ATTUALITÀ.
Chi scambia musica adesso rischia l'arresto (ma solo sulla carta)
Carcere per i «pirati»
È legge il decreto Urbani: pene inapplicabili
Da martedì sera l'Italia ha due milioni di criminali in più. Non è un risultato di cui andar fieri (specie in campagna elettorale, poi) ma è la logica conseguenza della conversione in legge del decreto Urbani, quello contro la pirateria digitale, che almeno per alcuni aspetti è passato al Senato così come era uscito dalla Camera. La legge Urbani definitiva tratta anche di spettacolo e di associazioni sportive: ne risulta un pasticcio all'italiana, una soluzione stramba per un problema che esiste e che non può essere ignorato. Ma le prime reazioni fanno pensare che nessuno abbia davvero voglia di mandare la Guardia di Finanza a casa di ogni utente di Internet.
MANETTE PER IL FILE SHARING -
Chi scarica musica (o qualunque altro file protetto da copyright) rischia di finire in galera da sei mesi a tre anni. È la conseguenza, come la "Gazzetta" ha spiegato quindici giorni fa, della decisione di sostituire la dizione «a fini di lucro» con quella «per trarne profitto». Per guadagnarsi il diritto di un soggiorno a spese dello Stato non è insomma necessario che il materiale scaricato finisca rivenduto, ma è sufficiente di per sé l'utilizzo di una rete peer to peer: si configura infatti sia l'uso non personale (in quanto sulle reti «P2P» come «Kazaa» e «Winmx» i file sono condivisi da un numero indeterminato di persone), sia il «profitto» in quanto scaricare un cd musicale significa risparmiare sul suo costo d'acquisto.
Questa scelta è di una gravità mai vista, se fosse realmente applicabile. Probabilmente non è piaciuta nemmeno al ministro Urbani («Chiedo al Senato il sacrificio di legiferare come tutti sappiamo che non si debba fare», ha detto): già si parla, infatti, di un decreto legge per sanare la situazione reintroducendo il concetto del «lucro» e quindi salvaguardando l'«uso personale». Ma al di là dell'evitare il tintinnio di manette, il problema è anche pratico: non esiste alcun metodo per individuare tutti i trasgressori, e pure se esistesse metterebbe in crisi l'edilizia carceraria italiana.
LA TASSA SUI MASTERIZZATORI -
Nonostante le numerose assicurazioni, nel testo convertito in legge è rimasta la tassa sui masterizzatori (3 per cento del prezzo di listino) e memorie rimovibili (0,36 euro a Gb), anche se è sparita quella su Cd e Dvd vergini. I soldi raccolti finiranno nelle casse della Siae, e saranno distribuiti come una sorta di «risarcimento» per le violazioni al diritto d'autore. Si può discutere a lungo su questa impostazione - se, cioé, chi compra un masterizzatore lo fa necessariamente per frodare i produttori di musica o se magari vuole soltanto archiviare le proprie fotografie - ma si può già essere certi del risultato: un aumento dei prezzi (almeno nel breve periodo) e complessivamente un danno a chi vende informatica, visto che i consumatori più attenti acquisteranno (con Internet) da altri paesi dell'Ue.
IL BOLLINO DIGITALE -
La norma più strampalata resta quella sul cosiddetto «bollino digitale», che la legge definisce come «un idoneo avviso circa l'avvenuto assolvimento degli obblighi derivanti dalla normativa sul diritto d'autore e sui diritti connessi»: una specie di certificato che dovrebbe accompagnare ogni file legittimamente scaricato. L'idea è mutuata dal bollino che viene apposto sui Cd, peccato solo che la trasposizione digitale è tutt'altro che semplice (per non dire impossibile): si accettano scommesse sul fatto che rimarrà lettera morta.
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