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Due parole sull'emigrazione italiana nell'Eire...

Ultimo Aggiornamento: 16/12/2006 22:09
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Premessa: Tutte le opinioni qui espresse, non rispecchiano in alcun modo dati statistici o documenti ufficiali. Tutto ciò qui enunciato, è solo opinione personale dell'autore, suffragata solo da constatazioni e riscontri personali. Pertanto l'autore si assume la completa responsabilità di quanto qui enunciato, a titolo puramente di divulgazione.

Parlare estesamente dell'emigrazione italiana in Irlanda è difficile. Il numero di nostri connazionali in Irlanda non è notevole, e le fonti su cui documentarsi non sono molte. Oltretutto, la loro presenza solitamente non da molto "nell'occhio".
E' anche necessaria però un'ulteriore premessa: bisogna distinguere tra due ben distinte tipologie di migrazioni.
La prima, iniziata poco dopo l'unità d'Italia (spesso via Inghilterrra), ripressi negli anni '20 e poi ancora dagli anni '50 in poi, è riconducibile quasi totalmente al business del fish and chips.
La seconda, recentissima e ben motivata, è iniziata dalla metà anni '80 del secolo scorso. Quasi sempre è riconducibile a precise scelte di vita o alla cosiddetta "New economy" che ha aperto nuove prospettive anche nell'Eire.
A queste due differenti tipologie si può aggiungere anche un numero veramente esiguo (qualche centinaio, non di più) di Italiani residenti in Irlanda, integrati perfettamente nel tessuto socio-economico. Si tratta di italiani capitati nell'Eire per matrimoni misti o per altre vicissitudini personali, non per motivi economici.
Impiegati in diversi settori delle attività produttive, alcuni anche con grande successo nel settore della ristorazione "di qualità", questi ultimi non formano "comunità" e non fanno sistema; generalmente non frequentano altri italiani, se non sporadicamente.
Comunque, è interessante ed opportuno approfondire il discorso sulla comunità igitaliana dei Fish & chips.
L'intera comunità (in Italia) proviene da una precisa area geografica in provincia di Frosinone, riconducibile al comprensorio della Val di Comino, nei pressi della cittadina di Sora.ÖCasalattico ha più abitanti in Irlanda che nel borgo natio, ma anche Broccostella, San Donato e altri paesi della zona, non sono da meno.
Questi nostri connazionali esercitano la nobile arte della frittura. Ovvero nutrono da varie generazioni gli stomaci (e aumentano il già abbondante colesterolo) degli Irlandesi (anche degli Inglesi) con tranci di pesci fritti e patatine. Ormai, dopo più di un secolo di presenza, fanno parte del paesaggio urbano.
Provate a visitare un qualsiasi sobborgo di Dublino o di qualche altra cittadina di provincia e nella strada principale, nell'ordine troverete: un buon numero di Pub, la ferramenta, il solito negozietto che vende anche fuori delle ore canoniche un po' di tutto alimentari compresi (questi ultimi in maniera crescente a Dublino gestiti da emigrati asiatici) una lavanderia self service, un take away cinese e... il fish and chips frusinate.
Sfrattati o quasi dal centro di Dublino per i prezzi astronomici degli immobili, e rifugiatisi in periferia, sono in perenne lotta con i cinesi (ma spesso fanno buoni affari con loro, rivendendosi i locali) per il predominio del mercato del cibo "cheap" da periferia.
In ogni caso, con la loro capillare presenza, i nostri connazionali hanno creato una leggenda e anche (purtroppo) uno stereotipo. Nominati anche in opere letterarie, l'Ulisse di Joyce per tutti, questi Italiani formano una "comunità" abbastanza uniforme per usi e abitudini, purtroppo come già detto, in gran parte chiusa e "avvitata" su se stessa.
A parte la stranezza, che gente proveniente da una zona montuosa distante dal mare, costruisca la propria prospera esistenza friggendo pesci, e perdipiù anche di un tipo assolutamente non presente nei nostri mari (il Cod, giil Turbot, l'hallibut...) il punto saliente è l'assoluto e generalmente condiviso disprezzo che queste persone hanno per il paese che li ospita e che li ha trasformati in benestanti, se non oltre.
La "fritteria" tipica è gestita generalmente a conduzione familiare. Spesso uno stesso proprietario ne possiede più di una. Tutto il nucleo familiare contribuisce alla riuscita del "business". Genitori, figli, parenti vari, al limite anche semplici compaesani pelano patate (negli ultimi anni però si stanno convertendo alle surgelate), impanano filettoni di "merluzzo" comprati al mercato o anche surgelati (quelli che in Italia sono conosciuti con il nome commerciale di croccole) e li friggono: tutto qui.
Questo tipo di locali è sconosciuto o quasi in Italia. Chi ha provato a ri-esportare in Italia questi locali non ha avuto quasi mai successo.
Ma torniamo all'aspetto "antropologico" (uso non casualmente le virgolette) degli esponenti di questa comunità...
Come accennato prima, questa comunità sembra chiusa in sé stessa e spesso, ben felice di esserlo. Il business deve rimanere ad ogni costo in famiglia, questo sembra essere il loro motto.
Molti di questi connazionali, anche se da anni o generazioni abitano in Eire, considerano l'Irlanda come un semplice passaggio, una mucca da mungere in attesa di un improbabile e spesso irrealizzabile ritorno al paese natio. Il loro rapporto con l'ambito locale è di semplice utilizzo, non si sentono e tendono a non sentirsi parte dell'ambiente che li circonda. Semplificando il tutto, questi signori, che poi sono dei gran lavoratori, questo bisogna dirlo, sfruttano la cattiva attitudine che per varie ragioni, storiche e di organizzazione sociale, le classi popolari e medie Irlandesi hanno ed hanno sempre avuto con cibo e cucina.
Un giorno chiacchierando con uno di questi signori, ad una domanda su come andassero gli affari ho udito con le mie orecchgiie questa dichiarazione in accento degno del miglior Nino Manfredi anni '50: ma se gli'irlandesi 'sso così fessi a magnà sta rroba, io che ce posso fà??
Se ss'imparano a magnà e cucinà bono, 'i 'so costretto a tornà a zappà a terrà in Italia... E che in Italia mica 'se magnano 'sta roba, mica 'so fessi! Gli 'irlandesi 'sso boni solo a bevè la guiness, nun capiscono gnnente...

La frase riassume la forza e la debolezza della comunità. Un business debole, fondato su una nicchia di mercato che chissà perché altri non hanno occupato, business che tutto sommato non richiede particolari specializzazioni, di facile realizzazione, e legato a particolari abitudini alimentari, deve rimanere nelle stesse mani...
Infatti, i matrimoni misti non sono visti di buon occhio, a volte decisamente osteggiati e, molti tra quelli che hanno sposato un'irlandese, sono stati spesso oggetto di un palese ostracismo dalla comunità...
Gli Irlandesi possono essere buoni come clienti, o al massimo come vice-aiuto-sostituti al banco, specialmente al sabato notte, quando questi esercizi fanno affari d'oro.
Troppo cattiva l'analisi?
Non credo, purtroppo generalmente l'attitudine di vita di questi signori, è proprio questa.
Addirittura certi preferiscono mandare le donne a partorire in Italia, e c'è più di uno che al compimento dei sei anni spedisce i figli in Italia da parenti per frequentare le scuole, ma dopo la terza media via, su in Irlanda a friggere!
Questo non toglie però che qualcuno frequenti le scuole in Irlanda, magari anche il college, e sono proprio questi ultimi, negli ultimi tempi in numero crescente, che iniziano a sentire stretta la gabbia che gli è stata costruita attorno.
Come dicevo prima queste persone sono sparpagliate per le periferie e le zone semi-centrali di molti centri urbani. Non esiste un quartiere "italiano&qugiot; e talvolta mutuano l'abitudine (e inconsciamente imitando) dei cinesi di fare casa & bottega, abitando nello stesso edificio, o negli immediati paraggi della loro attività di fritteria. Però qualche minimo segnale di cambiamento arriva. Nel 2001 il Fish & Chips di "beshoff" uno di quelli più antichi e non in mani italiane, era gestito da un direttore di sala italiano dall'inconfondibile accento ciociaro (in italiano).
Si potrebbe continuare a parlare molto di questi nostri connazionali, ma credo che sia meglio riassumere per punti le loro caratteristiche.
  • Si tratta di un'emigrazione decisamente "anomala", perché l'Irlanda fino a pochi anni fa era un paese niente affatto ricco e, esso stesso "esportatore" di emigranti per tutto il mondo anglosassone ed oltre; il tasso di disoccupazione era ben oltre il 20%

  • Il tipo di attività da loro svolto, non ha assolutamente riscontro nè tradizione qui in Italia, tantomeno nella loro zona di origine risulta una tradizione di Fish & Chips.

  • La peculiarità della provenienza da una ben precisa e delimitata zona d'Italia.

La chiusura e la cattiva attitudine (in genere) che i nostri "frittaroli" hanno per l'Irlanda e gli irlandesi. Nel migliore dei casi li sopportano... raramente, anche dopo generazioni iniziano a far parte del tessuto sociale che li circonda. La loro massima aspirazione è farsi una "casona" giù al paese e di ritornarci di tanto in tanto sfoggiando la macchinazza da 5000 di cilindrata.

Concludo questo piccolo "excursus" tematico raccontando una vicenda vissuta personalmente, che credo sia piuttosto interessante, anche se spero che non sia così nella totalità dei casi.
Nel 1987, già ero "fisso" a Dublino e torno per Natale in Italia.
Credo che fosse il 4 dicembre quando mi attendeva il volo Aer Lingus per ritornare. Aeroporto di Fiumicino, i banchi dell'accettazione sono vuoti. Ai cancelli siamo in pochissimi e tutto il volo è di cinque passeggeri e 3 hostess. Seduto nella fila vicino alla mia nel Boeing 737 c'è un ragazzetto dall'aria dimessa e spaesata. Dopo la partenza timidamente mi si avvicina chiedendomi qualcosa e così iniziamo a parlare. Il ragazzino è di Broccostella (da dove ha scritto Luigi nel forum,) ha compiuto da pochi giorni 18 anni, ed è diretto a Dublino per andare a lavorare nel "ristorante" di un suo zio. Mi chiede dell'Irlanda e se io anche sono nel campo della ristorazione. Non parla una parola d'inglese. Passiamo tutto il volo chiacchierando.
All'arrivo a Dublino passiamo la dogana (Schengen era ben lontana da venire) io come documento di riconoscimento mostro la mia tessera CIE degli autobus, funziona! (incredibile ma ho passato più volte il confine così, anche via nave...) Il ragazzo invece viene fermato dalla polizia aeroportuale. Ha un biglietto di sola andata non intestato a lui, nessun bagaglio oltre una borsina di plastica dell'upim con dentro un maglione e 30.000 lire in tasca.
Iniziano ad interrogarlo, ma il poveretto non capisce una parola di quello che gli chiedono. Mi offro come interprete e spiego ai poliziotti quello che mi ha raccontato lui.
"A new slave in a fish and chips" commenta un sergente. Lo lasciano andare, io sinceramente non capisco tutta la situazione. Comunque saluto il ragazzino e mi avvio fuori ad attendere il 41 per andare in centro. Fuori la fermata dopo qualche minuto sento uno strombazzamento e vedo una vecchia e rugginosa fiat 132 targata Parma (?) con su il ragazzo e un omone: lo zio.
I due mi offrono uno strappo fino in centro. Nel percorso si parla e lo "zio" sembra estremamente meravigliato di conoscere un italiano che si è trasferito in Irlanda perché gli piace...
"Devi avere qualcosa che non funziona figlio mio, come fa agi piacerti una schifezza di posto come questo? Io sto qui perché faccio un sacco di "punti" (neologismo italo-gaelico usato ampiamente dagli italo-frusinati per indicare i Punt Irlandesi) ma appena posso vendo tutto e me ne torno al paese... io qui non ci voglio morì..."
Rinuncio ai commenti, troppo distanti le nostre attitudini verso la nazione ospitante...
Al momento di congedarci mi lascia il suo bigliettino da visita: un fish & chips a Dublin south, zona Stillorgan- Leopardstown. Il ragazzino aggiunge: vienimi a trovare, mi farà piacere.
Arrivato a casa butto il bigliettino in un angolo di un cassetto e rapidamente dimentico l'accaduto.
Un mese dopo, un mattino casualmente mi ritrovo dalle parti di Stillorgan, dove il ragazzino lavora dallo "zio frittarolo". Mi ricordo dell'incontro e per curiosità provo a passare davanti al negozio (chiuso) e sbirciando dietro i vetri scorgo il ragazzino che lava il pavimento. Busso sui vetri e lui immediatamente mi riconosce e mi apre la porta. Baci abracci e sorrisi. Mi racconta della sua "avventura". Per farla breve la riassumo per punti...
  • Vive in un buco di soffitta sopra la fritteria;

  • Mi assicura che sono in tanti nella sua situazione;

  • Pela patate tutto il giorno (sui due quintali dice lui);

  • Le frigge...;

  • Non frigge ancora il pesce perché non è "all'altezza";

  • Si occupa delle pulizie e dei lavori "pesanti";

  • Finché non imparerà l'inglese non sarà mai al banco;

  • La paga era 30 Pounds al mese (vitto & alloggio inclusi).

Dopo un anno il ragazzo era ancora lì. Era avanzato di "grado" e friggeva anche i pesci, oltre alle patate. La sua paga era stata aumentata a 45 Pounds al mese.
Per inciso voglio aggiungere che al tempo (1987, poi hanno stretto di molto la borsa...) il cosidetto "dole" (elemosina) concesso dallo stato Irlandese tramite gigli uffici dell'assistenza sociale UNIVERSALMENTE a tutti i suoi cittadini e tutti quelli della CEE, anche senza aver mai svolto alcuna attività lavorativa, ammontava a 33,75 Pounds + l'eventuale contributo per l'affitto, di circa 15 pounds alla settimana...
Non ho più visto quel malcapitato ragazzo.
Spero abbia veramente migliorato la sua posizione. Da quell'incontro e dalla realtà scoperta grazie a quel fortuito incontro, ho incominciato pian piano a scoprire una realtà che mi ha piuttosto sorpreso...


Testo redatto da Fabio Riccio
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