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Il Genoa

Ultimo Aggiornamento: 12/06/2007 22:26
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03/08/2005 17:23
 
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Dieci anni.
Dieci anni in cui è successo di tutto. Neanche la mente più crudele avrebbe potuto congegnare una simile successione di sofferenze...
A partire da quella maledetta domenica del gennaio 1995, il nostro "bloody sunday", in cui un ragazzo della Nord fu ucciso proprio sotto la sua, la nostra gradinata. Quel giorno, con Vincenzo Spagnolo, morì anche qualcosa dentro ognuno di noi.
Pochi mesi dopo, il drammatico spareggio di Firenze. 30.000 genoani in viaggio per scongiurare il ritorno all'inferno. I rigori, la fine di un sogno.
Due anni dopo, ci aspetta la trasferta di Ravenna, decisiva per risalire. Altro esodo epocale, altra speranza uccisa, in una delle tante partite "strane" e maledette che hanno segnato il cammino del Grifone.
Poi, la crudele malattia del nostro Capitano, e il suo ritorno a casa – nel nostro stadio - per l'ultimo saluto. Una serata straziante, che non dimenticheremo mai. Lui, il gigante forte e invincibile, seduto su quella carrozzella, commosso e disperato. E le lacrime – di amore e di rabbia. Le sue e le nostre.
E poi anni tremendi, presidenti osceni che si susseguono, la società allo sfascio, giocatori inguardabili, allenatori inascoltabili.
Avversari sconosciuti che conquistano facili vittorie al Ferraris: Castel di Sangro, Alzano...
Trasferte nelle località più oscure, sperdute alla periferia dell’impero: Crotone, Andria...
Poi, il punto più basso, la caduta in C: e lì, quasi per sublimare tanta bruttura, i genoani hanno dato vita al momento secondo me più alto della loro parabola. Genoa-Cosenza, ultima di campionato e retrocessione: uno stadio imbandierato, un popolo che vive la sconfitta più amara nella maniera più incredibile e magica: festeggiando, cantando, urlando tutto il proprio orgoglio, la propria unicità, la propria immortalità.
Poi un barlume di luce. Un nuovo presidente, finalmente la possibilità di sperare nel futuro.
Ed ecco un anno finalmente "vincente". Un presidente che investe, un allenatore all'altezza, una squadra forte. E arrivano le vittorie, il primato, il dominio incontrastato del campionato.
Poi il finale, in affanno. La splendida e maledetta trasferta di Piacenza, 17.000 genoani in viaggio, la sensazione indescrivibile di avercela fatta, poi quell'incredibile punizione a quattro minuti dalla fine che ci riporta a terra.
L’ultima settimana, ci arriviamo a pezzi. Mezza squadra squalificata, noi esausti.
E l'ultima partita, sembra facile ma non lo sarà. Ed è quasi una rocambolesca sintesi di tutto: lo svantaggio, la paura di crollare sul traguardo, la speranza, la gioia.
La gioia dura due giorni. Ed ecco il nuovo incubo. L'ennesima mazzata. Stavolta forse la più dura, la più tremenda. Dalla conquista della A allo spettro della C, nel giro di due giorni. Accuse, condanne, il fango che imbratta non solo i presunti colpevoli, ma anche il Genoa tutto, la sua immagine.
***
Mancano tre settimane all'inizio del campionato, e non so ancora dove giocherà il Genoa.
Serie A, B, C...?
So solo che – comunque sia – io ci sarò.
Perché il Genoa non è solo una squadra di calcio.
Perché il Genoa è la mia infanzia.
E' mio Nonno che mi porta allo stadio bambino, raccontandomi gesta di leggendari campioni e antichi scudetti.
E' mia Nonna che mi cuce uno sciarpone rossoblu di lana, così lungo che mi ci inciampavo.
Sono i miei amici, con cui ho condiviso decine di trasferte, le più tristi e le più felici, le più importanti e le più oscure, da Bari a Liverpool...
E' una maglia rossoblu e un simbolo fantastico - un Grifone dorato - che accendevano i miei sogni di bambino.
E' la magìa di ritrovarsi insieme in quella gradinata, tra amici o abbracciato a uno sconosciuto, ma che condivide con me le stesse emozioni.
Per cui, in fondo la categoria conta poco. Dovunque ci saranno undici maglie rossoblu su un prato, là si ripeterà un rito antico e sempre nuovo.
E io ci sarò.

FORZA VECCHIO CUORE ROSSOBLU

[Modificato da wildusty 03/08/2005 17.25]

[Modificato da wildusty 04/08/2005 9.09]

_______________________
"Take me home to Mayo,
across the Irish sea
Home to dear old Mayo,
where once I roamed so free"
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