patente di guida

Uno dei problemi di quando si vive all'estero è, prima di tutto, di smetterla di ragionare come un italiano.
prendo in giro? No, sono serissima.
Colgo al volo questo thread per chiarire alcuni principi della cultura anglosassone e irlandese (per ovvi motivi post-colonialistici ), così diverse dalla polverosa visione borbonica dello stato italiano.

Prima di tutto: in Irlanda non esiste residenza. solo domicilio, a fini fiscali. In irlanda NON SI PRENDE LA RESIDENZA ne'la si cambia quando si cambia indirizzo.
Il motivo per cui mi sono iscritta all'Aire (Registro degli italiani residenti - e ridaglie con quella parola!- all'estero) è perché della mia vecchia carta d'identità non sapevo più che farmene.

Quello che dice l'ambasciata italiana lasciatelo perdere. Parlate agli uffici locali.

Per lo stesso motivo ho convertito la patente.... a me di mettere un bollo di 60.000 all'anno date ad un paese di cui non usavo neppure le strade (l'Italia) non me ne fregava proprio più nulla. Quando il Garda locale esaminò la mia richiesta di conversione, mi chiese perplesso: perché la vuoi convertire? Questa è una patente europea, va benissimo. Come facevo a spiegargli che non mi andava proprio di pagare la mia ultima tassa, bollo o balzello che sia ad un governo che più non mi apparteneva?
Da allora ho la patente Irlandese. Quindici euro ogni dieci anni e vada con Dio.

Secondo: non c'è bisogno di permesso di lavoro. All'interno della CEE. quella è solo una perversione italiana e Francese. Venite qui, pavorate, pagatevi le vostre tasse e nessuno vi rompe le palle.

Si chiama privacy. Un concetto molto poco conosciuto in Italia: ovvero il rispetto del cittadino che paga le tasse. ovvero il non essere vessato dai servizi pubblici in continuazione. ovvero l'essere in grado di dire all'ufficio pubblico: hai sbagliato, questi soldi me li devi ridare, e te li vedi recapitati a casa entro due settimane.

Da tredici anni vivo il lusso di sbrigare le mie faccende pubbliche per telefono o all'internet. Di non sapere più che faccia abbia un ufficio anagrafe. O un conto corrente postale.
Di essere rispettata dagli impiegati pubblici. Di non dover mettere più un bollo su qualsiasi pezzo di carta igienica che mi venga rilasciato da un qualsiasi polveroso, borbonico ufficio.

Che bellezza.
Eh, vabbé...