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Bangladesh? No, New Orleans

Ultimo Aggiornamento: 12/09/2005 16:52
05/09/2005 17:05
 
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da Repubblica On Line - Lettere al Direttore (V. Zucconi)
Dacci oggi la nostra Katrina

Caro direttore, in questo oceano (o inondazione?) di articoli, immagini e filmati (ormai nell'era di Internet è possibile guardare le tragedie in diecimila diversi modi) relativi a New Orleans l'unico pensiero che mi è venuto è quello che in tutti gli avvenimenti tragici a rimetterci sono sempre i poveracci.
Che si chiami guerra in Irak o uragano Katrina alla fine soffre sempre chi ha meno possibilità e chi è meno fortunato. Scusi per il pensiero banale, ma penso che in certi casi bisogna porre la pietà nei confronti di tante persone davanti ai discorsi politici.
Con grande stima, XXXXXXXXXXX

Caro XXXXX, nella inondazione di lettere che ho ricevuto sulla castastrofe di New Orleans, della Lousiana e della costa del Mississipi, ho scelto una sola mail, la sua, per mancanza di tempo e per la elementare verità che essa esprime. Ci sarà tempo e, spero voglia, negli Stati Uniti d'America per cercare quali responsabilità politiche e amministrative, locali e nazionali, abbiano esasperato, prima, durante e dopo, gli effetti dell'uragano, anche se questa Amministrazione Bush ha purtroppo pessimi precedenti in materia di assunzione di responsabilità.

Ma la sola verità incontestabile venuta da New Orleans è stata la rivelazione di quanta, lunghissima strada debba ancora fare questa grande, ammirevole e presuntuosa nazione prima di poter affermare di avere tradotto la retorica della democrazia e dell'eguaglianza nella esistenza quotidiana reale di tutti i suoi cittadini e soprattutto, come dice quel Cristo nominato invano dai falsi profeti che brulicano in questa terra, nella vita "del più piccolo del miei fratelli".

Li abbiamo visti, i più piccoli dei nostri fratelli. Non erano immigrati clandestini, "zingari stupratori" come si dice nell'Italia della nuova ferocia, sospetti terroristi incarcerati ad Abu Grahib o a Guantanamo. Erano, e sono, cittadini americani a pieno titolo esattamente come Bush, come Bill Gates, come George Clooney, come me, che l'alluvione ha fatto emergere dalla indifferenza e dal cinismo con il quale sono guardati e trattati. E hanno, naturalmente, pagato il conto.

Provi ora a immaginare che sarebbe successo se dentro quella povera città terzomondizzata, in quel lager di cemento dello stadio coperto, ci fossero stati 20 mila studenti di Harvard o di Yale figli delle migliori famiglie, un migliaio di stelle del rock, di attori di Hollywood, dello sport professionale, o i parenti dei 435 deputati o dei 100 senatori magari con le due figlie di Bush. Sarebbero arrivati i paracadutisti, i Rangers e la Delta Force la sera stessa, non qualche corriera sei giorni dopo, come è avvenuto.

L'uragano, e i colossali danni collaterali che esso ha provocato anche per la imprevidenza, la corruzione, l'indifferenza degli uomini che hanno moltiplicato gli effetti della furia naturale, ha sollevato il coperchio da una pentola umana e civile che sarà presto ricoperta, perché è più facile predicare agli altri che fare in casa propria, dimenticare che ricordare, esportare all'estero i nobili principi che non si vogliono applicare. Katrina, a New Orleans, abitava a anche prima e tornerà ad abitare anche quando la solidarietà emotiva e l'indignazione sentimentale saranno evaporate. Infuria un uragano ogni giorno, nelle paludi della povertà urbana e del razzismo.

(5 settembre 2005)
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