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Iraq: il rapimento di Giuliana Sgrena

Ultimo Aggiornamento: 09/04/2007 19:10
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Recuperati dal Sismi i satellitari di Calipari e dell'altro 007
"Il riscatto? So soltanto che sono libera"
Sgrena: 'Non ho fiducia nelle inchieste'
Castelli: 'Ha creato problemi e lutti'
"Mi sento messa sotto accusa per essermi fatta sequestrare e poi salvare"


Giuliana Sgrena con Ciampi
ROMA - "Non ho fiducia nelle inchieste perché sappiamo in molti casi come siano finite". Ad una settimana dalla sua liberazione, Giuliana Sgrena torna sulla sparatoria con la pattuglia di soldati americani e sulla tragica morte di Nicola Calipari. "E' importante che, grazie alle nostre affermazioni, mie e dell'agente del Sismi che guidava la macchina quella sera fino all' aeroporto - dice all'Ansa la giornalista del Manifesto -, si sia imposta la necessità di fare chiarezza. Altrimenti, sarebbe stato tutto archiviato nel giro di due giorni come un 'tragico' incidente".

E ai dubbi di Giuliana Sgrena risponde a distanza il ministro della Giustizia, Roberto Castelli: "Ha creato enormi problemi al Governo e creato anche dei lutti che forse era meglio evitare", dice il ministro che incalza: "La Sgrena credo che dovrebbe magari essere più accorta. Ha detto un cumulo di sciocchezze, parla da poco accorta, si è mossa da poco accorta".

Parole dure a cui, indirettamente, la giornalista sembra a sua volta replicare quando dice, "mi sento sotto accusa per essermi fatta sequestrare e poi salvare. Mi sono salvata e mi sento vittima di cannibalismo. Infierire è assurdo, soprattutto se lo fanno persone che non hanno idea di come sia la situazione a Bagdad. Parlano di cose che non conoscono".

E Giuliana Sgrena in una intervista rilasciata ad un'emittente spagnola e trasmessa da Sky TG24, parla anche dei suoi sequestratori: "Si sono definiti 'Gruppo iracheno della Resistenza armata. Non erano delinquenti comuni, ma erano politicizzati". La giornalista racconta che quella mattina, il 4 febbraio, alle 10, "era venerdì e volevo fare un'intervista ai profughi di Falluja. Il campus è molto esteso e quel giorno era quasi deserto. L'Imam si era mostrato disponibile. Mi avevano sconsigliato di andare lì perchè è un luogo pericoloso, ma io ho voluto provarci ugualmente. Sono entrata anche grazie a un collega fotografo".

E il racconto dei momenti prima del rapimento prosegue: "All'inizio ho avvertito molta ostilità tra i presenti. Uno, con gli occhi di ghiaccio, mi ha detto: 'Chi mi dice che non sei una spia?', altri invece volevano parlare. Ero circondata dalle donne che, disperate, mi raccontavano di aver perso tutto, la propria casa, la dote delle loro figlie. Pensavo allora che l'ostilità fosse superata, ma è stato imprudente da parte mia rimanere troppo. Però era tornato il fotografo e quindi ero più tranquilla. Poi, dopo la preghiera nella Moschea - ricorda - sono andata via.

"Improvvisamente mi sono trovata davanti una guardiola con blocchi di cemento che sono ovunque in Iraq e che, se servono a evitare le autobombe, favoriscono anche i sequestri". E' proprio davanti a quei blocchi, racconta concitata la giornalista, che i rapitori l'hanno presa e portata via dentro un'auto. "Ce n'erano sicuramente due di macchine e forse una terza. Ho recentemente appreso che forse anche le guardie del campus erano coinvolte nel mio sequestro. Quando ho chiesto ai miei rapitori che cosa volessero, mi hanno detto: 'Vogliamo solo che Berlusconi ritiri le truppe dall'Iraq e poi ti lasceremo libera'".

E per quanto riguarda il pagamento di un eventuale riscatto la risposta è secca: "Non me ne frega niente. Mi interessa solo che sono stata liberata - e poi aggiunge - La vita umana è la cosa più importante che esista. Cercare di salvarla è ancora più importante".
Intanto sono statti recuperati dal Sismi i cellulari che mancavano all'appello. I tre telefoni satellitari in dotazione a Nicola Calipari e al maggiore dei carabinieri rimasto ferito nella sparatoria avvenuta a Bagdad venerdì scorso durante il trasporto di Giuliana Sgrena all'aeroporto, saranno consegnati nelle prossime ore all'autorità giudiziaria di Roma.

I tre apparecchi vanno ad aggiungersi ai due cellulari personali (uno di Calipari, l'altro dello 007 che era alla guida della Toyota colpita dai militari americani) già in mano agli inquirenti da alcuni giorni. I pm Franco Ionta, Pietro Saviotti ed Erminio Amelio hanno la necessità di consultare le memorie dei telefoni per ricostruire le comunicazioni, e i destinatari di queste, partite dalle utenze dopo la liberazione della giornalista del Manifesto.

Intanto gli inquirenti stanno esaminando il rapporto inviato loro dal generale Mario Marioli, ufficiale di collegamento con le forze alleate in Iraq, dal quale emerge che gli statunitensi non erano a conoscenza dei motivi della missione di Calipari a Bagdad e, tanto meno, della liberazione della Sgrena.

(11 marzo 2005) Repubblica


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Avrei voglia di dirle:
"...la prossima volta...arrangiati!"

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