In Memoria di Gabriele

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ermolazza
00lunedì 12 novembre 2007 10:21
Volevo aprire questo post per ricordare Gabriele, il tifoso di 26 anni ucciso ieri ad Arezzo da un colpo di pistola partito da un agente di polizia. ho già mandato un messaggio a nome di tutti i tifosi italiani residenti a Dublino sia sul blog del ragazzo che su vari siti del tifo laziale.

CONDOLIANZE...nn si puo morire cosi..per uno sport...senza parole.
fergus
00sabato 17 novembre 2007 13:46
Un corsivo di Jacobelli
Ha ragione Cristiano Sandri quando chiede rispetto per la memoria di Gabriele e non vuol sentire parlare di perdono per chi l'ha ucciso. Anche perchè, obbedendo ad un'elementare impulso di rispetto umano, in questo Paese sarebbe ora di piantarla di applaudire i morti e chiedere perdono ai vivi. Purtroppo non è mai così. La colpa è anche di alcuni rappresentanti della nostra categoria: qualche volta fanno a pugni con il congiuntivo, ma sempre fanno a botte con la decenza. Gabriele Sandri ha perso suo fratello cinque giorni fa, i suoi funerali sono stati celebrati due giorni fa, oggi ha convocato una conferenza-stampa per dire no a qualunque strumentalizzazione ed ecco che si alza il solito melassato per chiedere se non sia già il tempo del perdono.



Fanno la stessa domanda ai familiari delle vittime del terrorismo e della mafia, delle stragi impunite e dei delitti più atroci. Perdono? E perchè non castigo, certezza della pena, punizione severa per chi risulta colpevole? A forza di perdonare, minimizzare, sorvolare, graziare, in Italia è successo di tutto e di peggio. Va bene che in questo Stato non si fanno prigionieri, nel senso che si rimettono in libertà quasi 30 mila detenuti grazie all'indulto, perchè le carceri scoppiano e anzichè costruirne di nuove è meglio sgombrare le vecchie che ovviamente tornano sovraffollate nel giro di un anno.



Però sarebbe ora di cambiare andazzo. Come sarebbe ora di rispettare i morti imparando a rimanere in silenzio. Ricordo i funerali di George Best a Belfast, Irlanda del Nord e quel carro che trasportava il feretro, sotto la pioggia, sino alla Casa del Parlamento, con migliaia di persone che si inchinavano al suo passaggio. Molti non trattenevano le lacrime, altri piangevano, nessuno batteva le mani. Da noi no. Da noi ogni funerale diventa l'occasione per fare chiasso sempre e comunque. E poi dicono riposa in pace.

di Xavier Jacobelli
scottishflag
00sabato 17 novembre 2007 13:56
Re: Un corsivo di Jacobelli
Ineccepibile. Chapeau.
Antongiu
00sabato 17 novembre 2007 15:23
Re: Re: Un corsivo di Jacobelli
in tutta questa storia ci sono pero' delle cose talmente paradossali da sembrare inverosimili.
Innanzitutto l' atto di "solidarieta'" degli atalantini nei confronti dei laziali. Hanno fermato una partita per mostrare il loro dissenso per la morte di "uno di loro", eppure sapevo che tra le due tifoserie c'e' tutto tranne che amicizia. Ricordo solo io quanto e' successo appena 2 mesi fa? L'eco di Bergamo
.
Al funerale poi c'erano bandiere, sciarpe, cori e "tifosi" di ogni squadra che piangevano e inneggiavano al nome di Gabriele...ma in una domenica normale, se avessero incontrato "Gabbo" fuori ad uno stadio, costoro gli avrebbero teso una mano in segno di amicizia od una coltellata piuttosto?



pedro1974
00mercoledì 2 gennaio 2008 18:28
giustizia all'italiana.

se ad uccidere é un "servo dello stato", l'impunita é garantita.

veritá per Gabriele!



=altrairlanda=
00mercoledì 2 gennaio 2008 19:39
Re:
Ho unito le discussioni perche' riguardano lo stesso argomento.

un ultimo pensiero:
l fatto che gli amici di Gabriele, e forse lui stesso, fossero armati di
coltello qualifica solo queste persone ma non assolve nè attenua le
responsabilità di chi ha improvvidamente sparato da 70 metri ad alzo d'uomo.

R.I.P.

pedro1974
00giovedì 3 gennaio 2008 14:42
rispondo ad alcuni pensieri.
permettetemelo.
sono un ultras, quella domenica ci sarei potuto stare io in quella circostanza.

un pó di chiarezza.
non é stato trovato nessun coltello nell'auto, si e trattato solo di un tentativo di depistaggio di p.s coadiuvati dai soliti servi, i media.

chi si ricorda al g8, dopo la morte di giuliani, quel personaggio in divisa, che davanti alle telecamere, brandendo un sasso gridava "l'hai ucciso tu con un sasso!".
la verita ha dimostrato l'opposto.

ma si sa, c'e chi sta pagando (in carcere) perché quella domenica, pieno di rabbia, ha rotto qualche vetro e qualche auto, e chi percepisce ancora il suo stipendio pagato dai cittadini, seppur reo di una morte.

ad antonio, hai ragione, se avessi incontrato gabriele, da buon napoletano lo avrei affrontato e non per tendergli la mano.
ma non pensare che tutti i criminali, come ci descrivono, usano coltelli o armi.

le mie parole, sono per rendere il giusto ricordo a chi non puó piú seguire un'ideale.

Antongiu
00giovedì 3 gennaio 2008 15:03
Re:
pedro1974, 03/01/2008 14.42:

rispondo ad alcuni pensieri.
permettetemelo.
sono un ultras, quella domenica ci sarei potuto stare io in quella circostanza.

un pó di chiarezza.
non é stato trovato nessun coltello nell'auto, si e trattato solo di un tentativo di depistaggio di p.s coadiuvati dai soliti servi, i media.

chi si ricorda al g8, dopo la morte di giuliani, quel personaggio in divisa, che davanti alle telecamere, brandendo un sasso gridava "l'hai ucciso tu con un sasso!".
la verita ha dimostrato l'opposto.

ma si sa, c'e chi sta pagando (in carcere) perché quella domenica, pieno di rabbia, ha rotto qualche vetro e qualche auto, e chi percepisce ancora il suo stipendio pagato dai cittadini, seppur reo di una morte.

ad antonio, hai ragione, se avessi incontrato gabriele, da buon napoletano lo avrei affrontato e non per tendergli la mano.
ma non pensare che tutti i criminali, come ci descrivono, usano coltelli o armi.

le mie parole, sono per rendere il giusto ricordo a chi non puó piú seguire un'ideale.




sul coltello, le indagini e G8 non mi esprimo perche' ognuno la vede come vuole, a me basta che il poliziotto sia stato accusato dal PM di omicidio volontario e non omicidio colposo (e chi se ne intende di diritto sa che c'e' una profonda differenza in termini di pena).
Pero' ti prego di non dire che "da buon napoletano" lo avresti affrontato a botte, perche' non si tratta di essere napoletano o meno, i violenti non hanno cittadinanza e quelli della mia citta' che lo fanno sono tutto tranne che "buoni", infatti non rappresentano ne' me ne' la mia citta', che e' fatta anche di persone molto perbene, nonostante tutto quello continuo a leggere e vedere e che mi fa morire di vergogna.
Tameko
00domenica 6 gennaio 2008 17:58
Re:
pedro1974, 03/01/2008 14.42:

rispondo ad

ad antonio, hai ragione, se avessi incontrato gabriele, da buon napoletano lo avrei affrontato e non per tendergli la mano.
ma non pensare che tutti i criminali, come ci descrivono, usano coltelli o armi.

le mie parole, sono per rendere il giusto ricordo a chi non puó piú seguire un'ideale.




Ho letto questo messaggio e mi sono venuti i brividi.
Soprattutto alle parole "lo avrei affrontato".

Scusa se ti sembro brutale e maleducato nei tuoi confronti, ma come cavolo ragioni???
A 34 anni, così c'è scritto nel tuo profilo, cerchi di nobilitare la rissa da stadio, come fosse qualcosa di epico ed eroico, di gladiatori che anche quando si fracassano di legnate si rispettano perché vedono nell'avversario un fanatico uguale ed opposto?

Siamo a questi livelli, ai discorsi dei colori della squadra da difendere ad ogni costo?
I colori di un gruppo di persone che rappresentano una città tirando calci a un pallone?
Menare uno, con rispetto e onore s'intende, solo perché della squadra opposta?
Ti riferisci a questo quando parli di ideale?

Per forza poi crollano le iscrizioni alle squadre giovanili di calcio e decollano quelle alle squadre di rugby: se questo è come tu e gli altri intendete il calcio, questo sport non ha proprio più nulla da dire.

Pedro, hai mai visto i reduci a Dublino dagli incontri di hurling? Comitive di famiglie e giovani con bandiere e maglie di squadre diverse che passeggiano per O'Connell Street fianco a fianco.
Nessuna rissa, nessun coltello, nessun onore da difendere.
L'altro non è un avversario da picchiare con onore e rispetto. L'altro è un avversario da rispettare e... basta.
E la sera si ritrovano assieme nello stesso pub a bere pinte.

Questo è un ideale, non i discorsi sull'affrontare il nemico.
Quella è solo violenza.
pedro1974
00martedì 8 gennaio 2008 15:25
@ tomeko ed a tutti quelli che giudicano senza sapere...quello che si ha dentro, come si vive, come si é ultras, non lo si spiega a parole.
da bravo benpensante potrei chiederti che gusto si trova a bere birra, alcool ed ubriacarsi(e magari a vomitare o urinare su muri e strade...), a ballare fino all'alba (e magari disturbare la quiete pubblica...), a fumare dando fastidio alla gente che ci circonda e buttando el cicche in strada, ma io a differenza di chi lo fa, non sono un benpensante, non giudico gli altri senza sapere di cosa si parla.


a chi interessasse, le parole del fratello di Gabriele, un avvocato (sorpresa gli ultras non sono tutti brutti, sporchi e cattivi come i giornali li descrivono?????????????) che con la famiglia sta cercando la verita per un fatto, inequivocabile: la morte di un giovane, ucciso da un poliziotto, SENZA MOTIVO!



Parla Cristiano Sandri: "Vogliono insabbiare tutto"

"La morte non è niente, io sono andato semplicemente nella stanza accanto. Io sono io, voi siete voi. Per voi, io sarò sempre ciò che sono stato. Datemi sempre il nome che mi avete dato, parlatemi cone avete sempre fatto. Non usate un tono diverso, non assumete un’aria austera o triste. Continuate a ridere di ciò che ci ha fatto sempre ridere. Pregate, sorridete, pensate a me, che il mio nome sia pronunciato in casa come è sempre accaduto senza alcuna enfasi, senza una traccia d’ombra. Il senso della vita è sempre lo stesso. Il filo non si è interrotto. Perché dovrei essere fuori dai vostri pensieri semplicemente perché sono fuori dalla vostra vita? Io non sono lontano, sono solamente dall’altro lato della strada".
Dall’altro lato della strada c’è il negozio della famiglia Sandri. Il fratello Cristiano e il papà Giorgio raccontano di Gabriele e di un omicidio che nelle cronache è quasi dimenticato, confuso, più o meno strumentalizzato; che nelle aule giudiziarie deve ancora fare il suo corso e che non sia lungo, possibilmente corto. Tirano fuori quelle parole che dentro non finiscono mai. Non smettono. Insieme alle domande. Le risposte devono essere ancora date. Troppe. In ritardo. Inutili. Dovute. Si parla di Gabriele Sandri perché è giusto così, perché non si può dimenticare, perché glielo chiedi, perché altrimenti loro non lo farebbero tanto per farlo. Ovvio. Santo. C’è tanto silenzio e non c’è nemmeno sole alla Balduina ieri. Ieri è ancora come l’altro ieri. Dall’altra parte della strada Cristiano è diventato più grande dei suoi 33 anni, il papà entra un po’ più tardi prima di chiudere il mondo fuori. Lì, dall’altro lato della strada. Prima di tutto c’è sempre quella carreggiata, poi la notizia e come è stata raccontata.
Cristiano Sandri quali sono le parole che ancora vanno dette?
«Voglio dire quello che avevo in testa i primi giorni dopo l’omicio di mio fratello, far presente meglio tutto quel bailamme mediatico e la strumentalizzazione che hanno fatto della morte di Gabriele: hanno parlato di violenza nel calcio, di decreti, di scontri, hanno richiamato il caso Raciti ma Gabriele con tutto questo non c’entra niente. Hanno ucciso un ragazzo e hanno provato a nasconderlo. Già dall’inizio».
Per come è stata diffusa la notizia?
«Per quello, perché non hanno fermato il campionato, per quello che è stato sostenuto in una conferenza stampa talebana del questore di Arezzo dove è stato impedito ai giornalisti di fare domande, per quello che si diceva ancora il giorno dopo in Parlamento: si sosteneva la tesi incredibile di un colpo sparato in aria, si prendeva tempo».
Perché?
«La discriminante è la divisa. Il fatto che ci fossero di mezzo le istituzioni in un delitto talmente grave, così grave, ha fatto sì di cercare fino alla fine di nasconderlo, di salvare il salvabile. Ma non c’era più niente da salvare. Hanno fatto emergere un’immagine distorta di quello che era accaduto, hanno parlato di terrorismo... una cosa simile è degna dei peggiori regimi dittatoriali. "Caso Sandri: arrestati i terroristi". In Italia è andata così, all’estero la BBC ha aperto: "Poliziotto uccide a sangue freddo un tifoso". Non è un titolo, né una forzatura, è stata la realtà».
Adesso, da tempo, se ne parla poco.
«Adesso c’è silenzio. Assordante. Eppure una notizia così andrebbe sviscerata da tutti i punti di vista, andava trattata dai vari Porta a porta e Matrix che, a parte l’immediatezza della notizia, a parte l’audience che facevano all’istante, non hanno detto più niente. Oblio».
Quanto voluto?
«O voluto o dettato dalla tirature di copie, dallo share. Ma com’è possibile che le armi si usino così? Come non parlarne? Come non sviscerare una notizia così grave? Così grande nella sua gravità?. Io ho ringraziato personalmente il testimone che ha raccontato di aver visto quel signore mettersi in posizione per prendere la mira perché altrimenti ho paura che ancora oggi staremmo a parlare di colpi sparati in aria. Ho detto che il silenzio è assordante perché lo abbiamo ascoltato in prima persona, soprattutto qualche giorno fa».
Qualche giorno fa sono uscite delle perizie...
«Già, parliamo di perizie e di accertamenti tecnici: questo signore, questo agente, ha avuto la voglia di sparare. Per quanto riguarda la tesi della deviazione della pallottola, l’unica che potrà sostenere la difesa, gli accertamenti che sono stati depositati riguardano gli elementi chimici rinvenuti sul proiettile per vedere appunto se ha toccato qualche colpo estraneo prima di uccidere Gabriele. Dalla relazione del consulente del pubblico ministero, quindi non il nostro, emerge che non ci sono elementi che possano indicare l’impatto con un corpo diverso. Noi questa relazione l’avevamo in mano da venti giorni, ma ci dicevamo: "Ora se occuperà la stampa, adesso arriverà la televisione", invece se non fossimo stati noi a fornire un’indicazione del genere non se ne sarebbe parlato per quel po’ che si è tornato a fare. Non se ne sarebbe parlato per niente».
Fa aumentare la rabbia?
«Sì, perché ti trovi impotente... Noi ci troviamo in difficoltà perché non vorremmo emergere come quelli che forniscono le informazioni alla stampa o che vanno per televisioni, però... Dopo due giorni avremmo potuto lanciare un’agenzia, ne abbiamo aspettati venti».
Il presidente Napolitano nel suo messaggio di fine anno non ha ricordato Gabriele, ve l’aspettavate?
«Il presidente Napolitano è stata la seconda persona dopo Veltroni a farsi vivo con noi, e si è fatto sentire veramente. Ci ha detto di essere rimasto sgomento per un evento del genere, ha parlato di gravità estrema. Il presidente non ha parlato di generica violenza negli stadi come hanno fatto certi media, cercando l’orribile equazione: è stato ucciso un poliziotto, poi un tifoso... »
Invece...
«Invece il calcio non c’entra niente. Che quei ragazzi andavano a vedere la Lazio a Milano si è saputo dopo. Chi ha sparato a 60 metri, con le auto che passavano, coi ragazzi che non avevano né sciarpe né bandiere, non sapeva fossero tifosi. E’ stato un atto di volontà di uno scellerato, di un delinquente, come ha avuto modo di dire il procuratore capo di Arezzo, non io».
Ci sono sentimenti di rabbia nei confronti delle forze dell’ordine?
«Noi non vogliamo generalizzare, capiamo bene che non tutti gli ambienti sono uguali, che ogni categoria ha i suoi interpreti. Proprio per questo chi ha sbagliato deve pagare. Abbiamo avuto la visita del capo della polizia, il dottor Manganelli, che ha ammesso la responsabilità di quell’appartenente alle forze dell’ordine»
Avete amici poliziotti?
«Sì, ne abbiamo anche come amici di famiglia».
Come si sono posti?
«Con difficoltà , non si spiegavano, non si spiegano come sia potuto accadere una cosa simile, un gesto così sconsiderato: un’arma un poliziotto la deve usare perché è in pericolo la vita propria o quella degli altri. Basta».
Non sono state prese alcune misure cautelari nei confronti dell’agente Spaccarotella.
«Questo signore è a piede libero. Tutti quanti si sono sbrigati a dire, giustificando col ritornello "l’inquinamento della prova, reiterazione del rato, pericolo di fuga... non ci sono gli estremi per..." Beh... Per l’inquinamento della prova non è stato detto nulla sul fatto che la zona in cui ha sparato il poliziotto non è stata posta sotto sequestro, dei due colpi che sono stati sparati, caso strano, è stato rinvenuto soltanto il bossolo del proiettile che secondo loro è stato sparato in aria, e non quello che invece ha raggiunto mio fratello. Per quanto riguarda la reiterazione del reato... uno che prende un’arma e spara con questa facilità si può immaginare anche che un giorno esca di casa e dia una bastonata in testa a qualcuno. Ecco, facciamolo qui il parallelismo con il caso del povero Raciti dove il minore indagato è stato raggiunto dalla custodia cautelare. E non c’entrava. "La legge è uguale per tutti", c’è scritto sui banchi delle aule di giustizia. Dovrebbe. E dovrebbe far riflettere».
Il tempo che variabile è adesso?
«Noi confidiamo nella celerità del procedimento, a febbraio verranno depositate le ultime relazioni sugli accertamenti disposti dal pubblico ministero, e da lì a poco attendiamo che il pm concluda le indagini e richieda il rinvio a giudizio del poliziotto. Noi immaginiamo in primavera, inizio estate. Non vorremmo che questo silenzio, quest’annacquamento sia l’ombrello sulla notizia perché così quando si arriverà al verdetto magari la posizione dello Spaccarotella venga in qualche modo affievolita».
Quale verdetto sarebbe "affievolito"?
«Per il reato di cui si è macchiato questo individuo il codice penale prevede 21 anni di carcere. Non un giorno di meno».
Non un giorno di meno.
«Non cerco e non cerchiamo vendetta. Ma giustizia giusta. Ci aspettiamo questo giudizio, non un colpo di spugna, né operazioni di ortopedia giuridica per alleggerire la posizione dell’agente che comunque, a mio avviso, sarà molto difficile effettuare».
Spaccarotella, un giorno lo incontrereste?
«No, e io non lo voglio incontrare per il resto della mia vita».
Il perdono?
«In questo momento non ci sono proprio i presupposti per perdonare una persona che senza criterio ha avuto la voglia di ammazzare».
(Interviene il papà) «Una persona che qualche ora dopo aver commesso il fatto ha detto bugie e ha risposto al citofono a voi giornalisti: "Fatemi vivere tranquillo". Come si fa poche ore dopo quello che hai fatto a dire "fatemi vivere tranquillo". Come si fa?».
Tra le tante cose dette, invece quella più importante, quella più bella, più giusta?
«Ciò che ci ha detto Napolitano, il presidente della Repubblica: "Starò sempre al vostro fianco". E poi la gente. L’affetto della gente è più forte di ogni strategia comunicativa, più forte del silenzio. La vicenda ha colpito tutti quanti, perché tutti quanti hanno vissuto la possibilità di avere in quella macchina il proprio figlio, il proprio fratello, il proprio amico. Ci sosterranno anche in futuro per quello che sarà una vicenda che purtroppo durerà nel tempo dal punto di vista giudiziario. In questo, però, sono abbastanza tranquillo: ogni persona non si dimenticherà di questo fatto, ogni persona farà in modo di far trionfare la giustizia giusta. Perché è inaccettabile tutto. Gabriele Sandri dev’essere un momento di riflessione per tutta la società civile».
Quello che ha ferito di più?
(Interviene il papà) «Quando il ministro Amato ha detto che se si prendevano due caffé all’autogrill non sarebbe successo».
«La gestione della notizia, non solo nell’immediato ma due-tre giorni dopo, il fatto che ancora adesso tutti i responsabili siano a loro posto. Magari al poliziotto hanno cambiato mansione per evitare di andare a sparare in giro, ma sta al suo posto; il questore di Arezzo che ci ha regalato quelle dichiarazioni mostruose che hanno ammazzato Gabriele una seconda volta, sta ancora lì, come se non fosse successo nulla. Non so se tutto questo sia stato voluto per non far esplodere la situazione, alzato un polverone apposta: la menzogna dei colpi in area, il no-stop al campionato quando il fatto è avvenuto alle 9.18 e c’era tutto il tempo. Tutto il tempo perché si scatenasse quello che è capitato».
Si è lasciato scatenare?
«Sì, per spostare l’attenzione lontano da quello che è successo. Tutti sapevano nessuno ha fatto nulla, tutti sapevano, nessuno ci ha detto niente. Gabriele aveva i documenti con sé, sapevano chi era, dove abitava e non ci hanno nemmeno chiamato».
Come l’avete saputo?
«A me ha chiamato un amico-collega avvisato da un altro ragazzo, era attorno a mezzogiorno. Dopo mille chiamate per rintracciare il numero di casa (avevo il cellulare spento perché scarico quel giorno) mi ha detto: "Vai ad Arezzo", ma non perché. Mi ha detto: "Però fatti accompagnare", e lì ho capito che era successo qualcosa di brutto. Poi ho chiamato un altro amico per farmi accompagnare ed è lui che mi ha raccontato: "Hai sentito quello che è successo ad Arezzo? E’ stato ucciso un tifoso della Lazio". Mentre andavo, la radio mi ha detto nome e cognome. Mio fratello».
"Mio fratello". Gabriele Sandri, un ragazzo ucciso nella sua auto mentre andava a vedere la Lazio. "Mio fratello". Cristiano Sandri è un tifoso?
«Da 33 anni, sono nato nel ’74, sono della Lazio. Mio padre è tifoso della Lazio, è lui che mi ha portato a vederla quand’ero piccolissimo. Me lo ricordo, era lo stadio di Pisa, una partita di Coppa Italia, avrò avuto sì e no 5 anni . Era sera, c’erano le luci. Più che altro ho immagini di quello stadio. Sono stato abbonato in curva dai miei 16 anni anni fino a i 30, poi, così come va per molti altri che hanno vissuto lo stadio, gli amici si sono spostati in tribuna e con loro anch’io. Mio fratello invece continuava ad andare »
Sei più tornato allo stadio?
«No, da quel giorno no».
Hai intenzione di farlo?
«Sì, perché ho quasi l’impressione che tornandoci fisicamente ci posso riportare anche mio fratello. Certo, quando mi sentirò di affrontare questo... A parte vedere una Curva, la Curva Nord intitolata a Gabriele Sandri fa...Fa».
A Badia al Pino sei più tornato?
«Quando abbiamo fatto i sopralluoghi per le perizie, ho visto non proprio il punto, ma dove hanno messo le sciarpe: i colori di tutte le squadre».
Per certi versi veramente un monumento, non solo simbolico. La morte di Gabriele potrebbe...
«Ho sentito tanti amici, tifosi della Lazio, tifosi della Roma, la morte di Gabriele ha dato una nuova consapevolezza di valori in tanti. La consapevolezza del valore della vita che mai può essere messo in discussione, né a rischio».
La morte di Gabriele può far cambiare in meglio le cose del calcio e quindi anche quelle della vita?
«Sì, è giusto parlare di sacrificio per mio fratello. Dalla sua morte non ho più sentito parlare di episodi di violenza negli stadi. Si deve parlare di sacrificio perché Gabriele possa venir preso sempre a simbolo per situazioni positive, in tutte, non solo nel calcio. Per questo ogni situazione a lui legata dovrà essere ricordata per l’alto valore della vita che rappresenta. Ogni iniziativa fatta sarà in tal senso: il valore stesso della vita».
Per il prossimo derby s’era parlato di fare qualcosa, avete pensate voi a qualcosa?
«Sì, il prossimo derby potrebbe essere un’occasione importante per dimostrare una presa di coscienza di tutti i tifosi, nella circostanza della Roma e della Lazio, ma non solo loro. Purtroppo quando si parla di tifosi lo si fa come ci si riferisse a una categoria di sottosviluppati e non di cittadini, di essere pensanti. Non so se io... sarebbe un’occasione importante. L’ultimo derby l’ho visto proprio con Gabriele ... Potrebbe essere un’occasione anche per me».
(Interviene il padre) «Io vorrei andare in Curva Sud. Come facevi un tempo con gli amici, a giocare a scopetta prima. Io vorrei andare a vedere il derby in Curva Sud».
Tuo fratello lo definiresti un ultrà?
«Anche io, e non solo mio fratello, mi posso definire un ultras, anche mio padre si può definire un ultras, anche tu se lo sei per la Roma. La parola ultras è sentita solo con un’accezione negativa e invece non è così: è il modo più bello di seguire la squadra del cuore ovunque essa giochi, fattivamente, incitandola. Creando quelle amicizie che sono poi la cosa più bella nel seguire questa passone. La goliardia, i sorrisi, i viaggi, la spensieratezza con cui si va allo stadio, oltre che per vedere la partita della squadra del cuore, per lo stare con gli altri, con gli amici e con chi non conosci ma che abbraccerai. Per viaggiare, una giornata insieme, a pranzo come sarebbe capitato a Gabriele se non fosse stato fermato prima... Di andare a vivere. Ad essere così vitali come accade. E la Curva secondo me è una delle massime espressioni nel calcio, il sentimento più alto».
I gruppi ultras della Roma hanno "scioperato" anche perché Gabriele Sandri il sistema se lo era dimenticato...
«Il fatto che si muovano i tifosi o solo qualche giornalista sportivo deve far pensare. Loro, o chi nello stadio è rimasto in silenzio, chi nel mondo ha ricordato Gabriele, sono gli unici che hanno individuato il nocciolo del problema, ed è stato sicuramente un modo civile. Si parla sempre e solo in negativo dei tifosi, degli ultras, poi quando fanno iniziative, o vengono dimenticate o strumentalizzate per coglierci il lato che non va bene».
Una volta si cantava 10-100-1000 Paparelli, adesso si cantano i cori per Gabriele Sandri.
«Ecco che significa Gabriele. E’ un’evoluzione culturale che dovrebbe parlare a molti, che aiuta a far capire certi fenomeni, perché per me quello della violenza negli stadi può essere risolto. La presa di posizione dei tifosi è importante, i tifosi sono persone che hanno una loro intelligenza, che non si fanno condizionare, che non mandano il cervello all’ammasso, ma che vengono dipinti come massa indistinta».
Perché?
«Una forma di controllo. Quando vieni toccato da un fatto del genere pensi a tutto quanto, ti poni tante domande e cerchi di capire per quale motivo si voglia responsabilizzare oltremodo il mondo del calcio e dei tifosi su questioni che dovrebbero essere affrontate diversamente dalla società e dalle istituzioni, e non unicamente con la repressione, con il pugno duro. Dove c’è la repressione c’è la reazione, guarda i rapporti tra padre e figlio: non puoi pensare a punire se non pensi prima di approfondire il rapporto e i suoi motivi».
Se un giorno avessi dei figli...
«Li manderei in curva. Io mi ricordo quando andavo in curva quattro ore prima, l’emozione che mi dava il fatto di poter cantare per la mia squadra, poterla sostenere. È una cosa bellissima perché ti senti partecipe di una comunità autentica, semplice ma forte. Forse veramente lo stadio, e la curva in particolare, è l’unico posto in cui certi ostacoli, certe barriere cadono, il posto più trasversale che ci sia: nessuna differenza di ceto, di istruzione, di professione, di religione. Proprio per questo, visto il modo così genuino e del tutto spontaneo di vivere il calcio e in definitiva la vita, io posso dire che se avrò dei figli sicuramente li manderò in curva. Sempre se lo vorranno».
Sempre laziali eh?
«Po’ esse solo quello».
Quello che conta è un altro. E’ quel nome, Gabriele Sandri, e quel monumento di sciarpe all’autogrill di Badia al Pino...
«Una Fondazione. Stiamo studiando e lavorando per far nascere una Fondazione. A breve ci incontreremo col sindaco e col suo staff per poter organizzare una situazione effettiva e concreta, una Fondazione perché il nome di Gabriele possa essere associato a iniziative benefiche e di costruzione sociale, che comunque possano portare a qualcosa del positivo, possano aiutare chi ne ha bisogno. Si tratta di un’iniziativa impegnativa che dovrà essere strutturata in modo minuzioso e valido».
A Gabriele come piacerebbe essere ricordato?
«Gabriele era il prototipo del ragazzo gioioso, che guardava alla vita unicamente dal lato positivo, quindi sicuramente con un sorriso. Vorrebbe essere ricordato col sorriso che lo contraddistingueva. E questo, come famiglia, cerchiamo di riproporcelo sempre, ogni volta. E come puoi immaginare non è facile. Perché la sua mancanza è talmente tanto grande e profonda che a volte sorridere fa tanto male».
Ti è capitato di sognarlo?
«Ancora no, un sogno così bello ancora non sono riuscito a farlo».
scottishflag
00martedì 8 gennaio 2008 15:51
... porca miseria, non uppate più questo topic che ogni volta devo fare gesti apotropaici e maneggiare oggetti composti dell'elemento chimico di numero atomico 26...

[SM=g27820]
Tameko
00giovedì 10 gennaio 2008 17:55
Re:
pedro1974, 08/01/2008 15:25:

@ tomeko ed a tutti quelli che giudicano senza sapere...quello che si ha dentro, come si vive, come si é ultras, non lo si spiega a parole.
da bravo benpensante potrei chiederti che gusto si trova a bere birra, alcool ed ubriacarsi(e magari a vomitare o urinare su muri e strade...), a ballare fino all'alba (e magari disturbare la quiete pubblica...), a fumare dando fastidio alla gente che ci circonda e buttando el cicche in strada, ma io a differenza di chi lo fa, non sono un benpensante, non giudico gli altri senza sapere di cosa si parla.





Io non ho giudicato senza sapere, io ti ho giudicato (severamente) in base a quello che hai scritto.

Bevo birra e alcolici anch'io, mi sono ubriacato anch'io, ho vomitato e urinato per strada anch'io, sono stato in giro fino all'alba (anche se non a ballare) anch'io... l'unica cosa che non ho fatto e' buttare cicche per strada perche' non fumo.
Non sono un benpensante, anzi no so nemmeno che significhi. Sono un mia-testa-pensante, ossia uso la mia testa nel giudicare detti e fatti altrui.
E il mio giudizio verso chi parla di "affrontare" un ragazzo solo perche' tifa un'altra squadra e' severo e di biasimo.
Sbaglio? Non condividi? Questo e' comunque cio' che penso.

Sai, io ho anche amici ultra'. Non li ho mai sentiti parlare di "affrontare" gli avversari.
Forse perche' per spiegare quello che sentono preferiscono andare allo stadio intonando qualche canto e sventolando striscioni anziche' fare risse.
brigatadellapotta
00giovedì 10 gennaio 2008 23:50
fergus
00venerdì 11 gennaio 2008 10:13
Re: Re: Re:
pedro1974, 10/01/2008 19.15:





se vuoi ti svelo un altro segreto,






io -che sono più venale- avrei bisogno del numero del biglietto vincente della prossima lotteria nazionale
grazie




gdbjoe
00domenica 27 gennaio 2008 12:37



ekil74
00domenica 27 gennaio 2008 16:42
Gli incontri tra tifoserie sono una guerra?

Bene, lo Stato Italiano gli mandi contro l'esercito ad arrestarli... ah già, dimenticavo che lo stato italiano è governato da un parlamento pieno di tifoserie... mandiamo l'esercito anche lì?

Dai, su... almeno solo per chi tanto è già stato condannato in via definitiva? [SM=x145461]
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