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L'Irlanda paragonata all'Africa

Ultimo Aggiornamento: 23/04/2006 19:28
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29/03/2006 23:51
 
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È un articolo un po’ vecchiotto per la verità, trovato su La Repubblica del 23 dicembre scorso, ma mi è capitato tra le mani solo adesso.
Forse è meglio sorvolare il mio commento su ciò che il signor Theroux dice di Bono (le cose non stanno proprio come lui afferma…), volevo puntare l’attenzione sul paragone fatto con l’Irlanda. Voi cosa ne pensate?

Di Paul Theroux
TEDIANDO tutti con i racconti sul suo villaggio adottivo di Borrioboola?Gha, "sulla riva occidentale del fiume Niger", Mrs Jellyby tenta di salvare gli africani aiutandoli "a produrre gambe per pianoforti e stabilire un'attività di export”, il tutto mentre annoia le persone con richieste di denaro. Sembra essere il destino dell'Africa, l'essere il teatro di parole vuote e pubblici gesti. Ma quel che più è evidente nell'impegno di molti personaggi celebri per migliorare l'Africa è la loro necessità di migliorare la propria immagine. Hanno più problemi queste persone che tentano di aggiustare l'Africa, che l'Africa stessa. L'idea che l'Africa abbia problemi irrisolvibili e nessuna prospettiva, e che possa essere salvata solo da personaggi famosi e con concerti contro la fame nel mondo è una pensata dannosa e ingannevole.
Per chi, come me, quarant'anni fa, facendo parte del Peace Corps, ha lavorato nelle regioni rurali del Malawi, le successive visite e le storie che sì raccontano su questo sfortunato paese sono motivi di grande sconforto. Motivo di maggior sgomento sono quasi tutte le soluzioni che vengono proposte. Non mi riferisco agli aiuti umanitari, o per le emergenze, o per educare la popolazione riguardo l'Aids o per avere farmaci accessibili. Parlo del programma Più Denaro Ancora. Da tempo, sembra essere questa l'unica soluzione. Ma non è più cosi. Non invierei denaro raccolto tra i privati a organizzazioni nonprofit o aiuti a un qualsivoglia governo se questi non fossero disposti a rendicontare ogni singolo dollaro, cosa che non avviene mai. Il trasferimento di risorse senza criterio alla vecchia maniera non è solo uno sperpero, è anche stupido e dannoso.
Il Malawi ora è meno istruito, più colpito dalle malattie e carente di servizi di quando io ci vissi e ci lavorai negli anni'60. Ciò non è imputabile alla mancanza di aiuti o di donazioni in denaro. Il Malawi è stato beneficiario del lavoro di migliaia di insegnanti, medici e infermieri stranieri e di consistenti quantità di aiuti finanziari; eppure, da paese promettente è retrocesso a paese in fallimento. Siamo stati convinti che il Malawi sarebbe presto diventato un paese autosufficiente quanto alla disponibilità di insegnanti. E lo sarebbe diventato salvo che per decenni abbiamo continuato a spedirvi maestri del Peace Corps. Ai malawiani ciò andava bene perché significavi che ci sarebbero andati i maestri americani a insegnare nelle scuole della giungla - una cosa che i malawiani odiavano fare- , e perché permetteva a malawiani istruiti di emigrare. I malawiani evitavano allora l'insegnamento perché le retribuzioni e lo status erano bassi. Quando fu fondata l'università del Malawi, i docenti stranieri furono ben accolti e, per motivi politici, pochi di loro furono poi sostituiti da malawiani. Anche le risorse in denaro erano un problema, anche se ai ministeri non mancarono mai le Mercedes. I formatori nel campo medico arrivarono da altri posti. Il Malawi cominciò a formare le proprie infermiere, che però furono attirate in Gran Bretagna, Australia e Usa, cosa che comportò nuovamente la necessità per il Malawi di ricorrere a infermiere straniere. E cosa accade quando, nel 2000, il ministro dell’Istruzione si appropriò dei milioni di dollari che costituivano l'intero bilancio per l'educazione, o quando il presidente zambiano ne intascò ancora di più l'anno successivo, o di fronte allo sperpero da parte della Nigeria della ricchezza derivante dal petrolio? Bono e gli altri portavoce dei problemi dell'Africa si lanciarono a chiedere ancora la cancellazione del debito e altri aiuti. Fui accolto con poco entusiasmo quando a una conferenza alla Gates Foundation indicai i successi delle politiche responsabili nel Botswana, confrontandole con la cleptomania dei suoi vicini e ricordando le decine di milioni spariti nelle tasche dei politici in Zambia e nel Malawi. I donatori acconsentono a questi comportamenti chiudendo un occhio sulle cattive pratiche di governo e sulle vere ragioni del fallimento di questi paesi.
Gates ha detto ingenuamente che vuole liberarsi del peso dei suoi miliardi. Bono è uno dei suoi consulenti fidati. Gates vuole mandare computer in Africa: un'idea inutile, per non dire folle. lo manderei penne e matite, scope e spazzole: le scuole in Malawi ne hanno un disperato bisogno.
Non invierei altri insegnanti. Mi aspetterei che i malawiani stessi restassero a insegnare.
Ai paesi africani non manca la manodopera. E non sono neppure quei casi disperati che sembrano essere. Hanno perso la fiducia in se stessi a causa dei cattivi governi e sono stati fuorviati dai donatori, dalle agenzie umanitarie, dall'urbanizzazione selvaggia e dal volgare materialismo del mondo che li ha invasi. Le montagne di vestiti usati che mandate tutti i Natali hanno distrutto l'industria tessile africana.
Il Malawi era, ai miei tempi, un paese di foreste lussureggianti abitato da 3 milioni di persone. Ora è una terra arida e deforestata con 12 milioni di abitanti; i fiumi sono intasati di sedimenti e ogni anno si ripresenta il rischio di inondazioni devastanti. Gli alberi sono stati tagliati per fare legna da ardere e per liberare terre a un'agricoltura di sussistenza. Il Malawi ha avuto due presidenti nei primi quarant'anni. Il primo, un megalomane che chiamava se stesso il messia; il secondo un furfante, il cui primo atto ufficiale è stato apporre il suo rotondo faccione sulle banconote. Due anni fa, è arrivato al potere un uomo nuovo, Bingu wa Maturika, che ha inaugurato il suo regime annunciando l'acquisto di una flotta di Maybach, una delle auto più care del mondo.
L'Africa è un posto meraviglioso - molto più meraviglioso, pacifico, forte e, seppur non ricco, naturalmente più autosufficiente di quanto si è soliti presentarlo. Ma poiché appare cosi incompiuta e diversa dal resto del mondo, un panorama nel quale le persone possono darsi una nuova personalità, attrae i mitomani, le persone che vogliono convincere il mondo del loro valore. Di queste ne arrivano di ogni tipo e rappresentano una grande minaccia. I molto impegnati personaggi famosi bianchi stanno dando dell'Africa un'immagine distorta. Vedendo Brad Pitt e Angelina Jolie in Sudan, mentre coccolavano dei bambini e insegnavano al mondo la carità, mi hanno ricordato Tarzan e Jane. Bono non è convinto solo d'esser la soluzione per i mali dell'Africa, ma grida così forte che sembra che gli altri siano d'accordo con le sue soluzioni. Bono sì è recato in Africa nel 2002 con l'ex segretario al Tesoro statunitense per un giro nelle capitali di vari paesi, con il suo messaggio urlato per l’annullamento del debito; di recente ha pranzato alla Casa Bianca, dove ha blaterato ancora sul programma Ancora Più Denaro e sul fatto che i paesi africani non abbiano prospettive. Ma è vero? Se Bono, nella sua visita in Malawi, fosse stato più attento, vi avrebbe visto una Irlanda. Entrambi i paesi si sono caratterizzati per secoli di carestie e fame, conflitti religiosi, lotte intestine, famiglie incontrollabili, presuntuosi capi clan, denutrizione, raccolti distrutti, antiche ortodossie, una socievolezza tediosa, abusi sull'infanzia, problemi dentali e un clima spaventoso. Il Malawi, come l'Irlanda, è stato colonizzato da lontani proprietari terrieri inglesi e governato anch'esso governato dai preti. Fino a pochi anni fa, in Irlanda era vietato acquistare profilattici, non si poteva divorziare, ma - come nel Malati – era facile trovare la birra a secchi e l'alcolismo era una maledizione nazionale. L'Irlanda, quell’isola della non-azione o, per dirla con le parole di Joyce, “la scrofa che divora la figliata", è stata il Malawi dell'Europa e in buona parte per ragioni identiche, con il suo export costituito da emigranti, manodopera e cornamuse.
Suscita tristezza l'idea che per molti africani sia più facile viaggiare a NewYork o a Londra che nelle regioni del loro paese. Quando i miei zii spediscono da Nairobi una cartolina che raffigura un leone, s'è portati a pensare che abbiano visitato tutto il Kenya. Ma la maggior parte del nord del Kenya è zona vietata: non vi arrivano gli aerei e quasi non ci sono strade per raggiungere la città frontaliera di Moyale, sulla frontiera con l'Etiopia, dove s'incontrano cammelli striminziti e banditi che scorrazzano. L'ovest dello Zambia sparisce dalle mappe, il sud del Malawì è terra incognita, il nord del Mozambico è ancora un mare dì mine antiuomo. Ma lasciare l'Africa è invece abbastanza facile. Un recente studio della Banca mondiale ha confermato che l'arrivo nei paesi africani di personale qualificato dal Primo mondo è stato rovinoso. L'Africa non ha una vera carenza di manodopera. All'Africa manca fiducia in se stessa e, in generale, leadership. E l'Irlanda potrebbe essere un modello. Dopo secoli in cui hanno desiderato d'emigrare in altri paesi, gli irlandesi hanno scoperto che invece di elemosinare la carità potevano cambiare le cose da soli. Istruzione, un governo razionale, abitanti che restano e un po' di semplice diligenza hanno trasformato l'Irlanda da paese divoratore di risorse in nazione prospera.

Paul Theroux è autore di vari romanzi e libri di viaggio, tra i quali "DarkStarSafari"(Baldini e Castoldi).









[Modificato da anam cara 29/03/2006 23.56]

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09/04/2006 23:27
 
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Ho trovato questo articolo molto interessante.
D'altronde l'autore non è l'unico a criticare la cosiddetta rockstar economy, la ricetta proposta da Bono secondo la quale è indispensabile ridurre il debito per risolvere i drammi del terzo mondo.

Probabilmente il paragone con l'Irlanda è un po' forzato, nel senso che comunque l'Irlanda partiva da condizioni migliori e ha avuto la fortuna di essere inserita nella Comunità Europea.
Giusta tuttavia l'osservazione sulla pioggia di aiuti che evapora al sole e sulla corruzione come uno dei grandi mali del continente nero.
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23/04/2006 19:28
 
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E in effetti anche a me il paragone sembra un po' esagerato. Insomma, sarà pure vero che i due paesi hanno in comune certe "situazioni del passato", ma questo non mi sembra sufficiente per proporre un simile accostamento. Non sono mica gli unici ad essere stati governati da preti, ad avere un clima spaventoso(?), problemi dentali (??)...per non parlare della socievolezza tediosa...quest'ultima proprio non l'ho capita. [SM=g27833]

P.S. Per la cronaca l'idea di Bono non è quella della benificienza fine a se stessa. Credo sappia bene che il problema dell'Africa non è una questione di soldi.



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