esperienza lavorativa che ho avuto i miei primi anni a Dublino, a stretto contatto con una comunità di italiani chiusa e che si rifiutava di integrarsi, ho avuto un rigetto che mi ha portato a stare alla larga dai miei connazionali fino a tempi molto recenti.

So che alcuni di voi hanno avuto problemi di "socializzazione" con i lacali al lavoro (ed anche ollivander parla di "freddezza" che mi lascia stupita... ma ogni esperienza è diversa, ribadisco). Io questo problema non l'ho avuto, mai. Quando lavoravo in ambienti multilingue, gli irlandesi erano la mia scialuppa di salvataggio, coloro che mi hanno spesso teso una mano quando ne avevo bisogno, quelli che se ne fregavano di come mi vestivo per venire al lavoro. Tra i manager più comprensivi (sto parlando di umanità, non di caacità professionali, badate!) ho sempre avuto irlandesi, che avevano famiglia anche loro e capivano.

Poi la Celtic Tiger ha rovinato tutto. Ricordi la mia meraviglia, Giovanni, quando mi raccontasti le tue disavventure lavorative al pub? È perché, onestamente, qualcosa è cambiato. Mi ritengo fortunata a non dover più lavorare in un azienda o ufficio. Spero di non doverlo fare mai più.

Email Scheda Utente
14/09/2007 15:41
 
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Allora, da verificare nella ricerca potrebbero esserci queste cose:
1) che Cork – o la provincia irlandese più in generale – è diversa dalla Dublino metropolitana, oppure
1bis) che gli italiani che vanno in quei luoghi sono diversi (vanno in cerca di cose diverse, ovvero hanno motivazioni/aspettative diverse);
2) che l'atteggiamento degli italiani arrivati molti anni fa erano diversi da quelli arrivati più di recente (5? 10? 15?); anche qui, un problema di motivazioni/aspettative diverse?

Ciao
Federica

Ps - a dire il vero, O'Connor faceva fuoco e fiamme contro ciò che riteneva essere il fighettismo culturale mio e di Marco [SM=g27826] [SM=g27828]
[Modificato da zibby 14/09/2007 16:04]
Email Scheda Utente
14/09/2007 16:14
 
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mi correggo
..."l'atteggiamento degli italiani arrivati molti anni fa era diverso da quello degli italiani arrivati più di recente..."
Scusate
Email Scheda Utente
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14/09/2007 16:18
 
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ciao federica,

non trovi gli interventi di laura perche' non e' mai intervanuta nel thread e io ho avuto modo di parlarci un po' meglio solo ieri sera alla pintata. spero si faccia viva nel thread perche' come dicevo lei sta vivendo molto piu' con irish che con italians e quindi ti darebbe un contributo differente dal mio.

sinceramente sta sto fighettismo culturale sta bene appiccicato addosso ad italiani ed irlandesi complessati (di superiorita' o inferiorita' che sia.... [SM=x145467])
..................................................
Thoughts, like fleas, jump from man to man, but they don't bite everybody.
Stanislaw J. Lec
14/09/2007 16:22
 
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beh, diciamo che qualunque fosse il significato datogli da Tony, io il termine "fighettismo culturale" (che comincia a piacermi [SM=g27828] ) lo intendo nel senso datogli nel mio ultimo post... direi che calza...

14/09/2007 16:32
 
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Re:
zibby, 14/09/2007 15:41:


2) che l'atteggiamento degli italiani arrivati molti anni fa erano diversi da quelli arrivati più di recente (5? 10? 15?); anche qui, un problema di motivazioni/aspettative diverse?





Sui punti 1 e 1bis lascio a voi il piacere della scoperta [SM=g27828]
Scherzi a parte, sul punto 2. ti posso dire che, per quanto mi riguarda, categoricamente SI`. Chi venne in Irlanda una 15na di anni fa non si aspettava nulla. Sapeva che c'era disoccupazione, spesso veniva per lavorare nell'IT. Chi veniva assunto direttamente dall'Italia (come spesso facevano le grandi aziende americane) arrivava in un baccello, hotel che li attendeva fino ad accomodation trovata (in gedere una casa in condivisione con altri Italiani già sul luogo), faceva clan con il resto degli italiani, e ripartiva un anno/due anni dopo senza aver vissuto niente dell'Irlanda e con un'esperienza in più sul curriculum.
Chi invece, come la sottoscritta, piantava baracca e burattini in madrepatria per motivazioni personali, si faceva la trafila dei locali (dole e disoccupazione per mesi e mesi, niente casa se non bedsit pulciosi, lavoro in nero) e faceva uno sforzo per socializzare senza storcere troppo il naso, perché era una questione di sopravvivenza.
Paragonando quest'esperienza, questa è la cosa che mi sorprende di più dai giovani italiani che arrivano adesso: atterrano con conto in banca già instaurato, trovano alloggio in una settimana e lavoro in uno/due mesi e si lamentano...

I miei due cent of course...
Email Scheda Utente
14/09/2007 17:24
 
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Grazie, Ollivander.
Sì che mi piacerebbe, se Laura dicesse un po' di cose...
Ciao
Federica
14/09/2007 20:06
 
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Le little italy non si formano in Irlanda come altrove, poichè è cambiato il tipo di immigrato italiano.
Non si emigra tanto per estrema necessità, dettata dalla povertà incalzante. Si emigra per le ragioni più disparate. Dalla voglia di un'esperienza all'estero, dalla difficoltà di trovare lavoro in Italia sapendo di non non avere nulla da perdere. Nella peggiore delle ipotesi si torna a casa.
Il livello culturale del nuovo immigrato italiano è cambiato, generalmente un livello medio-alto.

Ho visto trasformarmarsi le vie adiacenti di O'Connor Street in tante little Africa, India e China.
Spesso quel tipo di immigrazione è pianificata sia dal paese di origine sia da quello di destinazione.
Pianificata da parenti o da vere e proprie organizzazioni clandestine e criminali.

L'Italiano del XXI secolo, emigra anche un po' per turismo mascherato...poi , purchè si abbiano le idee ben chiare su cosa "voler fare da grandi", quel tentativo di provare una nuova esperienza all'estero, può rappresentare una vera e propria svolta nella vita, svolta facilitata anche qualche volta da un colpo di fondoschiena, ma ciò è raro. Ci vuole spirito di adattamento ma non certo lo stesso spirito dei nostri vecchi emigranti e di quelli provinienti dai cosiddetti paesi in via di sviluppo.

Per il Canada (scusate l'O.T.) , in particolare nella regione dell'Ontario, invece assistiamo ancora oggi a una certa immigraziome meridionale di vecchio stampo (forte presenza della comunità calabrese nell'area di Toronto, mentre nella vicina Hamilton troviamo una roccaforte siciliana) nata dalla necessità più che dal "fighettismo" o dalla semplice voglia di cambiar aria.
Lo stesso lo ritroviamo in Germania, ma anche a Londra. Più che un pezzo d'Italia, ritroviamo un pezzo stereotipato del nostro meridione. Tutto questo , (ma i residenti Irlandiani potranno smentirmi), raramente o per nulla si nota in Irlanda. Ora in tutti questi paesi troviamo una coesistenza di vecchi immigrati e figli di questi, molti dei quali ormai emancipati dalla loro Little Italy, insieme a una nuova classe di immigrati italiani. Immigrati del XXI secolo che non intendono in nessun modo 'contaminarsi' con i vecchi.

L'Irlanda ha subito una presenza italiana tardiva, ben diversa di quella d'inizi secolo , o di quella dell'immediato dopoguerra e fino e poco oltre gli anni 60.

Non penso che l'immigrato italiano "vecchi stampo" possa trasferirsi in Irlanda, perchè non esiste una preesistente little Italy dove trovare "rifugio". L'immigrato italiano vecchio stampo, (spero per lui , in via di estinzione), continuerà a trasferirsi dove vi è già uan radicata presenza di comunità d'Italiani all'estero (Stati Uniti, Canada, Germania, per esempio).

Penso che il nuovo emigrato italiano, quello "benestante", individualista e italofobico, cercherà invece d'integrarsi il più possibile con il tessuto connettivo del paese ospitante. Ci si può incontrare con altri italiani per scambiarsi opinioni, consigli, impressioni, e anche stringere amicizie, ma non verrà in mente a nessuno di creare un enclave italiana all'estero.
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14/09/2007 20:38
 
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e l'irlandiano di Broccolino?
Eppure, a me sembra che qua e là per la Rete ci sia traccia - e ben rappresentata, anche - di un modo di intendere l'emigrazione italiana in Irlanda come qualcosa di imprevedibilmente simile all'emigrazione vecchio stampo verso "Broccolino".

E' un'idea di "comunità italiana" che tende ad accreditare l'italianità come un monolito compatto: fatto di tenacia, di enorme rispetto e deferenza verso i vecchi emigranti che arrivarono da Frosinone per frigger pesci armati solo di "voglia di lavorare" e nessuna professionalità specifica, ma dotato, adesso, di classe e allure principesche, di contatti consolidati con i mondi "indigeni" che veramente contano, di enormi patrimoni di eccellenza intellettuale e culturale. Roba che altro che i polacchi...

O sbaglio?

Ciao
Federica
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15/09/2007 00:19
 
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L'immigrazione di 10-15 anni fa' e' ovviamente diversa da quella odierna. Sia per le condizioni italiane che irlandesi di allora.
Gli ultimi 15 anni qui' poi credo possano corrispondere a ben il doppio di quelli nostri o del resto d'Europa, ovvero gli irlandesi hanno raggiunto in meta' del tempo quello che da altre parti e' stato costruito con molta piu' calma, e quindi ponderazione.

L'Irlanda la vedo anch'io divisa in due: Dublino da una parte, il resto del paese dall'altra. E quest'ultima e' si' provincialotta, come ho letto qui' o in altro 3d, ma non uso questo termine in modo dispregiativo: io personalmente son venuto qui' proprio per la sua provincialita', e posti cone Cork o come la contea di Limerick, dalla quale son stato ad un passo nel trasferirmici nei miei recenti troubles, sono la giusta via di mezzo tra la vecchia e la nuova Irlanda, posti dai quali comunque riconosco che qualunque giovane scapperebbe a gambe levate.

Federica, in rete leggi di una comunita' italiana vecchio stampo qui': dove? Io non ne ho mai letto (e si che online leggo proprio tanto, forse troppo), e non ho conosciuto nessuno che la conosca, la viva e/o me l'abbia indicata...


Cerea.
--
Giovanni
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15/09/2007 00:52
 
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Vecchio stampo nel senso che tutto ciò che apparentemente mirano a comunicare è un'asserita specificità etnico-sociologica degli italiani: bravi, lavoratori, intelligenti, buoni, ben inseriti, amati, attivi, solidali. E riconoscenti - culturalmente debitori, quasi - a quegli italiani che senza niente in mano sono diventati imperatori dei fish and chips.

Si accreditano come capofila di una comunità sufficientemente compatta, insomma.

E no; in effetti in questo forum non ho visto cose del genere.
[SM=x145512]
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Re:
zibby, 15/09/2007 00:52:


Si accreditano come capofila di una comunità sufficientemente compatta, insomma.



Ecco appunto, si accreditano...

zibby, 15/09/2007 00:52:


E no; in effetti in questo forum non ho visto cose del genere.



Gia'... [SM=g27822]
Cerea.
--
Giovanni
18/09/2007 14:52
 
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Ma qualcuno ha visto ieri sera su RTE "the generation game" di quel genio incommensurabile di David McWilliams? [SM=g27828] Come amo quell'uomo! Se ve lo siete persi, leggetevi il sunto qui:
www.davidmcwilliams.ie/ e sul sito di RTE.

D'accordo, d'accordo, non c;entra niente con gli Italiani [SM=g27828] Ma se c'è una persona che ha le idee chiare sulla situazione socioeconomica irlandese contemporanea, è lui. E leggetevi pure i suoi libri!
[SM=g27811]
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18/09/2007 17:35
 
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Re:
Corkcat, 18/09/2007 14:52:

Ma qualcuno ha visto ieri sera su RTE "the generation game" di quel genio incommensurabile di David McWilliams? [SM=g27828] Come amo quell'uomo! Se ve lo siete persi, leggetevi il sunto qui:
www.davidmcwilliams.ie/ e sul sito di RTE.
[SM=g27811]




No ma ho visto Prosperity e ho visto l'anteprima della puntata della prossima settimana e sicuramente la vedro'.

Uno sguardo su quelli a cui la tigre celtica a morso nelle chiappe.

Saluti prosperosi.
Mirko
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18/09/2007 23:09
 
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Re:
zibby, 15/09/2007 00:52:

Vecchio stampo nel senso che tutto ciò che apparentemente mirano a comunicare è un'asserita specificità etnico-sociologica degli italiani: bravi, lavoratori, intelligenti, buoni, ben inseriti, amati, attivi, solidali. E riconoscenti - culturalmente debitori, quasi - a quegli italiani che senza niente in mano sono diventati imperatori dei fish and chips.

Si accreditano come capofila di una comunità sufficientemente compatta, insomma.

E no; in effetti in questo forum non ho visto cose del genere.
[SM=x145512]



Quello che citi e' il pensiero di una persona tristemente nota su questo forum che non e' un leader di una comunita', e' un imprenditore di Montebelluna che compra pubblicita' su Google e voleva aprire un club di forza italia a dublino.
Il principe del fighettismo culturale che citavo prima e che Martina brillantemente ha colto nel significato profondo (come sempre..) e' proprio lui. Un atteggiamento che mi ricorda quei manifesti di regime sull'abissinia, dove si vedevano i soldati italiani ben vestiti che piazzavano la bandiera italiana sulla riva mentre i selvaggi neri scappavano a gambe levate.

Non abbiamo niente a che vedere col popolo del fish and chips. Se ci fosse Fabio Riccio ancora sul forum sarebbe la persona migliore per spiegare quei tempi, spero che Moris legga questo messaggio e riesca a tirare fuori dal cassetto quei bellissimi testi de noartri che erano pubblicati sul sito prima del restyling.

L'emigrazione italiana non esiste. L'italiano qua fa la stessa cosa che gli anglosassoni fanno da sempre: dopo le superiori o la laurea, un anno in australia o in giro per il mondo facendo lavori qualsiasi per mantenersi, fare esperienza e vedere il mondo. Broccostella non esiste piu', quello era vent'anni fa e i tempi cambiano per tutti.

Gli italiani che davvero emigrano, quindi non quelli che vengono e stanno un annetto per imparare l'inglese, divertirsi e ciulare, sono pochissimi e per niente rappresentativi rispetto al totale dei temporanei, irlandiani co.co.co, o come li ho sempre chiamati io, permanent tourist (ti senti in vacanza e lo stipendio ti serve per permetterti l'esperienza).

AOC
19/09/2007 10:35
 
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Sì, in effetti, quella "comunità" a cui si fa qui accenno (innominabile, non solo per repulsione ma per evitare pubblicità aggratis [SM=g27828] ) è un gruppo "artificiale" e commerciale, nel senso descritto da Tony (il sito è stato creato per fare soldi, non per aggregare un gruppo di persone con interessi simili).
Quell'episodio virtuale è una "distorsione" anomala del fenomeno degli italiani in irlanda, non la norma.
Se li contattate (cosa che probabilmente state pensando di fare se non avete già fatto [SM=g27828] ) è molto probabile che vi si inviti per una bella foto con stretta di mano al tipo in questione da schiaffare in homepage [SM=g27827]

La realtà è diversa e penso che stia venendo fuori molto bene in queste pagine. Ormai la globalizzazione -culturale e economica- ha creato il prototipo dell'europeo medio anziché dell'italiano, francese, inglese, tedesco ecc. Questo tematica di discussione è apparsa molte volte sul nostro forum e sembra un denominatore comune a tutti i nostri scazzi su chi è meglio vestito, nutrito, qualificato ecc.. Alla fin della fiera tutti la stessa cosa vogliamo.
(e per favore nessuno venga a scrivere "potta"... so che siete tentati... vi vedo... [SM=g27827] )

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19/09/2007 11:44
 
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Ecco uno dei testi a cui faceva riferimento Tony O'Connor, proprio di Fabio Riccio.

L'emigrazione italiana in Irlanda

Parlare estesamente dell'emigrazione italiana in Irlanda è difficile. Il numero di nostri connazionali in Irlanda non è notevole, e le fonti su cui documentarsi non sono molte. Oltretutto, la loro presenza solitamente non da molto "nell'occhio".
E' anche necessaria però un'ulteriore premessa: bisogna distinguere tra due ben distinte tipologie di migrazioni.
La prima, iniziata poco dopo l'unità d'Italia (spesso via Inghilterrra), ripressi negli anni '20 e poi ancora dagli anni '50 in poi, è riconducibile quasi totalmente al business del fish and chips.
La seconda, recentissima e ben motivata, è iniziata dalla metà anni '80 del secolo scorso. Quasi sempre è riconducibile a precise scelte di vita o alla cosiddetta "New economy" che ha aperto nuove prospettive anche nell'Eire.
A queste due differenti tipologie si può aggiungere anche un numero veramente esiguo (qualche centinaio, non di più) di Italiani residenti in Irlanda, integrati perfettamente nel tessuto socio-economico. Si tratta di italiani capitati nell'Eire per matrimoni misti o per altre vicissitudini personali, non per motivi economici.
Impiegati in diversi settori delle attività produttive, alcuni anche con grande successo nel settore della ristorazione "di qualità", questi ultimi non formano "comunità" e non fanno sistema; generalmente non frequentano altri italiani, se non sporadicamente.
Comunque, è interessante ed opportuno approfondire il discorso sulla comunità igitaliana dei Fish & chips.
L'intera comunità (in Italia) proviene da una precisa area geografica in provincia di Frosinone, riconducibile al comprensorio della Val di Comino, nei pressi della cittadina di Sora.ÖCasalattico ha più abitanti in Irlanda che nel borgo natio, ma anche Broccostella, San Donato e altri paesi della zona, non sono da meno.
Questi nostri connazionali esercitano la nobile arte della frittura. Ovvero nutrono da varie generazioni gli stomaci (e aumentano il già abbondante colesterolo) degli Irlandesi (anche degli Inglesi) con tranci di pesci fritti e patatine. Ormai, dopo più di un secolo di presenza, fanno parte del paesaggio urbano.
Provate a visitare un qualsiasi sobborgo di Dublino o di qualche altra cittadina di provincia e nella strada principale, nell'ordine troverete: un buon numero di Pub, la ferramenta, il solito negozietto che vende anche fuori delle ore canoniche un po' di tutto alimentari compresi (questi ultimi in maniera crescente a Dublino gestiti da emigrati asiatici) una lavanderia self service, un take away cinese e... il fish and chips frusinate.
Sfrattati o quasi dal centro di Dublino per i prezzi astronomici degli immobili, e rifugiatisi in periferia, sono in perenne lotta con i cinesi (ma spesso fanno buoni affari con loro, rivendendosi i locali) per il predominio del mercato del cibo "cheap" da periferia.
In ogni caso, con la loro capillare presenza, i nostri connazionali hanno creato una leggenda e anche (purtroppo) uno stereotipo. Nominati anche in opere letterarie, l'Ulisse di Joyce per tutti, questi Italiani formano una "comunità" abbastanza uniforme per usi e abitudini, purtroppo come già detto, in gran parte chiusa e "avvitata" su se stessa.
A parte la stranezza, che gente proveniente da una zona montuosa distante dal mare, costruisca la propria prospera esistenza friggendo pesci, e perdipiù anche di un tipo assolutamente non presente nei nostri mari (il Cod, giil Turbot, l'hallibut...) il punto saliente è l'assoluto e generalmente condiviso disprezzo che queste persone hanno per il paese che li ospita e che li ha trasformati in benestanti, se non oltre.
La "fritteria" tipica è gestita generalmente a conduzione familiare. Spesso uno stesso proprietario ne possiede più di una. Tutto il nucleo familiare contribuisce alla riuscita del "business". Genitori, figli, parenti vari, al limite anche semplici compaesani pelano patate (negli ultimi anni però si stanno convertendo alle surgelate), impanano filettoni di "merluzzo" comprati al mercato o anche surgelati (quelli che in Italia sono conosciuti con il nome commerciale di croccole) e li friggono: tutto qui.
Questo tipo di locali è sconosciuto o quasi in Italia. Chi ha provato a ri-esportare in Italia questi locali non ha avuto quasi mai successo.
Ma torniamo all'aspetto "antropologico" (uso non casualmente le virgolette) degli esponenti di questa comunità...
Come accennato prima, questa comunità sembra chiusa in sé stessa e spesso, ben felice di esserlo. Il business deve rimanere ad ogni costo in famiglia, questo sembra essere il loro motto.
Molti di questi connazionali, anche se da anni o generazioni abitano in Eire, considerano l'Irlanda come un semplice passaggio, una mucca da mungere in attesa di un improbabile e spesso irrealizzabile ritorno al paese natio. Il loro rapporto con l'ambito locale è di semplice utilizzo, non si sentono e tendono a non sentirsi parte dell'ambiente che li circonda. Semplificando il tutto, questi signori, che poi sono dei gran lavoratori, questo bisogna dirlo, sfruttano la cattiva attitudine che per varie ragioni, storiche e di organizzazione sociale, le classi popolari e medie Irlandesi hanno ed hanno sempre avuto con cibo e cucina.
Un giorno chiacchierando con uno di questi signori, ad una domanda su come andassero gli affari ho udito con le mie orecchgiie questa dichiarazione in accento degno del miglior Nino Manfredi anni '50: ma se gli'irlandesi 'sso così fessi a magnà sta rroba, io che ce posso fà??
Se ss'imparano a magnà e cucinà bono, 'i 'so costretto a tornà a zappà a terrà in Italia... E che in Italia mica 'se magnano 'sta roba, mica 'so fessi! Gli 'irlandesi 'sso boni solo a bevè la guiness, nun capiscono gnnente...
La frase riassume la forza e la debolezza della comunità. Un business debole, fondato su una nicchia di mercato che chissà perché altri non hanno occupato, business che tutto sommato non richiede particolari specializzazioni, di facile realizzazione, e legato a particolari abitudini alimentari, deve rimanere nelle stesse mani...
Infatti, i matrimoni misti non sono visti di buon occhio, a volte decisamente osteggiati e, molti tra quelli che hanno sposato un'irlandese, sono stati spesso oggetto di un palese ostracismo dalla comunità...
Gli Irlandesi possono essere buoni come clienti, o al massimo come vice-aiuto-sostituti al banco, specialmente al sabato notte, quando questi esercizi fanno affari d'oro.
Troppo cattiva l'analisi?
Non credo, purtroppo generalmente l'attitudine di vita di questi signori, è proprio questa.
Addirittura certi preferiscono mandare le donne a partorire in Italia, e c'è più di uno che al compimento dei sei anni spedisce i figli in Italia da parenti per frequentare le scuole, ma dopo la terza media via, su in Irlanda a friggere!
Questo non toglie però che qualcuno frequenti le scuole in Irlanda, magari anche il college, e sono proprio questi ultimi, negli ultimi tempi in numero crescente, che iniziano a sentire stretta la gabbia che gli è stata costruita attorno.
Come dicevo prima queste persone sono sparpagliate per le periferie e le zone semi-centrali di molti centri urbani. Non esiste un quartiere "italiano&qugiot; e talvolta mutuano l'abitudine (e inconsciamente imitando) dei cinesi di fare casa & bottega, abitando nello stesso edificio, o negli immediati paraggi della loro attività di fritteria. Però qualche minimo segnale di cambiamento arriva. Nel 2001 il Fish & Chips di "beshoff" uno di quelli più antichi e non in mani italiane, era gestito da un direttore di sala italiano dall'inconfondibile accento ciociaro (in italiano).
Si potrebbe continuare a parlare molto di questi nostri connazionali, ma credo che sia meglio riassumere per punti le loro caratteristiche.

Si tratta di un'emigrazione decisamente "anomala", perché l'Irlanda fino a pochi anni fa era un paese niente affatto ricco e, esso stesso "esportatore" di emigranti per tutto il mondo anglosassone ed oltre; il tasso di disoccupazione era ben oltre il 20%

Il tipo di attività da loro svolto, non ha assolutamente riscontro nè tradizione qui in Italia, tantomeno nella loro zona di origine risulta una tradizione di Fish & Chips.

La peculiarità della provenienza da una ben precisa e delimitata zona d'Italia.

La chiusura e la cattiva attitudine (in genere) che i nostri "frittaroli" hanno per l'Irlanda e gli irlandesi. Nel migliore dei casi li sopportano... raramente, anche dopo generazioni iniziano a far parte del tessuto sociale che li circonda. La loro massima aspirazione è farsi una "casona" giù al paese e di ritornarci di tanto in tanto sfoggiando la macchinazza da 5000 di cilindrata.

Concludo questo piccolo "excursus" tematico raccontando una vicenda vissuta personalmente, che credo sia piuttosto interessante, anche se spero che non sia così nella totalità dei casi.
Nel 1987, già ero "fisso" a Dublino e torno per Natale in Italia.
Credo che fosse il 4 dicembre quando mi attendeva il volo Aer Lingus per ritornare. Aeroporto di Fiumicino, i banchi dell'accettazione sono vuoti. Ai cancelli siamo in pochissimi e tutto il volo è di cinque passeggeri e 3 hostess. Seduto nella fila vicino alla mia nel Boeing 737 c'è un ragazzetto dall'aria dimessa e spaesata. Dopo la partenza timidamente mi si avvicina chiedendomi qualcosa e così iniziamo a parlare. Il ragazzino è di Broccostella (da dove ha scritto Luigi nel forum,) ha compiuto da pochi giorni 18 anni, ed è diretto a Dublino per andare a lavorare nel "ristorante" di un suo zio. Mi chiede dell'Irlanda e se io anche sono nel campo della ristorazione. Non parla una parola d'inglese. Passiamo tutto il volo chiacchierando.
All'arrivo a Dublino passiamo la dogana (Schengen era ben lontana da venire) io come documento di riconoscimento mostro la mia tessera CIE degli autobus, funziona! (incredibile ma ho passato più volte il confine così, anche via nave...) Il ragazzo invece viene fermato dalla polizia aeroportuale. Ha un biglietto di sola andata non intestato a lui, nessun bagaglio oltre una borsina di plastica dell'upim con dentro un maglione e 30.000 lire in tasca.
Iniziano ad interrogarlo, ma il poveretto non capisce una parola di quello che gli chiedono. Mi offro come interprete e spiego ai poliziotti quello che mi ha raccontato lui.
"A new slave in a fish and chips" commenta un sergente. Lo lasciano andare, io sinceramente non capisco tutta la situazione. Comunque saluto il ragazzino e mi avvio fuori ad attendere il 41 per andare in centro. Fuori la fermata dopo qualche minuto sento uno strombazzamento e vedo una vecchia e rugginosa fiat 132 targata Parma (?) con su il ragazzo e un omone: lo zio.
I due mi offrono uno strappo fino in centro. Nel percorso si parla e lo "zio" sembra estremamente meravigliato di conoscere un italiano che si è trasferito in Irlanda perché gli piace...
"Devi avere qualcosa che non funziona figlio mio, come fa agi piacerti una schifezza di posto come questo? Io sto qui perché faccio un sacco di "punti" (neologismo italo-gaelico usato ampiamente dagli italo-frusinati per indicare i Punt Irlandesi) ma appena posso vendo tutto e me ne torno al paese... io qui non ci voglio morì..."
Rinuncio ai commenti, troppo distanti le nostre attitudini verso la nazione ospitante...
Al momento di congedarci mi lascia il suo bigliettino da visita: un fish & chips a Dublin south, zona Stillorgan- Leopardstown. Il ragazzino aggiunge: vienimi a trovare, mi farà piacere.
Arrivato a casa butto il bigliettino in un angolo di un cassetto e rapidamente dimentico l'accaduto.
Un mese dopo, un mattino casualmente mi ritrovo dalle parti di Stillorgan, dove il ragazzino lavora dallo "zio frittarolo". Mi ricordo dell'incontro e per curiosità provo a passare davanti al negozio (chiuso) e sbirciando dietro i vetri scorgo il ragazzino che lava il pavimento. Busso sui vetri e lui immediatamente mi riconosce e mi apre la porta. Baci abracci e sorrisi. Mi racconta della sua "avventura". Per farla breve la riassumo per punti...

Vive in un buco di soffitta sopra la fritteria;

Mi assicura che sono in tanti nella sua situazione;

Pela patate tutto il giorno (sui due quintali dice lui);

Le frigge...;

Non frigge ancora il pesce perché non è "all'altezza";

Si occupa delle pulizie e dei lavori "pesanti";

Finché non imparerà l'inglese non sarà mai al banco;

La paga era 30 Pounds al mese (vitto & alloggio inclusi).

Dopo un anno il ragazzo era ancora lì. Era avanzato di "grado" e friggeva anche i pesci, oltre alle patate. La sua paga era stata aumentata a 45 Pounds al mese.
Per inciso voglio aggiungere che al tempo (1987, poi hanno stretto di molto la borsa...) il cosidetto "dole" (elemosina) concesso dallo stato Irlandese tramite gigli uffici dell'assistenza sociale UNIVERSALMENTE a tutti i suoi cittadini e tutti quelli della CEE, anche senza aver mai svolto alcuna attività lavorativa, ammontava a 33,75 Pounds + l'eventuale contributo per l'affitto, di circa 15 pounds alla settimana...
Non ho più visto quel malcapitato ragazzo.
Spero abbia veramente migliorato la sua posizione. Da quell'incontro e dalla realtà scoperta grazie a quel fortuito incontro, ho incominciato pian piano a scoprire una realtà che mi ha piuttosto sorpreso...

Testo redatto da Fabio Riccio
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Good evening, there was already an injury, huh?

Giovanni Trapattoni, falling off his chair
19/09/2007 12:30
 
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Grandissimo testo di Fabio. Fabio, se ci leggi, un abbraccio [SM=g27819]

Vorrei aggiungere alle sue parole preziose, il fatto che, sì, l'era dei frittaroli è in netto declino. Le abitudini alimentari degli irlandesi stanno cambiando radicalmente, ed ormai un cartoccio di fish'n'chips in periferia dai connazionali ciociari porta attaccato una stigmate di "scanger", cattiva salute, teste rasate e tute da ginastica lucide. Il posh-Dub della Celtic tiger non lo farebbe mai. Ed infatti, a Cork city questi locali sono praticamente spariti.

Nel '91, tra i miei lavori occasionali insegnavo anche italiano one-to-one, per conto dell'istituto Italiano di cultura a dublino. Tra i miei clienti, ovviamente, mi capitarono anche due famiglie di frittaroli ciociari a Bray. In entrambi i casi, il "capofamiglia" parlava italiano (mi correggo, ciociaro) mentre la moglie, essendo di seconda generazione, parlava poco o nulla. i bambini erano in scuole irlandesi. per cui volevano un'insegnante di italiano.
Una di queste famiglie in particolare, era ricca sfondata. La casa era arredata con cura, in una zona molto carina della suburbio di Bray. La Merc parcheggiata fuori. Sembrava di essere in un set dei Sopranos. La moglie, casalinga, bionda, truccata e vestita di boutique, parlava inglese di Dublino e le poche parole in italiano che sapeva erano esclamate con un fortissimo accento. I bambini erano andvano in una scuola privata, educatissimi, pieni di buone maniere.
Una ricchezza costruita sulla frittura e l'unto.

Mi chiedo cosa è successo a famiglie del genere. Sarebbe interessante tornare sulle loro tracce. Tornati in Italia oppure hanno convertito il business nella ristorazione italina di "lusso", quella dei ristoranti tipo Rossini a Cork per intenderci, dei menu gourmet ad 80 euro a botta?

Chissà. Il racconto di Fabio mi ha riportato per un attimo in un'irlanda che non esiste più. nel bene e nel male.

Martina
[Modificato da Corkcat 19/09/2007 12:33]
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19/09/2007 14:19
 
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non vorrei mettere zizzania, pero' riguardo al fatto che dei ragazzi inglesi vengono a fare l'universita' a cork...siccome ne ho conosciuti alcuni [SM=x145509] ...dubito che sia per la superiore qualita' dell'insegnamento e della ricerca [SM=x145498]
Valeria
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19/09/2007 17:38
 
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...riguardo ai fish & Chips, credo di essere in grado di poter dare qualche aggiornamento....

Non avendo un inglese fluent al momento del mio arrivo a Dublino, l'unico lavoro che sono riuscito a trovare per caso è stato proprio in un posto del genere...
In linea generale, confermo tutto quello che è riportato da Fabio Riccio... aggiungo soltanto che, le vecchie famiglie (Ormai alla terza generazione), hanno una storia e intrecci degni dei migliori colossal televisivi americani degli anni ottanta (Tipo Dallas e Dynasty per capirci)...si tratta di veri e propri ceppi, e non di singoli nuclei familiari...
Nella maggior parte dei casi, sono ancora proprietari di negozi che hanno dato in gestione a vecchi operai, molti dei quali rumeni o polacchi e qualcuno italiano. Gli affari non son più quelli di una volta, e molto spesso, chi ha il negozio in gestione non riesce a guadagnare più di tanto...
Gli affari delle vecchie famiglie, per lo più sono orientati in speculazioni finanziarie occasionali (Compravendita di immobili, affitti, macchine etc.), ma non credo (Nonostante un elevatissimo giro di soldi) che si possa parlare di grandi espressioni imprenditoriali...

Ho conosciuto molti della nuova generazione, alcuni sono rimasti legati alla vecchia cultura familiare, mentre altri sono riusciti a svincolarsi... (i figli della signora per cui ho lavorato, ad esempio, sono entrambi laureati e lavorano entrambi in posti di prestigio una a Dublino e l'altro a Londra).
Ricordo una ragazza che si ostinava a parlare in inglese con me dicendomi che lo faceva per aiutarmi ad imparare... ma una volta è stata costretta a parlare in italiano, e nonostante avesse una laurea, il suo italiano era degno di quello di un emigrante di trent'anni fa...
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19/09/2007 18:17
 
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bello sto forum!
se non dovessi fuggire dal lavoro intervertrei. a domani!
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19/09/2007 18:44
 
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Bellisimi gli interventi

Grande Fabio, la storia dei fish&CHips è da film!

cmq concordo che il forum è da paura....

ma che mi dici degli altri tipi di emigrazione? quella dei matrimoni misti? .....
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19/09/2007 20:18
 
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Per i matrimoni misti non si puo' neanche parlare di immigrazione, ce ne sono pochissimi rispetto a qualsiasi campione di riferimento. Anzi, ho visto molte coppie di connazionali formarsi qua in Irlanda, generando anche qualche matrimonio "irlandiano".

Tra l'altro, devo dire che gli italiani, sebbene non siano per niente contrari ad uscire con altri stranieri (meno con gli irlandesi, se non altro per una questione di condivisione dello status di foreigner), in alcune circostanze fanno gruppo eccome. Ho lavorato, con diversi ruoli, in un call centre a Dublino dove gli italiani erano spesso e volentieri culo e camicia tra loro, dentro e fuori dall'ufficio, e piuttosto dispregiativi rispetto agli irlandesi, visti spesso dall'alto in basso (soprattutto dalle ragazze, per mille motivi).
Mi ricordo una persona che mi disse esplicitamente "non sono mai stata cosi' fiera di essere italiana da quando vivo in irlanda".
E' di questo che parlo quando nomino il famigerato "fighettismo culturale" (ho lanciato una moda con questo termine a quanto sembra).
Gli italiani (non tutti, non sempre, ecc.ecc.) spesso tendono a tirarsela per il solo fatto di venire dall'Italia con la cultura, le tradizioni, il cibo, il sole, il mare, la pizza e il mandolino e si rendono conto che il vituperato Stivale alla fine e' pieno di attrattive, non solo per le figliuole. Non ne sono immune nemmeno io, in alcune occasioni.
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